Amare e Voler bene
…benedetto Padre Alberto che mi tiri le orecchie ogni qual volta sono “alle strette” e mi trovo “alle corde”! Ed è proprio la splendida pagina del vangelo di domenica prossima spiegata questa sera, che trova riscontro alle mie eterne perplessità…
Vediamo un po’:
Gv 13,31-33a. 34-35
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri…come io ho amato voi…
Nel vangelo di Giovanni l’unica volta che Gesù comanda qualcosa ai suoi, comanda quello che non è possibile comandare: l’amore. Si può comandare all’uomo di obbedire, di servire, ma non l’amore.
E Gesù comanda proprio di amare dicendo: “Vi do un comandamento nuovo”. Gesù non dice “Vi do un nuovo comandamento”, cioè un comandamento che va ad aggiungersi a quelli della legge di Mosè… C’è una nuova relazione con Dio; il termine greco “nuovo” indica una qualità migliore, che supera e toglie tutto il resto..
“Che vi amiate gli uni gli altri come ..” Questo “come” non indica il modo, ma è la motivazione, il perché. “Come io ho amato voi”. Gesù non dice “come io vi amerò”, non sta parlando dell’amore, del dono totale che poi manifesterà morendo in croce, ma è al passato “come io ho amato voi”.
Quindi questo “amato” ha due significati: il servizio, che rende le persone libere, piene della loro dignità, e un amore che viene dato in risposta all’odio, un amore che non si scoraggia.
Questa la lettura “teologica” fatta da Padre Alberto e da questo dobbiamo partire per la nostra riflessione. Qualcuno, infatti, nella chat gli ha chiesto: “Ma allora c’é differenza fra “amare” e “volere bene”? E la risposta è stata di un certo tipo … Ne ho fatto una ricerca, questa:
Nel Nuovo Testamento l’azione di “amare” è espressa dai verbi : agapáô e philéô.
agapáô significa “amare” nel senso di “avere caro, tenere in gran conto, preferire, prediligere”: è l’amore incondizionato … usato verso Dio, la giustizia o il prossimo … In sostanza “Agape” è una permanente attitudine di benevolenza verso Dio e verso gli altri, senza nessuna condizione, che scaturisce liberamente dall’Amore che Dio ha messo nel cuore dei Suoi soggetti. È amore disinteressato, che non si aspetta nulla in ritorno.
philéô significa “amare” nel senso di “volersi bene, avere caro, trattare con affetto, accogliere amichevolmente un ospite… Esprime solo l’amore di affetto personale, o di piacere, includendo anche le passioni dove il contenuto lo richiede, senza coinvolgere intelligenza o alti proponimenti, questo concetto piazza il verbo “amare (phileo)” ad un livello inferiore di Agape. È un sentimento che trova attrazione nell’altra persona e che si aspetta un ritorno.
Da queste spiegazioni potremmo trarre tante considerazioni!!!
Quante volte abbiamo detto “Ti amo” o ci è stato detto “Ti voglio bene” e poi siamo rimasti profondamente delusi nel non avere trovato riscontro alla nostra esigenza, al nostro desiderio di amore “totalizzante” di amore vero, perenne, incondizionato?…
Ma passiamo ad una lettura diversa: “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry.
Chi di voi l’ha letto, ricorderà molto bene che le parole messe in bocca al protagonista del racconto sono vere e proprie perle di saggezza che ci vengono trasmesse dai dialoghi tra il bambino venuto da un asteroide lontano e i vari personaggi che egli incontra nel corso del suo viaggio.
Vediamone un tratto: le parole che scambia col mercante di pillole che calmano la sete…
– “Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe.
– “È una grossa economia di tempo”, disse il mercante, “Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano 53 minuti a settimana”.
– “E cosa se ne fa di questi 53 minuti?”
– “Se ne fa quel che si vuole…”
– “Io”, disse il piccolo principe, “se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…“
Dunque le pillole perfezionate calmavano la sete e se se ne inghiottiva una alla settimana non si sentiva più il bisogno di bere. Così è la nostra ricerca d’amore … che dura tutta la vita … Si nasce e già dal grembo materno si cerca di suggere il latte che risponderà in parte alle nostre esigenze primarie … poi via via abbandoneremo la mano della madre e percorreremo nuovi sentieri … In seguito i primi palpiti, i primi tormenti … alla ricerca di quella perfezione “amorosa” che non ci sazierà mai …
Succede come una rosa chiusa che si vorrebbe sempre vedere sbocciare per assaporarne il profumo … ma quanto dura questa bellezza se poi la rosa muore prima del previsto?
Ricordate il film “I passi dell’amore”? I due protagonisti si inseguono non senza fatica e avranno tanti ostacoli per essere uniti per sempre. Ciascuno di noi è portato a sognare un amore grande, perché questo aiuta a riservare le giuste manifestazioni dell’amore nel superare le diverse tappe della nostra storia. Così anche la rosa, ha un suo tempo giusto per sbocciare, dare il suo profumo e poi morire.
L’amore è il desiderio che attrae e unisce gli esseri viventi e coscienti in vista di un reciproco bisogno di completamento. La sua natura è paradossale. Nell’amato infatti si cerca contemporaneamente l’identico e il differente, l’altro se stesso e l’individuo diverso da sé, la fusione senza residui e il rafforzamento della propria personalità. Se l’altro non mi somigliasse, se non potessi rispecchiarmi in lui e riconoscere nei suoi pensieri e sentimenti il riflesso dei miei, l’amore non sorgerebbe, ma non potrei amarlo neppure se mi somigliasse troppo, se fosse un mero duplicato, un’eco monotona e ripetitiva di me stesso.
L‘amore deve rimanere incessantemente in bilico su un pericoloso crinale, rinnovare gli stati di equilibrio. Esso costituisce una delle passioni più potenti e sconvolgenti. E’ gioia incostante, che ha bisogno di continue rassicurazioni, espansione di se stessi oltre i vincoli della mortificante quotidianità. Sensazione di crescita, di arricchimento e di liberazione dalla chiusura nel proprio io rattrappito.
Insieme però, se non adeguatamente ricambiato, rappresenta anche un tragico fattore di distruzione e di autodistruzione. In rapporto al piacere sessuale, assume il carattere dell’eros, che si manifesta in un mobile gioco, in cui ci si sottrae per concedersi e ci si concede per sottrarsi.
In termini religiosi infine il cristianesimo ha fatto dell’amore unilaterale e gratuito di Dio per l’uomo, di Gesù che sacrifica la propria vita per la salvezza dell’umanità, la base della fede e, nell’amore dell’uomo per il proprio prossimo, compreso il nemico, il comandamento più grande.
Qui ci ha portato la nostra ricerca sull’amore e non posso non ritrovarmi in Fra Benito (altro religioso servita) quando afferma:
“.. stamattina, pregando davanti all’icona del volto di Cristo di padre Bruno Quercetti, con parole di carne e di sangue, parole misere, mi sono chiesto in quale guaio si è cacciato Dio innamorandosi dell’uomo, fino a sciogliere addirittura la sua onnipotenza alla nostra libertà, e tenendo per sé solo l’onnipotenza dell’amore .. perché non ha fatto il contrario? .. la risposta mi sembra sempre questa: perché la libertà è necessaria all’amore .. è un preliminare dell’Amore .. ma non rinuncerò a cercare altre risposte .. ci deve essere qualcosa di più, che non so, che non capisco .. che attendo ..”
E anch’io la penso esattamente così!
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