Un ricordo e una storia importante in ricordo dell’evento
LA SACRA SINDONE E IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO
( Studio e ricerca svolta sul parallelismo di queste due sacre immagini )
L’ostensione della Sacra Sindone 2015 dopo quella del 2010
Il Telo è stato visibile per la prima volta dopo l’importante intervento di conservazione del 2002, attraverso cui sono stati asportati i lembi di tessuto bruciato a Chambéry nel 1532, le toppe apposte allora dalle suore Clarisse e sostituito il telo d’Olanda che fungeva da supporto.
Novità dell’ostensione ha riguardato anche il percorso di avvicinamento al Duomo che, arricchito di informazioni rispetto alle precedenti ostensioni, dai Giardini Reali bassi, attraverso uno dei punti più affascinanti del Polo Reale, la Manica nuova, per sbucare poi sul piazzale del campanile. Nella sala della prelettura proiettate le nuove immagini del Telo ad altissima risoluzione. Diversa anche la collocazione della Penitenzieria, che ha trovato spazio a Palazzo Chiablese, e, tra le altre novità, la presenza di un bookshop al piano terreno del Palazzo della Regione, in piazza Castello.
Ricordiamo un grande avvenimento
La sistemazione della Sindone nel Duomo di Torino
“L’ostensione è essenzialmente un evento spirituale e religioso e non commerciale o turistico”. Parole dell’Arcivescovo di Torino, il cardinal Severino Poletto, rivolte ai giornalisti presenti nell’aula magna del Seminario Metropolitano nel corso conferenza stampa convocata 48 ore prima dall’apertura ufficiale dell’ostensione della Santa Sindone nella cattedrale di Torino, la prima del terzo millennio, all’insegna del motto «Passio Christi, passio hominis» scelto dall’Arcivescovo per sottolineare come «la passione di Cristo riassuma in sé tutte le sofferenze degli uomini».
Sindone: in una settimana oltre 200.000 pellegrini
Domenica 18 aprile anche 4.500 militari
A una settimana dall’apertura dell’ostensione è ora di fare i primi bilanci. Da sabato 10 a venerdì 16 aprile, sono passati davanti alla Sindone 208.069 pellegrini prenotati. Altre 68 mila persone circa sono entrate in Duomo dalla porta centrale. Sempre alla data di venerdì le prenotazioni hanno raggiunto la cifra di 1.634.668 persone. La porta centrale del Duomo si conferma, come nelle precedenti ostensioni, un punto importantissimo di accesso alla Sindone: sono molti, infatti, i «non prenotati», soprattutto torinesi, che entrano in chiesa e si fermano per qualche minuto a vedere con più calma il Sacro Lino.
Sono stati oltre 2000 i giovani che sabato sera hanno partecipato alla “notte bianca” di riflessione e meditazione davanti alla Sindone, organizzata dalla Pastorale giovanile diocesana di Torino e guidata dal cardinale Arcivescovo di Torino Severino Poletto.
Questa mattina, dopo la messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice celebrata dall’Ordinario militare per l’Italia mons. Vincenzo Pelvi, 4500 militari di ogni ordine e grado, fanfara in testa, sono sfilati in corso Regina Margherita con i loro famigliari per raggiungere viale I Maggio. Accolti dal presidente del Comitato per l’Ostensione prof. Alfieri e da mons. Ghiberti erano presenti, tra mostrine e stellette, numerosi comandanti e allievi delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e dei Vigili del Fuoco.
Intanto dalle prime luci dell’alba è ripreso il pellegrinaggio dei fedeli provenienti da tutta Italia e da Francia, Ucraina, Stati Uniti e Sri Lanka.
Vediamo ora “Il Volto Santo” a Manoppello
Sacra Sindone e Volto Santo Manoppello VIDEOCLIP
Era il 1999 e una notizia sorprendente veniva da Manoppello, un piccolo ma popoloso borgo di case disposte a schiera intorno al primitivo castrum, nell’Abruzzo ai piedi della Majella. Proprio qui, “dimenticata da 400 anni”, così si sentiva dire, si trovava la Veronica (la “vera icona”), il velo su cui sarebbe rimasto impresso il Volto di Gesù Cristo e che si trovava una volta nella basilica di San Pietro a Roma. Un gesuita tedesco e storico dell’arte, che dal 1966 vive a Roma, il padre Heinrich Pfeiffer, aveva esaminato la reliquia di Manoppello dal punto di vista storico ed artistico ed era sicuro di aver identificato l’originale del velo santo. Un fatto che apriva vaste discussioni scientifiche, storiche e religiose. Si poteva, giusto in tempo per il Grande Giubileo e dopo quasi 2000 anni dalla Crocifissione, conoscere l’aspetto di Gesù? Sì, secondo padre Heinrich Pfeiffer, professore tedesco di iconologia e storia dell’arte cristiana all’Università Gregoriana di Roma.
Per tredici anni padre Pfeiffer si era dedicato ad approfondite ricerche su una reliquia che non era mai stata presa in seria considerazione dalla scienza. La reliquia, un velo di cm 17 x 24, si trova custodita nella chiesa del Convento dei frati cappuccini nel paese abruzzese di Manoppello. Mentre la Sindone di Torino, il lenzuolo funerario nella quale – secondo Matteo 27,59; Marco 15,46; Luca 23,52 – è stato avvolto Cristo, costituisce l’oggetto religioso e archeologico più esaminato del mondo (dalla scienza che si chiama Sindonologia), il velo di Manoppello è stato dimenticato dalla scienza per 400 anni.
Ciononostante, da quattro secoli il Santuario del Volto Santo di Manoppello è meta di pellegrini provenienti dall’Italia e da altre parti del mondo. Studiosi, teologi, filosofi, scrittori, artisti, uomini dotti, personaggi ecclesiastici e politici hanno sostato dinanzi al Volto Santo. Come tutti i santuari anche questo è “luogo di conversioni, di riconciliazione con Dio e oasi di pace” (papa Giovanni Paolo II), una “stazione e clinica dello spirito” (papa Paolo VI).
Il Volto Santo è di fatto un velo tenue, i fili orizzontali del tessuto sono ondeggianti e di semplice struttura, l’ordito e la trama, non troppo fine e visibile ad occhio nudo, si intrecciano nella forma di una normale tessitura. Le misure del panno sono 17 x 24 cm. È l’immagine di un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. Caso unico al mondo in cui l’immagine è visibile da entrambe le parti, le tonalità del colore sono molto tenui, gli occhi guardano molto intensamente da una parte e verso l’alto, e le pupille sono completamente aperte, anche se in modo irregolare. La cosa sorprendente è che sulla base di esami scientifici con riprese digitali, osservazioni sotto luce ultravioletta e al microscopio, il velo non presenta tracce di pigmenti o pitture.
Da dove viene questa misteriosa reliquia? Secondo la tradizione, che si basa su una relazione storica scritta da Padre Donato da Bomba nel 1640, giunse a Manoppello in un giorno imprecisato del 1506, quando il fisico e astrologo Giacomo Antonio Leonelli, mentre conversava con alcune persone, vide arrivare uno sconosciuto pellegrino che, rivolgendosi a lui, lo invitava a seguirlo all’interno della Chiesa. Qui gli consegnava un misterioso velo involto, con la raccomandazione di prendersi cura del misterioso oggetto, dal quale avrebbe ottenuto preziosi benefici materiali e spirituali. Mentre l’uomo incuriosito svolse il velo, scoprendone con stupore e commozione il viso di Cristo dipinto, il pellegrino scomparve, senza lasciare traccia.
Il velo rimase in casa Leonelli per quasi cento anni; ma nel 1608 i diversi eredi cominciarono a contenderselo come eredità; ebbe la meglio Pancrazio Petrucci, un soldato, marito di una degli eredi, Marzia Leonelli, che irruppe con arroganza portandoselo via con la forza. La famiglia Leonelli da quel giornò cominciò ad andare in rovina. Tempo dopo Pancrazio fu arrestato ed imprigionato a Chieti, e la moglie per riscattarlo fu costretta a vendere il prezioso velo a Donantonio De Fabritiis.
Non essendo in buone condizioni, quest’ultimo pensò bene di mostrarlo ai Frati Cappuccini anche per accertarsi dell’effettivo valore, i quali, felici di essere entrati in possesso di quella reliquia prodigiosa, si preoccuparono di proteggerlo all’interno di una cornice, ancora oggi visibile. Nel 1683 De Fabritiis ne fece quindi dono ai Cappuccini, che nel 1646, dopo l’autenticazione notarile, esposero la reliquia alla pubblica venerazione.
Nel corso degli anni però numerosi studiosi e uomini di Chiesa sono andati alla ricerca della verità storica. Padre Heinrich Pfeiffer, gesuita e docente di iconologia e storia dell’arte cristiana all’Università Gregoriana di Roma, afferma che il velo di Manoppello è la Veronica Romana. Secondo la ricostruzione storica, la Veronica, in origine chiamata appunto “acheiropoietos” raggiunse Costantinipoli nel VI secolo (proveniente dapprima da Gerusalemme e poi dalla Camelia, in Cappadocia). Vi rimase fino al 705, quando misteriosamente scomparve, secondo alcuni storici per preservarla dai movimenti iconoclasti del periodo. Raggiunse Roma durante il periodo di Papa Gregorio II e, dopo varie vicissitudini finì nell’antica Basilica di San Pietro, dove diventò un’importante meta religiosa di migliaia di pellegrini. Dopo la demolizione della cappella ove era custodita la Veronica, nel 1608, se ne persero le tracce, e tutto lascerebbe pensare che il velo comparso a Manoppello sia proprio la storica e leggendaria Veronica.
La cosa più sorprendente emerge solo a partire dal 1978, quando suor Blandina Paschalis Schloemer, un’esperta iconografa, come risultato di alcune ricerche ed indagini, affermò che il volto di Manoppello e quello ritratto dalla Sacra Sindone di Torino, sono esattamente sovrapponibili. I tratti sono infatti gli stessi: viso ovale leggermente rotondo e asimmetrico, capelli lunghi, un ciuffo di capelli sopra la fronte, la bocca leggermente aperta, lo sguardo rivolto verso l’alto. In seguito ad ulteriori ricerche condotte dallo stesso Pfeiffer e Padre Bulst, sindonologo, la relazione tra la Sindone e il Volto Santo sarebbe quasi una certezza, ed alle loro scoperte è dedicata una mostra permanente all’interno del Santuario dove è possibile vedere i test e le prove fotografiche dei loro studi.
Ad avvalorare la loro ipotesi sarebbe anche il fatto che, almeno secondo le cronache storiche, la Sindone avrebbe avuto un percorso storico/geografico molto simile a quello fatto dalla Veronica. Secondo i due studiosi la Sindone ed il Velo, sarebbero stati poggiati entrambi sul volto di Cristo, e a questo deriva la loro sovrapponibilità. Parallelamente sarebbero quindi partiti da Gerusalemme alla volta di Camelia, per poi raggiungere Costantinopoli. Da qui le loro strade si sarebbero però divise.