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Newsletter n.8  del 11 Giugno 2011

          Domani è Pentecoste, una festività importante che commenteremo nel nostro sito aggiungendo riflessioni personali.

       

 Spirito di Vita

Vieni Spirito Santo 

                                

 Cari Amici Navigatori del cyberspazio, è un piacere ritrovarvi per condividere con voi eventi e confortanti manifestazioni.

Ringrazio tutti coloro che collaborano  inviando commenti, articoli e email. Un grande contributo ci viene dalla grande famiglia di Facebook, dove le mamme ed i Papà pubblicano struggenti riflessioni. Negli ultimi giorni abbiamo avuto : 5.170 Visualizzazioni di pagine che si aggiungono alle migliaia già esistenti!

Oggi chiudiamo la nostra Associazione con l'ultimo incontro dell'anno sociale; vorrei dire che è stata un'annata propizia: non è mancata la partecipazione sia agli incontri molto variegati del II° sabato in Via Rinaldi, dove una calda atmosfera, permette qualsiasi tipo di intervento inerente gli argomenti che ci interessano, sia all'incontro dell'ultimo sabato del mese che è accompagnato dalla presenza del sacerdote e che termina con una Messa, molto partecipata, in ricordo dei nostri Cari.

Terminiamo anche con l'invio di 2 libri alla Casa Editrice "Segno": uno è della nostra cara amica Miriam, e l'altro di Manuela la messaggera degli Angeli. Non appena verrano pubblicati li metteremo a disposizione. Di questo siamo molto soddisfatti!

Fra le nostre letture estive consigliamo due libri freschi di stampa, appena giunti:

Sono i messaggi di Beatrice Malerba, raccolti dalla mamma Maria Stella Candela: bellissimi pensieri che motivano la speranza e la nostra fede.

Concludendo le nostre valutazioni, commentiamo favorevolmente i convegni che sono stati seguiti da un vasto pubblico, con buone modalità organizzative e ottimi relatori; ricordiamo Roma, Bellaria, Riccione e altre iniziative locali, sempre molto seguite. Più volte abbiamo detto che queste sono occasioni splendide per intrecciare amichevoli rapporti di conforto con coloro che vivono la nostra condizione, ma sono soprattutto motivo di approfondimento e studio. Le discipline trattate non si improvvisano e, anche se i nostri Cari ci guidano, non abbiamo una "scienza infusa". Dobbiamo studiare e per questo non mancano autori validi e, per chi ha il dono della fede, dobbiamo pregare… questo non basta mai, non lo si improvvisa… è una regola che dobbiamo darci.

Ed ora, come i bambini, dopo questa cornicetta, mettiamo proprio loro… i nostri bambini, quelli vicini, quelli lontani, quelli che hanno bisogno del nostro aiuto… Dedichiamo ai nipoti, ai parenti e ai bambini che nessuno ama un po' del nostro tempo… L'estate è lunga e dona buoni frutti .

Ma non trascuriamo gli anziani, gli ammalati, quelli che non hanno più parvenze umane e che sono stati parte importante nella nostra vita… oppure ci sono passati accanto nel loro splendore ed ora nessuno guarda più…

Ed ancora… non dimentichiamo i nostri amici animali; non lasciamoli senza cibo, senz'acqua, all'angolo di una strada. Il vederli abbandonati è la più triste delle espressioni della mancanza di umanità. Non facciamoci superare da loro nel dare affetto e fiducia!

 

A questo punto, con l'augurarvi buona salute e giorni di caldo riposo, invito a guardare il programma del Convegno di Cattolica, in alto nella Home, nella pagina Convegni. Avete tutto il tempo per approfondirlo, cercare i relatori sul web, e pensare che questa bella motivazione di crescita rappresenta un evento importante per settembre… a vacanze ultimate.

Un regalo e un augurio per voi, con un grande abbraccio di Luce!     Edda Cattani

MAGIA DELLA VITA

In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi,
giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perchè non dovrebbe prodursi 
nel cuore dell'uomo?

Kahlil Gibran "Gesu' figlio dell'uomo"

 

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Edda CattaniNewsletter n.8
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La gioia del “perdono”

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Alla riscoperta del   «sacramento del perdono»

Oggi i miei piccoli Simone e Tommaso hanno ricevuto il primo Sacramento che si impartisce ai bambini: la Confessione.

Spiegare ai bimbi cosa sia il peccato e cosa significhi confessarsi non è cosa facile, tanto più in una società ove l'infanzia è sottoposta ad ogni sorta di bombardamento mediatico di dubbio contenuto… Eppure fare avvertire loro che anche una leggera manchevolezza può recare danno a qualcuno o anche a se stessi, è già iniziare a piccoli passi la loro formazione che diventerà un processo di crescita. 

Il mio ricordo attraverso il tempo è volato al giorno in cui anche Andrea ha ricevuto il Sacramento del perdono e ai nostri scrupoli sopraggiunti in seguito per la sua partenza imprevista ed improvvisa… Sapevamo comunque che la sua fede aveva un solido fondamento tanto che, ormai ufficiale dell'esercito, diceva a suo padre: "Stai tranquillo papà perchè ogni sera dico le mie preghiere". Gliel'abbiamo trovata nel taschino della giacca la "preghiera del soldato" ed i suoi amici ci hanno riferito che quando passavano in gruppo davanti ad un capitello non mancava mai di farsi il segno della Croce.

Ecco perchè confido in un Dio amorevole che accoglie queste giovani creature non ancora contaminate dai vizi e dalle inquietudini che tormentano l'esistenza degli uomini e li fa partecipi di una realtà di Luce pari a quella degli Angeli.

Dopo l'evento, Mentore assisteva ogni messa pregando per la serenità di Andrea ed un giorno, in quel tempo così doloroso, si recò come al solito a fare la comunione dicendo in cuor suo:"Signore, se mio figlio, come tutti i giovani, può avere mancato per qualche sua debolezza, perdonalo e accetta questa mia condivisione del Tuo Corpo, come se fosse lui presente qui, al posto mio!"

Avevamo partecipato al nostro primo seminario del "Movimento della Speranza" ed avevamo saputo della possibilità di registrare le voci dei nostri Cari scomparsi, come aveva dichiarato a Papa Pio XII° lo stesso Padre Gemelli. Mentore convinto del fenomeno, aveva comprato un piccolo registratore che teneva nel taschino della giacca e quel giorno, prima di ricevere l'ostia consacrata, l'aveva attivato per poi staccarlo tornando al proprio posto, nel banco della chiesa. Giunto a casa lo sentii chiamarmi con agitazione ed entrambi udimmo registrate queste parole, dopo quelle del sacerdote "… mi sono comunicato con te!". Così quel figlio tanto amato aveva partecipato al Sacramento ricevuto da suo padre e ne dava testimonianza con la sua stessa voce.

 

Questa giornata è anche stata allietata da una ricorrenza che si è festeggiata a:

 Sassello per la beatificazione di Chiara Luce Badano

 

 

Sassello. E’ stata festeggiata oggi a Sassello la beatificazione di Chiara ‘Luce’ Badano, la ragazza che nel 1990 morì all’età di 19 anni dopo che le era stato diagnosticato un osteosarcoma. Nell’occasione, è stata celebrata una messa solenne, trasmessa sia su Rete 4 che su Radio Maria.

La beatificazione di Chiara arrivò a settembre scorso ed oggi il paese dell’entroterra savonese è diventato meta di migliaia di pellegrini arrivati da tutte le regioni d’Italia, ma anche di molti stranieri che hanno conosciuto Chiara attraverso il movimento dei Focolari ed hanno voluto andare a visitare i luoghi in cui visse. All’eucarestia celebrata nella chiesa della Santissima Trinità dal parroco, don Albino Bazzano, anche i genitori della ragazza. Il parroco durante l’omelia ha ricordato commosso la vita della giovane beatificata l’anno scorso in Vaticano. “Chiara Luce è un dono di Dio – ha detto don Bazzano – è un dono per i suoi genitori che l’hanno avuta dopo 11 anni di matriminio. Lei ha illuminato con la sua presenza la nostra comunità. Con la sua sofferenza ha edificato la nostra comunita”.

 

«Amare, amare sempre, amare tutti. Alla fine di ogni giornata poter dire: "Ho sempre amato"»  (Chiara)

 

 

 

 

 

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Medianità e Carismi

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MEDIANITA’ E CARISMI

 

Tempo fa una madre che aveva perso il suo bambino scrisse ad un giornalista, in una rubrica a lui riservata:

"Mi parli della morte. Me ne parli come vuole."

 

 

 

 

 

 

Il giornalista rispose: "Inizi col pensare questo: la morte, al pari di qualsiasi altra cosa, avviene per un perché che ci riguarda e ci trascende. Tragico e straziante della morte é che, quando colpisce, non ne conosciamo il perché. Per il nostro non sapere non esclude che il perché esista. In realtà esiste, ma noi non possiamo vederlo, dato che viviamo nella pianura della nostra condizione umana. Immaginiamo di trovarci in cima ad un monte e di vedere, giù nella valle, snodarsi una linea ferroviaria. Lontano, a sinistra, vediamo un treno che avanza e che, poi, si ferma improvvisamente, perché una frana è caduta sui binari e ha ostruito la linea.  A destra, sempre lontano, c'é una stazione dove la gente aspetta il treno. Nell'attimo in cui il treno si ferma davanti alla frana sappiamo già ciò che i viaggiatori che l'attendono in stazione ignorano e che, rispetto a noi, sapranno dopo un certo tempo. Per quelli giù a valle, la causa e l'effetto sono staccati

nel tempo. Per noi che ci troviamo nelle vette delle visioni superiori abbiamo, subito, in contemporanea, la visione della causa e dell'effetto".

 

 

      

Ecco il nocciolo del problema. Nella nostra condizione umana di persone legate, quotidianamente, a momenti negativi di frustrazione, di deprivazione, di disagio, di malessere, di dolore, di morte difficilmente riusciamo ad avere le visioni delle alte sfere.

 

Ma accade, talvolta, che qualcuno, a noi immensamente caro, dopo averci inaspettatamente lasciato, giunga a noi, dandoci segni di presenza inequivocabili e ci conforti con parole di speranza  e ci inviti ad avere fede. Sono le visioni delle sfere superiori, quelle che sono state date come dono a rari uomini nella storia, che vengono a noi e ci indicano che la morte, ogni morte ha un suo significato e non avviene invano. E' una causa determinante un effetto che non si limita al solo dolore, ma che reca qualcosa di più profondo.

 

Vediamo allora come possiamo considerare il tema della medianità, quella peculiarità di cui sono dotati rari individui. Chi è un medium? E’ un intermediario, è lo strumento attraverso cui qualcosa viene inviato. In termini spirituali, ogni tipo di medianità è in effetti una cooperazione dello spirituale con il sensibile. Nel suo insieme, forma l'armonia del potere verso una comunicazione con lo spirito. I medium sono accompagnati da uno spirito guida, un saggio che comunica pensieri di alto contenuto spirituale.

La seconda metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento sono caratterizzati dalla grande Medianità che si esprime attraverso Medium di eccezionali capacità. Verso gli anni Trenta del ventesimo secolo il panorama cambia totalmente e l'attenzione si sposta a quei fenomeni che costituiscono la base moderna della parapsicologia e sono attribuibili esclusivamente all'uomo. Si continuano a studiare i medium, ma viene data la preferenza a fenomeni suscettibili di sperimentazione in laboratorio e di valutazione statistica: nasce la parapsicologia quantitativa. Essa consiste nello studiare sperimentalmente casi molto semplici, ripetuti migliaia di volte in varie condizioni, anche con soggetti dotati di scarsissima sensitività.
Mentre la ricerca proseguiva nei laboratori – dove venivano analizzati soprattutto i fenomeni della Telepatia, della Chiaroveggenza, della Precognizione e della Psicocinesi – i Fenomeni Medianici continuavano a presentarsi.

Negli anni Venti e Trenta l'entità Symbole aveva dettato importanti Comunicazioni alla medium francese Jeanne Laval, mentre in Italia una voce aveva trasmesso al sensitivo Pietro Ubaldi una serie di messaggi in cui venivano trattati i rapporti che intercorrono tra spirito e materia. Fu dal secondo dopoguerra che si ebbe una svolta nella Medianità intellettiva. In Italia negli anni 1945-1946 cominciano a svilupparsi le medianità di due sensitivi eccezionali: Roberto Setti, a Firenze, e Corrado Piancastelli, a Napoli. Attraverso essi si è avuta una ricchissima produzione di Comunicazioni Medianiche ad alto livello intellettivo. Il gruppo formatosi attorno a Roberto Setti, denominatosi Cerchio Firenze 77, ha raccolto e pubblicato in volumi la ricca produzione di messaggi ottenuti in quarant'anni di medianità, mentre quello riunito attorno a Corrado Piancastelli, facente capo al Centro Italiano di Parapsicologia (CIP) raccoglie e pubblica le comunicazioni nella rivista bimestrale CDA (Comunicazioni dell'Entità A).

La medianità è appunto la facoltà specifica dei medium, ovvero di quei sensitivi che fungono da mezzi, da tramite tra il mondo della realtà più visibile e banale e la realtà più profonda, misteriosa e nascosta. Come dicevo i medium sembrano intervenire direttamente con la personalità dei defunti, con l'anima del nostro passato, con la storia e le vicende della nostra umanità. Tutto questo è per essi abbastanza normale e la loro capacità viene naturalmente crescendo man mano che leggono, interpretano e divulgano i pensieri dell'umanità, soprattutto passata e defunta, attaverso i loro scritti ed il loro linguaggio.

Spiritismo e Medianità sono due termini evocativi di quel particolare campo di osservazioni che si occupano, oggi anche in veste scientifica, della possibilità che il mondo dei defunti possa in qualche modo interagire con il nostro, instaurando una sorta di dialogo.

La Medianità per incorporazione in particolare, è invece quella particolare facoltà dei medium che consente il loro contatto, a volta anche fisico, con i defunti, insomma la facoltà di assolvere alla funzione di tramite tra i due mondi.

Nell'ultimo decennio del 1800, inoltre, l'applicazione dell'Ipnotismo nella cura degli isterici portò, grazie agli studi di Sigmund Freud e di Josef Breuer, alla nascita di una nuova scienza, la Psicoanalisi. Questa ben presto, oltre ad una valenza terapeutica si sviluppò come tecnica di interpretazione dei contenuti della psiche. Man mano essa si allargò a una concezione generale della realtà e dei rapporti tra psiche e corpo. Contemporaneamente, però, aumentarono le difficoltà teoriche e pratiche, e anche le divergenze tra i seguaci della stessa dottrina psicoanalitica. Si arrivò, così, alla separazione tra Carl Gustav Jung e il suo maestro Sigmund Freud, considerato il padre della Psicologia del profondo. Nel tempo la Psicoanalisi ha portato alla nascita di diverse ramificazioni rispetto alla teoria originale, costituendo però, una base per lo studio dell'interiorità dell'uomo.



Il termine Ricerca Psichica è la traduzione dell'espressione inglese Psychical Research adottata ufficialmente nel 1882 dai ricercatori inglesi della S.P.R. per indicare lo studio dei Fenomeni Paranormali. ma non era, però, l'unico a definire tale studio. Nel 1905 Richet indicò lo studio "di tutti i fenomeni meccanici o psichici che sembravano dovuti a forze intelligenti sconosciute o a fattori intelligenti latenti nell' inconscio umano" con il termine Metapsichica, che venne utilizzato, poi, in Francia e in Italia. Alla fine del 1800, invece, il medico tedesco M. Dessoir aveva creato il termine Parapsicologia, che venne preferibilmente usato in Germania e nei paesi germanici. Al Congresso Internazionale di Parapsicologia tenuto a Utrecht nel 1953 venne proposto che lo studio dei fenomeni paranormali venisse universalmente conosciuto con il nome Parapsicologia.
Tuttavia, nonostante la differenza etimologica i termini Ricerca Psichica e Parapsicologia vengono utilizzati indifferentemente.

Abbiamo parlato di una parapsicologia quantitativa, tuttavia non viene abbandonata quella qualitativa ogni qualvolta si presentino Sensitivi eccezionali. Questo è il caso di di Gustavo A. Rol in Italia, per la sua Sensitività ad Effetti Fisici.



Si definisce “sensitivo” un individuo che sa raggiungere i livelli superiori, che ha la capacità di ricevere le impressioni, le vibrazioni, che sono oltre quelle di solito percepite dai cinque sensi.

Molti potrebbero arguire che tutti sono sensitivi in gradi distinti, ma il termine tende ad assumere un valore maggiore per coloro che in effetti vi si rapportano per processare le influenze dei livelli superiori. Come nel caso di tutte le capacità psichiche, alcuni possiedono determinati doni, mentre altri devono focalizzarsi maggiormente sul loro sviluppo. Il sensitivo non deve per forza essere un medium, a meno che lui/lei sia abbastanza sensibile da controllare un'entità disincarnata.

La scrittura automatica è una capacità psichica, ma è pure una delle più difficilmente controllabili, dato che richiede una maggiore distinzione tra i pensieri di questo mondo e quelli l'altra parte.

Una delle grandi limitazioni di molti sensitivi risiede nell'essere emotivamente coinvolti con un individuo o un concetto. Il che blocca o limita le informazioni che di norma invece dovrebbero ricevere.

Abbiamo definito peculiarità di alcuni individui eccezionali la medianità ed anche l’essere sensitivi è una dote con cui si nasce e che non possiamo definire nelle sue capacità e nei suoi limiti.

 

 

 

 

 

Ma in questa sede vogliamo parlare di altri doni, o meglio, di “carismi come doni dello Spirito Santo”. Cosa sono questi carismi?

L’apostolo Paolo dice ai Corinzi: "Circa i doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nell’ignoranza. Perciò vi fo sapere che nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non per lo Spirito Santo. Or vi è diversità di doni, ma v’è un medesimo Spirito. E vi è varietà di operazioni, ma non v’è che un medesimo Iddio, il quale opera tutte le cose in tutti. Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune. Infatti, a uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d’operar miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue, e ad un altro, la interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell’uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole" (1 Cor. 12:1-11).

Vengono definite “segno dei tempi” le guarigioni che Padre Pio ha ottenuto, intervenendo nell’anima e nel corpo di tanti derelitti; sono grandi meriti di pietà e di pace le opere fondate da Madre Teresa, implorata quale madrina del Terzo Millennio.

        Figure eclatanti, di grande spessore spirituale, da portare ad esempio! Padre Pio, nessuno ora lo nasconde, aveva  particolari carismi e aveva contatti diretti con il mondo spirituale, con le forze del bene e del male. E’ passato a nuova vita chiamando “Gesù, Maria” che forse  gli sono apparsi materialmente in quel momento così importante.

Madre Teresa, la cui causa di santificazione è appena iniziata,  ha tenuto stretto il rosario fra le mani tutta la vita, assentandosi spiritualmente dal contesto terreno, nei momenti di preghiera, in un’estasi degna dei più grandi mistici.

Ma che cosa aveva di speciale Padre Pio per catalizzare intorno a tanto interesse e tanta venerazione? oltre le piaghe come il crocifisso, che rimanevano nelle mani, abitualmente coperte da mezzi guanti color marrone, che si toglieva solo per celebrare? Sarebbero bastate solo queste per farlo apparire come un essere superiore, perchè quelle piaghe emanavano a volte un profumo inconfondibile, che inondava i presenti, e veniva avvertito, in certe circostanze, anche da persone in paesi lontani.
E già questo era miracoloso. Si ambiva, subito dopo la messa, riuscire a baciarle prima che in sagrestia si rimettesse i guanti. E si ricercava sul bancone dove si vestiva e si spogliava le crosticine che nel togliere e nel rimettere i guanti vi cadevano sopra; conservate come reliquie, quelle crosticine continuavano ad emanare il caratteristico profumo di Padre Pio, e verıivano considerate miracolose.

L'introspezione delle anime

A parte i segni già di per eccezionali che portava sul suo corpo, era evidente in Padre Pio la sua capacità di vedere l'intimo delle anime, illuminato com'era da Dio. Ciò era abituale in confessione, dove i penitenti si sentivano non di rado ricordare dei peccati non detti. E se l'omissione era stata involontaria, e si trattava di cose veniali, tutto poi filava liscio. Ma se era stata fraudolenta e se si trattava di cose gravi i rimproveri di Padre Pio salivano per così dire alle stelle, tanto erano aspri e sferzanti, e il più delle volte il peccatore veniva scacciato in malo modo. Coram populo, perchè Padre Pio non aveva mezze misure. L'umiliazione era grande, non tanto per la vergogna di quel ripudio pubblico, che intimoriva anche gli altri che attendevano il loro turno, ma il più delle volte per l'orgoglio ferito.
Come si permetteva quel frate di trattare in quel modo una persona umana? Con quale diritto? Con quale autorità? E c'era chi se ne andava sdegnato, giurando che non avrebbe rimesso più piede in quel posto; salvo poi a ripensarci, anche con l'aiuto di qualche samaritano che spiegava come stavano le cose, e li guidava e assisteva per una nuova confessione, con altri sacerdoti se non con Padre Pio. Per questi scaccioni in confessione, si vedeva gente piangere dopo. Un pianto che faceva bene, perchè faceva loro vedere con più chiarezza tutti i loro comportamenti. Ma anche fuori della confessione spesso in Padre Pio si rivelava questo discernimento interiore: quando nel mezzo della folla rimproverava ad alta voce qualcuno, o senza dire nulla ritirava la mano a chi si disponeva a baciarla, o addirittura passava oltre nel fare la comunione ai fedeli. C'erano poi le volte che strapazzava di fronte a tutti una persona, lasciando di stucco gli altri.
E c'era sempre un motivo, che in genere sapeva solo il malcapitato.

La bilocazione

Di certo, la testimonianza del dono della bilocazione in Padre Pio ci viene da lui stesso.
Una volta, mentre stava con le sue prime figlie spirituali nella foresteria del convento per le consuete conferenzine, apparve a un tratto come assente.
La cosa si prolungava troppo a lungo perchè si trattasse di una semplice concentrazione interiore.
Alla fine si riscosse, e alla domanda di che cosa gli fosse accaduto, rispose con semplicità che era stato in America a trovare il fratello Michele.
Troviamo poi negli Epistolari chiare rivelazioni di una sua visita a una figlia spirituale di Foggia inferma: Giovina, sorella di Raffaelina Cerase, con la quale Padre Pio era in corrispondenza quando si trovava a Pietrelcina e che era stata l'occasione della sua venuta a Foggia, e poi a San Giovanni Rotondo.
Noi ci limitiamo a questi due casi che vengono dallo stesso Padre Pio.
Ma dobbiamo aggiungere che anche il profumo era un segno della sua presenza, o per lo meno della sua assistenza nella preghiera. Lo avvertivano anche persone che non avevano mai avuto nessun contatto con lui.
Era di solito un buon odor di violette, intensissimo e inconfondibile. Ma a volte si sentiva un odore di tabacco, o anche di acido fenico.
Quest'ultimo, Padre Pio l'aveva usato per qualche tempo subito dopo la stimmatizzazione come disinfettante. In quanto al tabacco, Padre Pio usava annusarlo per liberare le narici intasate.
Vengono comunemente assegnati dei significati a una intera gamma di altri odori attribuiti a Padre Pio; ma, sinceramente, sono attribuzioni opinabili.
Quel che è certo è che Padre Pio anche da lontano faceva sentire la sua presenza o assistenza.
E' anche certo che il suo sangue non aveva un odore repellente, ma gradevole. Ne rimanevano intrisi anche i fazzolettini e le pezzuole poggiate sulle sue piaghe.
Chi riusciva ad averne uno, in qualche modo trafugato dalla sua cella, lo conservava gelosamente come una reliquia, ricorrendovi nei momenti di bisogno.



In questa sede però noi andiamo oltre e, come dice l’apostolo Paolo “i doni dello Spirito sono dati a tutti” e dopo avere parlato di “morte” vorremmo spiegarci come possa accadere che “qualcuno torni”…. come dice Paola Giovetti nel suo libro….

Cosa accade dunque, quando, talvolta, qualcuno, a noi immensamente caro, dopo averci inaspettatamente lasciato, giunge a noi, dandoci segni di presenza inequivocabili e ci conforta con parole di speranza  e ci invita ad avere fede?

 

 

Negli anni quaranta una piccola donna, Marcelle de Jouvenel, appartenente alla cerchia dei più illustri talenti della Belle Époque parigina, perde il suo unico figlio non ancora quindicenne e, ad una donna di mondo quale lei era, è data una esperienza unica, a quel tempo, di comunicazione con il giovane Roland che le detta meravigliosi messaggi che egli definisce “le mie tavolette d’Oro”. Persona di particolare fascino, colta, scrittrice e poetessa, elegante e artificiosa, mondana negli atteggiamenti, era sprovvista di qualsiasi formazione religiosa

        Lo Spirito soffia dove e quando vuole. E’ forse capriccioso il soffio dello Spirito? No, diciamo piuttosto che è libero.

        Ma perché a Marcelle de Jouvenel è dato di essere partecipe di una vicenda tanto singolare? Non vi erano state forse altre madri che avevano perso i figli nella catastrofe della guerra? Viene da pensare che, nel periodo postbellico, nella desolazione del contesto europeo,  fosse necessario che il “diapason del cielo” raggiungesse un personaggio noto, capace di influenzare gli uomini e le donne del suo tempo. Marcelle, infatti, dichiara: “Sono stata gettata in un’avventura che, senza dubbio, all’inizio, mi ha più spaventata che convinta. Libera di scegliere, mi sarei sottratta a quel compito…

        Ma il figlio tanto amato non l’abbandona e la porta ad intraprendere un percorso spirituale straordinario e sconvolgente, che l’avvicina ai vissuti dei grandi mistici. Marcelle si dispone attenta agli insegnamenti del figlio che la forgia spiritualmente e la porta a stilare contenuti e concetti, inerenti la dottrina cattolica, a lei ignoti, che l’affascinano e le fanno mutare le scelte di vita e la portano a rendere un’incisiva testimonianza con la pubblicizzazione dei messaggi di Roland.

        L’ambiente in cui si propaga la notizia e che  viene posto davanti all’eterna questione della sopravvivenza post-mortem e delle comunicazioni con l’aldilà è quello dell’élite intellettuale francese.

        Siamo nell’immediato dopoguerra; i messaggi vengono raccolti e pubblicati riscuotendo commozione ed interesse, oltre che a qualche naturale scetticismo.

 Au diapason  du Ciel” è un libro scritto a quattro mani, da una parte Roland, dall’altra Marcelle; una madre ed un figlio che si parlano, si amano come un tempo, nella vita terrena. Roland ricolma la madre di premure, di tenerezze. Quando lei cede egli la raddrizza, le fa coraggio, le chiede di parlare alla gente del loro contatto.

        Finalmente qualcosa di tangibile per chi è disperato! Le parole scritte sembrano offrire una risposta segreta ad una speranza diffusa, che non è una semplice pia scappatoia, alle madri che avevano perso giovani figli, soprattutto nelle campagne di Francia del 30/40 e del  44/45 a cui si sarebbero aggiunti i caduti d’Indocina e d’Algeria.

        Perché a Marcelle questo dono dello Spirito, perché questo compito? Nessun filosofo, nessuno scienziato, nessun giornalista, nessuno di quelli che fanno opinione avrebbero ottenuto la stessa risonanza intorno a fenomeni di cui, fino ad allora, si era parlato solo a bassa voce.

        Intervengono illustri esponenti della chiesa, quali Padre Daniélou che nella rivista “Études” definisce il testo dei messaggi “un documento prezioso, in grado di far risuonare la certezza che l’aldilà sia lo sviluppo reale dell’essere”;  il Rev.do Padre Valette, domenicano, così si esprime “niente di questo insegnamento si oppone ai dati più certi della fede” il Rev.do padre Louis Beirnaert scrive “Dio si serve di tutto per raggiungere il cuore dell’uomo. “Au diapason du ciel” è tutt’altro che un racconto di un’esperienza parapsicologica. Ricondotto al suo contenuto è soprattutto la testimonianza di un’ascesa spirituale verso la fede”.

        La ferita che si apre nel cuore di una madre per la morte di un figlio, schiude la porta di Dio e ci rende partecipi dei doni dello Spirito.

        “Mamma, ti ho messo in sintonia col diapason del Cielo”, dice Roland. Il “diapason” è il punto più alto, la massima intensità del Cielo.

Non c’è Pasqua, non c’è Resurrezione che non passi dal crogiolo del Venerdì Santo. La Passione, la sofferenza portano alla Pentecoste.

 

Sono queste le visioni delle sfere superiori, quelle che sono state date come dono a rari uomini nella storia, che vengono a noi e ci indicano che la morte, ogni morte ha un suo significato e non avviene invano. E' una causa determinante un effetto che non si limita al solo dolore, ma che reca qualcosa di più profondo.

 

Proviamo a pensare: nel morire non viene tolto soltanto, ma viene

dato. Come la morte dei genitori porta maturità ai figli rimasti,

così l'eredità che deriva dalla morte è un ricevere, che è un

avere. Chi seguita a vivere, dunque, in questa dimensione, assieme

col dolore per la dipartita di un proprio caro, beneficia di

un'eredità lasciata dallo scomparso.

 

L'eredità in soldi la si tocca e la si vede subito. L'altra eredità, quella più significativa e profonda, non è subito tangibile e visibile, perché agisce nel tempo, a lunga distanza.

Possiamo però, cercare di individuarla, di scoprirla, di promuoverne l'azione nel tempo. E’ l’opera a cui si sono assoggettate le “mamme carismatiche” che, come  Marcelle de Jouvenel sono coloro che pazientemente hanno cercato, nella loro disperazione, una comunicazione con l’oggetto amato ed hanno sviluppato in se stesse delle facoltà che possiamo definire “carismi” doni dello Spirito.

 

Giungere a recepire un messaggio di questo genere è addentrarsi nell’inconoscibile, è prendere atto, con la semplicità dei bambini che non siamo noi ad aver voluto questa risposta, come non siamo stati noi ad avere ingenerato la nostra situazione. Qui la libertà vien meno, ma non è cessata la razionalità dell'accadimento umano che ci coinvolge e della comunicazione che si è accostata a noi attraverso un percorso, diciamo, inconsueto.

Si tratta di uno dei fenomeni cosidetti "strani" che vengonoriconosciuti come appartenenti al "paranormale", campo questo che si occupa di tutta una serie di indizi che fanno credere alla sopravvivenza dopo la morte fisica.

 

Abbiamo, finora, fatto alcune considerazioni su fatti che, comunque, appartengono, in gran parte, al Piano della Religione e della Fede.

La funzione dei concetti esposti è perciò indirizzata a distinguere il campo di azione condiviso dalle generazioni dei "credenti" opponibile a quello coperto, oscuro, diciamo "profano", occulto (di qui, il temine 'occultismo' con cui, spesso, si è fatta di ogni erba un fascio), riferito ai cultori delle manifestazioni legate ai fenomeni cosidetti "spiritici".

 

Se la fede è data all'uomo come conquista spirituale ed ha come

obiettivo la "vita eterna", tramandataci dalla rivelazione, oggi il

"profano" è oggetto di studio, anche da parte della scienza, agisce

su base fenomenica e tenta di dare risposta alle ipotesi sulla

"sopravvivenza".

 

Possiamo ribadire che vita eterna e sopravvivenza sembrerebbero

legate a doppia mandata, ma se la prima, appartiene al campo delle

"certezze" dello spirito (pur riconoscendo all'uomo la libertà di

accettarle o meno), la seconda, dipana il campo, come abbiamo

visto, degli indizi, delle complessità riconosciute razionalmente,

ma pur sempre soggettive, sperimentali e probabilistiche, che non

daranno mai una definitiva soluzione.

 

 

Ma, al di là dei tentativi strumentali, inadeguati e spettacolari che ci vengono dai mass media, si teme di esprimersi in merito per non essere oggetto di sarcasmo e spesso, quando se ne parla, proprio perché‚ si disserta sulle ipotesi, si rischia di cadere nel banale e di fare una magra figura. Perciò ci si pronuncia con i 'forse' e l' 'ognuno la pensi come vuole', quando l'uditorio non giunga a rinnegare tutto il possibile, l'evidente, il macroscopico.

 

D'altra parte pensare che la scienza debba riconoscere, così, di brutto, apertamente, che la morte non esiste e che i morti ci sono accanto, ci parlano e sono molto più felici di noi, è difficile, se non impossibile!

 

Ecco allora farsi avanti, sempre più folta una marea di madri, di spose, di figli, di parenti che hanno aperto, senza tentennamenti, coraggiosamente, il loro animo, il loro cuore, la loro mente al campo della ricerca.

 

Fra questa gente, motivata dal tentativo disperato di stabilire un contatto con i loro Cari trapassati, si sono trovati "soggetti psichici" di notevole attendibilità, le cui esperienze sono oggetto di rispettosa attenzione. Io stessa, con mio marito, assolutamente privi di cognizioni riguardanti la parapsicologia e le discipline ad essa collegate, abbiamo scoperto di possedere una sensitività che

non sappiamo a cosa ricondurre, se non al trauma della nostra grande sofferenza che ci ha portato ad intrapredere una strada tortuosa e difficile, ma non impossibile.

 

Da cosa essa derivi, come si sia attivata, come potrà svilupparsi, non potremmo dirlo. La viviamo come esperienza unica e salvifica, perché ci fa sentire sulla pelle il dolore di tutte le genti, lontane e vicine che ci accomuna in un naturale, fraterno abbraccio.

  

 

Ciò che, nel secolo scorso e anche nei primi decenni di questo era oggetto di interesse da parte di un pubblico ristretto che non osava riferirne all'esterno, oggi si presenta come patrimonio che scaturisce da una "piccola medianità", appartenente a schiere di, non sempre riconosciuti, sperimentatori che giungono a portare un contributo rilevante al campo della ricerca.

 

Le manifestazioni che si sono, via via, moltiplicate, recando conforto a gruppi, sempre più numerosi, di anime sofferenti per la perdita di una persona Cara, non possono più essere considerate solo "indizi" riconoscibili nelle esperienze soggettive, ma sono divenute "certezze" prima per Fede, poi per esperienza; carismi che ci sono stati offerti, gratuitamente.

 

Non voglio, con questo, avvallare tutto quanto ciascuno di noi, porta con nel suo bagaglio privato. Vi sono, magari, cose "strane" che danno risposte esclusivamente personali, ma ve ne sono alcune che non è possibile rinnegare. 

 

“ La mia barca è una conchiglia, Signore, nella tua mano. Ho sete di veleggiare all’orizzonte del tuo sguardo e di approdare alla luce del tuo volto… tu, che attraverso mio Figlio, mi hai lasciato intravedere la beatitudine del Paradiso!”

 

 

  

Edda CattaniMedianità e Carismi
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Il trionfo della vita

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L'attesa della Resurrezione

 

 

 

           Dopo un inverno intenso ed estremamente lungo ci ritroviamo a guardare con stupore il risveglio della natura. Ai bambini delle scuole si insegnano le poesie che, quasi un merletto, elaborano la meravigliosa trasformazione del seme che genera la vita e del fiore che precede la nascita del frutto. E’ un’aria nuova, frizzantina e giocosa che conforta il cuore e, guardando il cielo con le nuvole di panna montata e i suoi improvvisi offuscamenti, avvertiamo un’attesa, una speranza che ci rende più fragili e sensibili. La primavera è l’immagine dell’alba della vita e la trasformazione della terra invita alla speranza cristiana nella certezza che Gesù risorto ci esorta a percorrere un cammino verso la realizzazione del nostro fine: l’incontro beatificante con Dio.

 

            Questa foto rappresenta il chiostro di Casa Madre Teresa di Calcutta, dove è ospite il mio amato sposo. Ancor più che in altri, in questo luogo di sofferenza, si respira il desiderio di infinito, l'ansia del volo verso eterne mete, la rinascita del corpo e dello spirito.

 

La Pasqua e la resurrezione che, in questi giorni,  celebriamo, ne è il pegno e il sostegno. “Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede e noi saremmo in tutti i nostri peccati” dice S.Paolo. (1 Cor. 15,17) Per noi, che abbiamo provato la tristezza della morte, è difficile annunciare al mondo la gioia della salvezza che fa parte della funzione profetica del cristiano, ma il Cristo ha veramente vinto la morte ed è risorto per dirci: “La vostra tristezza si cambierà in gioia… e la vostra gioia nessuno potrà togliervela”. (Gv. 16,20)

 

            Questo richiamo alla vita è un segno forte del grande valore della vita stessa, di ciascuna vita, vita al suo nascere, vita dirompente nella sua primavera, vita giunta ormai al limite delle forze umane. La vita è una relazione di affetti che la fa esprimere nella sua indescrivibile unicità, è risorsa per comuni intenti, per progetti, per pianificazione degli interventi. Nella famiglia poi, dove i legami si accentuano per consanguineità,  per percorsi temporali identici, per affinità culturali ed ambientali, la vita diviene spazio insostituibile e permanente. Anche quando l’individuo sceglie di abbandonare il tetto familiare per costruirsene uno proprio, rimane sempre quella effettiva presenza, quello strumento, quell’abitudine che si incide come impronta identificativa di un essere passato, ma ancora e sempre presente.

 

            Di qui nasce la caparbietà di noi madri, orbate innanzi tempo delle nostre creature, di mantenere un vestito appeso ad una gruccia, un profumo in un oggetto, tante foto nelle cornici di tutte le dimensioni: “Ecco, mio figlio, era qui, era questo”. Ma il figlio, il nostro caro che sembra essersene andato per sempre, non è in quelle cose, che, con nostro rammarico divengono polverose ed inutili; quella creatura tanto amata è presente, purissimo spirito di Luce, è vicino a me, mi è addosso come una seconda pelle e …. quando Dio lo permette, mi parla e mi si manifesta: “Mamma avanti, ti sono vicino! Papà coraggio, fatti coraggio!”

 

 

            In questi giorni che precedono la Pasqua sono andata nella cappella di Andrea ed ho preparato “il mio sepolcro”; Cristo viene deposto nella tomba, come mio figlio, dietro quella lapide marmorea. L’ho rivestito di fiori  bianchi, gli ho portato il pesco con le colombine e l’ulivo ed ho messo a terra un cestino con i pulcini e le uova decorate. Mentre delicatamente compivo  questi gesti, con atto oserei dire “religioso”, occhi invisibili mi osservavano ed un sorriso tenero accompagnava ogni mia azione: “Mamma tenera, mamma cara, mamma adorata…”. 

 

            Oh, so bene, Andrea mio che non sei dentro quella lapide, so anche che a te non serve tutto questo, ma le mie povere mani non hanno più doni da offrirti se non la mia stessa vita, le azioni di ogni giorno, le mie  giornate fatte di corse e di impegni. E’ tutto per te figlio mio e queste piccole cose non sono che la manifestazione del mio sacrificio. Ti metto vicino anche il pensiero del tuo Papà che non è mai mancato di farti visita, ogni giorno, prima di ammalarsi.

 

             Gesù benedetto e la Sua diletta Madre, Maria, che, nel sepolcro, l’ha ricoperto di unguenti e lini, possono capirmi e prepararmi al giorno in cui saremo tutti uniti per sempre!

 

Edda CattaniIl trionfo della vita
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S.Agostino: Tardi ti ho amato

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Tardi ti ho amato!

 (prepariamoci alla S.Pasqua)


«Tardi ti ho amato, Bellezza tanto antica e tanto nuova; tardi ti ho amato!

Tu eri dentro di me, e io stavo fuori, ti cercavo qui, gettandomi, deforme,

sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te.

Mi tenevano lontano da te le creature che, pure, se non esistessero in te,

non esisterebbero per niente.

Tu mi hai chiamato e il tuo grido ha vinto la mia sordita’;

hai brillato, e la tua luce ha vinto la mia cecita’;

hai diffuso il tuo profumo, e io l’ho respirato, e ora anelo a te;

ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te; mi hai toccato,

e ora ardo dal desiderio della tua pace»

(S.Agostino di Tagore al Signore)

 

Lo sfondo del mare, espressione di bellezza e profondità,

è una ripresa  fatta a Ladispoli.

 


BLOG A PIU' VOCI


Penso sia bella la forma nuova di portare avanti questo spazio. Offrire agli amici la possibilità di postare è una forma di collaborazione, che darà una marcia in più al nostro andare  e divenire sempre più “testimoni digitali”.
La prima ad esprimersi oggi è S. L., con una sua originale riflessione sulla preghiera di S. Agostino “ Tardi ti ho amato”.Seguiamola con stima ed interesse, mentre personalmente la ringrazio del suo prezioso contributo.

Carissimi amici
Dopo aver letto sul Blog questa preghiera di S. Agostino ho continuato a meditarla facendola diventare parola mia. Da questo scritto emerge chiaramente come il Santo sia stato toccato da Dio in tutta la sua umanità. Nell’incontro con Dio tutta la sua persona è stata coinvolta. Dio non scavalca mai la nostra umanità ma la coinvolge per redimerla e realizzarla in pienezza. Agostino è toccato da Dio in tutti i suoi sensi, ed è per questo che mi permetto di offrirvi qualche riflessione proprio relativa ad ognuno di essi.
Bellezza tanto antica e tanto nuova […] hai brillato, e la tua luce ha vinto la mia cecita’
La prima realtà che ha affascinato S. Agostino è la bellezza ed in particolare la bellezza delle creature. In questo senso egli è molto vicino ai giovani d’oggi. Egli stesso afferma di essere stato ammaliato da questa bellezza fino a quando, continuando a ricercare la verità, la bellezza di Dio lo ha vinto. Fissando il volto di Dio, o meglio ancora, lasciando che quel Volto lo penetrasse in profondità, l’infinita Bellezza (che in greco è anche Bontà), come dice egli stesso lo “ha vinto”. I Santi spesso si sono soffermati a fissare il Volto di Cristo, S. Teresa d’Avila invitava spesso le sue figlie a “guardare” Gesù, il volto dell’Amato: “non vi chiedo altro che lo guardiate”. Sono sempre più numerosi i giovani che pongono domande di senso riguardo la propria esistenza. Come afferma il Santo Padre essi manifestano il desiderio di “voler vedere il Volto di Gesù” e spesso chiedono di insegnar loro ad avvicinarsi a Lui e di insegnar loro quella dinamica dell’incontro con Lui che è la preghiera.
Uno dei momenti iniziali della preghiera potrebbe proprio essere quello del guardare Gesù con amore, come si guarda l’immagine di colui a cui si vuole bene e da cui ci si sente amati. Agostino però in questa preghiera evidenzia ancora un’altra realtà. Egli afferma: “la tua luce ha vinto la mia cecità”. Solo quando Dio si presenta a noi siamo in grado di distinguere bene dal male, luce da tenebre, è solo “alla tua luce vediamo la luce” (Sl 35).
Agostino ha lottato con Dio ma solo nel momento in cui ha riconosciuto la sua cecità Dio ha potuto avvolgerlo con la Sua Luce. Come insegna il prologo del Vangelo di Giovanni la “Luce brilla nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno sopraffatta”. Quando Agostino ha permesso alla Luce di invaderlo è stato un vero e proprio invaghimento e come Geremia ha potuto affermare: “mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza, e hai prevalso” (Ger 20,7). La luce di Dio ha infranto le tenebre del suo peccato e il suo essere, tutto il suo essere è divenuto luminoso.
La bellezza di Dio, il “pastore bello” attende di essere guardato, amato, attende di brillare anche in noi. Ognuno può diventare ciò che guarda.

Edda CattaniS.Agostino: Tardi ti ho amato
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1-2 Aprile: Bambini in disagio

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Ancora una volta la nostra attenzione va ai bambini, quelli meno fortunati, quelli a cui nessuno riesce pienamente a dare una vita serena e priva di tanti incubi e profondi perché…  http://www.genitoricontroautismo.org/

 

2 APRILE: GIORNATA MONDIALE DELL'AUTISMO

 

 

Ci appare veramente difficile che addirittura un bambino, un piccolo essere adagiato nella culla della vita, in quella fase ancora fatta di coccole e abbracci, di giochi sull'altalena e giornate dai colori arcobaleno intrise di sole dopo la pioggia, di risate che stringono la pancia fino a provocare le lacrime, di palloncini colorati e nuvole che si rincorrono nel cielo senza pensare a niente, possa trovarsi in situazioni psicologiche gravi.

Eppure, già così piccoli, ci si può ritrovare affetti da gravi patologie come le psicosi infantili. C'è da dire innanzitutto, che proprio come per le psicosi che interessano gli adulti, esistono diversi tipi di psicosi infantili. L'autismo ad esempio, è una di queste. Per quanto differenti possano essere, posseggono tutte un aspetto fondamentale comune: in ogni forma di psicosi il bimbo vive un rapporto alterato con la realtà.  

Cani e delfini per curare i bimbi autistici

 

  

Roma – Animali in soccorso dei bambini. Cani e delfini possono essere usati per cercare di abbattere la barriera emozionale che divide i bimbi autistici dal mondo. E spesso ci riescono più degli stessi esseri umani.
Sarà per questo che la Pet Therapy da qualche anno è diventata una via alternativa e parallela a quella percorsa dai principali esponenti della comunità scientifica, che si riuniscono proprio in questi giorni per celebrare la Giornata mondiale dell’autismo, fissata dalle Nazioni Unite per il 2 aprile prossimo.
La Pet Therapy in molti casi funziona, che sia fatta con Fido o con un delfino giocherellone. «Ho iniziato a lavorare con i bambini autistici su richiesta di alcune scuole e centri per disabili – racconta Renata Fossati, psicopedagogista e allevatrice esperta -. Da allora ho seguito, insieme al mio gruppo, una decina di piccoli, dai 5 ai 24 anni -. Prima di tutto bisogna dire che l’autismo, come ogni sindrome, non può essere categorizzata: ci si deve confrontare con il soggetto affetto dalla patologia oltre che con la patologia stessa. Pertanto, ci sono pazienti che traggono notevoli benefici dalla Pet Therapy e altri che, al contrario, potrebbero sviluppare fobie verso l’animale». Il rapporto cane-bimbo autistico coinvolge la sfera emozionale: il piccolo prima è attratto dal nuovo amico a quattro zampe, poi pian piano inizia a interagire. «Ho seguito per due anni un bimbo che ne aveva cinque durante alla scuola materna e poi un anno alle elementari – prosegue l’esperta -. Ha fatto molti cambiamenti, grazie all’interazione con il cane. Nella prima fase un bassotto, che se ne stava tranquillo in un cestino a farsi accarezzare. Poi un samoiedo, cane bianco, peloso, allegro e dolcissimo. Il bambino che non riusciva all’inizio a star seduto per più di 12 secondi, dopo cinque mesi passava anche 12 minuti vicino all’amico, spazzolandolo, dandogli da mangiare, accarezzandolo». Una conquista enorme, quasi come scalare il K2.
«Il secondo e terzo anno, abbiamo chiesto anche alle insegnanti di lavorare con un piccolo gruppo di coetanei – prosegue Renata Fossati -. E lì che il bimbo ha imparato a fare azioni in sequenza: stava seduto con tutti gli altri e aspettava il suo turno sorridendo per accudire il cane». Si possono usare bassotto, golden retriever, cocker e anche labrador. «Non c’è una razza da prediligere – conclude l’esperta -. Anche i meticci vanno benissimo, l’importante è che abbiamo buon temperamento, siano più grandi di 18 mesi ed educati a questa missione». Ma la Pet Therapy va anche oltre. Il professor Davide Moscato, direttore del Centro Cefalee e Disagio Psichico dell’ospedale San Carlo di Roma dal 2003 fa terapia con gli animali da fattoria. «Solitamente inseriamo due bimbi autistici in un gruppo di sei-otto coetanei con diverse patologie psichiatriche – spiega il professor Moscato -. Gli autistici in pratica restano isolati dal mondo nel momento in cui invece tutti gli altri bimbi crescendo sviluppano capacità cognitive e affettive. L’animale riesce a catturare la loro attenzione: il piccolo non guarisce ma può essere aiutato a uscire dall’isolamento». E che dire del leone marino? «Già, da maggio abbiamo dato il via anche a un progetto, questa volta riservato solo ai pazienti autistici – conclude il primario -. Un giorno a settimana, in gruppi da quattro, vengono accompagnati a Zoomarine a Torvajanica, dove hanno la possibilità di interagire con questi animali, in compagnia dei nostri specialisti e del personale del delfinario. Una terapia che è già un successo».

(da "Il Giornale) 

Edda Cattani1-2 Aprile: Bambini in disagio
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Notte Tricolore

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Unità d'Italia 1861 – 1961

Per festeggiare la Patria bisogna amarla e per amarla bisogna averla vissuta nei suoi avvenimenti più salienti. In questo valore molti giovani e non solo, hanno creduto e dato la loro vita, ed ancora oggi c'è chi si prodiga per portare la "solidarietà" italiana laddove non c'è giustizia o non c'è pace. Io appartengo ad una generazione in cui i nonni raccontavano i loro trascorsi storici, quelli della prima grande guerra, quando nelle pause si cantavano i cori degli alpini; ne riporto uno per tutti:

 

La tradotta che parte da Torino

a Milano non si ferma più,

ma la va diretta al Piave,

cimitero della gioventù.

 

Siam partiti siam partiti in ventisette,

solo in cinque siam tornati qua,

e gli altri ventidue

son morti tutti a San Donà.

 

A Nervesa a Nervesa c'è una croce,

mio fratello l'è disteso là,

io ci ho scritto su "Ninetto"

che la Mamma lo ritroverà.

 

Cara suora cara suora son ferito,

a domani non ci arrivo più;

se non c'è qui la mia mamma,

un bel fiore me lo porti tu.

 

Ecco com'è nato il mio amor patrio che poi si è trasformato dopo la lettura dei testi di Primo Levi sul ritorno dei nostri soldati dalla campagna di Russia. Poveri ragazzi, in gran parte della "Julia" che andavano alla guerra senza indumenti da coprirsi, ma animati da un solo ardore che li guidava ad eseguire gli ordini ad ogni costo.

 Per questo ho festeggiato anch'io, questa notte, in silenzio ed ho appeso la bandiera italiana alla bacheca dove conservo la spada del mio Andrea, ufficiale dell'Esercito Italiano, orgoglioso di appartenere al suo Corpo e a questa Patria.

Tanta era la sua convinzione che ancora oggi, in tante sue comunicazioni mi dice

"VIVA L'ITALIA, PATRIA MIA!"

 

Nella notte tra il 16 e il 17 marzo a Roma si festeggia la Notte Tricolore con iniziative ed eventi per celebrare l'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia. La capitale romana sarà il centro delle celebrazioni per l'Unità d'Italia con una lunga kermesse cittadina: concerti, bande, teatro, letture, animazione di strada, spettacoli di luce, proiezioni, lezioni magistrali, fuochi d'artificio sotto le stelle. Sono previste per tutta la notte, fino al mattino, aperture di spazi culturali e aree pubbliche, per finire con il "Nabucco" all'Opera diretto da Riccardo Muti. La Camera dei Deputati sarà aperta dalle 20 alle 2 e una diretta da Piazza del Quirinale con la trasmissione di RaiUno '150'.

Anche il Fai, nelle Giornate di Primavera il 26 e 27 marzo, dedica spazio a beni architettonici e culturali risorgimentali. Su un totale di 660 luoghi aperti, ben 150, come i 150 anni dell'Unità italiana, sono i luoghi dedicati al Risorgimento italiano per consentire agli italiani di scoprire e riscoprire gli eroi che hanno fatto la nostra Patria. Solo per fare qualche esempio, sarà possibile scoprire a Reggio Emilia il luogo dove nacque la bandiera nazionale o visitare a Savona la Fortezza Priamar dove Giuseppe Mazzini, imprigionato, ideò la Giovine Italia.

 

 

Edda CattaniNotte Tricolore
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I “carismi” di Padre Pio

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Ricevo da un amico navigatore oggi e pubblico:

       A Padre Pio

 Padre che del Gargano resti un sole,
accogli questa supplica sincera,
non c’è bisogno di molte parole
perché procacci a me la gioia vera.

 E mi giunge un profumo di viole
mentre rivolgo l’umile preghiera:
ancora esorti a seguir chi vuole
la via del Vangelo veritiera.

 Tu che d’ardor serafico colmasti
l’intera vita afflitta dal dolore,
ricordati di me di fronte a Dio.

 L’esempio dato a noi penso che basti
a meritar le grazie del Signore
perché Sei tanto grande, Padre Pio!

                       Domenico Caruso

S. Martino di Taurianova (R.C.)

 

 

 

 123 anni fa nasceva Padre Pio da Pietralcina:

il santo dei miracoli

I “carismi” di Padre Pio

 

 

 

 

 

Padre Pio diceva Messa sempre molto presto, alle prime luci dell'alba, se non prima.
Molto spesso all'altare laterale dell'Immacolata, ma anche a quello centrale e, in seguito, a quello di san Francesco. Dopo il ringraziamento, confessava gli uomini in sagrestia, poi nella chiesetta le donne.
Al termine di tutte le confessioni, tornava in sagrestia per indossare cotta e stola, e rientrava in chiesa per distribuire la comunione ai fedeli.
Non di rado l'ora era tarda, e poiché vigeva la norma che bisognava essere digiuni del tutto, acqua compresa, fin dalla mezzanotte, non era un sacrificio da poco per i fedeli.
Al pomeriggio, dopo il riposo, Padre Pio ridiscendeva in sagrestia per confessare gli uomini.
In certi periodi o in certi giorni c'erano abbastanza fedeli per impegnarlo tutta la giornata, in altri no.
Comunque tutto, confessione, eventuale incontro extra con Padre Pio, si esauriva di solito in giornata.
A poco a poco, intanto, qualche timida casetta cominciava ad apparire nella zona, fatta costruire da forestieri che venivano a risiedervi stabilmente o volevano una base propria per le loro venute periodiche; e anche da famiglie del paese desiderose di avvicinarsi di più al convento dov'era Padre Pio.
Perché egli era ormai al centro come di una famiglia, che si estendeva sempre più, guidando come un autentico padre, non solo spiritualmente, ma anche con consigli d'ordine pratico, oltre persone del posto assidue al suo confessionale e agli incontri extra, anche molte altre lontane.
Tutte avevano per lui un'autentica venerazione: pur considerandolo come una persona di famiglia, e avendone e ricevendone confidenza, vedevano in lui un sigillo soprannaturale.
E alcune si affidavano a lui in toto, in una sequela spirituale senza riserve, bevendo e meditando i suoi insegnamenti, ricevuti in confessione, e anche in brevi messaggi scritti che si aggiungevano alle numerose lettere dense di spiritualità, scritte fin quando poté farlo.

Il profumo

Ma che cosa aveva di speciale Padre Pio per catalizzare intorno a sé tanto interesse e tanta venerazione? oltre le piaghe come il crocifisso, che rimanevano nelle mani, abitualmente coperte da mezzi guanti color marrone, che si toglieva solo per celebrare? Sarebbero bastate solo queste per farlo apparire come un essere superiore, perché quelle piaghe emanavano a volte un profumo inconfondibile, che inondava i presenti, e veniva avvertito, in certe circostanze, anche da persone in paesi lontani.
E già questo era miracoloso. Si ambiva, subito dopo la messa, riuscire a baciarle prima che in sagrestia si rimettesse i guanti. E si ricercava sul bancone dove si vestiva e si spogliava le crosticine che nel togliere e nel rimettere i guanti vi cadevano sopra; conservate come reliquie, quelle crosticine continuavano ad emanare il caratteristico profumo di Padre Pio, e verıivano considerate miracolose.

L'introspezione delle anime

A parte i segni già di per sé eccezionali che portava sul suo corpo, era evidente in Padre Pio la sua capacità di vedere l'intimo delle anime, illuminato com'era da Dio. Ciò era abituale in confessione, dove i penitenti si sentivano non di rado ricordare dei peccati non detti. E se l'omissione era stata involontaria, e si trattava di cose veniali, tutto poi filava liscio. Ma se era stata fraudolenta e se si trattava di cose gravi i rimproveri di Padre Pio salivano per così dire alle stelle, tanto erano aspri e sferzanti, e il più delle volte il peccatore veniva scacciato in malo modo. Coram populo, perché Padre Pio non aveva mezze misure. L'umiliazione era grande, non tanto per la vergogna di quel ripudio pubblico, che intimoriva anche gli altri che attendevano il loro turno, ma il più delle volte per l'orgoglio ferito.
Come si permetteva quel frate di trattare in quel modo una persona umana? Con quale diritto? Con quale autorità? E c'era chi se ne andava sdegnato, giurando che non avrebbe rimesso più piede in quel posto; salvo poi a ripensarci, anche con l'aiuto di qualche samaritano che spiegava come stavano le cose, e li guidava e assisteva per una nuova confessione, con altri sacerdoti se non con Padre Pio. Per questi scaccioni in confessione, si vedeva gente piangere dopo. Un pianto che faceva bene, perché faceva loro vedere con più chiarezza tutti i loro comportamenti. Ma anche fuori della confessione spesso in Padre Pio si rivelava questo discernimento interiore: quando nel mezzo della folla rimproverava ad alta voce qualcuno, o senza dire nulla ritirava la mano a chi si disponeva a baciarla, o addirittura passava oltre nel fare la comunione ai fedeli. C'erano poi le volte che strapazzava di fronte a tutti una persona, lasciando di stucco gli altri.
E c'era sempre un motivo, che in genere sapeva solo il malcapitato.

La bilocazione

Di certo, la testimonianza del dono della bilocazione in Padre Pio ci viene da lui stesso.
Una volta, mentre stava con le sue prime figlie spirituali nella foresteria del convento per le consuete conferenzine, apparve a un tratto come assente.
La cosa si prolungava troppo a lungo perché si trattasse di una semplice concentrazione interiore.
Alla fine si riscosse, e alla domanda di che cosa gli fosse accaduto, rispose con semplicità che era stato in America a trovare il fratello Michele.
Troviamo poi negli Epistolari chiare rivelazioni di una sua visita a una figlia spirituale di Foggia inferma: Giovina, sorella di Raffaelina Cerase, con la quale Padre Pio era in corrispondenza quando si trovava a Pietrelcina e che era stata l'occasione della sua venuta a Foggia, e poi a San Giovanni Rotondo.
Noi ci limitiamo a questi due casi che vengono dallo stesso Padre Pio.
Ma dobbiamo aggiungere che anche il profumo era un segno della sua presenza, o per lo meno della sua assistenza nella preghiera. Lo avvertivano anche persone che non avevano mai avuto nessun contatto con lui.
Era di solito un buon odor di violette, intensissimo e inconfondibile. Ma a volte si sentiva un odore di tabacco, o anche di acido fenico.
Quest'ultimo, Padre Pio l'aveva usato per qualche tempo subito dopo la stimmatizzazione come disinfettante. In quanto al tabacco, Padre Pio usava annusarlo per liberare le narici intasate.
Vengono comunemente assegnati dei significati a una intera gamma di altri odori attribuiti a Padre Pio; ma, sinceramente, sono attribuzioni opinabili.
Quel che è certo è che Padre Pio anche da lontano faceva sentire la sua presenza o assistenza.
E' anche certo che il suo sangue non aveva un odore repellente, ma gradevole. Ne rimanevano intrisi anche i fazzolettini e le pezzuole poggiate sulle sue piaghe.
Chi riusciva ad averne uno, in qualche modo trafugato dalla sua cella, lo conservava gelosamente come una reliquia, ricorrendovi nei momenti di bisogno.

Le grazie

La preghiera d'intercessione di Padre Pio l'otteneva grazie non imputabili all'intervento umano.
Senza arrivare, nella stragrande maggioranza dei casi al miracolo vero e proprio.
I benefici che ottenevano quelli che ricorrevano a Padre Pio sono incalcolabili, e tuttora è così.
Quando gli si raccomandava di pregare per questa o quella cosa annuiva subito, e a sua volta esortava anche il ricorrente a pregare.
In particolare, la sua preghiera abituale, diffusissima tra ı suoi devoti, era la "coroncina al Cuore di Gesù". Che Padre Pio recitava ogni giorno.
A volte il profumo intenso che si avvertiva era il segno, oltre che della sua presenza, della grazia; e si vedeva subito.
Ma quando qualcuno lo ringraziava, Padre Pio in genere rispondeva: "Non me ringrazia, ma la Madonna".
Ma se qualche fedele lo metteva quasi alle strette, dopo qualche segno straordinario, chiedendogli: "Padre, eravate voi?" rispondeva di solito: "E chi volevi che fosse?".
Altre volte, da una osservazione che faceva su particolari della persona che non poteva umanamente conoscere, si capiva chiaramente il suo intervento.

 

 

Edda CattaniI “carismi” di Padre Pio
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C’è un senso di Te!

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Dedicato a te, piccola Yara, abbandonata in un campo di sterpaglie, divenute gigli del Cielo!

 

   …Eppure, Sentire…

Nei fiori tra l'asfalto…

Nei cieli cobalto c'è…

…Eppure, Sentire…

Nei sogni in fondo a un pianto…

…Nei giorni di Silenzio c'è…

 

 

 

 Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. […]

 nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

[ Geremia 20]  

Quando si può solo fare silenzio…

 

Edda CattaniC’è un senso di Te!
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Guardarsi intorno!

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"Noi ci vediamo!"

 

Dopo l'accorato appello di una madre che ha lanciato su facebook il suo richiamo, ecco il commento  di P.V. all'articolo sulla "Giornata della Memoria" pubblicato qui sotto. Guardiamone un passo:

 

…Accorgersi così della presenza di tante vite che ci vengono incontro da ogni lato,
ognuna con il suo percorso, in attesa di essere da noi conosciute e riconosciute.
Cos'altro é stato il cammino di Gesù e dei suoi discepoli se non un guardare intorno?
Come si sarebbe espressa la forza liberante dei suoi gesti, se non fosse stata sollecitata
da un guardare compassionevole? 
E noi? Forse potremmo fare spazio ad una goccia di vita se solo guardassimo davvero.
Il samaritano, guarda e presta soccorso all'invisibile.
Il ladro, dalla croce guarda e apre il suo ultimo battito alla speranza…

 

Ecco la goccia di vita: una madre che non ha denaro per comperare un panino alla figlia ammalata, destinata ad una fine precoce, perchè già segnata da una malattia incurabile! E noi cosa possiamo fare oltre che lamentarci delle istituzioni, delle promesse mancate, dell'insensibilità delle persone…

Certo, possiamo dire: "Ti sono accanto con la preghiera…" mentre le ore passano inesorabili e ad una bimba si spegne sempre più il sorriso! Guardiamo questa creatura dal corpicino piagato  che aspetta una nostra risposta… e la sua Mamma… così dignitosa che vuole solo un lavoro per fargliela…

 

 

 

 

C'è anche chi scrive sulla bacheca: "Ditemi come possiamo aiutare realmente questa ragazza e la sua famiglia: non ci sono parole per descrivere il mio dissenso…. Noi, amiche e amici di fb, insieme possiamo farcela, ci basta solo sapere cosa possiamo fare!!!!! "

 

Grazie infinite a TUTTI. Ecco qua ciò che occorre: AMBROSIO ANGELA – Via Malacarne, 2 S.Gennaro Vesuviano (NA) 80040   Conto Posta posta-pay è 4023 6105 6956 8968 Codice fiscale MBRNGL66A41H931T



 

 

"ASSISTENZA E DIGNITA' PER MIA FIGLIA"

 

 

 

 

L'accorato appello di una mamma che da sola lotta contro la Klippel Trenaunay Weber la malattia rara di cui è affetta sua figlia Anna destinata a morire. Angela Ambrosio, una signora di San Giuseppe Vesuviano che da sedici lunghi anni convive con una gioia immensa e con un dramma che le dilania l'anima e la mente. La gioia infinita è sua figlia Anna. Le sue piccole conquiste, le emozioni, i gesti, gli sguardi e l'innata vanità di una ragazzina che, grazie all'amore incommensurabile di sua sorella Pina e di mamma Angela si conquista ogni giorno dei suoi dolorosi 16 anni di vita. Il dramma è la Klippel Trenaunay Weber. Una malattia rara per la quale non vi sono cure e che in fine al percorso ha un solo triste e nefasto epilogo. Al momento Anna sta vivendo una fase della malattia similare ad un malato terminale di cancro. Dolori atroci, necrosi, sanguinamenti, infezioni, linfoangite, metastasi in tutto il corpo e aggressività in momenti dolorosissimi. "Mia figlia è dolcissima, nonostante l'afasia e il ritardo intellettivo che l'ha colpita dopo un vaccino, ma che non ho potuto mai provare a causa della sua patologia. – dice mamma Angela – Anna capisce tutto e vive una sofferenza atroce sin dalla nascita. E' stata seguita dal secondo policlinico di Napoli, che diagnosticò la Klippell Trenaunay Weber, ma non contenta scrissi al centro di informazioni di malattie rare, che mi ghiacciarono con una lettera, che conservo ben stretta. Mi dicevano che non sapevano come aiutare Anna così come tanti altri nel mondo. Non c'erano cure". Poi l'inizio del calvario. Prima i ricoveri che pian piano si diradarono nel tempo, poi mille scuse, poi indirizzarono Angela alla terapia del dolore. "Ci andai con Anna,e loro mi dissero se provavo con gli oppiacei. – ricorda la signora – Nel giro di 24ore mia figlia aveva un blocco renale e per poco non moriva. Poi l'allontanamento definitivo dall'ospedale anche se il professore Andria, mi disse che se avessero avuto riscontri, per aiutare Anna mi chiamavano. Ma quando?" Angela è una mamma coraggiosa e da anni combatte una battaglia di dignità per la sua Anna che è stata lasciata sola sia dalle strutture ospedaliere che da quelle assistenziali territoriali. Quasi come se, visto che non si salverà da questo triste destino, fosse stata cancellata dalle persone che hanno diritto all'assistenza ed alla dignità della malattia. Anna risiede a San Gennaro Vesuviano, ma non va a scuola ed occuparsi della sua assistenza continua sono mamma Angela e Pina la sorella maggiore, che ha rinunciato agli studi universitari pur di accudire la sorella. Due donne sole. Ed Anna. A cui lo stato riconosce 480euro al mese. "Pago 345 al mese di fitto più spese condominiali e bollette. Come dobbiamo vivere?" – con amarezza affermo: "Io no ho più fiducia nelle istituzioni, non mi sento cittadina italiana. E dov'è l'articolo 1 della Costituzione italiana?"Angela anela ad un lavoro. Sino ad oggi, invece, le istituzioni non hanno fatto nulla nonostante le dovute insistenze,ho lavorato presso una cooperativa della 328 ambito nove come figura di assistente ai minori.nei comuni vesuviani "Purtroppo i pagamenti avvenivano ogni 5mesi e non tutta la retribuzione, mentre a me i soldi necessitavano tutti i giorni e fui costretta a lasciare", ricorda in questi anni ho anche registrato la fine del mio matrimonio con il disinteresse del padre di Anna. Ha trovato porte chiuse dappertutto e qualche associazione si è avvicinata solo per cercare di approfittare della condizione di Anna. Quello che è riuscita ad ottenere lo ha fatto solo con l'aiuto di una rete di persone amiche che l'hanno aiutata ad arredare la piccola casa in cui vivono. Non ha l'auto anche se Anna ama uscire. "Ci sono belle giornate di sole e stamattina mi ha detto: "io uscire". Dove la porto se non ho i soldi per comprarle un panino? – dice con la voce tremante, ma determinata – Senza di me Anna non avrebbe dignità e sto facendo di tutto affinchè non la perdi mai". vorrei acquistarla l'auto..ma l'accompagno di Anna non è reddito e non ho una busta paga per accedere ad un finanziamento..come fare non so..e l'auto è essenziale per me.Se gli succede qualcosa devo chiamare l'autoambulanza…!!!!!!E il lavoro per Angela è la condizione essenziale affinchè questo possa accadere dal momento che a Napoli non valgono le agevolazioni, che il Nord eroga a chi vive condizioni di estrema difficoltà per malattie così gravi come una casa ed un sussidio di 500euro al mese.Anna ama tantissimo il mecdonald.

 

 Questo appello deve trovare risposta… se siete in tanti a leggere queste mie pagine, non passate oltre!

 Sentite cosa mi scrive questa Mamma speciale:

"Grazie cara Edda,le dolci parole,del Signore che escono da voci lontane,riempiono il cuore sempre,e devo dire che la mia fede è stata la medicina di Anna,perchè solo chi crede vede le meraviglie di Dio,e io sono felice che Dio mi ha affidato un compito molto difficile,vedere la sofferenza in Anna e dire,"grazie Dio di avermi scelta e vivere questi giorni sulla terra in tua compagnia"il sorriso che mi dono' ha avuto un grosso compito essere allegre nel giorno delle sofferenze è solo un dono di Gesù,ringrazio DIO di poter avere persone che mi stanno vicino anche da lontano,grazie per le affettuose parole,un abbraccio affettuoso. "
 
Edda CattaniGuardarsi intorno!
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