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Nati per vivere

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NATI PER VIVERE

Si avvicina la ricorrenza della commemorazione dei defunti che, in questo mese  rivede la  consuetudine di andare al Cimitero e in tale occasione abbellire le tombe. In molti modi le comunità parrocchiali esprimono questo senso della speranza cristiana, ma anche la tradizione popolare porta a rappresentare usanze gradevoli in cui sono coinvolti vecchi e bambini. Il mio quotidiano pellegrinaggio al “santuario” si è trasformato in una commovente visione che ha richiamato alla memoria una poesia della mia infanzia di Ugo Betti  “Schiarita di Novembre” che così recita:

Schiarita di Novembre
al tuo breve sereno
già il camposanto di fioretti è pieno.

Sembra infatti che, ogni anno, pur in condizione di maltempo, compaia, in questa circostanza, un tenue raggio di sole a voler dare conforto e luce ai tanti visitatori .

In questi giorni non può mancare una riflessione sui grandi temi che riguardano i misteri principali dell’esistenza: la vita e la morte. 

L’atteggiamento della Chiesa, non può che essere in favore della vita e non rinuncerà mai a fare questo, né a pregare per chi è in difficoltà né, infine, al suo impegno culturale e pubblico, affinché l’uomo capisca di essere soggetto e non soltanto oggetto.

Leggo anche che Hugo Claus più volte candidato al premio Nobel per la letteratura, nel 2000 vincitore del premio Nonino è morto a 78 anni in un ospedale di Anversa, nel giorno e l’ora in cui aveva deciso. Il più grande scrittore fiammingo, romanziere, drammaturgo e poeta, Hugo Claus, voleva andarsene con fierezza e dignità, prima che la malattia, l’Alzheimer, lo consumasse, gli impedisse di scrivere, dipingere, lo rendesse estraneo a se stesso e agli altri. E così è stato. Se n’è andato per eutanasia, ha comunicato la sua casa editrice, perché il Belgio è uno dei tre paesi europei, con Lussemburgo e Olanda, dove la “buona morte” – dal 2002 – è legale.

Mentre mi accingevo a scrivere il titolo di questo breve saggio, ho pensato come queste  vicende possano dar rilievo ad una iniziativa contrastante, quella dell’ Associazione “Nati per vivere”. L’Associazione si è costituita nel 1996 per iniziativa di un gruppo di genitori di bambini nati prematuri e di alcuni medici ed infermieri operanti nel reparto di Neonatalogia dell’Ospedale Civile di Brescia con lo scopo di migliorare la cura e l’assistenza dei neonati a rischio e di fornire un’assistenza di carattere psicologico e materiale ai genitori attraverso un’opera di volontariato. “Nati Per Vivere” è un progetto concreto, fondato sullo scambio etico-professionale e psicologico tra medici e familiari dei neonati.

Cosa non si fa quando nasce un bambino? E’ vivo in me il ricordo del momento in cui sono venuti alla luce i miei piccoli nipoti , leggermente in anticipo sulla data prevista e quanto si è temuto per la loro crescita.

Inoltre  mi trovo a riflettere sulle condizioni psicologiche di tanti parenti come me che hanno seguito i loro cari in una struttura, luogo in cui gli ospiti, a volte non anziani, vivono il calvario della perdita progressiva delle funzioni dell’autonomia e della memoria.

Queste storie, la mia storia dolorosa, sono l’immagine della nostra vita crocifissa con Cristo,  oggi come ogni giorno, spalanca anche noi alla piena comunione con Dio Padre; il suo onore, la sua gloria in noi, danno peso, consistenza, senso e pienezza alla nostra vita.

Tutto quello che cerchiamo, che ogni uomo spasmodicamente cerca tra lifting, sport, investimenti, studio, affetti e sforzi e compromessi, è il desiderio più profondo del nostro cuore che ci è donato sulla nostra sofferenza, il luogo che invece disprezziamo e fuggiamo. Con Cristo sulla Croce la nostra vita è ritrovata, conservata, realizzata. Dove si perde si ritrova, è questo il segreto della felicità.

Andiamo avanti dunque e non dimentichiamo che la vita è un dono, una grande opportunità che ci è offerta affinché , in ogni momento si dia il meglio in ogni circostanza… me lo hanno insegnato i miei nipotini che, ieri sera, guardando un  cartone animato, ripetevano con le parole di un personaggio saggio:

“ IERI E’ PASSATO, DOMANI E’  UN  MISTERO, MA L’OGGI  E’ UN DONO… PER QUESTO SI CHIAMA  PRESENTE !”


Edda CattaniNati per vivere
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22 ottobre: Santo K.Wojtyla

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Giorno di Misericordia

Aggiornamento

 22 ottobre: oggi si festeggia

per la prima volta Giovanni Paolo II

Oggi, il calendario della Chiesa cattolica indica la memoria liturgica del beato Giovanni Paolo II. In altre parole, il “santo del giorno” di oggi è proprio il pontefice polacco scomparso nel 2005 ed elevato all’onore degli altari il primo maggio scorso. La data odierna è stata scelta nell’anniversario del primo giorno del pontificato di Giovanni Paolo II, il 22 ottobre 1978, giorno in cui celebrò la solenne messa in Piazza San Pietro per l’inizio di una missione che nel corso degli anni ha cambiato la storia. La memoria liturgica, da oggi in poi, sarà celebrata in tutto il mondo, in particolare dalla chiesa romana e da quella polacca, visto che il culto dei beati è una prerogativa delle chiese locali, anche se le conferenze episcopali di altri Paesi, tra cui quella italiana, hanno chiesto di potersi associare alla ricorrenza. In queste ore iniziative di preghiera sono previste dunque in ogni angolo d’Italia, anche a Sassari.

Intanto sul web circola la notizia di una seconda guarigione prodigiosa, avvenuta in Messico. Una giovane donna di origine cubana sarebbe la testimone dell’ultimo miracolo attribuito a papa Wojtyla: affetta da un tumore maligno alla gola, la donna racconta di essere guarita grazie all’intercessione del beato Giovanni Paolo II. A testimoniarlo le cartelle cliniche presentate dalla giovane, che parlano di una massa tumorale che le ostruiva la gola fino a non permetterle di mangiare. Dopo essersi affidata nella preghiera al papa, il tumore ha iniziato a regredire. Ora la donna è guarita completamente e la sua guarigione miracolosa, se confermata, potrebbe portare in breve tempo alla canonizzazione di Giovanni Paolo II.

Oggi è certamente una DOMENICA DI GRAZIA PARTICOLARE, perchè celebriamo 3 avvenimenti importanti: la ‘Domenica in Albis’, la Festa della Misericordia e la Beatificazione del grande Uomo e Papa Giovanni Paolo II.

Il Vangelo ci mostra un Gesù Risorto che DONA LA PACE….

+ DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI

 La sera di quel giorno, il primo della settimana…venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «PACE A VOI!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «PACE A VOI! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo….

Oggi è la Festa della Misericordia: concretamente vuole dirci l’Amore con cui siamo stati amati in quella Morte in Croce, una Misericordia Infinita che non smette mai di amarci. E’ Gesù stesso a rivelarlo a Suor Faustina Kowalska:

“Questa festa è uscita dalle viscere della Mia Misericordia ed è confermata nell’abisso delle Mie grazie. Ogni anima che crede ed ha fiducia nella Mia Misericordia, la otterrà”.

•• E Giovanni Paolo II viene Beatificato in questa Festa voluta da lui, in un mese, Maggio, dedicato a Maria, e nel giorno di festa del lavoro…lui che ha lavorato da giovane, ma soprattutto è stato il grande e infaticabile ‘operaio di Dio’ per tutti gli uomini. Chiediamo la sua intercessione perchè tutto ciò che portiamo nel cuore, le fatiche, le prove, le sofferenze, i desideri e le attese,possano essere accolte ed esaudite da Dio passando attraverso il Cuore Immacolato e Materno di Maria, che tanto egli amava…   (Santo Sessa – Carmelitani Scalzi)

 

 

La mia Scuola intitolata al Beato Karol Wojtyla

Questo quadro con l’immnagine di KAROL WOJTYLA  è stata posta nell’atrio della mia Scuola il giorno della intitolazione

Ecco le immagini della cerimonia avvenuta il 13 maggio 2006:

 

Il Parroco, io come Dirigente Scolastico e il Sindaco

 Non mi fu facile ottenere l’intitolazione a pochi anni dalla morte del grande Papa per il quale ho sempre nutrito un profondo amore, ma oggi sono felice, con tutta la popolazione scolastica di avere fatto questa scelta. Inserisco il documento inviatomi dall’attuale Pontefice a conferma di quanto avvenuto.

 

 

 

Edda Cattani22 ottobre: Santo K.Wojtyla
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Questo amore

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Vi dono, per questa domenica, una delle poesie d’amore più belle di tutti i tempi.

Questo Amore

di Jacques Prevert

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Questo amore
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino
al buio
E così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore
della notte
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perché noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perché noi l’abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
E tutto soleggiato
E’ tuo
E’ mio
E’ stato quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
E che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda e viva come l’estate
Noi possiamo tutti e due
Andare e ritornare
Noi possiamo dimenticare
E quindi riaddormentarci
Risvegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognare la morte
Svegliarci sorridere e ridere
E ringiovanire
Il nostro amore è là
Testardo come un asino
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Sciocco come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
E ci parla senza dir nulla
E io tremante l’ascolto
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti coloro che
si amano
E che si sono amati
Sì io gli grido
Per te per me e per tutti
gli altri
Che non conosco
Fermati là
Là dove sei
Là dove sei stato altre volte
Fermati
Non muoverti
Non andartene
Noi che siamo amati
Noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci diventare gelidi
Anche se molto lontano sempre
E non importa dove
Dacci un segno di vita
Molto più tardi ai margini di un bosco
Nella foresta della memoria
Alzati subito
Tendici la mano
E salvaci.

 

Edda CattaniQuesto amore
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L’ultima beatitudine

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L’ultima beatitudine

un avvenimento da ricordare…

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Un avvenimento in cui siamo stati coinvolti e un libro da non dimenticare!

Frate Alberto Maggi offre parole ricche di serenità e speranza, lontanissime da quell’inesauribile repertorio di frasi fatte che non solo non consolano, ma gettano nel più profondo sconforto quanti sono nel lutto e nel pianto, anche quando vengono da uomini di fede. Grazie a queste pagine è possibile comprendere e accogliere l’aspetto naturale della morte, per renderla davvero una sorella come poeticamente suggeriva san Francesco, una compagna di viaggio nell’esistenza dell’individuo. In questa prospettiva viene scacciato tutto ciò che può deprimere o rattristare, permettendoci così di vibrare in un crescente, pieno accordo con quella grande sinfonia che è la vita.
( da Il libraio.it)
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Edda CattaniL’ultima beatitudine
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Scetammece: terra dei fuochi

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SCETAMMECE !

 

TERRA DEI FUOCHI

Una giornata sulla Terra dei veleni per sensibilizzare tutta la popolazione che vorrà partecipare sul “PARCO VERDE” di Caivano e la Terra dei Fuochi. Interventi delle Mamme degli ANGELI GUERRIERI con Tina Zaccaria.

Intervento di Edda Cattani: “Angeli Guerrieri: Solidarietà e Speranza”.

 

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…per chi si sta arrendendo o si è gia arreso
…per chi “aspetta” che gli altri risolvano il problema
…per chi critica e ridicolizza l’impegno di tanti
…per chi nega..”perché così si rovina l’economia campana e non si vende più niente”
…per chi “accussì vann’ e cos’ e nun ce putimm fa nient” 
…per chi “nun so fatt’ mie”
…per chi vive di “mi piace”( o di “non mi piace”) dietro una tastiera
…per chi non riesce a comprendere che il dramma di questa terra non ha bisogno di eroi ma della presa di coscienza, dell’impegno e dell’azione di TUTTI!
NON ABBASSIAMO LA GUARDIA, perché la LOTTA NON E’ FINITA… ed è ancora molto lunga! 
Teniamo alta l’attenzione e soprattutto NON LASCIAMO ASSOPIRE LE NOSTRE coscienze…
.cerchiamo insieme MODI e AZIONI NUOVE e DIVERSE per AGIRE, perché nessuno lo farà al posto nostro!
SCETAMMECE 
e “…non limitiamoci a sperare, ma organizziamo la speranza!”

 

terrafuochi

Edda CattaniScetammece: terra dei fuochi
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Auguri Figlio mio!

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Il 7 ottobre sei venuto a me!

…e mi è caro pensarti con questo stralcio…

 

Non pianger più. Torna il diletto figlio

 a la tua casa.

 

 Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato

 serba ancóra per noi qualche sentiero.

 Ti dirò come sia dolce il mistero

 che vela certe cose del passato.

 

 Ancóra qualche rose è ne’ rosai,

 ancóra qualche timida erba odora.

 Ne l’abbandono il caro luogo ancóra

 sorriderà, se tu sorriderai.

 

 Ti dirò come sia dolce il sorriso

 di certe cose che l’oblìo afflisse.

 Che proveresti tu se fiorisse

 la terra sotto i piedi, all’improvviso?

 

 Perché ti neghi con lo sguardo stanco?

 La madre fa quel che il buon figlio vuole.

 Bisogna che tu prenda un po’ di sole,

 un po’ di sole su quel viso bianco.

 

Se noi andiamo verso quelle rose,

 io parlo piano, l’anima tua sogna.

 

 Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto,

 tutto sarà come al tempo lontano.

 Io metterò ne la tua pura mano

 tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.

 

 Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita.

 In una vita semplice e profonda

 io rivivrò. La lieve ostia che monda

 io la riceverò da le tue dita.

 

 Tutto sarà come al tempo lontano.

 L’anima sarà semplice com’era;

 e a te verrà, quando vorrai, leggera

 come vien l’acqua al cavo de la mano.

Da “Consolazione” di G.D’Annunzio

 

 

 

Edda CattaniAuguri Figlio mio!
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Per ricordarti!

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Auguri Figlio mio!

 

 

 

Fu uno splendido autunno quello! A differenza degli anni precedenti vi furono giornate piene di sole; un buon auspicio per me che, godendo del congedo per maternità potevo dedicarmi interamente al mio bambino, nato proprio in quell’anno, il 7 ottobre, giorno della S.Vergine del Rosario, alla cui protezione avevo affidato la mia creatura.  

 

Nell’altalena dei ricordi pervade l’animo mio il momento della tarda mattinata, quando dopo aver terminato tutte le faccende domestiche, prendevo in braccio quell’involtino di lana calda e profumata da cui spuntava un visetto sorridente e guardandolo, parlandogli, con i termini non decodificabili che ogni madre usa, lo avvicinavo al mio seno per allattarlo.   In quell’istante, con quel rito sacro e arcano, una pace profonda, una dolcezza infinita mi avvolgeva: il divino e l’umano sembravano prendere corpo nella simbiosi di quell’atto di amore, mentre un raggio di sole, che penetrava attraverso le imposte socchiuse, ci illuminava entrambi, quasi a voler manifestare la mano benedicente del Creatore.  

 

Espressione della mia gioia interiore era la preghiera riconoscente: “…la mia mente esulta in Dio, mio Salvatore” mentre, con la mia partecipazione alla Creazione, mi sentivo vicina a Maria, Madre di tutti i viventi.   Quell’abbraccio profondo, intimo, spirituale, significava la continuità la stabilità del mio essere nel rapporto con la creatura da me nata: mio Figlio; legame forte, saldo, indissolubile che nessuna circostanza e nessuno mai avrebbero potuto spezzare.  

 

 “I figli sono frecce scagliate nell’universo”recita il poeta indiano Kahil Gibran. Quella creatura tanto amata avrebbe concluso il suo percorso terreno alla verde età di 22 anni. 

 

Fermarsi di tanto in tanto, alzare lo sguardo da ciò che ci tiene impegnati e fare delle riflessioni generali è molto importante, perché aiuta a vivere più pienamente la vita nella sua ferialità specialmente nel momento storico in cui ciascuno di noi è chiamato a percorrere delle scelte, quale è quella di essere genitori.  

 

In mezzo alla gente, fra la gente, la donna in particolare, a cui sono affidati i grandi ruoli di madre, di sposa, di educatrice, deve essere individuata come creatura privilegiata nel suo affrontare una condizione di vita che si presenta sempre più complessa; si deve rispettarne il suo “toccare con mano” il grande mistero della nascita, senza avere la pretesa di volere tutto comprendere e spiegare.  

 

Per consentire ad essa il riappropriarsi di questa dignità è necessario riconoscerle la peculiare condizione ed il suo ruolo, al di là degli aspetti consumistici che la presentano come simbolo dell’efficienza e della competitività senza dichiarare la valenza del grande progetto di cui è partecipe.   Si pone, a questo punto, il problema della donna e del suo completamento naturale, quale la maternità come profondità dell’evento di amore che si realizza nella coppia prima e nel rapporto madre-figlio poi.  

 

Amore, sessualità e concepimento di un figlio sono tappe obbligate di uno stesso discorso, ma l’evento miracolistico e il senso della sacralità si completano nell’atto dello sbocciare di una vita, perché esso è comprensivo del senso della vita stessa e dell’esistenza tutta.   Non solo la scienza dichiara questo, ma tutte le grandi religioni che accennano alla componente sacra dell’uomo che è in grado di riprodursi e si sente coinvolto nell’opera della creazione.  

 

 

 

Vorrei ricordare, a questo proposito, un esempio significativo riportatoci nelle Scritture: è il desiderio di Anna, colei che diverrà la madre di Samuele (1Sam 1, 1-2), per il dono di un figlio.   Anna è sterile e vive consapevolmente il suo stato di umiliante emarginazione, ma non perde il coraggio davanti al Signore, fino a giungere a fargli, con la sua supplica, una solenne promessa:   “Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me e mi darai un figlio maschio, io te lo offrirò per tutti i giorni della sua vita.”   In questa promessa c’è un insegnamento sorprendente: Anna dice: “…concedimi un figlio ed io te lo ridarò. Sembra a noi che, posta in questi termini, la creazione avvenga per il concorso di una donna e di Dio. Anna non chiede un figlio per vezzeggiarlo e stringerlo al cuore per tutti gli anni della sua vita. Lo chiede per darlo e così riceve. Il Dio degli umili, degli afflitti, dei bisognosi si china verso di lei come si protende verso gli “anawim”, i poveri, “per rialzarli dalla polvere e proteggere il loro cammino”. 

 

La nascita di Samuele (nome che deriva dal verbo ebraico sha’al = domandare) premia la preghiera fiduciosa di Anna che innalza il suo inno di ringraziamento:   “Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio…”   Questo canto ricorda il Magnificat di Maria, madre di Gesù si tratta di due donne a cui miracolosamente viene dato un figlio “come un dono”. Maria è la “vergine”, Anna è la “sterile”.   E Samuele, uomo straordinario, ultimo dei Giudici, realizzerà l’unità delle tribù di Israele.   Quanto grande deve essere stato il merito e quanta parte deve avere avuto nell’opera del figlio questa madre, sofferente, umile e disponibile ad offrire la propria creatura ancor prima che le sia stata data.   E immaginiamo come sarà stato forte il legame di Anna con suo figlio, Samuele, già destinato ad una missione così rilevante!  

 

 

Questa consapevolezza é in noi, già presente come immagine riflessa e tende a volere rendere tutt’uno la femminilità con la sacralità. Si sente perciò sacro il concepimento, la gravidanza, il parto, la nascita, come è sacra la vita del bambino che nasce e che non rimane, semplicemente, una condizione assegnata e registrata; è il fatto di esistere che diviene “progetto” e perciò scelta obbligata e percorribile.  

 

Quando una donna dice: “Aspetto un bambino”  è come se affermasse: “Io ho un figlio che vive da sempre dentro di me”. Il bambino che dovrà vedere la luce era già in noi, presente nella nostra coscienza disposta a generarlo, era nel pensiero della madre quando ha sentito il suo corpo come luogo adatto ad ospitare una vita.   La donna in attesa di un figlio ha pronta una culla nel suo cuore e nel suo seno. In essa dimora tutto il suo essere, il suo futuro, la sua speranza.  

 

E durante la gravidanza, la madre avvia un dialogo, una comunicazione, con quel bambino; questo accade, con sua “sorpresa”, quando riconosce il “meraviglioso” che sta accadendo nel figlio tramite la sua persona, anche al di là della sua intenzione.   La meraviglia crea una immagine promettente del mondo, perché essa riconosce il fatto straordinario che è premessa di quell’unione fisica, psicologica e spirituale, sopravvenuta dopo il concepimento.  

 

 

Sentiamo le espressioni usate in questa lirica da un poeta non noto, con cui viene sentita la maternità

   ” Istanti…forse secoli, in cui pulsa la coscienza   e il suo ritmo è gioia:  

gioia dentro, gioia fuori,   gioia ovunque.    

Cellule di vita, immense quanto l’universo,  

in esse tutto è presente: la notte dei tempi   e un futuro ciclico,

 meravigliosamente riassunti   in un istante cangiante.    

Energie sottili che vorticano in un centro,   che si individualizza e si nutre di sé espandendosi.    

Madre dentro, madre fuori, madre me, madre lei.  

Madre nella madre in un’esplosione a catena   che si espande al rallentatore   (o forse in istanti di sogno).     Lei diventa me, io ritornerò a lei.   

 Lei mi nutre dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri;   i miei sentimenti e i miei pensieri torneranno a lei.     Come una vibrazione che percorre  un’unica coscienza  

come amore che effonde dall’indicibile.” 

Edda CattaniPer ricordarti!
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LA MATRIARCA

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LA  MATRIARCA

(VALE LA PENA UNA RIVISITAZIONE DEL 2011)

Ovvero: Anche le Nonne hanno un Angelo di Luce. Auguri Nonna Lina!

L’avevano chiamata “Natalina”, forse in onore del nonno “Natale” o, forse, perché a quei tempi, i riferimenti alle grandi festività religiose sembravano portare bene. Così era cresciuta Natalina che tutti chiamarono, fin dall’inizio, Lina e che aveva conosciuto il suo intero nome solo quando fu iscritta alla prima elementare.  Crebbe intelligente, brava ed operosa e frequentò le scuole fino alla settima classe quando il padre  perse ogni avere, a seguito di un’alluvione e la famiglia, costretta a lesinare ogni spesa, mandò Lina ad imparare un mestiere. Fu indirizzata alle migliori sarte dove, allora, si pagava per imparare. “Quanto ho lavorato e quanto ho imparato!” era solita dire.

Così divenne maestra a sua volta, dopo essersi rimboccata le maniche per far fronte al bisogno. La sua mamma era morta giovanissima e Lina dovette pensare alla sorellina orfana, al padre ormai ammalato, alla casa, al fratello maggiore. Furono anni duri, ma lei, sempre a testa alta, trovava conforto nel lavoro e nell’opera preziosa delle sue mani che sapevano, da uno scampolo di stoffa, ricavare meravigliose creazioni che poi indossava. Erano abiti a balze, con leggere sfumature ed intarsi, che poi giunse ad esibire, quando, ormai giovane donna, cominciò a frequentare La Saca, il Circolo cittadino, dove si ballava. Fu lì che conobbe un bel giovane, povero quanto lei, dal nome Lino, un diminutivo come il suo.

E Lina continuò a lavorare sempre, senza sosta, per provvedere alla famiglia che si era costruita. Lavorava e guardava ancora avanti, dritta, altera, volonterosa ed orgogliosa di farsi ammirare per le sue doti non indifferenti di intelligenza, di caparbietà e di coraggio. Poi ci fu la guerra, la seconda grande guerra e tutti rimasero senza un tetto e Lino, con un carretto di suppellettili, condusse la giovane moglie e la loro bambina in campagna per essere protetti dalle terribili incursioni aeree.

Lina era giovane e bella e le piaceva vestire come la figlioletta, con vesti colorate e arricciate; allegra e fiduciosa, cantava le festose musiche dell’epoca: operette e lirica. Lei cantava e Lino ballava, per non pensare alla disoccupazione, alla miseria, alla fame. Poi nacque un altro bimbo, Pietro, che fu accolto da tutti con grandi aspettative, ma Lina fu costretta lungamente al riposo. Sembrava non doversi rialzare, ma come una quercia colpita e non abbattuta, seppe rinverdire, per amore dei suoi cari, incurante del passare dei venti impetuosi e, guardando sempre avanti, seppe  costruire, un poco alla volta, l’avvenire e la sicurezza della famigliola.

Non durò a lungo questo stato di grazia; ben presto Lino, il suo fedele, adorato compagno la lasciò e tutto sembrò crollare. Lina lo vide sfinirsi giorno dopo giorno. Come una belva ferita si chiuse in quel nuovo dolore più grande di lei e si avvitò intorno a quella spina dorsale troppo eretta per guardare anche a terra, più in giù, più in basso, finché non si rese conto di avere ancora dei doveri da compiere. Le era accanto il figlio, il suo adorato Pietro, che doveva ancor crescere e ne fece quello che fu il suo orgoglio: “il suo  ingegnere”.

La figlia era lontano ormai, in un’altra città ed aveva avuto delle splendide creature. Quella figlia ero io e Lina era mia madre, la nonna dei miei figli. Perché non dobbiamo parlare mai delle nonne? Perché dobbiamo pensare che le gioie ed i dolori siano patrimonio esclusivo delle madri?

Lina non era stata una nonna come le altre. Andrea la chiamava “la nonna sprint”, ma la ammirava e la ricordava spesso. Nonna Lina l’aveva portato a passeggio durante il soggiorno al mare, l’aveva cullato quando, dopo un’ennesima corsa ed una risata, si addormentava nelle sue braccia;  l’aveva ammirato nella sua figura statuaria, con la divisa da ufficiale, quando era cresciuto tanto da sovrastarla, tenendola sotto l’ascella. Lei lo guardava alzando lateralmente la testa e gli diceva: “Ma Andrea, non ti riconosco più! Ti ricordi quando ti portavo a passeggio e ti cantavo la ninna-nanna?”

Andrea le sorrideva, con quell’espressione serena che aveva sempre, con quella tenerezza che sapeva usare con le cose fragili… la sua nonna che sembrava essere una porcellana di bisquit. Lui l’avrebbe protetta, lui sarebbe andato da lei, ora che aveva la patente. Si erano visti poco negli ultimi tempi, ma Nonna Lina riscuoteva la sua ammirazione perché ancora accentrava l’attenzione di tutti; lei sapeva, all’occorrenza, guidare, con autorità e competenza, la barca di tutta la famiglia. La Matriarca era lei, capace di comandare a tutti, di pagare chi doveva accudirla, di farsi servire e rispettare.

La chiamavano Signora Lina ora, ed era persona nota e degna di stima. Aveva raggiunto, con il conquistato benessere economico, la soddisfazione di poter dire: “Queste sono le mie opere, il frutto del mio lavoro: la mia bella famiglia, la mia casa, le mie creature…!”. 

Ma un mattino il risveglio fu triste come mai era avvenuto. Qualcuno fu incaricato di dirle che Andrea se ne era andato, era andato via per sempre. Lina ruggì forte allora, impotente, questa volta, a far fronte all’ineluttabile. Non fu tanto il nipote che le venne a mancare, ma l’opera migliore della sua vita, il “figlio della figlia”. Questo no, questo non poteva, non doveva essere; questo era davvero troppo.

Lina non ebbe più nulla da dire, più niente da dimostrare. A  nulla erano valsi il suo operato, le sue sofferenze, i sacrifici, le lotte… tutto per i figli… i figli. Ed ora i figli dei figli. Si chiuse in casa, lasciò il lavoro, le chiacchiere a confronto delle ricchezze avute, l’ostentazione della bellezza e del benessere. Più giù, sempre più in basso; non fu più capace di levare lo sguardo da terra e cominciò ad incurvarsi tanto da non essere più in grado di alzare gli occhi.

Troppo in alto aveva guardato, troppo grandi gli spazi ove aveva mirato il suo ardire. “Signore, quando sarò di là, tu ne avrai da dire a me; ma io ne avrò da dirti…” e scuoteva la mano in aria, convinta di avere diritto di dire le sue ragioni anche al Padre Eterno. Ma Andrea era nell’aria, ormai, e Nonna Lina sapeva chiamarlo.

Chi ha detto mai che i giovani stabiliscono il contatto prima di tutto con le madri? Nonna Lina ne prese la foto della Prima Comunione e la mise su una mensola. Ogni sera lo salutava, prima di andare a letto ed ogni mattina la foto era girata nel verso opposto. Andò avanti giorno dopo giorno, rimettendola a posto, convinta più che mai che Andrea volesse, con quel segno esclusivo, noto a lei sola, salutarla. Imparò ad accorgersi di ogni particolare, ad avvertire ogni indizio, e, con la sensibilità che si accentuava,  a dare conforto a chi soffre, a sgranare il Rosario pregando la Madonna, ad invocare l’aiuto del Santo delle stimmate, Padre Pio.

Ora Nonna Lina è ancora più curva. Sembra toccare a terra, alcuni giorni. Lei, avvezza a guardare in alto e avanti, deve seguire i passi, sempre meno spediti, delle sue pantofole. E’ abbassato l’occhio, ma è vigile l’orecchio della Matriarca, pronto a cogliere i sospiri, gli affanni, le preoccupazioni dei figli. E’ lei ancora, piccolo fagotto di lana opalescente, dalle rosate sfumature, dallo voce tremula a volte e dalle mani carezzevoli, a seguire, trepida, i nostri passi.

Ora Nonna Lina legge l’Aurora e parla dei Figli di Luce e della loro dimensione di cui crede di avere una priorità per “diritto di nascita”. Lei dice che, ne è certa, quando verrà l’ora in cui dovrà lasciare questa terra, gli Angeli di Luce le andranno incontro, con tutti i suoi cari che l’hanno preceduta nella dimensione eterna.

E chi può dubitare che, fra tutti e prima degli altri, non ci siano proprio Loro, i Ragazzi di Luce, con il nipotino Franco, i giovani delle Mamme della Speranza e il mio Andrea che, davanti a Loro, sarà il primo a correre ad abbracciare e ad accogliere la sua Nonna Sprint?

E Lina, tornata giovinetta, nella sua veste rossa a fiori e balze, lo stringerà sul cuore, in quella dimensione in cui le distanze si annullano, gli anni non esistono e gli affetti della nostra vita terrena si ritrovano nel perenne amplesso dell’amore di Dio.

 

Edda CattaniLA MATRIARCA
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La festa dei nonni

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2 ottobre: Festa dei Nonni

I nonni ti vedono crescere, sapendo che ti lasceranno prima degli altri. Forse è per questo che ti amano più di tutti.

La Festa dei nonni è una ricorrenza civile introdotta in Italia con la Legge 159 del 31 luglio 2005, quale momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale.

Viene festeggiata il 2 ottobre, data in cui la chiesa cattolica celebra gli Angeli custodi.

 

Il brano dal titolo “Ninna Nonna”, scritto da Igor Nogarotto e Gregorio Michienzi, due autori astigiani (in arte I 2 Così), dal 2006 è stato ufficialmente riconosciuto come “Canzone Italiana dei Nonni”

 

 

Roma, 2 ottobre 2011 – Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto alle nonne e ai nonni d’Italia, nella giornata di festa a loro dedicata, un messaggio: “Celebriamo oggi la festa dei nonni, divenuta ormai un appuntamento fortemente sentito e ricco di iniziative per ricordare, nel segno dell’affetto e della riconoscenza, il loro insostituibile ruolo nella vita familiare.

I nonni, con il loro patrimonio di umanita’, saggezza ed esperienza, offrono quotidianamente generoso e prezioso sostegno alla crescita ed allo sviluppo dei piu’ piccoli, che seguono sin dalla nascita nel percorso educativo e formativo ed ai quali trasmettono conoscenze, tradizioni e valori della loro generazione.

Al peso e al ruolo assunti dagli anziani non puo’ non rispondere l’impegno nell’attuale contesto sociale da parte delle istituzioni e della collettivita’ a difendere e salvaguardare quei diritti che rappresentano una conquista fondamentale per la vita e la dignita’ della persona in quella fascia di eta’. Con questo auspicio e con sentimenti di vicinanza e di ideale condivisione dello spirito che anima questa giornata, rivolgo alle nonne e ai nonni d’Italia un caloroso saluto augurale”.

Per citare una bella frase di Maria Rita Parsi: ” I nonni sono coloro che vengono da lontano e vanno per primi, ad indagare oltre la vita; sono i vecchi da rispettare per essere rispettati da vecchi; sono il passato che vive nel presente ed i bambini sono il presente che vedrà il futuro

La psicologa Maria Rita Parsi a Cattolica 2012 

 

Edda CattaniLa festa dei nonni
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L’Angelo Custode

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Chi sono gli angeli Custodi?

 

Gli Angeli custodi sono Angeli incaricati della custodia dei singoli uomini; è una verità che risulta da numerosi passi della Scrittura e dalla costante Tradizione, tanto che la Chiesa ne celebra la festa il 2 ottobre e molti la propugnano come «verità di fede». Che ogni singolo uomo sia affidato alla custodia di un Angelo è ormai affermato anche dai teologi. Come ci è vicino l’Angelo che Dio ha legato alla nostra persona? Quali sono le sue funzioni? Quali servigi viene a renderci? Prima di tutto, egli ci tiene compagnia. Se non facesse altro, sarebbe già molto. Avere un tal compagno, non sentirsi soli durante il cammino della vita, sapere che abbiamo con noi, continuamente, un così grande personaggio che ci ama, che avanza accanto a noi, col quale possiamo conversare, non è già questo un grande beneficio?

Ma egli fa molto di più; la sua presenza non è inattiva. La Chiesa ci spiega il suo compito offrendo alla nostra meditazione, nel giorno della sua festa, il racconto di ciò che fece l’Arcangelo Raffaele per il giovane Tobia.

Nel momento in cui questi si disponeva a partire per un paese sconosciuto in cui suo padre lo inviava per recuperare una somma considerevole prestata a Gabael, un giovanotto si offre per accompagnarlo ed indicargli la strada. Durante il viaggio gli rende dei grandi servigi: sulle rive del Tigri lo preserva dagli attacchi di un pesce mostruoso, glielo fa trarre fuori dalle acque e squartare per estrarne un rimedio capace di restituire la vista al padre cieco. Trova per il protetto una sposa ideale nella persona di Sara, figlia di Raguel, li libera entrambi dalle persecuzioni del demonio, recupera per loro il debito di Gabael e, come aveva promesso, riconduce sano e salvo il giovane al padre che, col rimedio suddetto, guarisce dalla sua cecità. Era l’Arcangelo Raffaele. Si potrebbe pensare che Tobia era ben fortunato e che doveva essere molto amato da Dio per ricevere da Lui un tal compagno! Ma noi non siamo meno favoriti.

Al contrario. L’Arcangelo non restò col giovane Tobia che durante il viaggio. Il nostro Angelo rimane accanto a noi incessantemente, dal primo all’ultimo istante della nostra vita, senza allontanarsi mai. Tobia non sapeva chi fosse il suo giovane compagno (egli non glielo rivelò che al momento della sua partenza), se l’avesse saputo, ne avrebbe certamente goduto di più e si sarebbe sentito più sicuro. Noi invece conosciamo con certezza la natura celeste del nostro «Custode». Come Tobia, anche noi abbiamo un pellegrinaggio da compiere su questa terra. Proprio per questo, come a quel giovane, Dio invia a noi un compagno celeste perché ci guidi, ci assista, ci aiuti, ci protegga. Il suo compito, lo dice il nome, è «custodirci», specialmente contro gli attacchi dell’Angelo cattivo, il demonio.

L’Angelo custode si sforza di fare per il nostro bene ciò che il demonio tenta di fare per il nostro male; ci «tenta», per dir così, alla virtù (come quello ci tenta al peccato), suggerendoci buoni pensieri, richiamando alla nostra mente ricordi edificanti, avendo cura di prepararci buoni esempi ed occasioni di atti meritori, allontanandoci dai pericoli, disponendo gli avvenimenti, per quel che dipende da lui, per il nostro maggior bene, incoraggiandoci nella pratica della virtù, spronandoci sulla via della perfezione, invitandoci in mille modi alla riflessione, alla meditazione dei motivi d’amar Dio ed evitare il peccato… Il nostro Angelo non è soltanto un difensore, ma un animatore. Fa tutto quel che gli è possibile per aiutarci e mette a nostra disposizione la sua intelligenza e la sua scienza, la sua previdenza, la sua potenza, il suo credito presso Dio, desideroso di impiegare tutto ciò in nostro favore. Ci sta accanto, presso di noi, per il nostro bene, a nostro servizio. È un vero servitore, inviatoci dal Padre. Tutto dedizione, ci ispira piena fiducia.

Vuole soltanto dare senza niente domandare. Sì, anche l’ultimo degli uomini, il più povero, il più umile, il più diseredato, il bimbo che ancora non parla, hanno per servitore un messaggero del ciclo; uomo e Angelo insieme: quale sicurezza e quale dignità! La sua assistenza è continua; ma si può star sicuri ch’essa diviene più premurosa ed intensa quando incombe un pericolo per l’anima o per il corpo, nella prova, nella sofferenza o nelle difficoltà, e soprattutto all’avvicinarsi della morte, quando è più grande il bisogno di soccorso. «I nostri buoni Angeli sono chiamati Angeli custodi – spiega S. Francesco di Sales – perché hanno l’ufficio di assisterci con le loro ispirazioni, di difenderci nei pericoli, di correggere i nostri difetti; di spronarci all’acquisto della virtù; hanno l’incarico di portare le nostre preghiere al trono della divina bontà, maestà e misericordia del Signore, e di riportare a noi l’esaudimento di esse.

Le grazie che ci vengono elargite, ci sono date per l’intercessione dei nostri buoni Angeli». San Tommaso si domanda se l’Angelo custode provi dolore dei mali del suo protetto, specialmente quando lo vede resistere alla sua azione e commettere peccato. Risponde negativamente: «Gli Angeli, egli dice, non provano dolore né dei peccati né delle pene degli uomini». Tale tristezza, in essi come in tutti gli Eletti, è incompatibile con la felicità celeste. Tristezza o dolore traggono origine dalla volontà contrariata, quando non si vuole ciò che succede. Ora, gli Angeli non vogliono che ciò che Dio vuole e com’Egli lo vuole; la loro volontà si identifica totalmente con quella di Dio che essi amano soprattutto e intensamente. La gloria di Dio esige che l’anima intelligente sia libera d’amarlo o di offenderlo. Non considerano nel peccato che la gloria di Dio. La sofferenza che deriva dal peccato glorifica Dio provando che Egli è il fine dell’uomo e che non si violano impunemente i suoi diritti e la sua autorità. Parlando in senso assoluto gli Angeli non vogliono i peccati e le pene degli uomini; però li vogliono come Dio li vuole o li permette per la sua gloria e per il loro bene. Se ogni uomo è assistito da un Angelo che lo aiuta ad evitare il peccato e a praticare la virtù, come mai sono così numerosi i violatori della morale, gli uomini che cedono alle suggestioni del demonio, soccombono alla tentazione e si mostrano così moralmente deboli?

Come mai noi stessi non ci sentiamo più forti nella pratica del bene? È come se dicessimo: come mai, nonostante l’abbondanza delle grazie divine, non sono santi tutti quelli cui esse vengono elargite? L’Angelo – come la grazia – ci invita al bene; bisogna però consentirvi. Ci suggerisce alcuni motivi per respingere la tentazione o compiere degli atti di virtù; bisogna però considerarli, farvi attenzione e aderire alle loro ispirazioni. Non diversamente della grazia, egli non forza la nostra volontà. Restiamo liberi d’accettare o di rifiutare; di seguire le sue ispirazioni o di resistere; di rendere efficace o sterile la sua azione. «Che gli uomini periscano – conclude San Tommaso – non va imputato alla negligenza o all’indolenza dell’Angelo, ma alla malizia degli uomini». Se per nostra colpa rendiamo inefficace la sua azione, questo non infima la sua realtà; egli non può nulla senza la nostra cooperazione. Si dirà ancora: se il nostro Angelo deve custodirci, perché avviene che possiamo essere vittime d’incidenti o anche di catastrofi? Affermiamo innanzi tutto che i mali e gli incidenti da cui ci preserva sono molto più numerosi di quel che non pensiamo: noi non percepiamo il suo intervento invisibile. Tra quelli ch’egli non impedisce, ce ne sono alcuni di cui siamo responsabili proprio noi per non aver seguito le sue ispirazioni ed aver agito alla leggera, con trascurata imprudenza. Altri derivano dalle colpe di coloro da cui dipendiamo.

Ce ne sono poi ancora altri cui l’Angelo permette che accadano per farci toccare con mano le funeste conseguenze dei nostri atti cattivi, per farceli detestare ed evitare in avvenire, o anche espiare in questa vita; per distaccarci dalle creature e riavvicinarci a Dio; per fornirci l’occasione di manifestargli la nostra sottomissione e il nostro amore; per esercitare e temprare la nostra volontà; per permetterci di guadagnare una ricchezza di meriti e una più grande ricompensa in cielo… Egli è un operaio intelligente e devoto del divin Vignaiolo che pota la vigna della nostra anima, anche a costo di farla piangere, perché porti frutti più copiosi. È sempre fedele esecutore dei disegni della Provvidenza su di noi. Ma se interviene soprattutto per il bene della nostra anima, egli «custodisce» anche il nostro corpo e i nostri stessi interessi temporali, se sono utili al nostro progresso spirituale. Ci serve in tutto: la sua custodia è estesissima. Tutto ciò che ci riguarda lo interessa. Da quanti mali, incidenti, cause di morte, non ci protegge, anche a nostra insaputa! Suarez riduce a sette le funzioni dell’Angelo custode presso di noi.

1) Ci libera dai pericoli che minacciano il nostro corpo o la nostra anima, allontana da noi le cause esteriori o ci ispira il pensiero di evitarle anche se non ne sospettiamo i rischi; 2) Ci stimola e ci fa operare il bene ed evitare il male; 3) Trattiene i demoni, diminuisce la gravita delle loro tentazioni e il numero dei cattivi pensieri che ispirano e delle occasioni di peccato che provocano; 4) Presenta a Dio le nostre preghiere; 5) Prega per noi; 6) Talvolta ci infligge delle pene: per castigare le nostre colpe e correggerci facendocene sentire le dolorose conseguenze, e anche per offrirci l’occasione di esercitare la virtù e di accrescere i nostri meriti; 7) Al momento della nostra morte, condurrà la nostra anima in ciclo, se è pura da ogni macchia, o in Purgatorio se deve passarvi per purificarsi e verrà a trovarla per consolarla.

Il nostro Angelo custode è lo strumento della sollecitudine paterna di Dio a nostro riguardo e l’intermediario della sua benevolenza. Molte delle grazie a noi destinate passano attraverso lui. Fa per noi molto più di quel che pensiamo; la sua azione è invisibile come lui. Non sapremo che in cielo tutto ciò che gli dobbiamo, tutti i mali dell’anima e del corpo da cui ci preserva, tutti i beni che ci procura, tutte le grazie che ci assicura, tutti i servigi che ci rende. E gliene saremo eternamente riconoscenti. Ma non bisogna attendere quel giorno per testimoniargli la nostra gratitudine. E un dovere ed è nel nostro interesse: non è forse un buon mezzo per incoraggiarlo a continuarci la sua generosa assistenza? Non c’è nulla che, come l’ingratitudine, chiuda il cuore, anche quello degli Angeli.

Tratto dal testo “… ma gli Angeli esistono davvero?” Ed. Medjugorje

GLI ANGELI CUSTODI

Il nuovo Calendario universale della Chiesa ha conservato non la festa, ma la memoria degli Angeli Custodi.

Un tempo questa festa veniva celebrata il 29 settembre, insieme con quella di San Michele, custode e protettore per eccellenza.
L’uso di una festa particolare dedicata agli Angeli Custodi si diffuse nella Spagna nel ‘400, e nel secolo successivo in Portogallo, più tardi ancora in Austria. Nel 1670, il Papa Clemente X ne fissò la data al 2 ottobre.
La devozione per gli Angeli è più antica di quella per i Santi: prese particolare importanza nel Medioevo quando i monaci solitari ricercarono la compagnia di queste invisibili creature e le sentirono presenti nella loro vita di silenzioso raccoglimento.
Dopo il concilio di Trento, la devozione per gli Angeli fu meglio definita e conobbe nuova diffusione. Nella vita attuale, però, gli uomini trascurano sempre di più la propria angelica compagnia, e non avvertono ormai la presenza di un puro spirito, testimone costante dei pensieri e delle azioni umane.
Di solito si parla dell’Angelo Custode soltanto ai bambini, e per questo anche l’iconografia si è fissata sulla figura dell’Arcangelo Raffaele, che guida e conduce il giovane Tobiolo.
Gli adulti, invece, dimenticano facilmente il loro adulto testimone e consigliere, il loro invisibile compagno di viaggio, il muto testimone della loro vita. E anche questo aumenta il senso della desolazione e addirittura dell’angoscia che caratterizza il nostro tempo, nel quale si sono lasciate cadere, come infantili fantasie, tante consolanti e sostenitrici verità di fede.
E’, infatti, verità di fede che ogni cristiano, dal Battesimo, riceve il proprio Angelo Custode, che lo accompagna, lo ispira e lo guida, per tutta la vita, fino alla morte, esemplare perfetto della condotta che si dovrebbe tenere nei riguardi di Dio e degli uomini.
L’Angelo Custode è dunque il luminoso specchio sul quale ogni cristiano dovrebbe riflettere la propria condotta giornaliera.
Per questo la Chiesa ha dettato una delle più belle preghiere che dice: “Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste . Così sia “.

Chi sono gli Angeli custodi?

Sono creature delicate e sottili, emanazione dell’energia creatrice degli Arcangeli.
Essi sono pura essenza d’amore, invulnerabili. Sono incorruttibili e privi del decadimento che caratterizza gli esseri umani.

Etimologicamente “Angelo” significa “messaggero”.

Il culto per gli Angeli nella Chiesa è nato nel 1670 con Clemente X che istituì la loro memoria obbligatoria il 2 Ottobre. Il I Concilio Vaticano del 1870 riconfermò la dichiarazione del Laterano del 1215 sulla creazione degli angeli fin dall’inizio dei tempi.

Il Catechismo di Pio X recitava: “Gli Angeli sono creature perfettissime e puramente spirituali” e possono essere definiti come “sostanza intellettuale, creata da Dio e superiore agli uomini”. Essendo “puri spiriti”, essi non possiedono corpo, quantunque alcuni Padri e scrittori ecclesiastici abbiano loro attribuito una certa corporeità, come ad esempio San Gregorio di Nazianzo, il quale sosteneva che “se viene paragonato all’uomo, l’angelo è puro spirito, se invece lo si paragona a Dio, è corporale”. La Chiesa, in base alle Scritture e alla tradizione, ha definito come “verità di fede” non solo l’esistenza degli angeli ma anche la loro creazione: si ritiene che siano stati creati prima dell’uomo in grandissimo numero, (s. Giovanni, nell’Apocalisse dice “schiere innumerevoli”), con compiti specifici e definiti: si parla di angeli custodi, di guide, di protettori di famiglie e comunità, di città e nazioni, di angeli che contemplano e lodano Dio e nel contempo eseguono i suoi ordini, di quelli che stanno davanti al trono di Dio, ecc.

Le schiere celesti sono suddivise in 9 Cori Angelici, a loro volta distinti in 3 Gerarchie:

– Serafini, Cherubini, Troni
– Dominazioni, Virtù, Potestà
– Principati, Arcangeli, Angeli

a capo delle quali sta l’Arcangelo San Michele.

Nell’estate del 1992 Papa Giovanni Paolo II ha ribadito con forza l’esistenza degli Angeli e che vengono mandati dalla Divina Provvidenza affinchè ci aiutino a raggiungere la santità della vita.

La loro presenza è comune alla religione ebraica, cristiana e mussulmana. Quasi ogni pagina della Bibbia attesta l’esistenza di queste creature spirituali che apparvero a parecchi Profeti, tra cui Abramo e Giacobbe, e vengono nominati in più di 300 passi per la loro attività a favore degli uomini. Nei Vangeli essi sono continuamente presenti, a cominciare da quello che annuncia a Zaccaria la nascita del Precursore del Cristo:

“Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. [12]Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. [13]Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni…”

Nella vita della Santa Famiglia la loro opera è di annuncio, di protezione, di consiglio:

– l’Angelo Gabriele annuncia a Maria il concepimento di Gesù
– un angelo informa Giuseppe della divina Maternità di Maria e più tardi lo avviserà di mettere in salvo il Bambino e sua Madre dalla furia di Erode, come pure l’informerà del cessato pericolo e lo inciterà a rientrare in Israele.

Nella notte della Natività, i pastori saranno avvisati da un angelo:

” Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l`angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
E subito apparve con l`angelo una moltitudine dell`esercito celeste che lodava Dio e diceva:

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”.

(da Internet “LASCIAMOCI GUIDARE”)

 

Edda CattaniL’Angelo Custode
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