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Alla ricerca di mia figlia

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“Mamma, la parola più bella”

(di Maria Letizia Tommasoni Mamma di Marianna)

 

 

Non sono qui per parlarvi del dolore, quello lo conoscete bene nel profondo del vostro cuore, con tutte le sue sfaccettature. Non sia mai però il dolore un muro che ci divide dagli altri ma sia piuttosto un ponte che ci faccia comprendere il valore della compassione affinché il dolore dell’altro diventi anche il nostro. Sono qui per raccontarvi il mio cammino di rinascita dal dolore che ho anche riassunto in un piccolo libro che si intitola “Mamma, la parola più bella” che era la frase che era solita dirmi mia figlia Marianna.

Il 18 agosto 2010 mia figlia Marianna, appena 18enne, non è più rientrata a casa, per lo meno non fisicamente. Quel giorno il mio cuore è stato trafitto da una spada, come i vostri. Di fronte mi sono trovata a scegliere un percorso tra due strade divergenti. Potevo lasciare che la disperazione o la rabbia per non aver protetto la mia bambina o il rancore per chi si era reso responsabile, direttamente o indirettamente, della sua morte, mi facesse avvizzire il cuore e rendesse il mio dolore sterile. Oppure potevo rendere fertile quel dolore per dilatare il mio cuore, in una maternità ampliata, come fece Maria sotto la Croce.

In un attimo avevo perso non solo mia figlia, ma anche mia madre e mia sorella, e la mia migliore amica. Avevo perso tutto. Precipitavo in un baratro senza fondo e buio. Ma quando l’uomo non può più confidare in se stesso, finalmente impara a confidare in Dio, l’Unico che può dare un senso alla vita, anche ad un evento così apparentemente senza senso. Non si possono comprendere i disegni di Dio però si possono umilmente accettare, fidandosi di Lui come bimbi che ad occhi chiusi seguirebbero fiduciosi il proprio padre anche sull’orlo di un precipizio. Dio è onnipotente, se avesse voluto so per certo che avrebbe potuto salvarla, invece ha lasciato che morisse ‘prematuramente’. Ma che cosa ne sappiamo noi di quando un’anima sia ‘matura’ per il Cielo? Solo Dio lo sa.

Ho fatto un vero e proprio atto di affidamento al Padre, Gli ho detto: “Io non so perché l’hai già richiamata a Casa però mi fido di Te. Ora però sono completamente svuotata di fronte a Te, ricolmami. Sono completamente debole, sarai Tu la mia forza. Tu non sarai solo mio Padre ma anche il mio medico ed il mio psichiatra. Tu mi consolerai per il resto dei miei giorni”.

E così, anziché rimproverarGli ciò che sembrava avermi tolto, ho cominciato a lodarLo e ringraziarLo per tutti i doni che mi aveva fatto da quando ero nata: la vita, la salute, la famiglia, ho avuto la possibilità di studiare, ho avuto due splendide figlie… Tutto è Grazia, non dimentichiamolo mai… Tutto è Grazia!

Poi ho chiamato a me i miei cari ed ho detto loro che da lì in poi mi sarei ritirata nella mia ‘chiesa’ interiore alla ricerca di Dio e di mia figlia. Pregavo incessantemente, le preghiere classiche, la coroncina della Divina Misericordia ed il Rosario, per la prima volta nella mia vita. Quando mi distraevo, ricominciavo sempre dall’inizio. Certamente ero addolorata, quella spada era sempre lì nel cuore (e sempre vi resterà) ma non ero disperata perché disperare significa non sperare mentre io speravo ancora: in Dio, in Gesù, nelle Sue promesse. Ero certa che le avrebbe mantenute! Egli mantiene sempre le Sue promesse, è il nostro migliore Amico e l’unico che non ci deluderà mai!

Però, per essere degna di un dialogo con Lui, dovevo ripartire da zero. Allora sono entrata dentro di me e mi sono fatta un severo esame di coscienza poi sono andata a riconciliarmi con Lui. Sì, non mi vergogno a dire che dopo 20 anni sono rientrata in un confessionale e quel giorno il Signore mi aspettava accanto a quel sacerdote! Era accaduto un Miracolo: io avevo donato la vita a mia figlia ma lei mi aveva donato una nuova Vita! Quel giorno ho compreso che siamo tutti ‘malati’, in maniera e gradi differenti, ma siamo tutti malati. Ma la bella notizia è che Dio ci ha posto tutti nel peccato, nella ‘malattia’, per usarci la Sua infinita Misericordia! Egli ci ama infinitamente, più di un padre e di una madre, più di quanto noi amiamo i nostri figli, i nostri cari! Ed è il Padre Misericordioso della parabola del figliol prodigo, è sempre alla finestra o alla porta ad aspettarci, non Gli basta che un nostro cenno per correrci incontro. Ma siamo noi che dobbiamo operare una ‘conversione’, un’inversione di direzione della nostra vita, e indirizzarci verso di Lui. Dio è madre, e quale madre sentendo che il figlio la chiama disperato, non fa del tutto per farsi trovare?

E così più pregavo incessantemente e più percepivo che quel fiele amaro nel profondo del mio cuore si tramutava in qualcosa di dolce e indefinibile e acquisivo una pace sovrumana ed una forza sovrumana.

In questo incessante dialogo col Signore ho compreso il significato della Comunione dei Santi. L’amore che ci lega ai nostri cari è eterno, è più forte della morte, è più forte di tutto, è un legame indissolubile. E forti di questo amore noi, in comunione con loro, possiamo fare la volontà del Padre come in Cielo, dove sono i nostri cari, come in terra dove operiamo noi. I nostri cari istillano nelle nostre menti e nei nostri cuori pensieri di Paradiso e vi piantano ammonimenti. Certamente sono scomparsi alla nostra vista ma sono ancora vivi perché ciò che Dio ha creato non può più non essere! Non si cessa di esistere solo perché si è privati del proprio involucro corporeo. Certamente hanno un nuovo linguaggio, un linguaggio ‘del cuore’. Marianna da bambina amava molto il libro ‘Il piccolo Principe’ ed era solita ripetermi la citazione ‘L’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene che col cuore’. Se anche noi imparassimo a parlare e ad ascoltare col cuore, comprenderemmo come spesso l’apparenza ci inganni. Io da quel 18 agosto 2010 non ho cessato un momento di parlare con la mia Marianna. Non ne percepivo le risposte ma ero certa che fosse viva e stesse accanto a me come sempre.

Ovviamente, sono umana, anche io ho dei rimpianti, l’avrei voluta vedere diplomata, laureata, sposata e con dei figli, ma ecco, questi erano miei progetti, miei disegni. Poiché i nostri figli sono innanzitutto figli di Dio, Egli aveva un altro Progetto per lei. La vita non mantiene le sue promesse perché la vera vita è quella Eterna!

Ora attendo Marianna come quando doveva tornare da scuola o da pianoforte, l’attendo con pazienza. Rivedremo i nostri cari, dobbiamo esserne certi, e quando li riabbracceremo, non sarà trascorso che un battito di ciglia.

Dobbiamo anche sopportare la nostra sofferenza con pazienza, perché la sofferenza è amore sublimato, purificato dal dolore. Partecipiamo alla Missione redentrice di Gesù!

Quando guardo Gesù crocifisso, però, io non sento che mi dice “Guarda quanto soffro per te” piuttosto sento “Guarda quanto ti amo!”. Ecco, anche noi dobbiamo prendere la nostra croce e seguirLo, donando la nostra sofferenza con amore, per i nostri cari, per gli amici, per il prossimo, e anche per chi non ci garba… Abbracciamo la nostra croce! Sopportiamo la sofferenza col sorriso. Ogni creatura abbracciata alla croce diviene fonte di salvezza per sé e per gli altri!

Siamo anche testimoni dei nostri cari che hanno lasciato un’eredità che va raccolta, per non vanificare la loro esistenza. Marianna nel suo ultimo giorno di vita disse che aveva deciso di voler fare il medico nei luoghi dove c’era più sofferenza. Per noi familiari questo è il suo testamento. E così abbiamo raccolto in un libro i suoi dipinti ed i suoi scritti da quando aveva 9 anni fino all’età di 18 anni , in cui se n’è andata, e il ricavato delle offerte è stato devoluto a Medici senza Frontiere, sperando di assecondare così il suo desiderio. Sia sempre l’Amore il motore che ci muove. Alla fine conterà solo quanto avremo amato, Dio e Lui nei nostri cari, nel prossimo e nei nemici, e quando ci troveremo ad amare i nemici, non ci sembreranno più tali.

A Pietro, che aveva rinnegato il Signore per ben tre volte, Gesù domanda per tre volte solo una cosa: “Tu mi ami?”. Lo sta chiedendo anche a ciascuno di noi. Egli, forte dell’amore per noi, ci restituirà i nostri cari. Gesù di fronte alla vedova di Nain che aveva perso il suo unico figlio, è mosso da compassione e glielo resuscita, restituisce il figlio alla madre! E Abramo crede ciecamente nel Suo Dio tanto che non esita a consegnarGli il suo unico figlio Isacco per sacrificarlo. Ma quando Abramo, completamente abbandonato a Dio, fiducioso in Lui, dona il figlio a Dio, Dio che cosa fa? Glielo restituisce! Ecco, voglio lasciarvi con questa consolazione, con la speranza che il Signore ci restituisce i nostri cari! E nella Fede…la speranza diviene certezza!

La mia guida spirituale, una meravigliosa suora di clausura, appena scomparsa Marianna, mi ripeteva sempre: “Cerca il Regno di Dio”.

Oggi posso dirvi con fermezza: cercate il regno di Dio e siate certi che TUTTO IL RESTO vi verrà dato in aggiunta!

 

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