Gli Ultimi Articoli

Mai più violenza sui minori!!!

No comments

Ancora maltrattamenti ai piccoli negli asili:

quanto dovranno ancora subire i nostri bambini?

 

 

 

L'iniziativa prevede, infatti, la formazione di un gruppo composto da un minimo di sei a un massimo di otto adolescenti autori di reati sessuali tra i quattordici e i diciotto anni – guidato da quattro operatori specializzati nella tematica trattata – e l'avvio, in parallelo, di un gruppo composto dai genitori dei ragazzi. Per essere ammessi al trattamento, gli adolescenti – segnalati dal Tribunale per i minorenni o dai servizi sociali – devono aver riconosciuto, anche parzialmente, il reato commesso e non devono presentare disturbi comportamentali tali da impedire la condivisione del percorso in gruppo. L'ammissione sarà decisa dallo staff di Tiama, in seguito a due colloqui propedeutici, sia con i ragazzi che con i genitori. Gli adolescenti ammessi al gruppo parteciperanno a discussioni su temi individuati dagli operatori (due psicologi psicoterapeuti, un'assistente sociale e un consulente legale esperto di problematiche minorili).

Adolescenti e abusi: l'esperienza di Tiama

Il Centro Tiama (Tutela infanzia adolescenza maltrattata) di Milano da anni si occupa di bambini abusati e adolescenti autori di reati sessuali. A ottobre inizierà l'attività di un nuovo gruppo di trattamento per adolescenti abusanti, un'esperienza avviata dal Centro nel 2006 che coinvolge anche i genitori dei ragazzi.

Immagine relativa a questo articolo

 

 

Immagine relativa a questo articolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In vigore la Convenzione
di Lanzarote

 

Il primo luglio è entrata in vigore, nei paesi che l'hanno ratificata, la Convenzione europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. Firmato da trentanove sui quarantasette stati membri del Consiglio d'Europa, il documento è attualmente in discussione nel Parlamento italiano.

La convenzione di Lanzarote, dall'isola dell'arcipelago delle Canarie dove è stata adottata nel 2007 durante un meeting dei ministri europei della Giustizia, «affronta sistematicamente le tematiche relative alla protezione dei minori dallo sfruttamento sessuale e dall’abuso, introducendo princìpi generali, prevedendo misure preventive e autorità specializzate per la protezione dei minori, nonché specifici programmi di intervento a protezione e assistenza delle vittime» (così si legge nel testo di accompagnamento al disegno di legge  che attende l'approvazione del Parlamento).

 

Le misure previste nelle normative messe a punto dall'esecutivo europeo prevedono, prima di tutto, l'inasprimento delle pene per i reati di natura sessuale che coinvolgono minorenni. Inoltre, nella gamma dei reati punibili entreranno il grooming (cioè l'adescamento elettronico: partendo dal contatto online con i ragazzi e riesce, pian piano a  conquistarne a poco a poco le confidenze e la fiducia necessaria che può portare a un incontro reale), la semplice visione di filmati pedopornografici e la realizzazione di foto con bambini in pose ammiccanti. Come già effettivo in diversi paesi europei, il turismo sessuale verso mete esotiche dovrà essere comunque punibile. Per quanto riguarda le vittime, la Commissione europea propone che vengano loro risparmiati gli ulteriori traumi derivanti dalle deposizioni in sede giudiziaria e che godano sempre dell'assistenza gratuita di un avvocato. Le misure restrittive nei contatti con minori inflitte ai condannati avranno poi validità sull'intero territorio europeo e non solo all'interno dei confini nazionali.

L'Europa: giro di vite contro i crimini sessuali

Una lotta più dura contro i crimini sessuali sui minori e la tratta di esseri umani: nelle scorse settimane la Commissione europea ha proposto sanzioni più severe per i colpevoli, maggiore protezione per le vittime e prevenzione: ora la proposta passa al Parlamento europeo.

Sono diversi i fronti sui quali la Commissione europea propone un giro di vite. Prima di tutto gli abusi sessuali, lo sfruttamento , la pornografia infantile (soprattutto su Internet) e poi una strategia complessiva che rafforzerà e coordinerà l'impegno degli Stati membri contro la tratta.

Immagine relativa a questo articolo

 

Edda CattaniMai più violenza sui minori!!!
Leggi Tutto

Bambini in ospedale

No comments

 

Novembre: il mese della ricerca!

La tredicesima edizione della Giornata per la Ricerca sul Cancro avrà luogo come tradizione nel mese di novembre.

Avrà il duplice scopo di sensibilizzare il Paese attraverso la diffusione dei risultati ottenuti dalla ricerca oncologica e dei prossimi obiettivi nonché assicurare attraverso la raccolta di donazioni, nuovi fondi ai ricercatori italiani.

Tra gli innumerevoli appuntamenti che si susseguiranno nel corso della Giornata ricordiamo gli Incontri con la ricerca che si terranno, simultaneamente sabato 6 novembre in molte città in tutta Italia, nelle quali il pubblico sarà invitato a porre le proprie domande ai ricercatori.

Come da tradizione, la RAI darà voce alla ricerca con la staffetta televisiva che le tre reti organizzeranno per incentivare le donazioni in diretta.


Per tutti noi, un impegno solidale per tanti piccoli pazienti che hanno bisogno del nostro aiuto.


 

Anche questo settembre la nostra solidarietà con ABIO

 

25 SETTEMBRE 2010
SESTA GIORNATA NAZIONALE perAmore, perABIO
Appuntamento con i 5.000 volontari ABIO
in 100 piazze
per i diritti dei bambini in ospedale

 


ANCHE TU PUOI AIUTARCI A PORTARE IL SORRISO DI UN VOLONTARIO ACCANTO AD OGNI BAMBINO IN OSPEDALE!

Nelle città in cui operano, i volontari ABIO hanno organizzato delle postazioni per raccontare la loro attività al fianco dei bambini, degli adolescenti e dei genitori in ospedale.
Con un contributo minimo di € 7 riceverai un cestino di pere e aiuterai così l’Associazione ABIO della tua città ad organizzare i corsi di formazione, necessari per introdurre nuovi e preparati volontari al servizio in pediatria.

INSIEME PER I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE
Fin dalla prima edizione, grazie alla Giornata Nazionale ABIO molte persone hanno conosciuto ABIO e il servizio che ogni giorno i volontari prestano in oltre 200 pediatrie in tutta Italia: sostengono e accolgono infatti, in collaborazione con medici ed operatori sanitari, bambini e famiglie che entrano in contatto con la struttura ospedaliera. I volontari ABIO inoltre s’impegnano a sensibilizzare il pubblico sull’importanza dell’umanizzazione dell’ospedale: a partire dall’edizione 2008 è stata promossa la Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale

Il documento, redatto da Fondazione ABIO Italia in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria, evidenzia l'importanza di passare dal curare le malattie al prendersi cura dei bambini malati: porre attenzione al bisogno del bambino di essere accolto e curato nel rispetto delle sue esigenze, al diritto di essere ricoverati all’interno di un reparto pediatrico e in un ambiente a misura di bambino, al diritto di ricevere informazioni riguardo la diagnosi e di essere coinvolti nelle decisioni, il diritto al gioco e allo studio.

Dove trovo i volontari ABIO?

 

Esperienza di una terapista:  Sig.Lorenza Ellena

 

 

Torino- Ospedale Maria Vittoria Sede staccata S.Vincenzo 15.6.1981

 

        Dopo due anni di lavoro comincio ad intravedere più chiara la linea da tenere e che si manifesta via via l’unica che può condurre ad una vera e propria ri-abilitazione ed abilitazione dell’uomo dalla sua malattia.

Non ci sono stati casi clamorosi. A volte ho anche pensato che un buon esito ottenuto sia stato grazie alle infinite risorse insite nell’individuo e che, proprio perché ancora spesso sconosciute a noi operatori, possono portare di per sé  dei risultati strabilianti. Essendo tuttavia questa convinzione nata durante un momento ancora chiaro della linea da intraprendere, ho avuto modo di ricredermi.

Sento di dover iniziare questa specie di “ diario di bordo”da questa fondamentale constatazione. Qualsiasi tipo di intervento terapeutico, nel mio caso, la riabilitazione, è guidato, è pilotato addirittura dal nostro stesso comportamento iniziale, dalla nostra presa di coscienza, dalle nostre aspettative e dal “piede giusto” o “sbagliato” con il quale noi partiamo in questa avventura di intervento sull’uomo.

Qualsiasi tipo di patologia ci troviamo di fronte esiste un primo momento, l’impatto, durante il quale noi decidiamo “a priori”, se quella persona uscirà fuori dal suo handicap in un tal modo o nell’altro. Nella misura in cui dentro  noi stessi non abbiamo reciso traumi, sensi di colpa, paure, dettati dal nostro poco coraggio di vivere, non apporteremo certamente miglioramenti ma, rischieremo di far diventare il malato un pellegrino rassegnato a chiudere le imposte della sua vita al nuovo e al bello  che ancora lo possono attendere..

Ciò non dimostra già inizialmente che un fatto di per sé molto semplice: il terreno della riabilitazione è purtroppo l’approdo ad una spiaggia di ricerca, di approfondimento di metodiche, tecniche sofisticate ( pur sempre da conoscere per la propria professionalità scientificamente seria), stipendi da colmare.

In tutto ciò l’uomo come mezzo per raggiungere questi miti è destinato a coincidere con il numero di una cartella clinica ed una patologia con caratteristiche che interessano la nostra sfera riabilitativa e niente più.

Il terapista diventa il trait d’union tra una classe gerarchicamente più in alto nella piramide ospedaliera dei ruoli ed il malato con il suo entourage di parenti quando esistono o sovente il malato da solo con la propria malattia.

In tutta questa dinamica  di ruoli il terapista rischia di diventare il destinatario di un potere incontrollato, dopo i primi entusiasmi si dimentica dell’uomo e dell’uomo malato verso il quale all’inizio delle proprie scelte aveva rivolto il suo interesse.

Perché questa panoramica deludente? Perché se tutto ciò è realtà quotidiana del nostro rapporto di lavoro, è pur vero che esiste una molla dentro noi stessi tale da poter trasformare una realtà di dolore e di rifiuto di esso, in una fase di condivisione totale.

Ogniqualvolta io accolgo un uomo malato pienamente, in tutta la sfera motoria, intellettiva, emotiva, esperienziale, senza fare una scala di valori di esse, già ho compiuto il primo passo del mio iter riabilitativo.

Quindi: accoglienza, che significa prendere l’altro con sé nel suo insieme, senza etichette che lo dividano in compartimenti stagni.

Come una scintilla fa scoppiare un incendio, così succede nel malato.

Il malato accolto dall’operatore terapista scegli di vivere e non abbandonarsi ad un fatale destino. Sulla base del meccanismo del bio feed-back il mio stimolo suscita una risposta: l’accoglienza umana, e poi vedremo non solo umana, porta ad una scelta personalissima di vivere la malattia con occhi e volontà del tutto nuovi da parte del malato.

Quindi accoglienza prima fase  e scelta, secondo momento. Ora il malato dopo questi passaggi preliminari rispettosamente ed opportunamente guidati, si trova quasi senza accorgersene pronto ad iniziare il suo lavoro. Poiché  è lui stesso a lavorare in prima persona e al terapista va il compito di guida  e orientamento come una bussola che serve per tenere giusta la rotta. Egli stesso deve sentirsi la prima persona in causa, il motore cha fa andare avanti la macchina ed il mio comportamento deve rispettare questa ricerca a volte difficile dell’essere del malato altrimenti si cade nella deresponsabilizzazione e nella prevaricazione della volontà.

Ogni difficoltà che nasce diventa sotto la mia guida uno stimolo al superamento di ostacoli e mai deve sfociare nella delusione o peggio ancora frustrazione per non avere raggiunto la meta prefissata.  Ogni progresso, seppur minimo, deve fungere da incentivo e momento gratificante per non fermarsi a ciò che si è raggiunto.

All’inizio affermai l’importanza della globalità dell’individuo. Ne consegue che anche la sfera intellettiva ed emozionale resti coinvolta dalla novità apportata dalla riabilitazione. Quindi attenzione va rivolta ad ogni diminuzione o aumento dell’umore e del livello di autostima. E, se ci si trova di fronte ad una persona che più ne vuol sapere  della nostra volontà di vivere e trasmettere ciò al malato tramite il mezzo della fisioterapia, utile può essere valutare la possibilità di risposta che dev’essere sincera e coraggiosa.

Ma tutto ciò che viene dopo è una conseguenza di quella molla iniziale di cui parlai all’inizio. Qual è questa molla? Un’accoglienza non solo umana del malato bensì, paradossalmente divina, come di un ostensorio consacrato che racchiude un tesoro inestimabile e da pochi, soprattutto dagli operatori sanitari, tenuto in considerazione: il dolore incarnato del Cristo stesso sulla croce. E, una cosa ho sentito forte avvicinandomi fin dal primo  momento al malato: che io, in particolare con il mio lavoro, ero chiamata a fare da Cireneo nel portare quella croce perché come malato avesse la forza di arrivare al culmine della crocifissione e con il mio aiuto fisioterapico partecipasse qui in terra  ad una resurrezione del corpo tramite il miglioramento e le varie funzionalità acquisite.

Far arrivare il malato, con la mia vita, a trasformare la sua messa di dolore quotidiano in sacrificio eucaristico d’Amore offerto a Colui che gli donò la vita in riparazione del male dilagante sulla terra che tutto vorrebbe intaccare.

Invece così malato e terapista si diventa tutt’uno: una cosa sola per fare da barriera e diventare come un argine d’amore purissimo, purificato e purificante.

 

              

GIORNO DOPO GIORNO

Con ABIO sulle reti RAI dal 19 al 25 aprile, accanto ai bambini in ospedale

video clip miracoli click!

    Il mio piccolo Simone prima     e durante la lunga degenza

 

LA MALATTIA DI UN BAMBINO COLPISCE UN'INTERA FAMIGLIA

che in seguito dovrà intraprendere un lungo periodo di disagio

"giù le mani dai bambini colpiti da disabilità"

 

"E' inutile ripetere o soffermarsi su ciò che si prova intimamente è qualcosa che noi abbiamo il privilegio di conoscere ma che non riusciamo ad esprimere e, anche se riuscissimo, gli altri non capirebbero".

Dal primo documento programmatico dell'A.GE.DI. – Autunno 1986

 

 

 

 

Esistono "Angeli" anche in ospedale

La favola del dottor Nanza

"così si vince la paura dell'ospedale"

Grazie alla cooperativa "le Mani parlanti" e al progetto Giocamico, i piccoli pazienti sopportano operazioni ed esami. In alcuni casi le tecniche utilizzate sono così efficaci da evitare il ricorso all'anestesia. E' successo, negli ultimi 3 anni, a 752 piccoli (su 1448) sottoposti a risonanza magnetica senza essere sedati

di STEFANIA PARMEGGIANI  da "Parma Repubblica"

L'astronave è un po' vecchiotta e arrugginita. Che nessuno si stupisca per il rumore da ferro vecchio che fa quando scalda i suoi reattori. Può trasportare i viaggiatori in un mondo lontano, simile al fondo del mare e abitato da strane creature. L'esperienza è tale da meritare una foto. Che sarà nitida e chiara, perfettamente a fuoco. Il viaggiatore deve restare immobile come ordina il dottor Nanza, la mente del grande viaggio, impassibile dietro il suo quadro di comando, nervi tesi per scattare i clic migliori. L'avventura è cominciata tre anni fa all'Ospedale Maggiore di Parma e ha imbarcato 752 bambini che, grazie all'aiuto di psicologi e volontari, hanno eseguito uno degli esami diagnostici più paurosi  –  la risonanza magnetica  –  senza essere sedati. Statistiche alla mano, il 50% dei piccoli pazienti è riuscito ad evitare l'anestesia totale. Il dato è di quelli che fa scuola e così l'esperienza parmigiana, al centro di un convegno sull'imaging in neuropediatria, è stata già replicata in altre strutture ospedaliere italiane tra cui il San Raffaele di Milano.

FOTO Il viaggio dei piccoli pazienti

 

Sabato, nella sala congressi del Maggiore, prenderanno la parola i medici dell'Azienda ospedaliera-universitaria e dell'Usl, gli psicologi, gli psicoterapeuti e gli educatori della cooperativa "le Mani parlanti", che da tredici anni frequentano le corsie con il progetto Giocamico. Il loro scopo non è curare, ma aiutare i bambini a ridurre "lo stress da ospedale", a controllare il dolore durante i prelievi più complessi, l'ansia per gli interventi chirurgici o per gli esami diagnostici. "Utilizziamo  –  spiega il presidente della cooperativa Corrado Vecchi  –  tecniche ludiche, espressive e relazionali. Ci sono sette psicologi ed educatori che distraggono i bambini in attesa di interventi chirurgici o esami invasivi. E ci sono i volontari, circa 200, che sette giorni a settimana, sia di mattina che di pomeriggio, frequentano tutti i reparti in cui ci sono pazienti in età pediatrica. Giocano con loro per sfumare la distanza con la quotidianità di fuori".
 

Edda CattaniBambini in ospedale
Leggi Tutto

Con la mamma di Sarah!

No comments

Ogni Mamma ha il diritto di soffrire a modo suo

 

Concetta Spagnolo, la mamma della piccola Sarah Scazzi, è una donna dal volto reso duro dalla sofferenza, criticata da tanti per il suo atteggiamento apparentemente freddo. L’assenza di emozioni nascondeva un dolore così forte da non riuscire a mostrarlo, mentre Michele e Sabrina Misseri si lasciavano andare alle lacrime e alla disperazione.

 Nel corso della trasmissione “Matrix” l’annunciata lettera inviata da Concetta ha rotto un muro facendo trasparire tutto lo strazio di una madre a cui è stata strappata la sua bellissima bambina. Parole, ovviamente, forti nei confronti dei colpevoli che definisce miserabili, capaci di avere ucciso due volte una creatura che di loro si fidava. Le menzogne della famiglia Misseri sono il suo tormento, lei non invoca la vendetta ma non potrà esserci neanche il perdono.

Lo psichiatra Raffaele Morelli commenta : “Concetta ha preso in modo significativo le distanze, ognuno piange i suoi morti e i suoi omicidi”.

 

 

La lettera di BARBARA PALOMBELLI al TG5

 

Una lettera di scuse, forse diversa da come l’avremmo scritta noi tutti che, volenti o nolenti, abbiamo assistito a quest’assalto mediatico su un caso di omicidio, un caso in cui è stato spesso dimenticato il ruolo della vittima. Mentre l’attenzione mediatica è rivolta alla famiglia degli zii di Sarah, ci siamo dimenticati di lei. Lei, ragazzina innocente, è passata in secondo piano e ci dimentichiamo che, quando sulle pagine dei giornali viene descritto il suo assassinio, il collo attorno al quale l’orco stringeva la corda, aiutato dall’orchessa, sua figlia, era quello di Sarah.

 

 

 

Cara Sarah, con quell’acca in fondo al tuo nome che ti faceva sentire importante; la tua firma ripetuta nei profili di Facebook dove però andavi di nascosto, dalla biblioteca comunale. Ti eri inventata un’identità: Sarah Baffi, l’Ammazzavampiri. Ma non ce l’hai fatta contro di loro: loro, i vampiri, i tuoi parenti, non ce l’hanno fatta ad amarti. Eri e sei troppo diversa da loro, sembri scesa dal castello delle fate, bellissima principessa in un regno di orchi e di streghe.

Tu avevi solo quindici anni e la colpa di essere bionda, magra e carina come tutte le ragazzine vorrebbero essere e non ci riescono. Ti bastava poco per essere felice: un matrimonio, una gita a Roma, un buon gelato, un gioco, una foto da appendere alla parete. Tu, principessa che sei finita sfigurata e putrefatta dopo quaranta giorni in un pozzo, tanto che il professor Strada, che ti ha sezionato e analizzato, ti ha nascosto persino alla tua mamma, quella mamma impietrita, mamma Concetta che al tuo funerale guardava lontano.

Noi che, senza conoscerti, ti abbiamo incontrato nei telegiornali e sui giornali, ti abbiamo mangiata proprio come l’umidità di quel pozzo, un pezzettino al giorno, piano piano, senza sprecare nemmeno una briciola della tua tragica favola. Era troppo bella quella favola e la magia del tuo volto e del tuo sorriso è riuscita, come in un incantesimo, a far salire gli ascolti in tutte le trasmissioni.

Ora che stai uscendo di scena per lasciare spazio ai tuoi assassini e alla rivelazione del male, in cui hai vissuto forse senza saperlo oppure sì, ora che tutta l’Italia partecipa all’indagine nazionale su di te che non ci sei più, ora è proprio arrivato il momento di pregare, pregare per te e per noi, per il nostro lavoro, per voi che state vedendo queste immagini.

Non ti dimenticheremo.
Sarah, perdonaci se puoi.

 

 

Edda CattaniCon la mamma di Sarah!
Leggi Tutto

Alzheimer: la mia esperienza

2 comments

 

La memoria è un "dono" la cui perdita

 

diventa una grande menomazione.

 

Oggi, martedì 21 Settembre, si celebra la 17° Giornata Mondiale dell’Alzeimer che quest’anno ha come titolo “E’ tempo di agire insieme" e ruoterà attorno alla ricerca di un percorso teso all’umanizzazione dell’ammalato di Alzheimer e alla tutela dei suoi diritti, tanto da conferire dignità anche alle voci dei familiari.

La Giornata Mondiale rappresenta in tutto il mondo un momento molto importante di conoscenza e divulgazione di una malattia in costante crescita. Ormai circa 25 milioni di persone nel mondo soffrono di questa forma di demenza (con 4,6 milioni di nuovi casi l’anno) e in Italia i malati sono più di 500.000; purtroppo si stima che le cifre raddoppieranno nei prossimi vent’anni.

La malattia di Alzheimer non ha una terapia risolutiva e, spesso, finisce per "segnare" anche i familiari dei pazienti, dal momento della diagnosi lungo tutto il decorso della malattia.

 

 

 

Dalla mia dolorosa esperienza… un giorno come tanti…

La domenica si fa festa anche a “Casa Madre Teresa”: gli ospiti vengono vestiti con i loro capi più convenienti, le signore con collane colorate e gli uomini anche in giacca e cravatta. Poi si va in giardino a fare merenda, a volte si canta e qualcuno, ancora in grado di farlo, azzarda un contenuto passo di danza. Naturalmente questo aspetto piacevole e ricreativo è un’offerta che la buona disponibilità organizzativa offre a chi ancora è in grado di riceverlo; per alcuni, come è il caso del mio amato sposo, si può a mala pena, avventurarsi in una breve passeggiata in carrozzina, raccogliendo qualche ramoscello per farne un mazzetto odoroso.

Domenica scorsa era una domenica come le altre, ma in giardino c’era un’aria umida e un po’ ventilata per cui gli ospiti se ne stavano quasi tutti all’interno. Io ho preparato il mio Mentore e sono uscita in passeggiata; avevo in testa ancora le parole dette la sera prima da S.E. Mons.Mattiazzo, venuto a celebrare la S.Messa vespertina anche per ricordare il centenario della nascita e l’anniversario della morte della Cara Madre Teresa a cui è dedicata l’opera della nostra Casa. Mi avevano colpito, nel discorso del Vescovo, quelle parole “HO SETE! I’m thirsty” che la piccola suora aveva udito per un giorno intero, mentre si trovava in India a svolgere la sua funzione di maestra come religiosa albanese di fede cattolica. Il richiamo di Cristo a cui ella rispose aveva un significato: “Sto alla porta del tuo cuore, giorno e notte. Anche quando tu non stai ascoltando, anche quando tu dubiti che possa essere Io, Io sono lì. Aspetto anche il più piccolo segno di una tua risposta, anche l'invito sussurrato nel modo più lieve che mi permetta di entrare. Se ti senti senza importanza agli occhi del mondo, non importa affatto. Per Me non c’è nessun altro in tutto il mondo più importante di te. HO SETE DI TE. Io vengo – con il desiderio ardente di consolarti e di darti forza, di risollevarti e di fasciare tutte le tue ferite. Ti porto la Mia luce, per dissolvere le tue tenebre e tutti i tuoi dubbi.”

Fu questo il messaggio che ascoltò la piccola Suora che oggi fa sì che essa venga paragonata alla Teresa di Lisieux della “piccola via” di cui ella aveva preso il nome. Quale legame viscerale può unire Teresa di Lisieux e Madre Teresa di Calcutta? La sete di Gesù. Il grido di Gesù, menzionato a più riprese nei loro scritti, è stato determinante in ciascuna delle loro vite. Madre Teresa guardò l’umanità sofferente che vedeva oltre le mura del convento, a Calcutta e, con il solo aiuto della fede, di quelle parole “Ho sete”, è diventata fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di Calcutta l'ha resa una delle persone più famose al mondo. Ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 1979, e il 19 ottobre 2003 è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II°.

Con questi pensieri mi accingevo a percorrere il vialetto del giardino interno quando ho intravisto una sorta di cuscino bianco fra i rami contorti delle ortensie… ma quell’involto informe si muoveva e mandava qualche debole lamento. Ho lasciato la carrozzina in mezzo al sentiero e sono corsa a vedere di cosa si trattasse; un penoso presagio mi faceva pulsare le vene mentre cercavo di vedere attraverso il groviglio di rami, foglie, zanzare e terriccio a chi appartenesse quella forma umana. Al mio grido di aiuto erano, nel frattempo, accorsi altri parenti e gli operatori che dicevano: “ Ma è la G. Come è uscita da sola? E come è caduta così malamente?” Mentre veniva portata via con l’aiuto dell’infermiere, sentivo in testa quelle parole: “Ho sete!” e pensavo a queste povere creature, senza più autonomia, con brandelli di memoria che, a volte, sfuggono al controllo e si ritrovano in condizioni precarie di cui non avevano ravvisato la pericolosità. Gli occhi spaventati di G. dichiaravano, come Cristo “Ho sete”  e mi facevano ricordare che quando ero arrivata, di primo pomeriggio, proprio lei mi era venuta incontro e mi aveva chiesto un bacio. Chissà, nella sua mente forse aveva cercato qualcosa o qualcuno da cui andare per ricevere quell’affetto, quel gesto d’amore di cui queste creature hanno tanta necessità di espressione.

Tornando a casa, la sera, come al solito, ero più ricca dentro, perché lo Spirito Santo mi aveva nuovamente visitata facendomi partecipe e consapevole del Suo amore. “Vengo a te con la mia misericordia, con il mio desiderio di perdonarti e guarirti, e con un amore per te ben oltre quello che puoi comprendere – un amore grande come quello che ho ricevuto dal Padre ("Come il Padre ha amato me, cosi anch’io ho amato voi". Gv 15, 9). Vengo con il mio potere, cosi che tu lo possa portare ad ogni tuo fratello; con la mia grazia, per toccare il tuo cuore e trasformare la tua vita; ed offro la mia pace per placare la tua anima.”

“Coraggio, Mentore, andiamo avanti… non siamo soli!”





 

 

 

 

Edda CattaniAlzheimer: la mia esperienza
Leggi Tutto

Il tempo della memoria:occasione di vita

No comments

 

Il tempo della memoria come occasione di vita

(Relazione di Edda Cattani)  – Cattolica 2010

 

Non ho mai dimenticato quel benevolo abbraccio, la mano sulla spalla di un gentile amico, nel momento in cui lasciavo la chiesa dopo le esequie di Andrea: “… vedrai poi che il tempo… diventerà memoria…”

 

Il tempo? La memoria? Se vogliamo considerare la vita nel suo divenire e come essa si svolge ci si rende conto che il tempo la rappresenta nel suo aspetto più sostanziale. Infatti, la nostra quotidianità non è il passare da un minuto ad un altro, un poco alla volta, ma è il passato che condiziona il nostro presente e intacca il nostro futuro.

 

In questi quindici anni di momenti lievi, pesanti e dolci, nulla è servito a far diventare memoria quello che è stato ed è, il mio eterno presente. Andrea se n’è andato e con lui la vita si è trasformata in attesa, perché poi tutto è stato accettabile; non mi sono più stupita degli accadimenti inaspettati, delle brusche svolte, delle stranezze quotidiane, dell’incombente senilità. Ho atteso tutto e nulla mi è mancato, o meglio non mi è stato risparmiato nulla. La durata del passato è stato l'incessante persistere del passato nel presente che, condizionando l’avvenire, si accresce anziché diminuire. E poiché ingrandisce continuamente, il passato si conserva indefinitamente.

Certo noi pensiamo solo con una piccola parte del nostro passato, magari riferendoci ad un momento di forte gioia (nascita di Andrea) o di dolore indefinibile (la sua dipartita); ma desideriamo, vogliamo, agiamo con tutto il nostro passato, comprese le nostre tendenze congenite. Il nostro passato ci si rivela, dunque, nella sua interezza, con la pressione che esercita su di noi e sotto forma di tendenza, benché solo una piccola parte di esso si converta in rappresentazione chiara e distinta.

Esso ci segue, tutt'intero, in ogni momento: ciò che abbiamo sentito, pensato, voluto sin dalla prima infanzia è là, chino sul presente che esso sta per assorbire in sé, incalzante alla porta della coscienza, che vorrebbe lasciarlo fuori. La funzione del meccanismo cerebrale è appunto quella di ricacciare la massima parte del passato nell'incosciente per introdurre nella coscienza solo ciò che può illuminare la situazione attuale, agevolare l'azione che si prepara, compiere un lavoro utile.

 Ma il passato è integro, pronto a balzare in avanti per assorbirci e condizionare la nostra coscienza. Siamo noi a voler rimuovere le cose che vorremmo non ci appartenessero e ricacciarle nell'incosciente quando non ci servano per illuminare il nostro presente o agevolare l'azione che stiamo preparando.

Ogni nostro stato di coscienza, considerato come un momento di una storia in via di svolgimento, è semplice e particolare, ma non può essere già stato percepito, perché è il concentrato di tutto ciò che è stato più quello che il presente vi aggiunge.

Dice Bergson “Sicché è vero che ciò che facciamo dipende da ciò che siamo; ma bisogna aggiungere che siamo, in certo modo, quali ci facciamo e che ci creiamo continuamente da noi stessi.”

Talvolta qualche ricordo non necessario riesce a passar di contrabbando per la porta socchiusa; e questi messaggeri dell'incosciente ci avvertono del carico che trasciniamo dietro a noi senza averne consapevolezza. Ma, se anche non ne avessimo chiara coscienza, sentiremmo vagamente che il passato è sempre presente in noi. Che cosa siamo, infatti, che cos'è il nostro carattere se non la sintesi della storia da noi vissuta sin dalla nascita, prima anzi di essa, giacché portiamo con noi disposizioni prenatali?

La memoria poi non è, come comunemente s’intende, raccogliere ricordi in un cassetto o scrivere in un diario eventi particolari. Non c'è registro, non c'è cassetto, non è perciò una "facoltà" da usare o meno, perché le cose del passato si accumulano senza un attimo di sosta. E’ proprio il passato che sa conservare se stesso, automaticamente. Tutti gli accadimenti in cui siamo stati coinvolti ci inseguono e influenzano la nostra vita; dall’infanzia abbiamo conservato tutto quello che abbiamo sentito, pensato, voluto…  

La memoria è quindi uno “strumento”, comunque una grande conservatrice e ripesca in quelli che definiamo “cassetti” gli oggetti più preziosi: le grandi gioie e i grandi dolori. Sono soprattutto questi ultimi che riaffiorano in tutta la loro crudezza; sono sfrondati dei particolari insignificanti, dei corollari comuni, ma densi di note individuali… sono quelli destinati a non finire mai e costituiscono la storia di ciascuno di noi.

 

 

L’uomo nasce come essere sociale e tutti i mezzi  di comunicazione di massa lo portano a interagire e a dare di sé la parte più congrua alla situazione da affrontare; ma viene il tempo in cui si è fatto il pieno e quello che si ha, nel bene e nel male, basta per meditare in tutto il tempo che resta da percorrere. Una vita è veramente un soffio quando la si guarda vicino alla linea d’arrivo e la memoria del vissuto è un piccolo lasso di tempo.   ( v. la mia condizione attuale)

La nostra personalità, pertanto, germoglia, cresce, matura continuamente. Ciascuno dei suoi momenti è qualcosa di nuovo che si aggiunge a ciò che c'era prima. Anzi, non è solo qualcosa di nuovo: è qualcosa d'imprevedibile. Senza dubbio il mio stato psichico attuale si spiega con ciò che già c'era in me e agiva su di me: analizzandolo, non troverò in esso altri elementi. Ma nemmeno un'intelligenza sovrumana avrebbe potuto prevedere la forma semplice e indivisibile, che dà a tali elementi, affatto astratti, la loro organizzazione concreta: giacché prevedere significa proiettare nel futuro ciò che si è percepito in passato oppure raccogliere in un composto nuovo diversamente ordinato, elementi già noti. Ma ciò che non è mai stato percepito e che è, insieme, semplice, è necessariamente imprevedibile. Tale è, precisamente, ogni nostro stato di coscienza, considerato come un momento di una storia in via di svolgimento: è semplice, e non può essere già stato percepito, giacché concentra nella sua unità indivisibile tutto ciò che è già stato percepito più di quello che il presente vi aggiunge. E’ un momento originale di una storia non meno originale.

Sicché è vero che ciò che facciamo dipende da ciò che siamo; ma bisogna aggiungere che siamo, in certo modo, quali ci facciamo e che ci creiamo continuamente da noi stessi.

 La memoria ingigantisce dunque e, con l’età, si perde la capacità di contenerla; perciò si cerca di sintetizzare sempre di più, ritrovandoci con l’essenziale… è il racconto di una vita.

 

Ho abbandonato nel mio cammino, lungo e faticoso, tutte le cose che contavano meno e ho lasciato brandelli di cuore in ogni dove, chiedendo a Dio di conservarmi a lungo la capacità di immagazzinare, scremare e comprendere gli altri. Poi mi sono guardata intorno ed ho visto che chi mi aveva sorretta in tutto questo tempo e aveva avuto una parte determinante nella mia formazione e nell’accettazione del dolore si era perso per strada, la nostra comune strada, e non aveva più la memoria delle cose.

Come un bambino, il compagno della mia vita si era eclissato e non dava più risposte coerenti, non era più in grado di raggiungermi e condividere i miei pensieri… si può morire in tanti modi! La mia vita è ora fatta di silenzi… e di contatti …

 

Penso ai tanti miei progetti, ai traguardi raggiunti, alle imprese svolte e tutto è in quel cassetto di cui rimarrà solo polvere, piccole cose per la vita degli altri, pillole di saggezza. Mi rimane il contatto, con una dimensione che prima o poi raggiungerò dove mi stanno aspettando tante persone care, primi fra tutti i miei figli che non hanno mai mancato di incoraggiarmi.

 

Perciò a chi sta arrivando in questo percorso di fede e di conoscenza dico con tutto il cuore di avere quella speranza che è necessaria non solo per sopravvivere, ma per vivere bene. Apparentemente veniamo abbandonati, un poco alla volta e anche di noi non resterà memoria, ma qualcosa di eterno esiste da sempre e per sempre e a riesumarlo sarà solo Dio.

 

Il tempo è un dono che la vita ci fa. Lo è anche quando sembra non esserlo, quando stanchi affrontiamo il domani. Ed ogni anno che passa, ogni compleanno, è una tappa importante, un traguardo, una sorte di resa dei conti. Più gli anni passano e più i conti sballano anche se non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo.


Io non vi auguro un compleanno dove tirare le somme, ma un giorno speciale dove scrivere un nuovo sogno, senza badare ai conti, incosciente ma consapevole che tutto può accadere. E che la tua vita possa essere sempre intensa ed emozionante come un brivido che toglie il respiro per farci respirare più forte.

 

In questa condizione potremo avvicinarci a questi convegni, qui a Cattolica con maggiore serenità e, siatene certi, saremo cresciuti. L’atteggiamento di chi spera è autenticità che richiama un dono ineffabile divino: quello della “provvidenza” che diviene carisma, luce e conforto.

 

 

La speranza e la comunicazione.

Sperare vuol dire attendere il tempo nel momento che , opportunamente, arriverà per ciascuno di noi. Sarà un segno di modeste dimensioni, che altri non noteranno, ma che per noi sarà denso di quel contenuto noto a noi soli e che ci abbaglierà come Paolo sulla strada di Damasco. Prepariamoci a questo evento, e torneremo da Cattolica non come gente che soffre di una malattia inguaribile, ma con lo spirito che si ritrova nella “Salvifici doloris” di Giovanni Paolo II° del 1984.

 

Siamo arrivati per volere essere riscattati dal nostro tempo impiegato a piangere, ma vogliamo ritornare con la spiritualità di chi non vuole vivere per sempre un  dolore alienante, nella prospettiva della salvezza e della risurrezione.

 

Ci incontriamo qui a Cattolica, con gli amici di tanti anni e nuovi arrivati. Io non so se manterrò l’organizzazione  e  se ci sarò ancora negli anni a venire,… il mio tempo sembra molto limitato ma debbo veramente ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato ad avere la certezza che il mio tempo era ben speso per migliorarmi e migliorare nella via di una nuova redenzione.

 

 

   

 

 

 

 

Edda CattaniIl tempo della memoria:occasione di vita
Leggi Tutto

Un Progetto e Musica per Lulù

No comments

Niccolò Fabi, folla di amici e fan
al concerto per ricordare "Lulù"

 

Quando si tratta di 'BIMBI' noi ci siamo sempre, anche quando purtroppo la notizia è di quelle che non si vorrebbero mai dare.


La piccola Lulù, figlia del cantautore Nicolò Fabi, è volata via lo scorso venerdì. Una meningite fulminante. Aveva due anni.

Sulla sua pagina di Facebook Nicolò ha cercato di sfogare e condividere un po' del suo dolore.

 

100bimbi Nicolò Fabi

 

Centinaia di persone, con le coperte, i termos e i bambini, partecipano all'evento organizzato dall'artista nel giorno in cui sua figlia avrebbe compiuto due anni. Sul palco Jovanotti, Elisa, Silvestri e tanti altri: "Un'emozione incredibile"

 

MAZZANO ROMANO (Roma) –(di Katia Riccardi) Il logo sulla maglietta è un arcobaleno, un bersaglio pieno di colori. Le persone sono arrivate a centinaia, sotto il sole, dalle tre del pomeriggio: qui a Mazzano, alle porte di Roma, hanno portato borse termiche, i bambini, felpe per la sera, coperte per la notte. Sono pronte a passare la giornata davanti al palco tra le giostre, i palloncini, lo zucchero filato e la musica. Camminano tra gli alberi, si sdraiano sul prato per ascoltare la musica. Hanno risposto all'invito di Niccolò Fabi per festeggiare il compleanno della piccola Lulù, la figlia dell'artista scomparsa poco meno di due mesi fa e che oggi avrebbe compiuto due anni.

Dietro il palco, che è stato montato in tre giorni da tutti gli amici che Fabi è riuscito a riunire intorno a sé, si aggirano gli artisti. Non c'è nessuna telecamera, non entra nessun fotografo perché l'evento, come l'ha voluto Fabi, è nato per essere una festa senza trucco, una festa di compleanno gratuita in cui offerte libere serviranno a costruire un ospedale pediatrico in Angola.

Non c'è una scaletta definita: "Ancora non ho deciso che brano suonerò", spiega Samuele Bersani, "Jovanotti mi ha consigliato di suonare "Chicco e Spillo", perché dice che è un pezzo allegro e l'atmosfera di questa giornata è bella, calda, di gioia". Poi suonerà "Giudizi universali". Elisa è arrivata dopo aver preso un aereo: "Avevo paura di prenderlo ma sono felice di essere qui, bisogna essere tutti a disposizione quando si tratta di mettere in campo l'emozione. Quello di Niccolò è un esempio di grande forza ed è molto toccante che in pochissimo tempo sia riuscito a creare una cosa del genere. E' una persona con tanti amici e sono felice di essere qui".

"Niccolò mi ha mandato un sms con la notizia della tragedia quando io ero a Los Angeles", racconta Jovanotti. "Non ho avuto dubbi nel decidere di venire subito in Italia i musicisti si sono messi a disposizione e ringrazio Niccolò perché ci ha dato l'occasione di partecipare a un evento che ci connette con i valori fondamentali della vita". Per la sua performance, pur nel rispetto di un clima da "jam session", ha preparato una versione della "Donna Cannone" di Francesco De Gregori in chiave reggae e "Fango", un brano legato al ricordo del fratello scomparso.

Le persone applaudono ogni volta che un artista sale sul palco e sono in un rilassato silenzio nei momenti dei cambi. Tra gli artisti presenti dal primo pomeriggio c'erano Cristicchi, Silvestri, Tosca, Roberto Angelini, Marco Conidi, Luca Barbarossa e Neri Marcoré, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Marina Rei, Paola Turci, Syria, Manuel Agnelli, Giovanardi dei La Crus. Nel corso della giornata suoneranno anche Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, Fiorella Mannoia. Niccolò si esibirà per ultimo e chiuderà lui questa giornata che è stata esattamente come l'aveva sognata.

"Quando è successo questa cosa", racconta Daniele Silvestri, "io mi sono chiesto, tutti ci siamo chiesti, quanto saremmo stati in grado se fosse successo a noi, di affrontarla come sta facendo Niccolò, che è sempre stato circondato dagli amici e da tutte le persone che gli vogliono bene. Giorno dopo giorno è riuscito a creare un'unione e quello che sta succedendo oggi qui ne è la prova. Questo concerto vive in questa giornata ed è nato per vivere in una sola giornata. Per me è una emozione incredibile assistere a tutto questo". hello my angel hello kitty
Angel comments and graphics

(30 agosto 2010)

 

Progetto Parole di Lulù

Una nuova pediatria per i bambini di Chiulo in Angola

Il contesto

Uscita solo nel 2002 da una guerra civile trentennale, l’Angola sta vivendo oggi un periodo, non facile, di ricostruzione. Nonostante le ricchezze derivanti da petrolio, gas e diamanti, è uno dei Paesi più poveri del mondo, collocato dall’Indice dello sviluppo umano tra gli ultimi posti, al 160º su 177 nazioni. In Angola i bambini costituiscono il 46% della popolazione e il tasso di mortalità infantile è il secondo più alto al mondo, con 260 decessi ogni 1.000 nati vivi, entro il quinto anno di vita (Rapporto Unicef 2007).
Il tasso di mortalità materna è stimato in 1.700 casi ogni 100.000 parti.
Il Paese ha un alto tasso di incidenza di malattie quali malaria, tubercolosi, malattia del sonno, oncocercosi, lebbra e malattie diarroiche e respiratorie. Tra queste la malaria è la prima causa di morbilità e mortalità e colpisce l’intera popolazione, in particolare i bambini sotto i 5 anni e le donne gravide. Circa il 35% di tutti i casi e il 70% di tutte le morti riportate annualmente per malaria (stimate attorno a 35.000), si verificano in bambini sotto i 5 anni.

Intervento
Nello specifico il progetto, per un impegno complessivo di 62.700 euro, consentirà:
> la riabilitazione della struttura fisica del reparto (rifacimento intonaci, partizione dove non presente, controsoffitti, pavimenti, tinteggiatura, infissi ecc.),
> l’equipaggiamento del reparto con 40 letti, comodini e materassi e 1 concentratore di ossigeno;
> l’acquisto e l’approvvigionamento di farmaci e materiali di consumo per 1 anno per il reparto di pediatria.
I lavori di riabilitazione saranno seguiti e supervisionati dallo staff di Medici con l’Africa Cuamm presente a Chiulo, composto attualmente da un chirurgo, un internista, un pediatra e un logista/amministrativo.

DONA SUBITO ricorda di scrivere nel campo causale "progetto parole di lulù"

CONTATTI
  Sede
  Medici con l'Africa
Cuamm
via San Francesco, 126
Padova Italy
t. 049 8751279 begin_of_the_skype_highlighting              049 8751279      end_of_the_skype_highlighting
t. 049 8751649 begin_of_the_skype_highlighting              049 8751649      end_of_the_skype_highlighting
f. 049 8754738
 

cuamm@cuamm.org

 

 

 

Edda CattaniUn Progetto e Musica per Lulù
Leggi Tutto

L’amore è pellegrino

No comments

 

Santuari

VIDEO CLIP

 

Cattolica 2010

 

L’AMORE  E’  PELLEGRINO:  un invito per Cattolica

 

“L’amore è pellegrino”: un titolo stimolante per una relazione  che ho tenuto e offerto a tutti gli amici del Movimento della Speranza, riuniti a Cattolica, nel bel mezzo dell’Anno Santo 2000. Chi ha avuto la ventura di leggere il programma e l’invito di quest’anno, presente in questo sito, avrà capito che il ritrovarsi a settembre ha un po’ lo spirito del pellegrinaggio.

 

Sento viva l’esigenza di parlare a tutti voi, in questi giorni di chiusura dei nostri incontri di associazione. So già che molti hanno in previsione di far visita ad un santuario durante l’estate. Io stessa ho sentito parlare di tanti gruppi di giovani che, con lo zaino sulle spalle e il sacco a pelo avvolto, si recheranno al tradizionale incontro a Santiago di Compostela.

 

Come ricordo l’anno Santo e le file dei ragazzi che si recarono all’incontro con il Papa, percorrendo la  Via Romea, quella  che, un tempo, veniva definita, come tante altre, la “strada dei romei” (i pellegrini che raggiungevano la città santa).

 

Mentre stiamo ultimando la spedizione dei programmi, mi sono sentita un po’ “romea” anch’io ed ho pensato che fossero, come me, pellegrine d’amore, tutte le madri che vanno alla ricerca di un segno del loro Figlio perduto. Ho approntato per questo il file-video sui Santuari per far vedere come ognuno abbia un proprio Santuario ove recarsi, come il mio è quello che vedrete nelle ultime DIA di questo inserto.

 

 

 

 

 

 

 

     Ma ritorniamo alle nostre considerazioni: il pellegrinaggio è uno dei grandi segni giubilari, teso a sottolineare il fatto che ‘l’uomo appare nella sua storia secola­re come homo viator, un viandante assetato di nuovi orizzonti, affamato di pace e di giustizia, indagatore di verità, desideroso di amore, aperto all’assoluto e all’infinito’ (così recita la nota n.24 del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, a proposito del pellegrinaggio del Grande Giubileo del 2000).

 

Perché mai, allora, tutti noi, anche quest’anno, non sentirci  “pellegrini”?  Come le storie di grande suggestione, vissute e poi raccontate con freschezza e vivacità dai giovani che si ritrovarono a Roma nella spianata di Tor Vergata, possono diventare espressione di au­tentico amore a Dio e ai fratelli, così, anche noi abbiamo  bisogno di raccontare, di parlarci di meravigliosi eventi, di ringraziare Dio che, ancora una volta, ha voluto farci un dono straordinario che risponde al mio “timido invito”, a compiere quell’atto di amore, generatore d’amore che è il nostro pellegrinaggio a Cattolica.

 

Cattolica dunque un santuario? Cattolica luogo delle apparizioni? Ebbene sì e mi si perdoni la presunzione di volere dichiarare che a Cattolica si incontrano le immagini più sconvolgenti della sofferenza, dichiarata e non, della riconoscenza a Dio per averci soccorso, della fratellanza nel conforto dei bisognosi, dei derelitti del cuore e dello spirito, degli afflitti dimenticati e lasciati a crogiolarsi in un dolore che solo chi ha potuto provarlo può vi si può riconoscere.

 

Cattolica dunque, voluta da chi ci è passato e ha ritrovato un motivo per rigenerarsi, per rinnovare la Fede in Dio, per praticare la virtù della Speranza che, come dice il Manzoni “conforta e consola”.

 

«Voglio cercare l’amato del mio cuore!» Con queste e simi­li parole, la sposa del Cantico dei Cantici (3,2) esprime tutta l’ansia dell’anima in cerca di Dio. Così, almeno, le intendono alcuni antichi e moderni commentatori della Bibbia.

 

Chi ama desidera sopra ogni cosa stare con la persona amata, e quando ne è lontano si mette sulle sue tracce, cerca tutto ciò che la ricorda. Così è di ogni persona di fede nei con­fronti di Dio, come aveva ben compreso Sant’Agostino, se è arrivato a scrivere: «Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

 

 

      

 

 

  Ricordo con velata malinconia, i momenti felici del parto… quegli attimi indimenticabili nei quali un medico o un’infermiera, dopo i momenti del dolore, levò in alto la mia creatura tenendola per i piedini dicendomi: “Ecco, questo è suo figlio! E’ bello e sano!” In quel momento guardai  con stupore e meraviglia l’opera sublime della creazione divina nella mia carne e, umilmente, ringraziai Dio per avermi resa partecipe di un disegno tanto importante. A chi mi chiedeva, anche dopo vari anni,  quale fosse stato il momento più bello della mia vita, indicavo quello, in assoluto.

 

Nei giorni scorsi il giardiniere ha tagliato la pianta, ormai grande albero, che il mio Andrea, piccolo fanciullo, aveva messo a dimora e visto crescere. Qualche mese fa un fulmine l’aveva colpita, bruciandone gran parte e destinandola all’abbattimento. Ho pensato che anche questa ultima immagine se ne andava con il tempo felice del mio ragazzo.

 

Nel corso turbinoso degli eventi accade, può accadere, infatti di essere colpiti da un fulmine a ciel sereno e di ritrovarsi all’improvviso, senza quell’essere tanto amato e ricevuto in comunione con Dio e di avere poi, forse, travolti dagli eventi, rinnegato Dio stesso, accusandolo di non averci protetti. Eppure niente, lo dicono anche le leggi della fisica, nulla può andare perduto. Qualcosa doveva riportarmi a quel Dio a cui ho indirizzato i miei “perché” rimasti senza risposta; il solo che poteva soccorrermi  nella vicenda tragica della mia storia personale.

 

Nel corso dei secoli, l’inquieta ricerca di Dio si è tradotta tante volte nell’andare là dove, in qualche modo, Dio appari­va meglio percepibile: vale a dire, la ricerca è diventata pelle­grinaggio a un santuario. Qui, un’apparizione, un’antica tra­dizione, una reliquia, insomma qualche segno di Gesù, o di sua Madre, o dei santi suoi amici, può parlare al cuore. E al­lora, come per chi sale sui monti alla ricerca dell’aria più fine, nel santuario per un poco si placa il segreto bisogno dell’ani­ma, che può respirare liberamente e ristorarsi, prima di ri­prendere il cammino della vita.  

 

 

 

Cattolica rappresenta  tutto questo. Arriveremo da tante parti d’Italia perché ci è stato detto che avremmo trovato conforto.  Si arriva così, a Cattolica, la prima volta e ci si butta nelle braccia del primo fratello che ci dice: “Tuo figlio è qui!” “Ma dove?”, diciamo noi.

 

E’ qui, madre, vicino a te. Non lo vedi… allora ti hanno illuso, sono tutte frottole, elucubrazioni del cervello, fantasie dell’inconscio? Fai un atto di Fede autentica; occorre solo questo: tuo figlio è qui con te, come lo è Dio stesso. E’ qui presente sopra di te, è nell’aria che respiri, è nelle cose che ti dice di fare, è, con tanti altri, in attesa che tu lo raggiunga in quella dimensione in cui, liberi da lacci potrai vedere e conoscere la ragione delle cose.

 

Non te l’hanno detto in Parrocchia, non ti è stato vicino un sacerdote? Non sa che cosa si è perduto. Tu, madre di un figlio travolto innanzi tempo, avresti potuto raccontargliene tante e se non ti ha ascoltato, non sa cosa si è perso!

 

E allora iniziamo insieme questo pellegrinaggio, un pellegrinaggio, dunque, come segno del nostro amore per Dio. Con sorpresa la riflessione che stiamo facendo favorisce la scoperta che quell’atto d’amore è solo una risposta, perché chi ha preso l’iniziativa in realtà è stato il Signore, “ospite e pellegrino in mezzo a noi” come lo chiama la litur­gia. Egli ha preso l’iniziativa di venire alla ricerca dell’uomo, mettendogli in cuore il desiderio profondo di incontrarlo.

 

«Tu ci hai fatti per te…».

 

Il pellegrinaggio, allora, come risposta d’amore all’amore di Dio per noi. Dobbiamo farlo per noi stessi e dobbiamo farlo perché ce lo chiedono i nostri figli. Il loro è un messaggio e un invito alla fede autentica e alla speranza vissuta come testimonianza.

 

 Ma il cerchio non si esaurisce qui: simile al sasso nello stagno, l’amore si espande in cerchi via via più larghi. Eccolo allora, l’amore come motivazione di chi favori­sce il pellegrinaggio, lo rende possibile e fruttuoso: basti pen­sare a quanti un tempo offrivano gratuita ospitalità ai vian­danti, a quanti anche oggi assistono i malati di Lourdes o pre­stano accoglienza, in tante forme diverse, presso ogni santua­rio.

 

Questo siamo tutti noi e in questo si identifica il nostro Movimento. Siamo noi che ci premuriamo di soccorrere i genitori afflitti, colti all’improvviso da un evento ineluttabile. Siamo noi che andiamo a porgere parole di conforto, quando coloro che dovrebbero essere dediti alla pastorale, vengono a mancare. E’ vero che ci affacciamo alle porte con un “messaggino” in mano, ma non lo facciamo per ricavarne benefici, per raccogliere nuovi adepti, per passare per una sorta di “santoni”. Lo facciamo perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle la stessa esperienza e sappiamo come ci si sente e quale beneficio si trae da chi sa esserci vicino con umile partecipazione.

 

 Eccolo anche, l’amore, come frutto del pellegrinaggio: tor­nato a casa dopo averlo sperimentato e compreso, il pellegri­no consapevole non può non tradurlo nella vita quotidiana, nella realtà che lo circonda, nel mondo in cui vive, nelle infi­nite diverse situazioni che lo sollecitano.

 

 

Le relazioni che quest’anno offriamo ai partecipanti trat­tano dell’amore provato, dell’evento del dolore in qualche modo legato al camminare per fe­de, al pellegrinaggio. Ma ci sarà motivo anche di guardare oltre, ai nostri tanti progetti delusi e anche alla vita che va avanti, ai nostri piccoli nati, ai grandi eventi.

 

A questo ho pensato ed anche che, quando ci si muove come atto di fede, per supplicare Dio e chiedergli, con nostro figlio, di incontrarlo, si rende possibile proprio a tutti, compiere quell’atto d’amo­re, generatore d’amore, che è il pellegrinaggio: un atto, in cui tutte le  storie delle madri pervenute a Cattolica si manifestano.

 

 Noi occi­dentali concepiamo il pellegrinaggio come il lasciare per bre­ve tempo la vita consueta per recarci, come abbiamo detto, a un santuario, dove “ri­caricarci” spiritualmente per poi, tornati a casa, riprendere la vita di prima con una maggiore fedeltà al Vangelo.

 

Non è così invece per i credenti d’oriente, tra i quali si svi­luppò un tempo l’idea del pellegrinaggio come forma esisten­ziale. In altre parole, c’era chi decideva di fare il pellegrino “a vita”, andando di santuario in santuario fino a quando le for­ze lo consentivano.

 

Oggi, abituati a pellegrinaggi che somigliano più a una vacanza (mezzi di trasporto comodi e veloci, alberghi confor­tevoli, organizzatori e accompagnatori che liberano da ogni preoccupazione, sosta al santuario ma anche visita a bellezze naturali o artistiche), non ci rendiamo conto di com’erano quelli di un tempo.

 

Pensiamo allora a un uomo del Medio Evo, per penitenza deciso a recarsi in un luogo sacro distante anche solo cento chilometri, che oggi si percorrono in un’ora di automobile. Eb­bene: anzitutto quell’uomo faceva testamento, perché non sapeva se sarebbe tornato a casa; partiva infatti, da solo, a piedi, portandosi qual­che soldo, ma confidando soprattutto nella carità del prossi­mo per avere lungo la strada un piatto di minestra e un giaci­glio per la notte, almeno riparato da un portico; soggetto poi ai rischi di briganti e imbroglioni, ai rifiuti spesso sgarbati degli insensibili, alle intemperie, alle malattie…

 

Decisamente, un tempo i pellegrinaggi non erano uno scherzo. Se qualcuno si decideva a compierli e ci risulta che erano in tanti a farlo era proprio per fede. Esporsi poi a questa vita per tutta la vita, era proprio da eroi.

 

Ma perché, quali ragioni anche di fede potevano indurre a farsi perenni pellegrini? Una risposta viene da una bella espressione della liturgia: «Ogni giorno del nostro pellegri­naggio sulla terra è un dono (o Signore) del tuo amore per noi e un pegno della vita immortale».

 

La vita, in altre parole, è un dono di Dio che ci manda nel mondo come pellegrini, cioè come abitanti provvisori, perché la nostra vera patria, stabile e definitiva, non è qui. E’ impor­tante ricordarlo, per comportarci di conseguenza: senza attac­care il cuore  a ciò che presto o tardi dovremo lasciare. Il pellegrinaggio con il suo lasciare sia pure temporaneamente cose e persone care, vuole ricordarci questo; il pellegrinaggio, inteso come forma di vita, pone il distacco dal mondo e l’anelito alla vita eterna come valore primario, come il quadro d’insieme in cui vivere tutti gli altri valori del Vangelo.

 

Ho sentito tante madri dichiarare: “Se non fossi stata colpita da questa sventura non avrei amato tanto l’umanità sofferente” oppure “Quanto ho perduto, ma quanto mi è stato dato!” Tutto questo non è dei santi quelli che sono sugli altari, ma è la santità spicciola, quella del quotidiano, quella che diviene “talento”, quello della parabola, che è ricchezza nelle mani di coloro che lo sanno bene impegnare. Da questo consesso, in questa platea noi gridiamo forte il nostro impegno, lo facciamo in nome dei nostri Figli, i Ragazzi di Luce che ci invitano a farlo, “Impegnati  , essi stessi, nell’impegno!” e … mi si perdoni la  ridondanza.

 

Tutto questo, sia chiaro, non ha nulla a che vedere con chi specula sulla sofferenza, con lo spiritismo di antica maniera che si pratica in luoghi chiusi e misteriosi, con la medianità prezzolata ed esclusivista. Noi madri pellegrine siamo dotate di una generosità smisurata, viviamo nella mortificazione e nella preghiera ed il dono che abbiamo di ricevere le comunicazioni con i nostri figli, non lo teniamo all’ombra di cerchie ammuffite e incancrenite, ma lo gridiamo sui tetti, come dono e riconoscenza a Dio stesso.

 

Il Movimento della Speranza, nel suo vero e autentico spirito, va avanti comunque, malgrado resistenze e delusioni; la sua opera ha già conseguito risultati di portata storica, dentro e fuori la Chiesa, ma, e il Papa lo sa benissimo, se il Duemila era il suo traguardo personale e per la Chiesa solo una tappa, il pellegrinaggio nostro che della chiesa facciamo parte, continua nel tempo, per tutti coloro che si gloriano di essere cristiani.                                                           

                      Arrivederci a Cattolica!!!                                  

 

  (Edda  Cattani)

 

 

 

Edda CattaniL’amore è pellegrino
Leggi Tutto

La “parapsicologia umanistica”

No comments

Ancora sui fondamenti della parapsicologia umanistica

 

Corrado Piancastelli

 

               

 

         Tonino, un grande amico mio e del CIP e tra i  primi ragazzi che intorno al 1945 formarono il mio primo avventuroso "gruppo", mi scrive da Parma una lettera, concernente la parapsicologia umanistica, che mi offre l’opportunità di chiarire a tutti alcune cose. Dice Tonino (riassumo): nella parapsicologia tradizionale (materialistica o spiritualistica) c’è stato un preciso approccio alla fenomenologia attraverso un metodo che ha portato a certe conclusioni sui fenomeni stessi, o pseudo tali, secondo le linee di tendenza delle singole scuole di pensiero.   

       Invece nella parapsicologia – dice sempre Tonino – non sembra esservi un metodo pratico se non quello filosofico e constatativo dei fenomeni che a questa disciplina si iscrivono, discettando su una branca fenomenologica indimostrabile sul piano pratico. Sarebbe tuttavia esaltante se attraverso un metodo si potesse dimostrare che la  creatività, l’illuminazione, ecc. fossero realmente i segnali dell’Anima.

            Questa, in sintesi, la lettera del mio amico, alla quale cercherò di rispondere nel più breve spazio disponibile.

Punto primo:  l’esame del paranormale, applicato ai fenomeni fisici è pur sempre stata una ricerca sugli aspetti fisici dei fenomeni stessi, perchè la natura o l’origine "altra" di un fenomeno non può essere dimostrata in laboratorio. Il metodo scientifico riconosce soltanto il rapporto causa-effetto e non altro. La causa, quindi, è sempre stata, in parapsicologia, al di là della Natura conosciuta e le leggi che regolano i fenomeni paranormali (se rigorosamente accertati tali) non rientrano nel metodo scientifico che il mondo della scienza si è dato da Cartesio in poi.

            Se ne deduce che i tentativi, finora escogitati, di provare l’esistenza del mondo spirituale (con o senza la presenza dell’Anima individuale) erano (e sono) votati al fallimento perchè nessuno studio di fenomeni fisici che ricadono sotto i sensi e le apparecchiature di rilevamento, controllo e analisi, potrà risalire – osservando il solo porsi del fenomeno – al mondo spirituale.

          Tra l’altro è anche necessario sottolineare che tutti i tentativi "spirituali", di autenticarsi nel fenomeno, cozzano contro il principio stesso del fenomeno, il quale come tale appare sempre denotato in modo materiale. Tutti i filosofi e i teologi sono sempre miseramente falliti di fronte a questo irrefutabile riscontro.

            La parapsicologia classica, ripetendo l’errore della vecchia metapsichica, per conferirsi una identità pseudo-scientifica si è votata al solo studio dell’apparire e non dell’essere, privilegiando la casistica e l’aneddotica. In tal modo si è occupata di apparizioni, di premonizioni, di fenomeni fisici, di trance fisica, di telecinesi, di medium ad effetti fisici, cioè di una gamma di fenomeni visibili supponendo di provare, attraverso ipotesi di lavoro, l’esistenza di una causa spirituale.

            Se ne è avuta un’ultima prova nella discussione, recentissima, sulla rivista del CSP di Bologna, tra il prof. Granone e me. L’illustre scienziato torinese accetta le ricerche sulla mia medianità ma confuta le conclusioni sulla natura spirituale dell’Entità A.

            Il passaggio, cioè, tra una verifica dei fatti e una causa non umana, per la scienza, è ancora da dimostrare. Così stanno i fatti nell’attuale cultura cosiddetta ufficiale.

            La parapsicologia umanistica, nella mia impostazione,  non esclude affatto l’analisi del fenomeno (ci mancherebbe!), ma restituisce al termine "fenomeno" il significato dell’essere; vale a dire che per noi c’è il phainòmenon, da phàinesthai, che significa, sì, l’apparire ma soltanto, husserlianamente, se questo apparire rappresenta l’in-sè della cosa che appare. Detto in altro modo meno tecnico, il "phainòmenon" ci interessa se coincide con il suo essere, poichè se non c’è questa identificazione il fenomeno resta fenomeno, e l’essere vi resta separato e dunque il primo non può risalire al secondo che resta, kantianamente, un noumeno, cioè cosa in sè irriconoscibile. Non c’è alcun dubbio che se il supporto "spirito" potesse manifestarsi, cioè la natura substanziale che possiede, noi, come uomini, non potremmo e non sapremmo riconoscerlo: anzi non lo vedremmo affatto.

            Questa è, a mio avviso, una delle necessarie premesse dell’intero discorso.

            Da qui alla parapsicologia umanistica il passo è brevissimo.

            La coscienza alta dell’uomo si mostra (come fenomeno) attraverso il suo porsi (nella scena evolutiva della vita), solo laddove produce un surplus fenomenico o plusvalore proprio in senso marxiano.

            Cos’è il surplus?  Se da un atto creativo dell’uomo l’effetto prodotto non è solo puramente meccanico e deterministico, cioè non realizza soltanto merce/ prodotto o riutilizzazione socio-economica, vuol dire che c’è un surplus, un plusvalore, tra l’altro dimostrabile: infatti l’evoluzione degli individui o generale del mondo è il risultato non degli atti sociali e umani, o semplicemente della loro sommatoria, ma dal generarsi di questo plusvalore che produce etica in movimento-accrescimento esponenziale, evoluzione e cambiamento: cioè ricchezza conoscitiva ed esperenziale non direttamente proporzionata alla causa che ha generato il movimento. Si pone in atto, cioè,  un demoltiplicatore come cassa di risonanza in cui il rapporto causa-effetto cessa di esistere in senso meccanico.

          Così come marxianamente il valore dell’uomo non coincide col lavoro, perchè c’è un plus-valore irriconosciuto, così l’attività spirituale o etica non è il risultato delle attività dei neuroni (essendo questi di origine materiale) e costituisce proprio quel surplus che io considero l’espressione di un sottosistema non collegabile alla mente, l’Anima cioè.

            E’ chiaro che, a questo punto, io mi vada ora a ricercare tutti quei denotatori che danno corpo al surplus, perchè essi mi diventano automaticamente i segnali di quell’Anima di cui cerco la dimostrazione.

            In un certo senso io lavoro sulle differenze, sugli scarti. Contemporaneamente, poichè queste differenze sono visibili (e dimostrabili), esse rappresentano il phainòmenon in cui la cosa che si mostra è lo stesso essere che si dà all’osservatore esterno.

            Ora, se la differenza tra la natura animale di cui siamo dotati (nel rapporto causa-effetto) e la natura creativa che abbiamo mostrato di possedere nel corso della storia (lo scarto), il plus-valore è un segnale solido che ci differenzia definitivamente dalla materia dei neuroni, allora questo segnale è implicitamente deducibile: forse non sperimentalmente, si capisce, ma sicuramente storicamente. E se la storicità è parte del processo conoscitivo – e dunque ha valore statistico – ne consegue che, concettualmente, il processo storico-statistico ha funzione di verità scientifica al pari delle prove di laboratorio.

            Creatività, intuitività, libertà, simbolizzazione, ecc.  non sono, poi, astrazioni filosofiche, ma precise qualità della Persona umana osservabili e provabili attraverso le scienze del comportamento. La psicologia, comunque,  si limita a descrivere le funzioni, ma non le cause di queste tipologie. Per esempio dell’intuizione dice che è un fenomeno percepibile esterno (empirico) o interno (di natura metafisica); per la creatività, che si tratta di una prestazione lontana ed estranea all’Io che si produce in modo autonomo e non conformista; per l’ispirazione si scomoda una personalità secondaria inconscia dotata di "alta potenza creativa" che si esprime in condizioni poco note dando luogo a prestazioni e conoscenze singolari; confuso è, poi,  il significato di simbolizzazione, almenchè non si tratti di simboli con precisi riferimenti  (la croce, la bandiera, la patria, il sacro, ecc., o simboli come quelli corporei, dei sogni, dei comportamenti verbali individuali o collettivi). Altrettanto complesso è il significato di "immaginazione" vista anche come non dipendente dall’esperienza sensibile tanto che gli antichi la ritenevano originata dall’alto, tranne Aristotele che la considerava legata alle sensazioni nel senso di un proseguimento dell’attività dei sensi, mentre per Plotino si tratta di un momento dell’Essere al pari dell’Anima. All’immaginazione si lega più precisamente l’immaginario (Lacan) che, ad esempio nell’interpretazione di Sartre, è la facoltà della coscienza di trascendere le cose. Nell’immaginario ricadono i miti, i simboli onirici, la creatività poetica. Ma, anche qui, ci sono distanze da prendere perchè la scienza rinuncia a trovare le cause, occupandosi di percorrere le strutture differenziate con cui l’immaginario si presenta. Bachelard, invece, riconosce all’immaginario una funzione complementare allo spirito scientifico, mentre con Lacan esso avrebbe la sola funzione di liberare immagini false da riconoscere attraverso la fase dello specchio.

            Si potrebbe continuare a lungo – peraltro difficile per i non addetti – su questa strada che ho voluto mostrare al nostro Amico (ed a quanti la pensano nello stesso modo) per spiegare che in parapsicologia umanistica non ci arrampichiamo affatto sugli specchi, ma stiamo fondando una metafisica scientifica che abbraccia le neuroscienze e la filosofia, ma non la teologia dove Tonino sospetta che noi si vada a finire separandoci dalla scienza dei fenomeni.

            Dimostrare che tutti questi fenomeni appartengono decisamente all’Anima, sicuramente non sarà facile (se riuscissi a farlo mi darebbero il Premio Nobel!), ma personalmente penso (e Andrea mi dà ragione) che è questa la strada da percorrere: essa parte dall’uomo e non viene dall’alto. Tuttavia, paradossalmente, è l’alto che si mostra nel "fenomeno della vita" e si mostra con segni spuri legati alla struttura dell’Anima che devono essere riconosciuti e interpretati a condizione che si smetta di pensare che siamo corpi in cui abitano le anime, ma che siamo Anime in cui abitano i corpi.

      E’, anche questa, la lezione dell’Entità A.

                                                                           

 

 

 

 

 

CORRADO PIANCASTELLI

 

Corrado Piancastelli, (Napoli), è scrittore, poeta e saggista impegnato su temi metafisici e psicologici concernenti sia l'esistenza e il divenire dell'Essere, che sulla fondazione del soggetto partendo dalla fenomenologia, dalle neuroscienze e da esperienze personali soggettive.

Piancastelli è nato, culturalmente, come critico letterario ad orientamento psicoanalitico occupandosi della lettura psicoanalitica del testo e successivamente della teoria e della pratica delle procedure psicoterapeutiche e delle modificazioni sociali. E' stato docente all' Università Popolare, ha collaborato con " La Fiera Letteraria" e nel 1958 ha fondato e diretto ( fino all'80) la prestigiosa rivista "Uomini e Idee" a cui collaborarono scrittori, critici, artisti e scienziati di livello internazionale. "Uomini e Idee" ha ripreso le pubblicazioni nel 1997, sempre con Piancastelli come direttore. Da tale data la Rivista si occupa definitivamente di neuroscienze, di filosofia e di stati modificati di coscienza.

Piancastelli ha creato, nel 1980, anche una Fondazione scientifica ( ISUP – Istituto di Socio-psicologia Umanistica e Psicoterapia ) di cui è presidente, fondando contemporaneamente una comunità per tossicodipendenti . Organizza, sia con la Fondazione ISUP che con l'Associazione "Uomini e Idee"(che gestisce l'omonima rivista), convegni, seminari di studio e di ricerca intorno a problemi esistenziali di ricerca dell'interiorità e di proposte per la messa a punto di una epistemologia della soggettività su basi scientifiche e filosofiche a partire dal problema della coscienza e dalla rifondazione di un neo umanesimo rivisitato dalle neuroscienze.

E' autore di una quindicina di libri e di centinaia di saggi. Ha anche diretto la rivista di psicoanalisi "Quaderni Reichiani"; ha collaborato, a suo tempo, oltre alla Fiera Letteraria, anche a "La Nuova Sardegna" ed ha tenuto rubriche di psicologia su "Il Mattino" di Napoli e per radio. Tiene conferenze in tutto il Paese ed è seguito da un vasto pubblico.

Due volte "Premio Cultura" della Presidenza del Consiglio dei Ministri; finalista ad un "Viareggio", Premio "Bagutta" Giornalista del mese.

 

prodena@libero.it

Edda CattaniLa “parapsicologia umanistica”
Leggi Tutto

Le campane tibetane

No comments

 

Oggi, alla nostra riunione a.c.s.s.s. abbiamo, tra l'altro, avuto il piacere di ospitare due giovani che ci hanno accompagnato ad una meditazione con il suono delle  "campane tibetane"; una sensazione meravigliosa di cui mi piace approfondire il significato.

 

 

 

Le Campane Tibetane (Singing Bowls)

Una pratica per la terapia del suono consiste nell’uso delle Campane tibetane. Esse sono ottenute dalla fusione di sette metalli, ciascuno dei quali rappresenta un pianeta. Sembrano, a prima vista, delle ciotole di metallo e riproducono la calotta cranica, parte anatomica importante nella cultura sciamanica. L’uso delle campane tibetane è sempre più diffuso in occidente ( riproduce la vibrazione creatrice primordiale OM ) in seno ai cultori delle filosofie orientali, che ricercano, nella meditazione e nella musicoterapia il raggiungimento dell’armonia dell’uomo con quanto lo circonda. Le campane tibetane producono quindi suoni in armonia con le vibrazioni delle sfere celesti e trasmettono queste vibrazioni a chi le ascolta. Questo fenomeno si chiama in termini tecnici, “concordanza di fase” ed è lo stesso che mettere 2 pendoli uno accanto all’altro: dopo un certo periodo di tempo iniziano a seguire lo stesso ritmo, come due onde che tendono a unirsi e a vibrare all’unisono. Grazie a questo fenomeno si creano delle forti vibrazioni massaggiando in profondità il corpo fisico ma anche i corpi più sottili. Si viene così a creare una concordanza di fase che produce di solito uno stato di profonda quiete interiore ed esteriore che può andare ben al di là del semplice rilassamento, fino a giungere alle onde teta e delta degli stati meditativi più profondi.
I suoni delle campane tibetane quindi stimolano un processo di auto guarigione e di armonizzazione.
Quando il corpo ritrova le proprie frequenze armoniose, ritrova la salute ed il benessere. Le Campane Tibetane producono suoni in armonia con le vibrazioni cosmiche risvegliando e rimembrando qualcosa che c’è già dentro all’essere umano. Solo che è molto in profondità e lo spesso strato che si è accumulato in superficie non ha fatto altro che allontanarsi da quel suono originale portando uno stato di “non accordatura”, quindi stonatura e dissonanza. Le vibrazioni delle campane tibetane dunque accordano e sintonizzano l’individuo nell’orchestra sinfonica del cosmo sostenendo una condizione di prolungato benessere.
Questa vera e propria terapia del suono, potrà donare effetti benefici soprattutto per il sistema nervoso centrale; poiché questi suoni portano il cervello a lavorare prima su onde alfa e poi su onde theta si possono riscontrare benefici per tutti i problemi di insonnia e irritabilità.
I suoni prodotti agiscono anche a livello mentale, infatti le onde meccaniche prodotte dal suono vengono percepite dalle onde elettromagnetiche cerebrali influenzandone la frequenza e gli stati di coscienza collegati. Questi suoni inducono un rilassamento profondo che interviene in aiuto allo stato di benessere personale dell'individuo riequilibrando ed energizzando il corpo dove necessario. Ricevere i suoni rimanendo aperti e ricettivi, permette di accettare meglio se stessi e gli altri, abbassando i livelli di stress e rendendoli più accettabili.
L'ascolto di queste frequenze, consente di rallentare alcuni ritmi vitali con la conseguenza di migliorare la percezione del proprio corpo, che a poco a poco diventa in grado di sentire il passaggio dallo stato di malessere a quello di benessere.
Le principali applicazioni che ha questo tipo di pratica sono: stimolare l'energia vitale, indurre il rilassamento, combattere l'insonnia, migliorare la concentrazione, sincronizzare l’emisfero destro e sinistro del cervello ed aumentare la creatività.
 
  Il Massaggio Sonoro è indicato per:
– Rapido raggiungimento di uno stato di profondo rilassamento
– Eliminare progressivamente stati di  nervosismo, ansia, angoscia
– Energizzare ed armonizzare il sistema bioenergetico
– Rinforzare le forze di autoguarigione
– Equilibrare i chakra 
– Risolvere i più comuni disturbi del sonno
– Rilassare e tonificare la carica psicofisica
– Creare maggior silenzio interiore e predisposizione alla meditazione
 

 

Edda CattaniLe campane tibetane
Leggi Tutto

Relazioni convegni 2010-2011

No comments

RELAZIONI CONVEGNI 2011

 

Convegno Internazionale di Ricerche Parapsichiche e Bioenergetiche

In  Bellaria  (Rimini) Aprile 2011 

 Riceviamo da Maria Pizzolitto che ringraziamo per il contributo.

Anche quest’anno il convegno di Bellaria, con  intense giornate di relazioni,  ha offerto una grande occasione di crescita e di apprendimento,  in quelle che sono le tematiche esistenziali  e metafisiche.

Sono alla mia seconda esperienza a Bellaria e devo dire che , anche questa volta,  non c’e’ stata tematica o  relatore che non mi abbia lasciata appagata e riempita di conoscenze affascinanti, illuminanti e  sempre nuove. Nuove perche’,  anche se certe tematiche di base si conoscono, ogni relatore sa portare qualcosa di suo, la propria esperienza , la propria consapevolezza  e spesso il proprio entusiasmo, che come ben sappiamo, e’ contagioso, quando si parla di nuovi indizi, nuove scoperte,  nuove conquiste,  nuove sensazioni,  percezioni e modi di stare nella vita, se  ad essere interessato non e’ soltanto il nostro corpo fisico, ma riguarda soprattutto la nostra anima, il nostro spirito e di conseguenza la nostra vita futura nell’oltre.

I relatori,( ricercatori,  sperimentatori, fisici, scienziati , docenti, guaritori , medici, giornalisti, formatori ecc. ,di fama nazionale ed internazionale) ci hanno fatto capire come percepire il Divino dentro di noi, come lasciarsi sorprendere dal  trascendente, al fine di  poter  assaporare  quell’Aldila’ …non poi cosi’  lontano, gia’ qui ed ora. Hanno fatto presente  quanta capacita’  di guarigione, di benessere e di felicita’, possiamo trovare dentro di noi. Ci hanno resi edotti di quanto siamo interconnessi con tutto cio’ che ci circonda, di quanto possiamo influenzare l’ambiente e  l’intero  cosmo  con il nostro pensiero, con le nostre azioni. E soprattutto di come ci si auspica un cambiamento di questo nostro mondo malato, verso una nuova era, dove una diversa  e piu’ consapevole spiritualita’ possa debellare cio’ che di negativo esiste e resiste.

Sono messaggi positivi anche per tutte quelle persone che hanno incontrato difficolta’ e sofferenze nella vita. Soprattutto sofferenze dovute a malattie , travagli e  perdite di persone care. Ecco, devo dire, come ho gia’ avuto  modo di sostenere,  particolarmente  in questo convegno,  le tematiche del dolore vengono sfiorate per poi  lasciare  spazio  alla speranza, alla fiducia in se stessi, all’autostima, alla voglia di rimettersi in gioco, di perseverare,  anche quando la vita ci ha bastonati. Con tutte queste argomentazioni che sembrano mirate ,  affinche’ ognuno possa  riprendere in mano la propria vita, non resta poi che mettervi qualcosa di proprio  per  riuscire nell’intento, che puo’ essere la buona volonta’,  l’impegno, ma soprattutto  credere che migliorare e cambiare si puo’.

Parecchi giovani spettatori erano  presenti al convegno. Non si puo’ che essere  felici di questo ricambio generazionale , che   ci induce a sperare  che,  questi giovani , dopo  aver fatto il pieno  di tanta  positivita’ , ricchezza  e conoscenza di argomentazioni,   possano poi  essere   fautori di quel cambiamento che noi tutti auspichiamo , per una vita migliore, per un mondo migliore ,… per un percorso  con obbiettivi di pace e di altruismo,… che non possono che spianare la strada ,  verso quel traguardo finale  di gioia e di amore, che attende ciascuno di noi.

 

Maria Pizzolitto

 

RELAZIONI  2010  

SEMINARI CONVEGNI CONGRESSI

Convegno del 24 ottobre 2010: “Oltre il muro d’ombra: legami invisibili tra di noi e col Padre”

 

Qualche ora insieme per alleggerire un po’ il cuore dalla sofferenza di un lutto o dal peso di qualche grande domanda esistenziale: questo l’obiettivo che l’Associazione “Semi di Speranza”, guidata da Armanda Venchiarutti, si è data nell’organizzare il breve convegno che si è tenuto domenica 24 ottobre presso l’Editrice Segno a Feletto Umberto, in periferia di Udine.

Cosa c’è al di là dell’orizzonte ultimo della vita terrena? La presenza di Dio, come altri incontri precedenti hanno già affermato, ma anche una rete di relazioni che l’amore rende indistruttibile al di fuori e al di sopra delle categorie umane di spazio, di tempo, di fisicità. Questo il significato del titolo “Oltre il muro d’ombra: legami invisibili tra di noi e col Padre”, che gli organizzatori  hanno scelto, prendendo a prestito una metafora poetica di Giuseppe Ungaretti, per anticipare di qualche giorno una riflessione non confessionale, ma comunque profondamente spirituale, sul significato delle festività dei primi di novembre e in particolare sulla Comunione dei Santi.

L’argomento è stato sviluppato sotto diverse angolazioni dai relatori che sono intervenuti all’incontro.

Il dott. Alessandro D’Orlando, di Udine, psicologo clinico e psicoterapeuta, ricercatore nell'ambito del funzionamento della coscienza e del rapporto dell'essere umano con la dimensione spirituale dell'esistenza, ha incentrato la sua esposizione sul tema “Campo di coscienza che illumina”, illustrando le modalità di relazione esistenti tra i componenti di una famiglia, viventi di qua o di  là del “muro d’ombra”, e spiegando come sia possibile prenderne consapevolezza, a scopo anche terapeutico, secondo l’esperienza da lui stesso maturata dal 2004 ad oggi quale conduttore delle cosiddette “Costellazioni familiari”.

Don Gabriele Gastaldello, sacerdote di Vicenza, laureato in filosofia all'Università di Padova con dottorato di ricerca sull'umanesimo induista all'università di Benares (India), ha trattato “Gesti, riti, ritmi che danno sapore alla vita”, un intenso momento di riflessione in cui ha fatto convivere efficacemente le risorse umane e spirituali della cultura orientale e di quella occidentale. Portando la sua esperienza di animatore della "Scuola del Villaggio", una “scuola” di vita e di saggezza dove si impara attraverso la reciprocità dei saperi, ha mostrato come l’uso quotidiano di parole, piccole procedure personali, atteggiamenti, pensieri orientati verso modelli positivi possano aiutare ad impostare la vita in modo pieno e sereno anche nella difficoltà del lutto.

La dott. Rossana Franzon, medico, ha invece riferito su Riflessioni di una esperienza di vita e di amore”. Prendendo le mosse da un proprio vissuto di lutto, la relatrice ha analizzato lucidamente i vari momenti attraverso i quali, a piccoli passi, talvolta faticosi, cui bisogna comunque accedere soltanto per libera scelta, è possibile dare significato alla sofferenza e costruire una propria identità più matura e più consapevole, oltre che fiduciosa.

Come già in altre occasioni, non è mancato al convegno il contributo di una coraggiosa testimonianza personale: questa volta si è trattato di quella di Daniela Tibalt Di Barbora, una mamma che, dalla perdita prematura del figlio, ha dovuto affrontare insieme al marito altre durissime prove, ma ha anche acquisito la certezza della presenza di Dio e del suo amatissimo Alessandro a sostegno di un cammino difficile, ma serenamente sostenuto dalla fede e dalla speranza.

Temi di grande profondità e coinvolgimento, quindi, quelli trattati nell’arco di un pomeriggio: “semi di speranza” gettati a pochi giorni dalla più impegnativa riflessione che ciascuno porta in cuore nella visita ai propri Cari, nei cimiteri. Il numeroso pubblico presente ha mostrato di seguire, comprendere, partecipare anche attraverso domande mirate, cui i relatori hanno dato puntuali risposte. Per l’associazione “Semi di Speranza” tutto ciò è una buona premessa per continuare a praticare la strada di questi appuntamenti, puntando sempre sulla presenza di sacerdoti e relatori di grande serietà e sensibilità.

 

Mirella Comino

per il gruppo “Semi di Speranza”

 

Da Adriana Scaficchia

www.cerchioverde.net/relazione_del_23-24Ottobre2010perFossoli.htm

 

 

 

 

 

 

 Riceviamo da Adriana Scaficchia del "CERCHIO VERDE" di Mestre

 

Convegno di Sondrio del 25-26-27 Giugno 2010.

   “ Oltre il visibile “ Esperienza , scienza e fede “.

 

Giovedì 24 ore 18-30 arrivate  alla stazione di Sondrio siamo state accolte con amorevole cordialità da Fabrizio , organizzatore del convegno , assieme alla moglie Silvia , genitori di Valentina diventata un Angelo di Luce .

 

La gente che   partecipava a questo convegno non sapeva nulla della metafonia anzi anche solo a parlarne ne aveva paura .

 

Venerdì 25- nella mia relazione  raccontai  come iniziò  questo cammino di conoscenza e di consapevolezza  divenuta, per me una realtà .

Feci vedere il filmato della Storia del Cerchio Verde, preferendo camminare tra la gente per essere  loro più vicina

e scorgere qualche mesto sorriso di approvazione . Così capii che erano interessati all’argomento  .

Ida fece la sua presentazione , parlò con il cuore di mamma a tutte le mamme presenti . L’applauso che ricevette confermò la condivisione .

 

Informai i presenti che se volevano trovarmi sarei stata nella sala delle riunioni a me concessa per i tre giorni del convegno .

Sia al pomeriggio stesso  del venerdì e alla sera dopo le 21,   così fino a Domenica a mezzogiorno avevamo  sempre tante persone  ,molto attente , non solo per il messaggio ottenuto ma anche (spero ) per imparare una autogestione di questa meravigliosa realtà .

Feci più di 25 messaggi individuali ma fatti tutti in gruppo , come faccio al cerchio  affinchè il messaggio sia una guida per tutti . Finalmente  in questo gruppo ho parlato  anche con molti papà , questo mi ha fatto piacere perché il dolore diviso in due è più “sopportabile “.

 

 

Sono già in contatto con alcuni di loro , spero di aver fatto conoscere un’altra realtà dove il nostro caro vive e dove un giorno vivremo assieme .

La metafonia ci permette ogni tanto di sentire la “Voce “che ci rassicura in modo che noi possiamo continuare a vivere come meglio possibile e renderci conto che anche i famigliari vicino a noi hanno bisogno di noi e noi di loro .

Ognuno di noi ha bisogno dell’altro , sempre , solo con la comunione-condivisione possiamo farcela .

Grazie anche alla dimensione alla quale  prima di partire per questo convegno con la metafonia, chiesi un aiuto …prontamente mi hanno rassicurato così : messaggio del 20-05-2010.

Sarà pur tornare …visita amore …per sempre la luce è con te …

Ora che ti ho dato la risposta …l’avventura ha un regista …abbi costanza …fatele i doni come sai fare ….

 

Tutto si è svolto come Loro volevano .

Grazie a Silvia e Fabrizio , così anche ai loro collaboratori persone splendide per lo svolgimento del convegno fatto con amore e armonia .

 

 A sempre Adriana Scaficchia del Cerchio Verde di Venezia anche a nome di Mamma Ida

 

 

Riceviamo da Luigi Cama 

Si è da poco concluso il primo Meeting PARANORMALE RESEARCH è già si parla del secondo, visti i risultati del primo. Per capire cosa è successo, vi consiglio di visionare la sintesi della relazione corredata di foto e video, al seguente link:
RELAZIONE PRIMO MEETING

Il programma del secondo Meeting lo potete scaricare da qui:
SCARICA PROGRAMMA SECONDO MEETING VARESE

Per chi era presente al primo meeting, consiglio di non divulgare video e foto senza offuscare i volti ove necessario.

BARBARA AMADORI A MILAZZO
Il 24 Luglio ospiteremo l'amica e medium BARBARA AMADORI che sarà disponibile solo per i contatti in gruppo: sabato mattina, sabato pomeriggio e sabato sera.
Il numero dei posti è limitato a 40 e daremo priorità a chi ha reali necessità. Per chi volesse partecipare, può inoltrare una email al sottoscritto scrivendo a luigicama@metavisione.it . Sarà mia premura riferire i vostri recapiti a chi si sta occupando dell'organizzazione dei partecipanti.

Notizie su Metavisione.it e FenomeniParanormali.it
Presto saremo nuovamente online con una struttura più snella. Questi due siti avranno funzione d'archivio per video, foto, audio e testimonianze scritte. Il forum è lo strumento più indicato per scambiare informazioni e sarà potenziato.
 

 

 

Dal VI CONVEGNO NAZIONALE DI ANGELOLOGIA

Santa Maria la Nova 1-2 Giugno 2010

Atti del CONVEGNO

A CURA DI

Don Marcello Stanzione

della Milizia di San Michele arcangelo

Tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli Angeli.

Dall'infanzia al trapasso, la vita umana è circondata dalla loro custodia e dalla loro intercessione.

 

 

 

– 4 CONVEGNO SUL MONDO SOTTILE –

giornata di studio Istruzioni sui tempi del cambiamento –

22 maggio 2010 Finale Emilia Estense Park Hotel

organizzazione Volare con gli Angeli

arte cultura e ricerca di Stefania Bellini Corona,

con Grazia Francescato, Enzo Decaro, Fiorella Capuano, Guido Guerrera, Luca Vignali e Piergiorgio Caria –

quando il tempo è arte……..

 

Riceviamo questo bel video. Grazie Stefania!

 

 

 

 

 CONVEGNO DI

SANTA MARINELLA
(12 maggio 2010)

 

Associazione Onlus “Luci tra le Camelie” via delle Camelie 30,  00058 Santa Marinella 3396404231 adcapot@alice.it

Si è concluso il convegno –Amore e Speranza per Rinascere– organizzato dall’associazione Onlus “Luci tra le Camelie” nei giorni 7-8 e 9 maggio presso la Casa per Ferie Mater Gratiae di Santa Marinella.

Lo splendido scenario del luogo, la sottile percezione di spiritualità, l’amore e la delicatezza con cui i relatori hanno dato il loro contributo, hanno creato un’atmosfera di unione e condivisione fra i tanti partecipanti provenienti da ogni parte d’Italia. Dai volti di molti dei nostri fratelli nel dolore e nell’esperienza del lutto traspariva alla fine del convegno come una sensazione di maggior serenità e pace.

Questo ci conforta e scalda il cuore di noi tutti, così bisognosi di condivisione e approfondimento spirituale, nella ricerca incessante e faticosa di una nuova consapevolezza sul senso dell’esistenza visibile ed invisibile, forse invisibile solo ai nostri sensi.

Il convegno è terminato il 9 maggio, il giorno della festa della mamma, e questa “casualità” ci spinge con maggior forza a credere che i nostri amati, che semplicemente non vediamo, fossero  accanto a noi nel condividere la festa, quando alle mamme è stata offerta una rosa rossa e a tutti una bella e buona torta!

Lo scopo della nostra neonata associazione Luci tra le Camelie è proprio quello di portare la nostra  testimonianza ed esperienza, che ha solo qualche anno in più, perché siamo ugualmente feriti, nonostante il tempo. Ma di questo strappo stiamo tentando di fare tutti insieme un consapevole percorso di crescita spirituale che ci avvicina maggiormente a loro e al senso più profondo dell’esperienza umana e spirituale nella sua essenza.

Siamo convinti che non basti respirare per sopravvivere ma che sia necessario vivere, perché questo è stato il nostro destino, costruendo dal nulla in cui ci siamo un giorno improvvisamente trovati una strada da percorrere tutti insieme con calore umano, amore, dignità e fratellanza.           I nostri cari ci sospingono in questa direzione con tanti segni e tanto amore, quell’amore che non ha fine con l’esperienza terrena, ma che rimane, e che forse ciascuno di noi ha letto negli sguardi dei propri fratelli durante il Convegno.        

Ci auguriamo di poter riunire nuovamente i tanti partecipanti nella seconda settimana di maggio del prossimo anno e desideriamo ringraziare tutti per l’affettuosa partecipazione e la divulgazione che è stata fatta per il convegno. 

 Un abbraccio affettuoso dai soci della

Associazione OnlusLuci tra le Camelie

 

L’UOMO E IL MISTERO: SI E' SVOLTO A RICCIONE DAL 28 APRILE AL 2 MAGGIO LA 18° EDIZIONE DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE  L’UOMO E IL MISTERO” PROMOSSO DALLE EDIZIONI MEDITERRANEE E COORDINATO DA PAOLA GIOVETTI

 

Si è svolta dal 28 aprile al 2 maggio, presso il Centro Congressi Le Conchiglie di Riccione, la 18° edizione del congresso internazione L’UOMO E IL MISTERO promosso dalle Edizioni Mediterranee e coordinato da Paola Giovetti.

I giorni 28 e 29 aprile sono stati dedicati a seminari esperienziali di due giorni, e il giorno 2 maggio a seminari di un giorno. Il congresso vera e proprio si è svolto dal 30 aprile al 2 maggio

Tra i vari relatori e docentine segnaliamo alcuni di particolare pregnanza: primo fra tutti, il fisico ricercatore americano Russell Targ, che per vent’anni è stato coordinatore del progetto di ESPionage da lui stesso messo a punto presso il prestigioso Stanford Research Institute e sostenuto dalla CIA e dalla NASA.  ESPionage significa spionaggio sensitivo, grazie a militari e poliziotti dotati di capacità paranormali che indagavano con la ESP le postazioni militari sovietiche, lo sviluppo delle armi, lo stato di salute degli ostaggi ecc., con risultati che hanno fatto sì che il programma venisse finanziato per anni con milioni e milioni di dollari. Nel corso del suo seminario Russell Targ ha insegneto come sviluppare ed esercitare le doti ESP per divenire padroni del remote viewing (la visione a distanza) allo scopo di vedere cose lontane e fare diagnosi e terapie. Targ ha anche tenuto poi una conferenza per i congressisti e presenteto il suo nuovo libro La fine della sofferenza (Edizioni Mediterranee 2010).

Da segnalare inoltre la presenza dello studioso israeliano Nadav Crivelli, che per la prima volta partecipa a un congresso delle Mediterranee, grande esperto di Cabalà che ha tenuto un seminario sugli angeli secondo questa antichissima tradizione e poi, nel corso della manifestazione, ah intrattenuto i congressisti con la sua grande cultura e simpatia personale.

Il francese Hubert Jaoui, imprenditore e psicologo ha spiegato i segreti della creatività, questa grande dote capace di rendere più ricca e felice l’esistenza, e l’attore Enzo Decaro ha condotto una T.R. sul tema appunto “Sogno e creatività”.

E ancora, fra i tanti temi proposti: la regressione a vite precedenti e la progressione a quella future del dottor Osvaldo Sponzilli, il mistero della Madonna di Guadalupe di Flavio Ciucani, autore anche di un bel filmato su questo caso straordinario, l’esoterismo di Leonardo da Vinci di Michele Proclamato, la magia della basilica di Collemaggio all’Aquila di Maria Grazia Lopardi, Maria Montessori e la sua attualissima battaglia per il bambino, “padre dell’uomo”, di Paola Giovetti, i cerchi nel grano e gli Ufos di Piergiorgio Caria e del contattato Antonio Urzi, gli anni segreti di Gesù in India del teologo tedesco Holger Kersten, il magico mondo dei dervisci di Guido Guidi Guerrera, il mandala di sabbia di Lama Tashi e dei suoi monaci che costruito durante il convegno e “disperso” in mare l’ultimo giorno.

Molto spazio alla musica: le campane tibetane di Mauro Pedone, il concerto del “Gruppo medicina dell’ottimismo” di Toni Pizzecco, la musica e il canto di Morgana Montermini e Marco Remondini ispirati al famoso libro Dialoghi con l’angelo di Gitta Mallacz, che narra di straordinari incontri angelici negli anni bui della deportazione degli ebrei in Ungheria.

Come sempre, un congresso di grande ricchezza e intensità, una immersione totale nel mondo dei misteri, della spiritualità, della ricerca interiore.

 

 

16° Convegno Internazionale

 di Ricerche Parapsichiche e Bioenergetiche

 

IL MISTERO dell'ESISTENZA UMANA

     dalla Mente all'Interiorità

 Bellaria (Rimini) 15, 16, 17 e 18 aprile 2010

Riceviamo dalla Sig. Maria Pizzolitto Lui

 

 

 Convegno Internazionale di Ricerche Parapsichiche e Bioenergetiche

In Bellaria (Rimini) Aprile 2010

 

Trascorsi alcuni giorni dal convegno di Bellaria, passata la iniziale  euforia che è  tipica di questi  incontri, tornata  a casa, sono rientrata nella normalità della mia vita, con una marcia in più.

Mi sono chiesta: cosa mi hanno dato questi quattro giorni, questa “full immersion” nelle tante tematiche trattate? Devo dire che mi hanno dato molto, come credo a tante persone che,  come me sono state non solo spettatrici di tanta conoscenza trasmessa, ma spesso coinvolte  emotivamente .

 Finora avevo avuto esperienza di convegni che aiutano ad elaborare il lutto ( da sei anni abbiamo una figlia in cielo), che hanno come obbiettivo la ricerca dei propri cari, la consapevolezza  della loro presenza accanto a noi, le testimonianze, la condivisione con altri genitori, le conferme  della scienza , che parla di vita oltre questa nostra vita. E tanto hanno aggiunto alle mie certezze questi incontri!

E se questo  tema e’ stato  toccato anche a Bellaria da parte di insigni relatori, la gran parte dei temi e delle discipline trattate, a mio avviso miravano  ad un altro aspetto.

Questo aspetto io lo  chiamerei “fase due”. Dopo il dolore, dopo una qualsiasi  sofferenza (non necessariamente dopo un lutto), ecco che qui apprendi  tanto,  per riappropriarti della tua vita, per dare una svolta alla tua vita.

Relatori a livello internazionale hanno dato una panoramica di tutto quello che ognuno di noi può apprendere per migliorare le sue capacità, le sue potenzialità per  vivere meglio , spaziando dal campo fisico, al campo mentale , al campo spirituale ed emozionale.

Si tratta in sostanza di espandere la propria coscienza, di pensare positivo(ricordiamoci che il pensiero crea), di guardare oltre la materia, di riappropriarci di emozioni , sensazioni e  rituali i che non ci appartengono  più  o che pensiamo perduti , di abbandonare vecchi schemi  mentali, abbracciandone di nuovi.

Beh, c’era  veramente tanta ”carne sul fuoco”, come si suol dire. Basta mettersi d’impegno  e voler cambiare per migliorare se stessi e chi ci e’ accanto. Credo proprio  che,  chi era presente , non fosse li per caso. ( come del  resto in ogni convegno che si rispetti  e… per fortuna ce ne sono molti!)

I partecipanti, erano senz’altro persone che , come me, cercavano  nuove motivazioni per  il proprio percorso, nuovi obbiettivi, nuova energia, dopo vicende più  o meno dolorose che spesso la vita riserva.

Un relatore ha  giustamente detto,  che eravamo li in quanto “risvegliati”…..Lo credo anch’io. Ed eravamo in tanti!  Persone di tutte le età,  ma  soprattutto tanti  giovani. E ben venga questo!  Il  mondo , il futuro è nelle loro mani e c’è tanto bisogno di un cambiamento,… di una svolta verso il bene.

 

Maria Pizzolitto (mamma di Vera)

 

 Riceviamo da Luigi Cama, relatore al congresso di Reggio Calabria:

La prossima settimana ed esattamente il 24 e 25 Aprile, sarò a Varese per il convegno "Esistenza dopo esistenza, la vita si manifesta".
Per il programma:
http://www.luigicama.it/download/varese24-25aprile2010.zip
 
Il primo convegno a Reggio Calabria ha riscosso un discreto successo. Sul piano informativo ha ottenuto l'attenzione della stampa e delle emittenti locali, della RAI e della rete regionale ReggioTV (il venerdì sera siamo stati ospiti per uno speciale di due ore sul tema "La vita oltre la vita").
Nei prossimi mesi saranno pubblicati video e foto dell'evento.

Un ringraziamento speciale all'organizzatore, Dott. Paolo Mobrìci, presidente del Lions Club "Castello Aragonese" di Reggio Calabria e a tutti gli amici relatori: Paolo Presi, Daniele Gullà, Mario Zampardi, Fulvia Cariglia e Francesca Scarrica.

Grazie di cuore a tutti i partecipanti, per l'affetto, la pazienza e l'attenzione dimostrati.

Un ringraziamento anche all'amico Elio Spadaccino che si è prodigato per portare al convegno Marcello Bacci che purtroppo, non ha potuto dare il suo contributo a chi si aspettava almeno una piccola dimostrazione d'affetto. Il tempo passa per tutti e forse Marcello ha dato ciò che poteva dare entro i suoi limiti umani. Ma l'esperienza in questo campo ci insegna che chiuso un capitolo se ne apre un altro. Grazie Marcello, per aver contribuito significativamente alla ricerca italiana.

Un super-iper ringraziamento all'amico Riccardo Di Napoli, eccellente metafonista, per le ore dedicate a chi attendeva un piccolo riscontro (purtroppo non è stato possibile accontentare tutti). Un affettuoso saluto e un arrivederci a Varese, dove effettueremo un esperimento supportando metafonia e metavisione insieme.


Un caro saluto a tutti.

Luigi Cama, webmaster e ricercatore di metavisione.it

Edda CattaniRelazioni convegni 2010-2011
Leggi Tutto