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La sofferenza salva

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DALL’ALBUM DEI RICORDI

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 ed ora, amato mio, posso ricordare ed annunciare che questo mi hai lasciato!

Accettare il dolore

“Tu sei venuto a piangere, perché ciò che ti mancava era il pianto”

 Riflettiamo:

“Portare i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2). La legge di Cristo è una legge del “portare”. Portare vuol dire sopportare, soffrire insieme. Il fratello è un peso per il cristiano. Solo se è un peso, l’altro è veramente un fratello e non un oggetto da dominare. Il peso degli uomini per Dio stesso è stato così grave che egli ha dovuto piegarsi sotto questo peso e lasciarsi crocifiggere. Nel portare gli uomini Dio ha mantenuto la comunione con loro. È la legge di Cristo che si è compiuta sulla croce. E i cristiani partecipano a questa legge. Essi devono sopportare il fratello; ma quello che è più importante, essi sono anche in grado di portare il fratello, sotto la legge che è compiuta in Cristo.
La Scrittura parla spesso di “portare”. Essa esprime con queste parole tutta l’opera di Cristo: “Erano le nostre malattie che egli portava; erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato”
(Is 53,4) (10).

AIUTIAMOCI A SPERARE!

Una storiella che si narra nella vita di Abba Bishoi, un monaco copto del IV-V secolo (morì nel 417 d.C.), dice che, poiché egli fruiva di frequenti visioni di Cristo, alcuni monaci gli chiesero di guidarli a incontrare Cristo. Avendo egli ricevuto un messaggio dal Signore, disse ai monaci di recarsi in un certo posto nel deserto, dove avrebbero trovato Cristo ad attenderli. Lungo il cammino essi videro, ai lati della strada, un uomo anziano, malato e sfinito, che chiedeva loro di portarlo perché non ce la faceva più a camminare. Ma essi, desiderosi di incontrare Cristo, ignorarono le suppliche dell’anziano. In coda al loro gruppo giunse Bishoi che, quando vide l’anziano malato, se lo caricò sulle spalle portandolo lungo la strada. Giunto là dove i monaci attendevano Cristo, sentì il peso dell’uomo farsi più leggero, poté rialzare la schiena e constatare che l’anziano era scomparso. Allora rivelò: Cristo era seduto lungo la strada, e aspettava qualcuno che lo aiutasse. Nella loro fretta di vedere Cristo, gli altri monaci si erano dimenticati di essere cristiani. Lui, portando di peso l’anziano malato, aveva portato Cristo stesso.

 

Portare il malato, portare il fratello

Insegnare ai bambini cosa significhi il rispetto per gli anziani e gli ammalati è educarli all’amore per il prossimo.

È frequente, nei vangeli, l’annotazione che dei malati “vengono portati” a Gesù. Se essi hanno una certa autonomia di movimento, se riescono a camminare dovendo tutt’al più essere sostenuti, essi sono semplicemente “accompagnati”, “condotti”, “guidati” fino a Gesù. È così che gli vengono presentati “malati oppressi da varie malattie e sofferenze” (Mt 4,24) e “molti indemoniati” (Mt 8,16). In alcuni casi si può esitare circa il significato esatto del verbo utilizzato, potendo questo designare sia l’atto di “condurre”, “accompagnare”, sia quello di “portare”: dipende dal livello di autonomia del malato in questione. Questo vale per il verbo phérein (letteralmente “portare”) usato in Marco 1,32 (tutti i malati e gli indemoniati), in 7,32 (una persona sorda e muta), in 8,22 (un cieco), in 9,17. 19-20 (un giovane che ha uno spirito muto). Ma in alcuni casi è assolutamente certo che il malato viene portato, essendo egli steso su un giaciglio, su una barella. In Marco 6,55 si annota che, giunto Gesù a Genesaret, gli abitanti della zona “cominciarono a portargli malati sulle barelle”. Interessante è soprattutto il brano di Marco 2, 1-12 (con i paralleli in Matteo 9, 1-8 e Luca 5,17-26). Dice il testo di Marco:

Essendo entrato di nuovo a Cafarnao, alcuni giorni dopo, si seppe che era in casa. E si radunarono molti, così che non c’era più posto neppure davanti alla porta; ed egli annunziava loro la Parola. E vennero, portando a lui un paralitico, sorretto da quattro persone. E non potendolo presentare a lui a causa della folla, scoperchiarono la terrazza dalla parte dove era [Gesù] e, fatta un’apertura, calarono la barella dove giaceva il paralitico. E Gesù vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mc 2,1-5).

… e ancora un invito alla pace e … alla speranza

Albero dall’ombra lieve…

Di P. David Maria Turoldo


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Albero ramato di voti e speranze come non altro,
pianta dell’uomo che sogna olio fluente,
olio da versare sopra le ferite, olio
che consácri sempre un messia: olivo,
non del tuo legno son fatte le croci!
Albero di Cristo: “Anche gli olivi piangevano
quella Notte, e le pietre erano più pallide
e immobili, l’aria tremava tra ramo
e ramo: e Lui, tutto un sudore di sangue
– la bocca senza voce – mentre abbracciava la terra”.
Ma gli stessi olivi lo vedranno salire in alto
e sparire nel sole: gli stessi olivi
dai quali i fanciulli avevan strappato i rami
per corrergli incontro: una selva di rami
e di voci a cantargli d’allora l’osanna e alleluia.
Olivo, albero essenziale, dall’ombra lieve come
una carezza; e pure ossuto, e nodoso, e carico
di ferite, uguale alla vita: immagine
di ciò che più amiamo! Sempre un tuo ramo
trovi la colomba in volo dopo i diluvi! E siano
i figli virgulti d’olivo intorno a ogni
mensa; e perfino la cenere fatta
di sue foglie d’argento plachi
le tempeste; come le stesse
del mercoledì delle ceneri mettano
in fuga anche la nostra morte.
E papa Giovanni, il padre del mondo, torni
col suo ramo d’olivo in mano

Edda CattaniLa sofferenza salva
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Mente sana in corpo sano

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MENTE SANA IN CORPO SANO

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Impegnati a nutrire la mente con pensieri che danno luce, energia ed armonia; esempio:

Vivi il presente con consapevolezza e gratitudine.

Apprezza ciò che c’è metti armonia in ciò che vivi.

Tu sei ciò che pensi, dal pensiero torbido viene l’azione torbida che crea sofferenza e ti seguirà come le ruote del carro seguono gli zoccoli del bue. Dal pensiero limpido viene l’azione limpida che ti seguirà come l’ombra inseparabile”. (Dhammapada – IV Sec. A.C.)

Mente e Corpo sono due amici che si aiutano a vicenda… se sai come fare.

Quando la mente è sofferente, mettila a riposare. Sfiata lo stress dei pensieri pesanti col respiro vigoroso. Evita la pigrizia stagnante con attività fisiche muscolari: lavoro manuale, cammino, attività artistiche, canto…

Quando il corpo è sofferente chiedi aiuto alla mente: essa è medico, medicina e terapia.

I pensieri sani aiutano la salute del corpo. Il pensiero muove energia, crea realtà, dispone i neuroni del cervello e conduce alle azioni corrispondenti… I pensieri ti modellano!

Il pensiero di stare bene produce benessere, l’effetto placebo è confermato dai neuroscienziati. I farmaci aiutano il corpo, ma non possono insegnarti a vivere meglio.

C’è bisogno di luce che orienti e volontà che dia coraggio a esistere e amore per la vita.

La realtà è quello che è, l’interpretazione dipende da te: la vita è per te ciò che immagini che sia. Dove una persona si dà risposte di malessere un’altra può trasforma le ferite in perle. Esplora pratiche che danno luce, energia e serenità al tuo stile di vita; esempio:

1) coltiva l’arte meditativa per pulire la mente e arredarla con pensieri positivi.

La meditazione pacificante e la scrittura biografica aiutano a chiarirti, a prenderti cura e a farti compagnia. Coltiva il quaderno dei pensieri importanti: nel silenzio meditativo puoi consultare l’intimità della coscienza, il buon consigliere interiore.

2) frequenta il gruppo degli amici sicuri e perseveranti, il confronto e il dialogo ti migliora.

3) apriti al volontariato, per aprirti alla solidarietà sociale e all’amicizia civile.

Qualcuno dice: Sono libero di pensare quello che voglio, nessuno può frugare nel mio cervello e spiare quel che penso…

Invece… guarda bene i tuoi pensieri… diventeranno le tue parole… diventeranno le tue abitudini…diventeranno il tuo destino”. (Gandhi)

RACCONTA PENSIERI CHE TI DANNO SALUTE FISICA, PSICHICA E SPIRITUALE esempio:

  1. Il tuo cuore è contento quando accogli ogni persona come messaggio per te: ogni uomo è una stella e ogni stella ha il suo splendore…
  2. Il passato se n’è andato, il futuro non è ancora arrivato, vivi la fioritura del presente più armoniosamente che puoi, è il tesoro a tua disposizione. Qui, ora tocca la vita che scorre dentro e attorno a te.

 

Da “La scuola del villaggio” D.G. Gastaldello

Edda CattaniMente sana in corpo sano
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Parole che nutrono

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Parole che nutrono

(dalla Scuola del Villaggio di P. G.Gastaldello)
 

alba

Sii consapevole delle parole che rivolgi a te… l’inconscio ti ascolta!

Le parole dette o pensate: muovono energia, costruiscono realtà, dispongono i neuroni del cervello e conducono alle azioni corrispondenti… sono profezie che si auto-avverano. Questo messaggio viene dai neuroscienziati.

Se tu dici “sono sfortunato, stressato, depresso, non ce la faccio…” stai auto-limitandoti. Se dici “ho fiducia, speranza, apprezzo ciò che c’è, ce la farò…” regali energia positiva a te. Cambiando parole puoi cambiare stile di vita. Le parole che dici ti modellano. La realtà è quello che è, l’interpretazione dipende da te. Chi è positivo, consciamente o inconsciamente farà in modo che ciò accada; chi è negativo, inaridisce, incupisce, incattivisce, stressa e inquina l’ambiente. Perciò diventa consapevole e responsabile delle parole che partono da te o arrivano a te. Il timoniere decide la rotta!

Accogli le parole spiacevoli con distacco, non identificarti con emozioni di rabbia-risentimento, gelosia-invidia. Nella rabbia sii come morto. Puoi pensare: “Tu mi colpisci, ma io non esisto”. Con calma valuta ciò che accade e tieni quello che è giusto. Volgi l’ostilità in opportunità.

Accogli le parole belle con entusiasmo:

  1. Loda in pubblico, rimprovera in privato;
  2. Fa’ tre domande prima di un giudizio;
  3. Fa’ tre lodi prima di un rimprovero;
  4. Crea cielo dove altri possano volare.

La mente non conosce il negativo: se ti domando “come stai?” e tu rispondi “non c’è male”, “non mi lamento”, “non c’è problema”… la mente lavora con le parole ‘male’, ‘lamento’, ‘problema’. Invece posso dire “sto bene”, “sono sereno”, “ti incontro con gioia”, “dimmi una parola bella”. Quando usi parole di fiducia, speranza, apprezzamento, fai un regalo a te e un favore agli altri.

Puoi sostituire parole di comando con parole di invito. Esempio: proporre e non imporre, convincere e non vincere, analizzare e non giudicare.

IMPARA A MEMORIA: il silenzio dà valore alle parole; la calma dà valore ai gesti, il sorriso dà valore alla sincerità, quando guardi negli occhi ottieni fiducia.

Edda CattaniParole che nutrono
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Fraternità e speranza

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Fraternità e speranza

Dove c’è …

Dove c’è fede, c’è speranza..
Dove c’è speranza, c’è fede;
Dove c’è amore, c’è pace..
Dove c’è pace, c’è amore;
Dove c’è fratellanza, c’è condivisione…
Dove c’è condivisione, c’è fratellanza;
E dove c’è fede, speranza, amore,
pace, fratellanza e condivisione,
c’è prosperità e giustizia per tutti.

Jean-Paul Malfatti –

 

 

Stiamo preparando il convegno di settembre a Cattolica da cui torneremo con il cuore sereno, abbracciandoci così, in totale condivisione dei sentimenti di amore e fraternità. Mi auguro che questo nostro atteggiamento di disponibilità possa continuare e dare calore al nostro cuore e alle nostre famiglie!

Edda CattaniFraternità e speranza
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Buon rientro!

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Buon rientro dalle vacanze cari Amici navigatori!

 

gabbiani

Vi raggiungiamo quando le vacanze sono terminate ed iniziano le scuole. Sappiamo quanti impegni hanno le famiglie in questi giorni ma ci auguriamo che la pausa estiva sia stata di conforto.

Naturalmente abbiamo tutti condiviso tanti eventi drammatici che sono accaduti e ci auguriamo che possa tornare la serenità e la pace, soprattutto per le nuove generazioni che sappiamo quanto bisogno hanno di speranza in un avvenire migliore.

Sono spesso mancati gli aggiornamenti sul sito in quanto è stata molto seguita la pagina FB a nome di ‘Edda Cattani’ che riceve più immediatezza per i molti contatti in tutte le ore della giornata, anche con messaggi privati.

Edda CattaniBuon rientro!
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La mia preghiera nel tempo

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LA MIA PREGHIERA NEL TEMPO

 

Ho pensato più volte a quanto gradita a Dio o quanto importante fosse la preghiera nella mia vita di ogni giorno. Pregare significa trovare il tempo per farlo. Il tempo è sempre quell’entità astratta eppur così concreta con cui fare i conti. E’ uno degli elementi che oggi non basta mai!

 

Sempre tante cose da fare … forse troppe, troppi oneri, sempre di corsa, sempre maggiori richieste! Una giornata finisce e già una ricomincia … il riposo non é sufficiente e i “conti” non tornano. Alle volte mi dico che la mia giornata dovrebbe essere di trentasei ore, ma forse, nell’organizzarmi non basterebbero nemmeno quelle. La suora che mi ha seguito fin da bambina mi ripeteva: “Ringrazia Dio che tu abbia tanto da fare … Verrà il tempo che anche tu ti ritroverai a “non potere fare”. Saggia testimonianza … Mentore ha percorso tante scale, tutte in salita … ma quando si è fermato non c’era più il tempo …

 

Mi hanno sempre affascinato le parole dell’abate Quoist che trovai nella mia antologia scolastica:

 

Sono uscito, Signore, fuori tutti andavano venivano camminavano correvano.

Correvano le bici, le macchine, i camion, la strada, la città, tutti…

Arrivederci…scusi…non ho tempo.

Non posso attendere, ripasserò…non ho tempo.

Termino questa lettera perché non ho tempo.

Avrei voluto aiutarti…ma non ho tempo.

Non posso accettare perché non ho tempo.

Non posso riflettere, leggere non ho tempo .

Vorrei pregare, ma non ho tempo.

Tu comprendi, Signore, vero?… non abbiamo tempo…

 

Riposo sul cuscino e tengo vicino il crocefisso … E’ un reperto importante, di quelli che sogliono tenere appesi alla corona i francescani. Lo lasciò ad un convegno un religioso che era venuto a spiegarci la vita di Sant’Antonio … Lo dimenticò sotto il tavolo e Mentore mi disse di tenerlo, che era un “segno”. Ora il corpo del Cristo di ferro si va staccando dal legno, ma lo rimetterò in sesto (ci sono tanti collanti che servono allo scopo) e terrò questo simbolo di un percorso lungo, di una strada difficile e tortuosa …

 

Il mattino presto ho da una parte sul cassettone una copia del “La preghiera dell’abbandono” di P.Charles de Faucould:

 

Padre mio,

Io mi abbandono a te:

fa’ di me ciò che ti piace!

Qualunque cosa tu faccia di me,

ti ringrazio.

Sono pronto a tutto,

accetto tutto,

purché la tua volontà si compia in me

e in tutte le tue creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.

Rimetto la mia anima

nelle tue mani,

te la dono, mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore,

perché ti amo.

Ed è per me un’esigenza d’amore

il donarmi,

il rimettermi nelle tue mani

senza misura,

con una confidenza infinita,

poiché tu sei il Padre mio.

 

Edda CattaniLa mia preghiera nel tempo
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Quando inizia il giorno

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alba

Quando inizia il giorno

Non è la stessa cosa iniziare la giornata di corsa perché è tardi, o iniziarla con calma pregando e mettendo tutto nelle mani del Signore. E’ impensabile affrontare tutti i problemi della vita relegando all’ultimo posto Dio. Anche il tempo è nelle sue mani e mettere Dio al primo posto, significa conquistare il tempo.

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Ma come, quando e perché pregare? Mi sono spesso posta questa domanda e a chi l’ho rivolta mi ha risposto che la vita si sfascia giorno dopo giorno… rimane solo l’adorazione e la lode.

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E’ vero questo? Dove sta la mia adorazione? Quanto prego il Signore durante la giornata? Gli riserbo uno spazio, un tempo speciale? In tutta sincerità posso dire che nella mia vita non ci sono più programmi … Ho sognato di avere questo tempo, di ritagliarlo dagli impegni, anche nel momento presente, mentre sto scrivendo potrei fermarmi e dire:  “Signore voglio pregarti, voglio dirti che ti amo”.

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Ma il non farlo è forse venire meno a questo amore? Avrei potuto sabato scorso lasciare sola la madre che piangeva in associazione e ritornare a casa recitando il rosario? Eppure, mentre l’abbracciavo Dio era presente, vivo come non mai. Lo sentivo palpitante, tenero come solo un Padre può essere verso questa creatura che simile alla pecorella tenta di condividere un sentiero percorribile. Dio c’è anche quando non mi fermo per dichiarargli il mio amore … Lui non è come noi umani che vogliamo sentircelo dire … Lui sa, Lui vede, Lui comprende … grazie a Dio!!!

 

 

Edda CattaniQuando inizia il giorno
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Inno alla vita

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“Se avessi un pezzo di vita…”

Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo, è stato uno scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura. 

Data di nascita: 6 marzo 1927, Aracataca, Colombia

Data di morte: 17 aprile 2014, Città del Messico, Messico

Coniuge: Mercedes Barcha Pardo (s. 1958–2014)

Premi: Premio Nobel per la letteratura, Premio Rómulo Gallegos, Neustadt International Prize for Literature

  Film: L’amore ai tempi del colera, Cronaca di una morte annunciata, Nessuno scrive al colonnelloIn questi giorni questa riflessione la dedico a tutti coloro che sono andati via innanzi tempo e che la vita avrebbero voluto averla.. 

    

 

 

 “Se per un istante Dio. . . mi regalasse un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto quello che

penso, ma sicuramente penserei molto a quello che dico.

Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più. Capisco che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi, perdiamo

sessanta secondi di luce. Mi attiverei quando gli altri si fermano, e mi sveglierei quando gli altri si

addormentano. Ascolterei quando gli altri parlano e mi godrei un buon gelato di cioccolata.

Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei in maniera semplice, mi sdraierei beato al sole,

lasciando allo scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.

Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l’uscita del sole.

Dipingerei sulle stelle un sogno di Van Gogh, una poesia di Benedetti, e una canzone di Serrat;

sarebbe la serenata che offrirei alla luna.

Annaffierei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle loro spine e l’incarnato bacio dei

loro petali…

Dio mio, se avessi un pezzo di vita… non lascerei passare un solo giorno senza ricordare alla gente

che le voglio bene, che l’amo. Convincerei ogni donna e ogni uomo che sono i miei preferiti e

vivrei innamorato dell’amore.

Agli uomini dimostrerei quanto sbagliano nel pensare che si smette di innamorarsi quando si

invecchia, senza sapere che si invecchia quando si smette di innamorarsi.

Ad un bambino darei delle ali, ma lascerei che impari a volare da solo. Ai vecchi insegnerei che la

morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.

Tante cose ho imparato da voi, uomini…

Ho imparato che tutto il mondo vuole vivere in cima alla montagna, senza sapere che la vera felicità

è nella maniera di salire la scarpata.

Ho imparato che quando un neonato prende col suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di

suo padre, l’ha afferrato per sempre.

Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare un altro uomo dall’alto, soltanto quando deve

aiutarlo ad alzarsi.

Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, anche se più di tanto non mi serviranno, perché

quando leggerete questa lettera purtroppo starò morendo.

Dì sempre ciò che senti e fa’ ciò che pensi.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei fortemente e

pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e

ti chiamerei di nuovo per dartene altri.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle

ascoltare una e più volte ancora.

Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei scioccamente per

scontato che già lo sai.

Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e

oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.

Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio.

Oggi può essere l’ultima volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perché se il

domani non arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un

sorriso, un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.

Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per

dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.

Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti.

Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli.

Dimostra ai tuoi amici e ai tuoi cari quanto li ami”.

                        

(Gabriel Garcia Marquez)

 

Edda CattaniInno alla vita
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Silenzi

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Silenzi

 

 

Il prodigio del silenzio

è giungere a parlare tacendo,

a essere espressivi senza usare le parole,

ad avere una vita

silenziosamente eloquente.

Il silenzio

è un modo diverso di comunicare

e, più in profondità,

un modo diverso di essere… e di vivere.

 

 

Silenzio significa anche “ascoltare”. Certo, sappiamo bene come sia difficile ascoltare se ascoltare indica l’atto di aprirsi e accogliere la sofferenza dell’altro: “La maggior parte degli orecchi si chiude alle parole che cercano di dire una sofferen­za” . Si innalzano barriere per evitare che la sofferen­za passi da chi la vive e la esprime a chi la ascolta. Ep­pure, senza questa cultura dell’ascolto del sofferente noi condanniamo l’altro alla solitudine e all’isolamento mortale e precludiamo anche a noi la possibilità di: una consolazione e di una comunicazione nella nostra sofferenza.

Ascoltare non è prestare l’orecchio, è farsi condurre dalla parola dell’altro là dove la parola conduce. Se poi, invece della parola, c’è il silenzio dell’altro, allora ci si fa guidare da quel silenzio. Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e osa guardare in faccia il dolore, la verità av­vertita dal nostro cuore e sepolta dalle nostre parole. Questa verità, che si annuncia nel volto di pietra del depresso, tace per non confondersi con tutte le altre parole’.

La domanda che qui si deve porre è: sappiamo dare tempo, attenzione ed energie all’ascolto di chi soffre? E sappiamo ascoltare la sofferenza profonda che è in noi, premessa indispensabile per porci sempre più at­tentamente in ascolto della sofferenza dell’altro? Ascol­tare significa dare la parola, dare tempo e spazio all’al­tro, accoglierlo anche in ciò che egli rifiuta di sé, dargli diritto di essere chi lui è e di sentire ciò che sente e fornirgli la possibilità di esprimerlo.

Ascoltare è atto che umanizza l’uomo e che suscita l’umanità dell’al­tro. Ascoltare è far nascere, dare soggettività, permet­tere all’uomo di realizzare il proprio nome e il proprio volto. Ovvero la propria umanità.

Edda CattaniSilenzi
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Messaggi dall’India

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MESSAGGI DALL’INDIA

 

 

Alla nostra Associazione di Padova abbiamo ospitato PADRE GABRIELE GASTALDELLO un sacerdote di Vicenza, laureato in filosofia all’Università di Padova e dottorato di ricerca all’Università di Benares (India) sull’umanesimo induista. Questa figura di apostolo e missionario che ha conosciuto Madre Teresa di Calcutta, ha saputo trasmetterci lo spirito dell’India, una cultura complessa ma di stile alquanto semplice. Il Padre, animatore della ‘Scuola del Villaggio’ che ha un sito www.scuoladelvillaggio.it  ci invia sovente comunicazione e contenuto dei suoi incontri. Ecco qualche pillola di saggezza.

 

Sulla piazza del mondo le culture si incontrano. Noi condividiamo la sapienza di altri popoli e diventiamo sempre più “fratelli universali”. Tutti siamo riscaldati dallo stesso sole, respiriamo la stessa aria, usiamo la stessa acqua e posiamo i piedi sulla stessa terra. Non abbiamo un altro pianeta perché questo non è di nostro gradimento! È bello collaborare per un mondo più umano!

Il neurologo Moreno Toldo che da quattro anni serve un centro di aiuto sanitario a Benares in India condividerà le sue esperienze con le nostre esperienze di dialogo con l’Oriente.

La perla della antica cultura vedica abita in questo messaggio: Il bene che fai è l’affitto che paghi per il posto che occupi sulla terra. Continuamente tu adoperi il sole, l’aria, l’acqua e la terra. Sii consapevole di questi elementi cosmici di cui è fatto il mondo e di cui sei fatto anche tu: considera quanto sole hai sintetizzato, quanta aria hai respirato, quanta acqua hai adoperato, quanti pasti hai mangiato…. Nella rugiada delle piccole cose la mente si illumina e il cuore si appassiona. Perché la rosa fiorisce e non si chiede il perché? I fiori dei campi fioriscono gratuitamente, gli uccelli del cielo cantano gratuitamente. Celebra anche tu la gratuità! Celebra l’alba e il tramonto. Celebra il silenzio e la parola. Celebra il lavoro e il riposo. Celebra la gratuità di ogni giorno e di ogni respiro. Gratuità è la via più bella per apprezzare la vita!

In India i devoti fanno il bagno sacro sul Gange per iniziare il giorno con energia. Da quel gesto significativo (rito) abbiamo ricavato una proposta bella per tutti noi: alla finestra del mattino allunga le braccia in alto, in-spira con abbondanza. Poi allarga le braccia ed e-spira anche l’aria residua chinandoti in avanti. In-spira calma, e-spira sorriso…. Chiama la compagnia di parole significative che proteggono e potenziano la mente (mantra). Offri l’inno della gratuità che abbiamo scritto per te.

Porta messaggi di dialogo con l’Oriente e … “svegliati antico Oriente dentro di me”. (Tagore).

 gratuità

   Ogni mattina al tocco della luce hai un giorno nuovo davanti a te. Non hai diritto di essere vivo: la vita è gratuita. Ogni mattina puoi dire: “Anche oggi adopero il sole, l’aria, l’acqua, la terra”. Pensa quanto sole hai sintetizzato, quanta aria hai respirato, quanta acqua hai usato, quanti pasti hai mangiato fino a questo punto…..

 

  Il grande grembo del mondo rende possibile la tua piccola vita. Il grande tempio del mondo fa da casa al piccolo tempio della tua vita. Ogni mattina puoi dire: “Anche oggi adopero gli occhi che vedono, gli orecchi che odono, il cuore che batte, i polmoni che respirano, la mente che pensa…..”.

 

  Tu sei tutti quelli che hai incontrato lungo il cammino della vita che ti hanno lasciato qualche cosa che ti ha aiutato a vivere. Considera le mille mani che ti hanno fatto arrivare fino a questo punto.

 

  Il bene che fai agli altri è l’affitto per il posto che occupi sulla terra.

  Tu puoi fare esperienza di Dio nella gratuità di ogni giorno e di ogni respiro. Tu vieni dalla grande vita, tu abiti nella grande vita e alla grande vita ritornerai.

  Abituati a bene-dire = dire-bene cioè apprezzare: è uno stile di vita da portarsi appresso sempre.

·         ·        Benedetto Dio per la vasta terra che ci dai in usufrutto.

·         ·        Benedetto Dio per il potere che dai alla terra di produrre pane.

·         ·        Benedetto Dio per il nutrimento che ci dai in ogni tempo.

 

  Gratuità è l’atteggiamento migliore per apprezzare la vita che è un dono da donare: l’amore dono fa fiorire la vita.

 

  Alla finestra del mattino dici: “Ti offro le azioni della giornata, fa che siano belle!”.

  Alla finestra della sera volgi le palme al cielo e dici: “Ti adoro mio Dio, ti ringrazio del giorno che finisce, del bene compiuto, dei volti incontrati, delle parole belle ascoltate e donate, della salute, del lavoro, del cibo, del riposo…..”.

 

  Su tutto ciò che la coscienza ti rimprovera chiama queste parole: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito fermo, non cacciarmi lontano dal tuo volto, non mi togliere il tuo spirito di santità” (Salmo 50).

 

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 Dio grande e misericordioso, visita la nostra casa (fermati a guardare i volti e a recitare i nomi di chi prega con te), allontana le insidie del male, manda i tuoi angeli a custodirci nella pace, la tua benedizione sia sempre con noi.

 

Dio ci benedica e ci protegga.

Dio faccia splendere il suo volto su di noi.

Dio ci doni serenità e pace per mezzo dello Spirito Santo.

 

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Mandala (dal sanscrito maṇḍala (मण्डल), letteralmente: «essenza» (maṇḍa) + «possedere» o «contenere» (la); tradotto anche come «cerchio-circonferenza» o «ciclo», entrambi i significati derivanti dal termine tibetano (dkyil khor) è un termine simbolico associato alla cultura veda ed in particolar modo alla raccolta di inni o libri chiamata Rig Veda. La parola è utilizzata, anche, per indicare un diagramma circolare costituito, di base, dall’associazione di diverse figure geometriche, le più usate delle quali sono il punto, il triangolo, il cerchio ed il quadrato. Il disegno riveste un significato spirituale e rituale sia nel Buddhismo che nell’Hinduismo. 

 

Edda CattaniMessaggi dall’India
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