Verso di me
(Giovanni 1,29-34)
II Tempo Ordinario
Alessandro Dehò
E poi Giovanni lo vede arrivare e il mondo attorno è come se cessasse di essere. Solo lui e quel Dio che cammina al contrario, solo il Battista e questo Messia che fa quasi paura. Perché sta camminando verso l’uomo? Perché non si ferma? Perché è proprio verso di me che sta camminando? Perché l’ho aspettato da una vita e ora vorrei fermarlo? Giovanni parla di Gesù e noi sentiamo, con lui, la densità delle domande contenute in quel pugno di parole: “Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui”. Quel cammino è disarmante, segno di una storia che, se la lasci arrivare, poi è difficile fermare. Quello che aveva preparato il Battista era lo spazio, il vuoto: il battesimo e il suo profetico vivere avevano liberato la scena da idoli, da feticci, da indebite attese, da immagini infantili di Dio ma adesso. Adesso la scena veniva presa da questo Gesù e non se,brava esserci nulla in grado di fermarlo e il timore saliva perchè il Battista capiva che quello che stava succedendo era definitivo.
Anche noi vorremmo scappare quando ci accorgiamo di essere davanti a una scena così. Succede quando riusciamo a renderci disponibili alla vita, quando levighiamo a sufficienza le nostre resistenze e paure e riusciamo ad alzare gli occhi contro il fluire della vita stessa, quando decidiamo di vivere fino in fondo, quando ci sentiamo pronti a reggerne l’urto. Succede quando ci liberiamo dalle illusioni e dalle pretese e ci sentiamo pronti ad accogliere la nostra storia con coraggio e disponibilità. Lo decidiamo, solo che poi il Signore ci cammina davvero incontro a dirci che è proprio dove siamo che possiamo fare esperienza di Lui. Che la vita di morte e rinascita è possibile proprio a partire da quella mediocrità che ci troviamo intorno e dentro. Che amare non dipende dal contesto ma dal nostro coraggio. E allora vorremmo scappare. E ci chiediamo cosa significhi davvero amare. E vorremmo che lui la smettesse di venirci incontro.
“Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. A chi stava parlando Giovanni? A se stesso. Perché intorno non c’era nessuno. Era a se stesso che stava regalando immagini buone a giustificare il lasciarsi invadere dalla forza del vangelo. In cosa l’avrebbe cambiato? Come sarebbe diventato il Battista dopo il cammino di Gesù dentro la sua vita? In agnello sacrificale. Perché agnello era proprio Gesù. L’agnello di Isaia, muto e obbediente, condotto al macello, resistenza di umanità in un mondo di disumanità. L’agnello, che con Gesù cambierà profondamente di significato. Non più un uomo che sacrifica a Dio delle vittime innocenti ma un Dio che diventa vittima innocente e sacrificio per l’uomo. Perché sacrificare è rendere sacra la vita e la vita la rendi sacra solo amando, solo rimanendo umano, solo smettendo di cercare colpevoli e accettando l’arte del perdono. È la vita di Gesù, è quello stile che sta camminando incontro al Battista, incontro a ciascuno di noi quando ci illudiamo di essere pronti.
Gesù viene ancora, viene oggi, viene ad ogni istante, non è il capro espiatorio lasciato andare nel deserto a portarsi vie le nostre responsabilità ma è agnello che viene a portarci la responsabilità di scegliere una vita mite e umile, una vita umana anche dentro gli spazi disumani della violenza e della morte.
Fa paura questo Messia che ci cammina incontro perché se hai fatto spazio, e il Battista era una vita intera che preparava questo momento, il Messia non lo fermi e la vita rischia davvero di essere travolta.
Noi preferiamo andare verso Dio. Perché scegliamo noi quando e come e perché. Andare verso il Messia solo quando serve e a determinate condizioni. Quando Giovanni alza lo sguardo e vede quel cammino comprende che l’unica condizione rimasta è quella della resa totale o della fuga. Della resa incondizionata o della strenua difesa. Lasciarlo entrare sarebbe stato inaugurare un nuovo definitivo inizio.
“Io non lo conoscevo”, Giovanni sembra piangere. Capisce che le parole che aveva speso per preparare l’incontro, parole che sembravano così definitive e chiare in verità erano acerbe. Gridavano insicurezze e bisogni di rivalsa sul mondo. Che la grandezza non è la forza, la grandezza vera di questo Messia si scopre nella sua radicale umanità, nel suo restare umano anche quando il tradimento, la violenza e la morte sono scagliate con rabbia contro di lui. Quando lui non fuggirà e lascerà che il mondo gli cammini dentro. Che paradosso, la grandezza di Dio si scopre nella Sua fedeltà all’umano.
Giovanni capisce che non lo conosce ancora. Che credeva di aver capito tutto del Messia e invece non aveva capito niente. E deve decidere se scappare o restare, sapendo che restare significa sentire il peso del Suo cammino dentro il cuore, significa provare a diventare come lui.
Credo ci siano dei momenti nella vita in cui questa scelta brucia forte, rischiosa e drammatica. Restare fedeli all’umano oppure adeguarsi e impedire al Vangelo di camminare dentro le nostre storie? Credo ci siano dei momenti anche molto feriali: quando parlano male di noi, davanti all’odio di un amico… mi adeguo e attacco, disumanizzandomi o provo a far camminare il Vangelo dentro la mia storia scegliendo, comunque di custodire la mia e altrui umanità?
“Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo”. Sta parlando a se stesso Giovanni, sta provando a credere che quella resistenza ad alto prezzo, quella fedeltà all’umano che Gesù sta raccontando, è come colomba che scende dal cielo a rimanere in terra. Come il volo dello Spirito in Genesi prima di posarsi sulla Creazione. Come il volo della colomba di Noè prima di posarsi su un mondo riemerso. È sempre questione di battesimo, pensa. Sia il mondo che l’uomo si sono immersi nelle acque e sono riemersi, ora la colomba cerca vite su cui restare.
Il Vangelo di oggi non parla del battesimo di Gesù, parla del Battesimo definitivo di Giovanni e dell’uomo. E che sia un canto alla libertà lo si capisce dal finale. “Io ho visto e ho testimoniato che questi è il figlio di Dio”. Nessuna voce qui ad aprire i cieli, nessuna voce a scendere dall’alto accompagnata da ali di colomba, nessun Dio a confermare la divinità del Messia, in Giovanni la voce è umana, è la voce dei testimoni. La scelta di restare, per Giovanni, non è altro il tentativo di diventare testimone.
Ho visto un mondo violento e incostante, inospitale e ingiusto ma ho scelto di testimoniare che può esserci ancora un pezzo di terra, un pezzo di umanità che può essere casa per lo Spirito. E allora rimango e lascio che lui, la vera Colomba, si posi su di me.
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