Pillole di Speranza
Poiché Tu sei infinito, o Signore, e noi invece siamo finiti, ci dai più di quanto non possiamo desiderare. La misura dei nostri desideri non equivale mai alla misura con cui tu sai, puoi e vuoi colmarci e saziarci.
Santa Caterina da Siena
E’ sempre una gioia quando mi giunge l’invito di Maria, Mamma di Vera per poter partecipare agli incontri di Padre Roberto, riservati ai genitori che hanno perso giovani figli, nella Cappellina all’interno del Convento dei Frati cappuccini. Quest’oggi poi, 16 ottobre, ricorreva una circostanza particolare: la Giornata di studio organizzata nel 30° anniversario della canonizzazione di san Leopoldo Mandic, a conclusione dell’Anno della fede.
Autorità di grande spessore erano presenti nell’auditorium del complesso … dal Vescovo a studiosi che, alla luce dell’esperienza di padre Leopoldo, religioso e sacerdote, figlio di san Francesco e frate cappuccino, stavano riflettendo su quanto afferma l’Esortazione Vita consacrata: «La Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli evangelici una via privilegiata verso la santità …e il particolare impegno di coloro che la abbracciano.”
Argomento complesso … con i tempi che corrono … Ormai però tutti rispondono: “… ma adesso c’è Papa Francesco!”… e in effetti un grande mutamento è in atto …
Anche il nostro gruppetto, alcuni reduci da un viaggio lungo e faticoso, era in fermento … Chi tornava dalla conferenza, chi scambiava convenevoli, chi si faceva riconoscere … e Padre Roberto al Centro, con la sua grande umanità e disponibilità non si risparmiava in amorevolezza, saluti e cordialità di ogni genere … Erano presenti per la prima volta, anche genitori di Ferrara, alcuni conoscenti del movimento della Speranza e appartenenti al nostro gruppo padovano. Si sono fatti commenti, si è parlato del senso della nostra vita, delle attese e, soprattutto, si è veramente buttato il cuore “oltre la siepe del dolore” per lasciare spazio alla “speranza”.
Il sacerdote ripete con Papa Francesco… per favore: mai con la faccia di "peperoncino in aceto", mai! …ma con la gioia che viene da Gesù.
Nell’istante in cui ci si accosta a quella piccolissima oasi dove rifulge un roveto ardente, con il tabernacolo al centro, si crea un’atmosfera unica e profonda che pervade l’animo inducendolo ad un interiore coinvolgimento. Le parole di Padre Roberto, la musica in sottofondo, i piedi nudi che lasciano intendere una spoliazione totale da ogni vicenda esteriore, lasciano spazio ad una esclusiva rilassatezza, ad una forma di totale abbandono, quasi ci si trovasse in una culla fra le braccia del Padre d’Amore.
E’ uno stato di Grazia, un evento peculiare, che il sacerdote introduce con la lettura di una poesia nel libro dei Chassidim, gli interpreti della Sacra Scrittura, del 1600, 1700, 1800. La raccolta è di Martin Buber, un maestro rabbino. Questa poesia è rivolta a Dio ed è intitolata "Tu":
''Dovunque io vada. Tu
dovunque io sosti. Tu
solo Tu, ancor Tu, sempre Tu
Tu Tu Tu
Se mi va bene, Tu
se sono in pena, Tu
solo Tu, ancor Tu, sempre Tu
Tu, Tu, Tu
Cielo, Tu, Terra Tu
Sopra, Tu, sotto, Tu
Dove mi giro, dovunque miro ,
solo Tu, ancor Tu, sempre Tu, Tu, Tu, Tu,".
Saper vivere in contatto con Lui, mettendo Lui al Centro … Vivere "per Cristo, con Cristo in Cristo…"… Che bello! "Perdersi" nel Tu …
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima:
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.
Mi indicherai il sentiero della vita
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Guardate questo Crocefisso, dice il celebrante … è quello che affascinò San Francesco fino ad estasiarlo… egli aveva sempre Gesù negli occhi, nelle mani…: era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra.
Il silenzio è inframezzato da tenui singulti, le mani si stringono in una lacerante supplica, il clima generale è di astrazione totale dalla realtà. La si potrebbe chiamare “alchimia” degli animi che si incontrano e si comprendono e insieme iniziano il cammino dello spezzare il pane.
Ma prima di tutto imposizione delle mani per ricevere il dono dello Spirito Santo: acqua, fuoco, vento… salvezza… E’ qualcosa che ti entra dentro, che lascia un segno indelebile e non ti lascia più! E ancora con Papa Francesco:
"La fede non è una cosa decorativa, ornamentale, non è decorare la vita con un po' di religione", ha detto oggi Papa Francesco. "Come si fa con la panna che decora la torta. No!"
LE LETTURE PROPOSTE DA PADRE ROBERTO
PERCHE'?
- Senza di Lui si corre il rischio di scavare cisterne screpolate che non possono contenere acqua … Geremia 2: 12 Stupitene, o cieli; inorridite come non mai. Oracolo del Signore. 13 Perché il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me,sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua.
- Chi non raccoglie con Lui disperde …; chi non raccoglie con me, disperde. Luca 11,14-23 Chi rimane in Lui porta molto frutto …:Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla … (Gv 15,1-
- C'è il rischio di dimenticarsi ….
Il RIMPROVERO che Dio ha rivolto al suo popolo è stato proprio questo: Israele sì è dimenticato del Signore, della sua Parola. I profeti non si stancavano dì dire:
- Ma guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. Dt 4,9
12 Guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile, … Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome. Dt.6,12
E' questa la situazione descritta con amarezza da Dt 32,9-18:
9 Perché porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe è sua eredità. 10 Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitarì. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. 11 Come un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali, 12 II Signore lo guidò da solo, non c'era con lui alcun dio straniero. 13 Lo fece montare sulle alture della terra e lo nutrì con i prodotti della campagna; gli fece succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia; 14 crema di mucca e latte di pecora insieme con grasso di agnelli, arieti di Basan e capri, fior di farina di frumento e sangue dì uva, che bevevi spumeggiante. 15 Giacobbe ha mangiato e si è saziato, ~ sì, ti sei ingrassato, impinguato, rimpinzato – e ha respinto il Dio che lo aveva fatto, ha disprezzato la Roccia, sua salvezza. 16 Lo hanno fatto ingelosire con dei stranieri… 18 La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!
- Geremia 2 32 Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti, una sposa della sua cintura? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato per giorni innumerevoli. 33 Come sai ben scegliere la tua via in cerca di amore!
- E il profeta Baruc cap.4,8: 8 Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno, avete afflitto colei che vi ha nutriti, Gerusalemme.
- EZECHIELE accusa Israele di aver dimenticato il Signore(23,35): 35 Perciò dice il Signore Dio: "Poiché tu mi hai dimenticato e mi hai voltato le spalle, sconterai dunque la tua disonestà e le tue dissolutezze! ".
- IL Profeta OSEA ripete la stessa accusa: (8,14): 14 Israele ha dimenticato il suo creatore, si è costruito palazzi; Giuda ha moltipllcato le sue fortezze.
- E poi ancora nel cap.13,6: 4 Eppure io sono il Signore tuo Dio fin dal paese d'Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c'è salvatore fuori di me. 5 lo ti ho protetto nel deserto, in quell'arida terra. 6 Nel loro pascolo si sono saziati, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato.
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Si coglie la "povertà", i fallimenti … un senso di impotenza e sconforto …
«Gettate la rete sul lato destro della barca e troverete» … Lui chiede fede, abbandono … a ricominciare … a gettare la propria vita sulla sua Parola … a cogliere i segni della sua presenza … (li scopre solo chi ama …): «Ho Kyrios estin! È il Signore!»
Ecco l'immagine della nostra vita feriale: questo "fare", lavorare, affaticarsi con l'impressione e la certezza del fallimento … Questo pregare e non crescere … delle mani vuote … con la propria nudità come Pietro che nella sua nudità si getta in mare …
Ecco, tutto è compiuto, consumato…Cristo vero Corpo e vero Sangue è dentro di noi… non ci resta che tenerlo stretto nel nostro cuore per poi spanderlo all’esterno, fra la gente, nelle nostre case e nelle comunità.
Concludo con quanto ho estratto dagli appunti donatami alla fine della cerimonia, da Padre Roberto:
UNA TESTIMONE Madeleine Delbrel
Madeleine Delbrel 1904 -1964) è stata una mistica francese, assistente sociale e poetessa. A diciassette anni Madeleine professò un ateismo radicale e profondo, al punto da scrivere: «Dio è morto… viva la morte».
L'incontro con alcuni amici cristiani e in particolare l'ingresso nei domenicani del ragazzo che amava, l'hanno spinta a prendere in considerazione la possibilità dell'esistenza di Dio. Questo passo, fondato sulla riflessione e sulla preghiera, la condusse alla conversione, a un incontro con Dio che da quel giorno – 1924 – ha occupato tutto l'orizzonte della sua vita. La sua causa di beatificazione è stata introdotta a Roma nel 1994.
Nella mia comunità
Signore aiutami ad amare,
ad essere come il filo
di un vestito. Esso tiene insieme
i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto
che ce l'ha messo.
Tu Signore mio sarto,
sarto della comunità,
rendimi capace di
essere nel mondo
servendo con umiltà,
perché se il filo si vede tutto è
riuscito male. Rendimi amore in questa
tua Chiesa, perché
è l'amore che tiene
insieme i vari pezzi.
La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che
ne scocchi l'ora.
Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover
essere consumati. Come un filo di lana tagliato
dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane
animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l'attendiamo. Noi l'attendiamo, ed essa non viene.
Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno
lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
di ucciderci senza la nostra gloria.
Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l'autobus che passa affollato,
Il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
I bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl'invitati che nostro marito porta in casa
e quell'amico che, proprio lui, non viene;
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.
Così vengono le nostro pazienze,
in ranghi serrati o in fila indiana,
e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.
E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando –
per dare la nostra vita – un'occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami
che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che
i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana
tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno
per giorno si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.
Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.
E' la passione delle pazienze.
E in un'altra parte: trampolini per l'estasi,
II gomitolo di cotone per rammendare, la lettera da scrivere,
il bambino da alzare, il marito da rasserenare,
la porta da aprire, il microfono da staccare,
l'emicrania da sopportare:
altrettanti trampolini per l'estasi,
altrettanti ponti per passare dalla nostra povertà,
dalla nostra cattiva volontà alla riva serena dei tuo beneplacito.
Terminiamo con una sua preghiera:
Facci vivere la vita non come una partita a scacchi dove tutto è calcolo
non come una gara dove tutto è arduo
non come un problema da romperci la testa
non come un debito da pagare
Ed ora si torna a casa, dove ricomincia la nostra ferialità, ma più sereni e gioiosi… da convertiti… e non ci si converte forse, ogni giorno?
Grazie Padre Roberto, grazie Maria, Grazie Gesù!!!