Edda Cattani

Il volto del sofferente

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Il volto del sofferente

 

 

 

Il volto, è l'emergenza dell'identità. Il volto è epifania dell'umanità dell'uomo, della sua unicità ir­riducibile, e questa preziosità del volto è simultanea alla sua vulnerabilità:

La pelle del volto è quella che resta più nuda, più spo­glia. La più nuda sebbene di una nudità dignitosa. La più spoglia anche: nel volto c'è una povertà essenziale

Il volto è esposto, minacciato come se ci invitasse a un atto di violenza. Al tempo stesso, il volto è ciò che ci vieta di uccidere.

 

Lo sguardo che noi portiamo sul volto sofferente (pensiamo in particolare al volto sfigurato dal dolore, deformato dalla malattia, devastato da cicatrici, ustionato, alterato dall' alienazione), sguardo che oscilla tra la ripugnanza e la curiosità morbosa, è chiamato a percorrere il cammino che giunga a riconoscere l'umanità, per quanto ferita o umiliata, di quel volto.

Un racconto della scrittrice finlandese Tove Jansson ci pone di fronte a quello sguardo d'amore che sa restituire umanità a chi ha visto mutato il proprio aspetto in irriconoscibili sembianze mostruose. Sintetizziamo la narrazione: Mumintroll, una delle creature del libro, gioca a nascondino con gli amici. Si nasconde nel cappello grande e nero di un vecchio mago senza sapere che tutto ciò che vi entra cambia aspetto. Quando Mumintroll esce dal cappello i suoi amici si ritraggono spaventati: il suo aspetto è cambiato e ora è terrificante, quasi mostruoso. Mumintroll, tuttavia, non sa di essere cambiato e non capisce perché gli amici fuggono. In preda al panico, intrappolato nella solitudine delle sue nuove sembianze, cerca di spiegare che è lui, è sempre lui, ma loro scappano via urlando per il terrore. In quel momento arriva la mamma di Mumintroll, lo guarda stupita e gli domanda chi è. Lui la supplica con lo sguardo di riconoscerlo perché se lei non lo capirà, come potrà vivere? Allora lei lo guarda negli occhi, osserva profondamente l'anima di quella creatura che non assomiglia affatto al suo caro figlioletto e dice con un sorriso: "Ma tu sei il mio Mumintroll". E in quel momento accade un piccolo miracolo: il mostro, l'estraneo, svanisce e Mumintroll torna a essere quello di prima. Insomma, non solo ci è necessaria una cultura dell' ascolto, ma anche una cultura dello sguardo: e questo con urgenza ancora maggiore considerando lo scialo di esibizione delle sofferenze e delle morti sui mass media. Sappiamo volgere uno sguardo umano e umanizzante al sofferente?

Il percorso per noi disegnato si muove attorno all'idea che l'umanità di Gesù, narrata nei vangeli, può insegnarci a vivere il confronto con la sofferenza e l'incontro con i malati.

 

Può umanizzarci. E renderci più evangelici.

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La donna nella bibbia

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In un momento di gravi azioni delittuose nei confronti delle donne, sopraffatte da angherie di ogni genere, penso che torni utile lo studio su fatti storici di cui ci rende conto il noto biblista, per dedurre che i tempi non sono cambiati.

 

LA DONNA NELLA BIBBIA.

(di Alberto Maggi)

Vediamo qual è la condizione della donna all’epoca di Gesù, qual è la condizione nel mondo culturale, nel mondo religioso; ci faremo guidare dai due importanti documenti che abbiamo:

• uno è la Bibbia,

• l’altro il Talmud.

Ebbene nella Bibbia, che è la parola di Dio, ma scritta dagli uomini, le donne sono la causa di tutti i mali, ovunque ci sia una sciagura, ovunque ci sia una disgrazia, ovunque ci sia una situazione negativa la colpa è sempre e unicamente della donna.

Il libro del Siracide, uno dei libri sapienziali della Bibbia, scritto tra l’altro

da un grande intellettuale, un grande teologo – ma questo fa capire cos’era la cultura dell’epoca – dice: “Dalla donna ha avuto inizio il peccato per causa sua tutti moriamo” (25,24). Quindi la prima donna, quella che poi è passata con il nome di Eva, è stata la causa del peccato e a causa sua moriamo tutti quanti Ecco perché nel mondo ebraico, quando c’era il funerale, dietro il morto seguivano subito le donne, perché le donne sono responsabili della morte. Quindi della colpa più grave, del castigo più grave che ha colpito l’umanità, la morte, di chi è la colpa? La colpa è della donna. E guardate non è un testo gretto, un testo scritto da una persona incolta, il libro del Siracide è stato scritto da un grande teologo, da un grande filosofo e da un grande letterato, ma, questa, era la cultura dell’epoca. Continua, il Siracide: “È meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna, una donna che porta vergogna fino allo scherno” (42,14).

Un altro grande teologo si chiama Qoelet, termine che indica il predicatore,

anche questo di grande levatura teologica che ha scritto pagine stupende, lui afferma ispirato ma certamente sconsolato, che: “Un uomo su mille l’ho trovato, ma una donna fra tutte non l’ho trovata” (7,28).

Questi sono i testi più vicini all’epoca di Gesù; questo era il contesto culturale dell’epoca; tant’è vero che gli uomini tre volte al giorno avevano l’obbligo di una triplice benedizione al Signore e questa benedizione diceva: “Ti ringrazio Signore che non mi hai creato pagano, non mi hai creato cafone (cafone significa la persona che lavora la terra quindi incapace di osservare le prescrizioni della legge) e perché non mi hai creato donna”.

Questa benedizione c’è anche al femminile naturalmente con una variante:

“Ti ringrazio Signore perché non mi hai creato pagana, ti ringrazio Signore

perché non mi hai creato cafona e che mi hai fatto secondo la tua volontà”.

Quando nasce un bambino, questa nascita viene preceduta da una preghiera: per quaranta giorni, al momento del concepimento, il maschio prega perché nasca un maschio perché nella concezione maschilista e biologica del tempo era inconcepibile che da un maschio venisse fuori una donna. Quando nasceva una donna significava che il seme era avariato o il maschio era debole, non era virile, un maschio genera un maschio. Era inconcepibile che un maschio generasse una donna e guardate che questo, nella cultura orientale, ancora oggi è vero. Io ho vissuto diversi anni in Palestina, ho degli amici carissimi; ricordo quando un mio amico aspettava il primo bambino e mi diceva: “quando nasce il bambino … quando nasce il bambino …”, e gli dissi: “Ma senti, se è una femmina?”. Lui mi guardò offeso e disse: “Cosa dici? Impossibile sono un uomo forte io, sai”. Gli nacque una bambina. Mi telefonò, ricordo queste esatte parole: “Alberto, è una femmina, ma le si può voler bene lo stesso”. Comunque ha subito dovuto mettere incinta la moglie perché fino a che non nasce un maschio è un po’ disonorevole che ci sia una bambina. Allora quando l’uomo mette incinta la moglie, prega per quaranta giorni che nasca un maschio e poi continua la preghiera “che avvenga secondo la Tua volontà”.

Se nasce una bambina? È un’autentica disgrazia sotto tutti i punti di vista:

una disgrazia sociale, una disgrazia civile, una disgrazia religiosa perché la

Bibbia che è parola di Dio – ma ripeto scritta dai maschi – stabilisce, nel

libro del Levitico, che quando una donna partorisce una femmina sarà impura due settimane (una se era un maschietto). Come al tempo delle sue regole, resterà sessantasei giorni (trentatre se è un maschietto) a purificarsi del suo sangue (Lv 12, 1-5 passim). Voi capite che in quella cultura la nascita di una bambina, per la donna, è un’autentica disgrazia! A parte il fatto che sa che subito dovrà rimanere incinta per dare il maschio al marito, ma tre mesi di purificazioni quotidiane!! Non c’era l’acqua corrente, l’acqua bisognava andare a prenderla alla sorgente, alla fonte ed era compito della donna; per tre mesi la donna deve continuamente fare le abluzioni, purificarsi perché la legge vuole così; io credo che è uno dei crimini più grossi compiuti dalla religione.

Pensate la nascita di un bambino! Io credo che, se dobbiamo usare il termine miracolo, si può usare proprio per la nascita di un bambino, veramente è un miracolo della creazione! Ebbene, la religione arriva a insudiciare tutto questo, quando nasce un bambino la madre è impura, il doppio di giorni naturalmente se è una femmina.

Se sottolineo queste cose è perché queste credenze ebraiche purtroppo si

erano infiltrate, inquinandolo, nel cristianesimo, e forse le persone che hanno la mia età ricorderanno che prima del Concilio Vaticano II quando ci fu il grande cambiamento liturgico, nella chiesa cattolica quando una donna partoriva prima di entrare in chiesa doveva all’ingresso della chiesa ricevere una benedizione dal parroco perché il parto in qualche maniera l’aveva resa impura. Ebbene la nascita di una bambina quindi è una sciagura per la madre che adesso deve purificarsi e per il padre io credo che la descrizione migliore dell’angoscia che prende la nascita di una bambina è sempre nel libro del Siracide dove la Bibbia, la parola di Dio insegna: “Una figlia è per il padre un’ inquietudine segreta, la preoccupazione per lei allontana il sonno, nella sua giovinezza perché non sfiorisca, una volta accasata perché non sia ripudiata, finché ragazza si teme che sia sedotta e che resti incinta nella casa paterna, quando è con un marito che cada in colpa, quando è accasata che sia sterile” (42, 9-10).

Quindi voi capite che la nascita di una bambina veramente toglie il sonno al

povero padre, ma c’è un rimedio, un rimedio abbastanza normale che non

destava scandalo e non era considerato peccato: la si esponeva (termine tecnico con il quale si indicava lo sbarazzarsi della bambina appena nata).

Era normale prassi quando in una famiglia esistevano già una o due bambine che le altre che nascevano venivano, il termine tecnico è, esposte.

Cosa significa esposte? Si prendeva la neonata la si metteva nel crocicchio

del villaggio oppure si allontanava addirittura ai margini del villaggio, in aperta campagna e, quando non veniva sbranata dagli animali notturni, all’alba era tipico il passaggio dei mercanti di schiavi che raccoglievano queste neonate, le allevavano e le istruivano all’arte della prostituzione. Abbiamo i testi che ci dicono che a cinque anni queste bambine erano già in grado di esercitare la prostituzione, a otto anni il primo rapporto completo. Questo teniamolo a mente quando vedremo l’episodio della prostituta e Gesù. La prostituta non è una che dice: “adesso mi metto a fare la prostituta”, è una donna che non ha mai conosciuto la famiglia perché è stata rifiutata fin dalla nascita: era abbastanza normale e non era considerato né un delitto, né un peccato.

Nel libro del profeta Ezechiele il profeta parla di Israele come di una bambina rifiutata e dice: come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna il giorno della tua nascita.

C’è eventualmente, se uno proprio non se la sente, un altro rimedio: la fai

crescere e poi la vendi come schiava. La Bibbia – parola di Dio – libro dell’Esodo scrive: quando un uomo venderà la figlia come schiava, è solo questione di mettere il tariffario. Quindi si alleva la bambina e la si vende poi come schiava quindi ci si guadagna un po’ per il disturbo.

http://www.studibiblici.it/conferenze/gesueledonne.pdf

 

 

Edda CattaniLa donna nella bibbia
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Vivere il presente

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Vivere il presente

(da Carlo Molari FB MdM)

 

 

 

Il presente è l'unica realtà essenziale della vita, è cioè l'ambito attraverso cui ci giunge l'offerta di vita, che è una sola. Tutto ciò che ciascuno di noi vive, può essere il luogo dove avviene la nostra crescita personale, come figli di Dio, che siamo chiamati ad essere, che è il compimento del progetto salvifico che ciascuno di noi porta con sé. L'attività che svolgiamo, per esempio, è lo spazio del nostro divenire, …attraverso cui la forza creatrice si esprime. Non è possibile perciò vivere il presente rimanendo chiusi al suo interno, esso infatti contiene una presenza che lo trascende, porta una tensione verso l'eterno, rimanda a una realtà che non può contenere. Vivere il presente in prospettiva teologale non significa evaderne per pensare al cielo o attendere un premio, ma significa immergersi talmente nel presente da uscirne verso un'altra dimensione per coglierne le sue valenze eterne. Non si tratta tanto di uscire dal presente seguendo la freccia del tempo in orizzontale verso altre cose, ma si tratta di trascendere il presente cogliendo l'azione che lo fonda, la Presenza che lo costituisce. Se Dio infatti è il creatore, non siamo noi a vivere il presente, ma noi consentiamo alla Vita di esprimersi in noi, non siamo noi ad amare, ma permettiamo al Bene di diventare amore in noi. Bisogna consentire al Presente di esprimersi nel piccolo spazio temporale secondo la successione degli eventi.

 

 

 

Edda CattaniVivere il presente
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Lasciarsi amare

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LASCIARSI AMARE

E dopo la debolezza è  volonta’ di tornare a vivere

 

 

Non è facile accettare la propria debolezza, guardare le proprie fatiche, prendere in mano i propri limiti, ammettere di aver bisogno degli altri.

Non è facile con umiltà chiamare per nome le ferite della propria anima e farle medicare. Non è facile lasciare le proprie sicurezze, futili e a volte chiaramente posticce… ma ancora sicurezze.

Lasciarsi amare è la disponibilità a ricevere qualcosa che non si può ripagare. E’ riconoscere che non ‘si è meritato’ ciò che viene donato, ma che semplicemente qualcuno ci ama gratis; nonostante i nostri limiti, le nostre ferite, le nostre debolezze. Siamo amati in tutto, accolti per ciò che siamo, e proprio così aiutati a risollevarci e ripartire, a non compiangerci e fermarci.

Mi sembra espressiva questa immagine dello ‘spogliarsi’…

Svestirsi chiede di mettersi in balia di un altro, di lasciare la copertura del proprio rassicurante ‘look’ e mostrarsi come si è: si diventa vulnerabili, si deve superare la paura di ‘non piacere’. La nudità ha un impatto molto grande nella nostra interiorità……

Lasciarsi amare è un po’ spogliarsi interiormente, lasciare che qualcuno ci ami così per quello che siamo, e non per l’immagine di ciò che vorremmo essere. Lasciarsi amare è imparare a ricevere!

E’ scoprire di essere poveri, e che la propria povertà permette a un altro di condividere la propria ricchezza.

Lasciarsi amare richiede di farsi poveri e di far crescere in sé l’umiltà.

E’ la consapevolezza profonda della propria non autosufficienza.

E’ rimanere in attesa.

E’ rimanere nella disponibilità all’iniziativa di un altro.

 

 

Francesca Venturelli

Edda CattaniLasciarsi amare
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Newsletter n.25

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http://www.acsss.it

Newsletter n.25 del 5 gennaio 2015

 

DA NATALE L’ANNO DELLA MISERICORDIA

La  nostra silenziosa attesa

 

Buon Anno tutti: a coloro che sperano ancora nel bene della pace, a chi non ha potuto festeggiare con botti e canti, a chi ha solo bisogno di tenera dolcezza, a coloro che non sanno perdonare  e a chi è provato dalla quotidiana fatica.

 

 

Una newsletter un po’ diversa… per condividere uno stato d’animo, con un fraterno abbraccio. 

 

In questo periodo ho avvertito la necessità di fare silenzio intorno e non per il mancato rispetto della tradizione, che tutti avremmo voluto trascorrere in famiglia, circondati dalle persone care, con la costruzione del piccolo, umile presepe, ma per l’assenza di quel valore simbolico che esso rappresenta.

 

La povertà, avvertita non solo come mancanza di benessere, ma di bene… in tutta la sua estensione, non è consona e non trasmette l’atmosfera delle “feste”.

 

A conforto, con Madre Teresa diciamo ancora una volta:

 

E' Natale ogni volta

che sorridi a un fratello

e gli tendi la mano.

E’ Natale ogni volta…

che rimani in silenzio

per ascoltare l’altro.

E’ Natale ogni volta

che non accetti quei principi

che relegano gli oppressi

ai margini della società.

E’ Natale ogni volta

che speri con quelli che disperano

nella povertà fisica e spirituale.

E’ Natale ogni volta

che riconosci con umiltà

i tuoi limiti e la tua debolezza.

E’ Natale ogni volta

che permetti al Signore

di rinascere per donarlo agli altri.

 

Nel volto del piccolo Gesù contempliamo il volto di Dio, che non si rivela nella forza, nella potenza, ma nella debolezza e nella fragilità di un neonato.

(Natale con Papa Francesco)

 

Ecco, quest’anno il mio Natale, e forse quello di tanti, è rappresentato dalla solitudine del cuore che si fa bambino. La parola del Qohelet (Qo 3,7) ci attesta in maniera efficace questa necessità:

 

“C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”

 

Il metodo da individuare, in ciascuno di noi, è che il silenzio e la parola abbiano ritrovato il loro spazio e che siano esperienze di vita, non di morte, di distruzione e tantomeno di leggerezza o di menzogna.

 

Mio figlio Andrea, a cui è dedicato questo blog, ci parlò di fare un “Natale da poveri” e così, gentili amici, ho voluto che tale ricorrenza rappresentasse questo. Del resto aria di festa non ne ho vista molta, se non come forzatura dell’attività commerciale che stenta a riprendersi.

 

DA TUTTO CIO’ E’ NATA LA DECISIONE DI CHIUDERE IL MIO PROFILO FB


Perché? Con questa news rendo contezza a tanti (qualche centinaia !?!) interventi che hanno dato seguito alla mia cancellazione. Sono stanca di tante parole, di inutili fobie, di lacerazioni e a volte di squallidi raggiri. Diciamo che tutto è andato splendidamente, all’inizio, perché un social network è il mezzo più veloce per raggiungere le persone e forse c’è stata una mia presunzione di potere spandere semi di luce … ma, poco per volta, ho ravvisato gli aspetti negativi, legati a sottili comportamenti che mi sono stati causa di profonda tristezza.

 

Preferisco allora scegliere una vita senza parole… più che donare parole senza vita.

 

Ritorno al mio blog e vi invito a scrivermi come una volta, a commentare… anche se negli ultimi tempi non sono stata molto presente, preferendo i commenti sul profilo quotidiano.

 

Sarete voi, dandomi ancora la fiducia nel riparare gli strappi, a scegliere cosa leggere e a dirmi cosa fare.

 

Vi dò subito la possibilità di farlo direttamente, o sotto gli articoli dopo esservi registrati (ma se ricevete queste news dovreste esserlo) o scrivendo al sito: info@acsss.it per richiamare l’attenzione su quanto è di vostro gradimento.

 

 

 

 

 

CHE NE E’ O NE SARA’ DELL’ASSOCIAZIONE A.C.S.S.S. ?

 

Abbiamo visto il concludersi positivamente del nostro convegno annuale, con una svolta nel programma che abbiamo assunto anche per il Convegno tenutosi e che terremo a settembre a Cattolica. Un tempo si parlava solo di testimoniare la sopravvivenza, ora cerchiamo di trasmettere, con l’aiuto di esperti, l’esigenza di volere STARE BENE sia a livello fisico che psichico e spirituale.

Diciamo comunque, che i Convegni sono ormai tanti ed in ogni zona e che ognuno ha una propria connotazione. E’ mutata la dimensione della popolazione presente che non è più quella dei primi anni in cui venivamo indicati come “spiritisti” per le tematiche che si affrontavano. Molti dei nostri pionieri sono ormai scomparsi, ma altrettanti rimangono affezionati a questo gruppo padovano e al Convegno del Movimento della Speranza che rimane, come iniziativa temporale,  il primo portatore di un autentico messaggio di speranza.

 

 

 

 

 

Ci troviamo pertanto qui a Padova in via Acquetta n.16 (attiguo a Prato della Valle e raggiungibile da tutti i mezzi di trasporto) anche il prossimo sabato come ogni secondo sabato di ogni mese. Debbo ringraziare in primis le mie collaboratrici e anche coloro che vorranno essere presenti; si procederà finché c’è richiesta e condivisione … in caso contrario si passerà il testimone ad altre iniziative più consone all’esigenza del territorio.

 

Da parte mia ho disdetto la mia presenza ad altri convegni in cui non mi sento di condividere gli obiettivi e, per quanto riguarda i miei pellegrinaggi  in meridione, nelle Associazioni di Napoli e Salerno, penso di cessare per lasciare ad ognuno l’iniziativa di procedere con le proprie forze.

 

UN ABBANDONO ?

 

E’ finito forse l’entusiasmo dei primi tempi, quando portavo con disinvoltura PC e proiettore per spargere semi di speranza? Troverete la risposta in un articolo fra i recenti del sito con gli auguri di Papa Francesco:

 

Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi…” … “Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice. È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”.

 

Ho scritto delle mie decisioni, paure, emozioni e di ciò che di ambiguo ho incontrato sul mio cammino, a Padre Alberto Maggi a cui debbo la mia anima ritrovata. Questa la risposta che ho il piacere di voler condividere con tutti voi:

 

“ Cara Edda io ti porto con me, da quando ti ho conosciuta! Vai serena e lascia fare alla fantasia del Padre che nel suo amore tutto trasforma in bene!

…e… il sorriso! Non sorridere è un lusso che non ti puoi permettere. Ricordalo!

…abbatterti è un lusso che tu non ti puoi permettere, lascialo agli altri, ma tu no!

Auguri!”

 

Lo farò, non solo per la “fantasia del Padre” in cui credo ma prima di tutto per il bene che debbo volere a me stessa, per l’amore che porto alle Anime Sante che mi proteggono, ma anche per tutte le persone che meritano la mia stima e il rispetto. Con quanto avanza, giro pagina.

 

 

Una proposta per voi: Conosciamo Caterina Simonsen? E’ una ragazza padovana:

(La studentessa colpita da quattro patologie rare, divenuta simbolo del conflitto tra ricercatori e animalisti, accetta di rispondere su tutto.)

 ''Va bene che stai male e sei stanca e tutto il resto, ma come la metti con la vita? Voglio dire, come fai? Ti siedi sul ciglio della strada e ci rinunci? Io, Caterina Simonsen? Impossibile. Amo troppo la vita e tutto ciò che mi ha dato. Ogni istante, ogni respiro, ogni colpo di tosse. Con il tempo sono arrivata persino ad amare le cicatrici che punteggiano il mio corpo, a trovarne un significato. Molti pensano che la malattia, una come la mia specialmente, sia sintomo di tristezza e rassegnazione. Una sorta di attesa. Invece è tutto il contrario.''
Da 'Respiro dopo respiro. La mia storia'

Chiudo… saluto e vi aspetto tutti… con questi versi (di una nota ‘amica’ che ben sa cosa sia il dolore dell’abbandono…) inviatimi da una cara amica:

 

Ho solo bisogno di silenzio, ho parlato troppo è arrivato il tempo di tacere, di raccogliere i pensieri allegri, tristi, dolci, amari, ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno? Sanno ascoltare anche il silenzio, sanno aspettare, capire. Chi di parole da me ne ha avute tante e non ne vuole più, ha bisogno, come me, di silenzio.

Alda Merini

 

 

 La VITA è un dono d'amore avvolto in carne umana e legato saldamente con le forti promesse di Dio. È più di quanto le parole possano dire, perché è una questione che solo il cuore può ricevere, credere e capire. Per questo mi sento e VOLO LIBERA!

 

 

 

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Edda CattaniNewsletter n.25
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Benigni e i Comandamenti

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Benigni e i 10 Comandamenti

 

 

Su Rai1 trionfo d'ascolti per il comico toscano: l'analisi di Alberto Maggi.

"Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori, sia i reazionari, sia i progressisti…"dice Alberto Maggi …

Dopo la lettura di Benigni i comandamenti non sono più gli stessi. Chi potrà mai dimenticare che il comandamento “Non rubare”, Dio l’ha scritto direttamente nella lingua italiana, in quanto insegnamento esclusivo per la corrotta Italia! Forse se la Chiesa avesse insistito meno sul sesso (tema ignorato da Gesù nel suo insegnamento) e più sul peccato di corruzione, sull’avidità, sull’ingordigia – atteggiamenti denunciati con forza da Gesù in quanto ritenuti la causa di ogni ingiustizia umana – la società sarebbe differente. E si spera che la Chiesa cattolica di Papa Francesco cancelli definitivamente dal Catechismo della Chiesa l’infelice articolo nel quale si legittima la pena di morte. In uno dei momenti più alti di tutto il programma, l’attore, con i tratti del volto tesi, ha infatti denunciato una società omicida che sopprime solo per legittimare i propri interessi e mai per giustizia. Alla fine comunque Roberto Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori reazionari (come si è permesso ridicolizzare l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla sessualità?) sia i progressisti, sempre con la puzza sotto il naso, che hanno trovato non abbastanza provocatoria l’interpretazione che ha dato dei comandamenti di Mosè. Eppure nella prima serata i tradizionalisti avevano esultato vedendo con quale enfasi, quasi da telepredicatore pentecostale, Benigni aveva presentato i primi tre comandamenti, quelli esclusivi del popolo di Israele, centrati sull’unicità di Dio. Ma poi Benigni ha rovinato tutto ieri sera, denunciando il crimine di una Chiesa sessuofoba che ha manipolato la stessa parola di Dio e trasformato il comandamento “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri”, rovinando così generazioni di adolescenti che si sono sentiti colpevolizzati per quelli che erano solo fenomeni dovuti all’esuberanza di ormoni in circolo. Ma da vero genio dello spettacolo, l’asso nella manica Roberto l’ha tirato fuori proprio verso la fine della seconda serata. Dopo aver presentato in maniera teologicamente corretta e profonda i comandamenti, e la figura di Mosè e del Dio d’Israele, accentuando e magnificandone le luci e tacendo o sorvolando sulle ombre (secondo la Bibbia ha ammazzato più ebrei Mosè per liberarli dalla schiavitù egiziana che il faraone per trattenerli), il grande attore, con nonchalance, ha assestato il colpo basso. Roberto Benigni ha raccontato infatti, come Gesù interrogato da uno degli scribi – i teologi ufficiali dell’istituzione religiosa – su quale fosse il comandamento più importante, nella sua risposta abbia ignorato provocatoriamente le tavole di Mosè, e si sia rifatto all’“Ascolta Israele”, il “Credo” che gli ebrei recitavano due volte il giorno: “Il più importante è “Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. La domanda dello scriba concerneva un solo comandamento, il più importante. Ma secondo Gesù l’amore per Dio non è completo se non si traduce in amore per il prossimo, e per questo aggiunge alla sua risposta un precetto contenuto nel libro del Levitico: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.La disinvoltura di Gesù verso i comandamenti di Mosè è infatti a dir poco sconcertante. Quando l’uomo ricco gli chiese quali comandamenti osservare per ottenere la vita eterna, Gesù nella sua risposta omise quelli che riguardavano gli obblighi verso Dio e gli elencò solo i doveri verso gli uomini. Per Gesù non sono indispensabili per la salvezza i tre comandamenti esclusivi di Israele, la cui osservanza garantiva a questa nazione lo “status” di popolo eletto: Cristo ha preferito ribadire il valore di cinque essenziali comandamenti validi per ogni uomo, ebreo o pagano, credente o no, che riguardano basilari atteggiamenti di giustizia nei confronti del prossimo: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e la madre”.“Con dieci parole fu creato il mondo” (Pirqé Aboth 5,1), insegnava la teologica ebraica con riferimento alle dieci parole di Esodo 34,28: “Scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole”. L’evangelista Giovanni nel prologo al suo vangelo non è d’accordo. Prima ancora della creazione del mondo c’era il Logos, un’unica Parola in base alla quale tutto fu creato (“In principio era la Parola”, Gv 1,1), una sola Parola che si formulerà nell’unico comandamento che Gesù lascerà ai suoi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Con Gesù il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue Leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore uguale a quello che del Padre è proprio.

 

 

L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it) a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti

 

Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita

 

Anche Papa Bergoglio telefona a Benigni?


Una telefonata che non si dimentica. È quella che ha ricevuto Roberto Benigni da Papa Francesco. Dal Vaticano nessuna conferma o smentita, ma monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia "non sorprende" questo ulteriore gesto di Bergoglio. "Non sorprende affatto – ha detto monsignor Paglia – che Papa Francesco abbia chiamato Roberto Benigni. La sua trasmissione sui Dieci Comandamenti si inserisce bene nel solco della Chiesa 'in uscita' voluta da Bergoglio. In questo caso si tratta di 'artisti in uscita' che sanno utilizzare il bagaglio della sapienza biblica senza però tanti orpelli". Monsignor Paglia ha sentito l'attore toscano al telefono: "Era molto sorpreso da questo boom di ascolti. Non mi ha detto i contenuti della chiamata (con Papa Francesco, ndr) ma l'abbiamo presupposto", ha aggiunto ridendo in una intervista a Famiglia Cristiana, senza però, come ha anche detto in altra occasione, volere confermare o smentire in modo, come dire, ufficiale. 
"Non confermiamo ma neanche smentiamo la notizia – dice il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini -. Si tratta di telefonate private del Santo Padre" e normalmente l'ufficio deputato alla comunicazione della Santa Sede in questi casi non interviene. Ma sono invece diverse le fonti vaticane secondo le quali quella telefonata c'è stata. Lo afferma l'agenzia Ansa. Il Papa argentino ha voluto complimentarsi di persona con Benigni. "Lo ha chiamato dopo la prima puntata", precisano le stesse fonti. Secondo quanto raccontano le persone più vicine al pontefice, normalmente Francesco non guarda la televisione. Non vide neanche la finale dei Mondiali, con la sua Argentina, nonostante sia un appassionato di calcio. Ma forse in questo caso, per "I dieci comandamenti" di Benigni, dicono sempre le varie fonti vaticane all'Ansa, potrebbe aver fatto un'eccezione.  (da Avvenire.it)

Edda CattaniBenigni e i Comandamenti
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Straordinario ritorno di un figlio

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Il ritorno straordinario

di Giampiero Campana.

 

(Evelina Bencivenga e Gina Campana)

 

 

 

Ero  da poco tempo entrata nella grande famiglia del Movimento della Speranza ed ebbi modo di sentire parlare di Gina Campana e dello straordinario ritrovamento del figlio, mancato tragicamente.

 Ho portato a Cattolica questa Mamma straordinaria, guidata da una Fede inossidabile e anche, oggi sì perché si è dichiarata, la donna-mamma-medium straordinaria Evelina Bencivenga che ha aiutato Gina a ritrovare Gianpiero.

 

Mamma Gina ci ha consegnato fotocopia del documento originale con cui Padre Gino Concetti, uno dei teologi più competenti del Vaticano, ha detto in una intervista: "Secondo il catechismo moderno, Dio consente ai nostri cari defunti, che vivono in una dimensione ultraterrena, di inviare messaggi per guidarci in certi momenti difficili della nostra vita. La Chiesa ha deciso di non proibire più il dialogo con i morti, a condizione che questi contatti siano motivati da seri propositi religiosi e scientifici".

 

 

Sono andata alla ricerca dei documenti passati da internet che riportano tuttora questo caso espostoci prima nel ridotto del Teatro di Cattolica e poi in teatro dalle due protagoniste.

 

Dal Portale di Pignataro Maggiore  1 dicembre 2005:

Intervistata Gina De Matteo la professoressa caiatina che riceve messaggi (tramite medium) dal figlio scomparso tragicamente.

 

Il Caso

 

Una donna della provincia di Caserta

RICEVE MESSAGGI DALL’ALDILA’ CON LA STESSA GRAFIA DEL FIGLIO MORTO 13 ANNI FA!

 

Contenuto dei messaggi sottoposto a tre revisori Canonici della Chiesa e ai Padri Superiori Gesuiti e Dehoniani.

La perizia grafologica è stata effettuata da Jeanne Lecerf, che lavora per il Vaticano e per i tribunali francesi.

E’ risultata la stessa grafia di Giampiero da “vivo”!

 

SUL “CASO GIAMPIERO”, SI’ SONO ESPRESSI IN MODO ILLUMINANTE: PADRE GENTILI, TEOLOGO SCRITTORE; P.MAGNI, SUPERIORE DELLA COMPAGNIA S.PAOLO- VICEPRESIDENTE DEL CENTRO INTERNAZIONALE DI COMPARAZIONE E SINTESI DI ROMA; PADRE MARTINETTI, GRANDE ESPERTO IN MATERIA; PADRE FRANCOIS BRUNE di PARIGI; PADRE PASSIDOMO, GESUITA; PADRE CENNAI, BENEDETTINO.

 

 

Scheda di Padre Guido Sommavilla autore del libro “ DI LA’ QUALCUNO CI SCRIVE”, seconda edizione, pubblicata con licenza dei Superiori e secondo il Decreto di Paolo VI

 

Gesuita a 20 anni, è laureato in lettere(germanistica), filosofia e teologia.

Ha pubblicato articoli e libri di letteratura, filosofia e teologia, con Rizzoli, Rusconi, San Paolo, Jacca Book. Ha tradotto dal tedesco importanti opere di Hans Urs von Balthasar e di Romano Guardini. Già redattore di Letture e Communio; collaboratore di La civiltà cattolica.

 

 

CAIAZZO- (CASERTA)

L’incredibile testimonianza di una mamma casertana

MIO FIGLIO MI SCRIVE DALL’ALDILA’!

Luisa De Matteo da anni tramite una medium, riceve messaggi dal figlio scomparso tragicamente nel 1992

(di Giuseppe Sangiovanni)

 

Di morti che si fanno vedere o sentire, con i classici tre colpi, ne sono piene le storie!

Bufale, montature, leggende, illusioni o trucchi? Forse no. Almeno da quanto vedremo in avanti, nella vicenda raccontata, senza pretendere di spiegare compiutamente un fenomeno che lascia senza fiato.

 

 

 

 

VOLATO IN CIELO A DICIOTTO ANNI

Una storia al limite della credibilità, difficile da raccontare. La storia di un ragazzo, di una mamma, da anni in “corrispondenza”, con il figlio morto tragicamente alcuni anni fa. Una storia straordinaria, appassionante ed inquietante. Secondo i punti di vista. Una vicenda che sfugge alla logica comune, difficile da spiegare con la forza della ragione. Per comprenderla meglio, c’è bisogno di fede. Di tanta fede, unita a prove scientifiche.

Un fenomeno che va studiato ed analizzato, per capire “dinamiche” fai da te. Troppo spesso, “congenite”. Per evitare dissacrazioni e demonizzazioni facili.

La storia di Giampiero Campana, un bellissimo ragazzo, di appena diciotto anni, rapito da un destino crudele: volato nel mondo dei più, il 10 marzo del 1992- che da più di un decennio, invia messaggi divini dall’aldilà ai familiari, servendosi di una medium, “mamma spirituale”, come ama definirla Giampiero nei messaggi inviati alla signora prescelta – che mediante scrittura automatica(una “forza” che muove e manovra misteriosamente la mano, a suo arbitrio), trascrive, pensieri, considerazioni, invocazioni e raccomandazioni – con l’esatta sua grafia.

 

STESSA GRAFIA DI GIAMPIERO DA VIVO

La stessa del brillante e gioviale studente liceale. Il tutto confermato scientificamente dopo esami grafologici e una meticolosa perizia grafica, di un’importante grafologa francese, Jeanne Lecerf, che ha lavorato per i Tribunali francesi e per il Vaticano: che ha fondato nella capitale l’omologa della Societè de Grapfologie Francais- coadiuvata dalla professoressa Tina Beretta Trezzi, docente alla Sorbona di Parigi. Studi su cui ruota la verità e l’autenticità di questa straordinaria storia.

Teatro dell’incredibile vicenda, Caiazzo, comune di seimila anime dell’entroterra casertano.

All’inizio degli anni novanta, Giampiero, brillante studente liceale- fino allora, un giovane allegro, solare, dinamico, intelligente- con tanta voglia di vivere, dopo aver partecipato ad una seduta spiritica- accusa i primi malesseri.

Esperienza che lo segnerà profondamente, che lo farà chiudere a riccio: cupo, triste, taciturno- con la tristezza e la malinconia a farla da padroni. Poca voglia di uscire da casa, abbandonato dagli amici, dalla fidanzata. Emarginato. Chiuso a chiave nella sua cameretta. A soffrire.

Talvolta furioso con le sorelle e l’adorata mamma, Luisa De Matteo, docente di disegno e storia dell’arte, del locale liceo scientifico.

Furibondo, riusciva però sempre a controllarsi. A fermarsi ed evitare il peggio.

“Non sono Giampiero, sono Giaco”!(nome che ricorda Jago, personaggio diabolico di Otello)”!- la sua sorprendente risposta, dopo gli affettuosi richiami della mamma.

 

Mai la mamma, le sorelle, il padre, funzionario della Regione Campania- avrebbero immaginato, il gesto disperato del loro caro, lanciatosi dal terzo piano della sua abitazione, “volato in cielo”, prima di impattare sul cemento.

Agli occhi dei medici del pronto soccorso di Caserta, il corpo del giovane risultato intatto: senza un graffio, una tumefazione, un’ecchimosi. “Senza evidenti importanti lesioni esterne”- come attestò il dott. Alfonso Marra. Era il 10 marzo 1992.

 

“DITE A MAMMA CHE NON DEVE DISPERARSI”

 

Una settimana dopo l’evento luttuoso, la medium- dotata di carisma nuovo, spontaneo, insolito, riceve il primo messaggio di Giampiero: mai conosciuto in vita.

“Voi dovete telefonare a mia mamma Gina Campana a Caiazzo e dirle che sono suo figlio Giampiero, che sono vivo e salvo e che non deve disperarsi”.

Intercettazioni medianiche, messaggi che comincerà, dopo titubanze e timore di essere presa per folle a consegnare alla signora Luisa, alcuni mesi dopo.

Dotata di una visione bilocata retrospettiva: come si dice in gergo. Trovatasi diverse volte in due luoghi diversi in simultanea. “Rapita” dal cielo per aiutare angeli in missione sulla terra- come si legge in una dotta pubblicazione sul caso.

Dono della bilocazione (lo stesso di Padre Pio, che lasciava il corpo a casa e viaggiava per apparire a km di distanza) – provato e verificato personalmente dal gesuita Padre Guido Sommavilla S.J, autore del libro “ DI LA’ QUALCUNO CI SCRIVE”- edizioni Dehoniane, dedicato a Giampiero Campana, pubblicato alla fine degli anni novanta. Un’ampia analisi e valutazione sul Caso Giampiero, sul contenuto dei messaggi, sottoposto a tre revisori Canonici della Chiesa e ai Padri Gesuiti e Dehoniani. Un’antologia che comprende una parte delle lettere-messaggio, inviate per la maggiore alla mamma naturale.

 

Edda CattaniStraordinario ritorno di un figlio
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Il miracolo della creazione

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Il miracolo della creazione

(…ricordando…)

 

Nasce Gesù: Buon Natale! E’ questo il lieto messaggio che ci riporta alla nascita di Dio a Betlemme e che dona ovunque conforto e speranza. Purtroppo il nostro tempo, il tempo di noi tutti, è funestato da eventi tristi di ogni genere e la vita stessa ha bisogno di senso, di pace, di fraternità su tutti coloro che soffrono per la guerra, la fame e la malattia. Viene spesso di chiedersi il perché di tanto male… eppure la venuta di Cristo sulla terra è un evento storico. Dio, duemila anni fa si è veramente fatto uomo per dare all’umanità una luce e la sua dottrina dilagò sino alle frontiere più lontane del mondo e delle anime. Tanti furono i martiri che insanguinarono le arene per rendere testimonianza, ma oggi la fede è venuta a mancare del suo pilastro più importante: la speranza. Non si crede abbastanza e il tempo dei miracoli operati da Gesù sembra essere lontano, quasi paragonabile a quello delle favole.

Nei nostri congressi annuali, ho voluto anche parlare di “miracoli” per rendere la mia personale testimonianza e dire a tutti che quel Dio che sembra avvolto in un velo di silenzio, quel Dio che a volte non ci fa ascoltare la Sua voce, è presente e, a volte, fra coloro che meno se l’aspettano, a coloro che forse non ne sono degni, accadono fatti straordinari.

La mia vita, come tutti sanno non è stata facile e, anche il mio recente pensionamento ha accompagnato una vicenda familiare ormai precaria; malattia e passaggio di mia madre ormai anziana e soprattutto il compagno della mia vita, il papà di Andrea, dopo una lunga malattia demolitrice, ha raggiunto il suo adorato figlio. Unica gioia, sempre presente, è quella della presenza dei miei nipotini, Giulio, Simone e Tommaso, questi tre pargoletti che sembrano arrivati per allietare e dare un sorriso alle mie quotidiane fatiche.

 Nell’ottobre del 2006, dopo una estate intensa per accudirli e sollevare le loro mamme, le mie due figlie, improvvisamente il piccolo Simone, uno dei miei adorati gemellini, di appena quattro anni, fu colto da una perdita di coscienza che ci costrinse al ricovero urgente in neurologia pediatrica con accertamenti che hanno dato poco spazio a qualsiasi forma di recupero.

Una coltre di piombo accompagnò le nostre ore, in oltre quaranta giorni di degenza, in cui non mancò la fede in un intervento diretto del Signore. Debbo dire che prima di lasciare il territorio dove ho trascorso gran parte della mia vita, nel maggio precedente, giorno della ricorrenza dell’apparizione della Madonna a Fatima, ho dedicato una delle mie scuole a “Carol Wojtyla, Giovanni Paolo II°” pensando anche di averlo come protettore, lui che, come me ha tanto amato i giovani. Ebbene, nel momento della disperazione sono ricorsa a Lui, per averne l’intercessione, chiedendo a Dio il miracolo della guarigione del mio amato nipotino.

 Il fatto si svolse in questo modo: stavo registrando, mentre pregavo, il discorso della montagna, letto dal Papa stesso ed ascoltavo tutte le beatitudini espresse con la Sua voce calda e suadente. Al termine della registrazione andai nel riascolto per poterle sentire ancora una volta e, proprio alla fine, sul nastro registrato sentii questa parola: GUARITO! Erano le 15.30 dell’8 novembre e proprio allora il piccolo Simone apriva gli occhi.

 Ho voluto riportare questa vicenda nella quale siamo stati messi a dura prova e che richiede ancora tanta fede, in quanto il mio piccolo procede tuttora a rapidi passi nel suo percorso positivo. In questi giorni di serena letizia, chiedo perciò a tutti fraternamente, una preghiera per i miei bimbi, ringraziando il Signore perché sono convinta che la svolta nella salute di Simone sia proprio stata data dall’intervento miracoloso di un grande Santo che ha trovato ascolto al cospetto di Dio.

Vorrei aggiungere che tutt’oggi, sia la malattia della mia mamma prima, del mio Mentore poi e del piccolo hanno ricevuto segni continui di presenze amiche, e lo zio Andrea, svolge una costante assistenza a loro e a me, accompagnando il mio cammino come segno della misericordia divina verso di noi.

 

 

 

 

 Auguri tanti, Auguri dai componenti della mia Famiglia anche se c'è chi ha "svoltato l'angolo"

 

 

Per questo torno sovente a parlare di “miracoli” dicendo a tutti che credere nei miracoli non è peccare di infantilismo tanto più che, al giorno d’oggi, quasi tutta l’umanità dichiara di esserne stata diretta testimone almeno in una occasione. In realtà, milioni di persone, tutti i giorni, in tutto il mondo, chiedono a Dio, ai Santi o anche ai defunti di intervenire sulla propria vita. Ne ho incontrate tante, in questi lunghi anni di percorso spirituale e sono rimasta edificata dalle manifestazioni di fede, soprattutto da parte delle creature più semplici. Naturalmente esistono anche coloro che non credono ai miracoli più di quanto non credano alla befana o al principe azzurro. Per costoro i miracoli sono residui della immaginazione infantile, ma per coloro i quali ci credono, che cosa sono esattamente i miracoli?

Il “miracolo”

 

 

I miracoli (dal latino mirari, “guardare con stupore”) sono presenti in quasi tutte le religioni, ma soprattutto in quella cristiana che sull’essenza del soprannaturale fonda il messaggio evangelico. Nel Nuovo Testamento sono menzionati molti miracoli compiuti da Gesù Cristo, come la moltiplicazione dei pani e dei pesci o le guarigioni degli infermi, ma il miracolo più importante è la sua stessa resurrezione.

Ricordo l’espressione del regista Zeffirelli, uomo di grande cultura e di formazione religiosa, il quale, in una trasmissione, affermava la sua personale convinzione che tutti i miracoli espressi nel Vangelo, possono trovare una giustificazione a supporto della loro venuta, ma la resurrezione di Cristo, del Suo stesso corpo, non ha spiegazione giustificabile da qualunque teoria scientificamente provata.

Spesso, quando si parla di miracoli, si fa riferimento ad eventi che non presentano necessariamente carattere religioso, ma semplicemente escono dall’ordinario al punto da essere notati e suscitare in molti meraviglia e stupore. Per il credente, invece, l’evento definito miracoloso è un messaggio, un fatto in cui scopre l’intervento di Dio in suo favore. Per questo, mentre rilevavo la profonda sofferenza di tanti piccoli spedalizzati e la lacerante attesa delle loro madri, ho ritenuto di essere stata graziata da un accadimento miracoloso.

Un miracolo non è d’altra parte, la violazione delle leggi di natura in quanto essi non verrebbero accettati non solo dalla scienza, ma nemmeno dalla Chiesa. La scienza non accetta tutto ciò che viola le leggi di natura semplicemente perché violare quelle leggi significherebbe sovvertire l’ordine naturale delle cose.  E la Chiesa riconosce che la vera grandezza di Dio è quella di mantenere le leggi della natura che egli stesso ha stabilito così come sono e che Lui stesso non può cambiare arbitrariamente il corso di ciò che proprio Lui ha organizzato con precisione assoluta. Se per caso Dio cambiasse l’ordine del mondo con un miracolo questo dovrebbe essere interpretato non come un atto di forza, ma di debolezza.

     Attualmente la posizione della Chiesa cattolica nei confronti dei miracoli consiste non tanto nel valutare l’effetto fisico in sé, ma le conseguenze spirituali che quell’evento produce, ovvero la conversione e la preghiera della gente. I miracoli, in altre parole, non sarebbero niente di eccezionale, ma dimostrerebbero semplicemente l’interesse e il coinvolgimento di Dio nelle vicende terrene.

Ed ecco allora il meraviglioso intervento di Dio nella Creazione che si manifesta come atto di misericordia e di amore, indipendentemente da chi lo riceve; perciò non vale la convinzione del fatto che Dio salva solo i più buoni: in Africa muoiono bambini a migliaia tutti i giorni e sono tutti bambini buoni! La verità è che il vero credente non dovrebbe avere bisogno dei miracoli per rafforzare la sua fede, proprio come per il non credente non sono sufficienti mille miracoli per fargli cambiare idea.

Io stessa mi reputo la più reietta e indegna di una tale grazia e proprio per questo voglio esserne testimone in quanto ho toccato con mano che le guarigioni miracolose non sono qualche cosa che la scienza non è in grado di spiegare, ma semplicemente un segno, un messaggio rivolto più agli altri che al diretto interessato. In questo modo, però, i miracoli non sono più miracoli: sono atti di fede.

In questi giorni di attesa dell’arrivo del Santo Bambino, con tanto coinvolgimento della tradizione e della poesia delle genti, vorrei ripetere che i tempi si sono compiuti: Gesù è venuto nella nostra storia ed è presente nel suo popolo; ma l’attesa non è terminata. Io credo che ciascuno di noi debba attendere Gesù ogni giorno perché Egli continua a venire e ci fa sentire la Sua presenza e il Suo intervento diretto, anche se, a volte, sembra non ascoltare il nostro richiamo. Continuiamo Cari Amici a credere, a volerci bene, a ringraziare di quanto ci è dato… quanto spesso dimentichiamo di farlo!

Mentre chiamavo al videofonino il mio piccolo all’ospedale, tutti i presenti hanno sentito chiaramente inserirsi la voce di Andrea: “Andrea è per sempre! Andrea è qui con tutti voi!”

Auguri a tutti! Che il Santo Natale porti un attimo di ristoro alla sofferenza del mondo, ai piccoli ammalati nelle corsie degli ospedali, nelle nostre famiglie, nella Chiesa… e sia con voi tutti il mio ringraziamento per le preghiere che mi avete donato. Dio ve ne renda merito!

L’anima ardente di Sant’Agostino chiedeva: “Come dunque ti cercherò, mio Signore?” e subito venne la risposta: “Ecco, nelle angustie in cui ti trovi, non sopravviene ciò che desideri, ma è presente colui che cerchi. E cerca colui che non può mai essere assente”.

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniIl miracolo della creazione
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Il Via al Giubileo

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MONDO A BANGUI, IN CENTRAFRICA

 

IL VIA AL GIUBILEO DAL CUORE DELL'AFRICA.

 

 

PAPA FRANCESCO: "DEPONETE LE ARMI, STRUMENTO DI MORTE"

 

 Nel corso del suo discorso, davanti ai 500 fedeli radunati all'interno della cattedrale e al migliaio che seguiva fuori guardando i maxischermi, il Papa ha ribadito il suo appello a deporre le armi. Quella di oggi è la tappa più attesa del viaggio di Francesco con l'apertura della Porta santa della cattedrale di Bangui – di fatto anticipando l'inizio del Giubileo  –

 

"Riconciliazione, perdono, amore e pace, amen". Con queste parole esclamate a braccio e con grande forza il Papa ha concluso l'omelia della messa nella cattedrale di Bangui. L'ha pronunciata in italiano, con traduzione simultanea nella lingua nazionale, il sango, dopo ogni paragrafo. Negli ultimi 5 paragrafi il Papa si è animato sempre di più, e i presenti hanno applaudito a più riprese. Nel corso del suo discorso, davanti ai 500 fedeli radunati all'interno della cattedrale e al migliaio che seguiva fuori guardando i maxischermi, il Papa ha ribadito il suo appello a deporre le armi. "A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell'amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace". 

Edda CattaniIl Via al Giubileo
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Da Eduardo a Luca

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E' morto Luca De Filippo, maestro del grande teatro napoletano

 

 

La scomparsa di Luca De Filippo ci priva di un grande interprete della scena italiana, autentico erede della tradizione napoletana capace di portare la sua verve non solo nel repertorio classico ma anche in quello contemporaneo conducendo una vita nel teatro, con il teatro, per il teatro

 

PARLARE CON I GESTI

www.scuoladevillaggio.it

incontro del mese di dicembre 2015.

Puoi conoscerti attraverso i gesti che fai, puoi osservarti al rallentatore e immaginare di guardarti da fuori. I gesti manifestano ciò che pensi. Osserva come muovi le membra e impara il linguaggio del corpo per comunicare bene con te e con gli altri. Attraverso i gesti puoi dare energia alle parole e ai pensieri; infatti i gesti conducono ai pensieri corrispondenti.

Tu stai comunicando continuamente con l'espressione del volto, il movimento degli occhi e delle mani, il ritmo delle parole, la pausa e il silenzio: la pausa dà autorità, il silenzio fa pensare. Non si può non comunicare. I gesti comunicano più delle parole; esse comunicano circa il 30%, il corpo circa il 70%. Puoi educarti a diventare consapevole di ciò che stai comunicando e del modo in cui lo comunichi.

Puoi imitare i gesti che apprezzi negli altri.

Suggerimenti: rallenta i movimenti, allunga i respiri, distendi i muscoli del volto con un sorriso leggero. Quando tratti con la gente in pubblico guarda gli occhi di chi ti parla, fa' che il tuo sguardo sia un rito fatto bene. Con lo sguardo calmo, sereno e quieto comunichi fiducia. Modula la voce con calma; non nascondere le mani; se puoi rivolgi i palmi verso l'altro; dopo aver ricevuto parole spiacevoli, lascia scorrere giudizi sfavorevoli, non entrare nella danza del conflitto ma dici: “Capisco”… “Apprezzo ciò che c'è ”… “Siamo qui per aiutarci, coraggio facciamo insieme”…“Meglio vivere in pace che voler aver ragione”…

Valorizza il linguaggio dei gesti, più vero, ricco ed efficace. I giochi della visibilità (look, maschere) e i meccanismi di difesa possono distorcere la comunicazione. Se le parole contrastano i gesti… nasce perplessità e alla fine prevale il corpo.

L'arte teatrale è scuola di buona comunicazione, ti aiuta a perfezionare i gesti nella vita normale. Puoi fare teatro con te stesso, con le persone che incontri, con il gruppo di amici:

  • per conoscerti e per farti capire attraverso i gesti;
  • per comunicare con consapevolezza e arte;
  • per osservare come muovi le membra;
  • per capire il gioco dei ruoli, i meccanismi di difesa e vincere la timidezza;
  • per imparare tecniche di espressione.

Prova inventare gesti per esprimere: gioia e tristezza, rabbia e paura ,accoglienza e rifiuto, agio e disagio.

 

 

Edda CattaniDa Eduardo a Luca
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