Contro Ogni Violenza

Giornata del Migrante

No comments

3 Ottobre

GIORNATA NAZIONALE DEL MIGRANTE

 

fame-in-africa
Siamo stati tutti migranti… lo siamo ancora sempre in cerca di un bene, di una serenità, della pace nostra e altrui…

Un giorno per ricordare una delle peggiori stragi mai accadute sulle cose italiane. L’aula del Senato ha approvato in via definitiva la proposta di legge per l’istituzione, il 3 ottobre, della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.“La scelta del 3 ottobre – si legge nella relazione illustrativa – nasce dall’esigenza di preservare nella memoria collettiva del Paese il ricordo del naufragio avvenuto al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013, nel quale morirono 366 migranti“.

 

In occasione della Giornata nazionale saranno organizzati in tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri per “sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza”. Previste anche iniziative nelle scuole, “anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore”. Il testo dovrà ora essere firmato dal presidente della Repubblica.

 

migrante

Signore ti affidiamo i migranti e le loro famiglie: tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria terra, i propri beni e i loro cari. In particolare ti affidiamo coloro che muoiono nel nostro mare, le donne e i bambini.
Noi ti preghiamo
Signore ti preghiamo “affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi. Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre” (Papa Francesco)
Noi ti preghiamo

Edda CattaniGiornata del Migrante
Leggi Tutto

Il “disagio” nei nostri ragazzi

No comments

Le riunioni del Gruppo A.C.S.S.S. sono sempre occasione di nuove riflessioni. Della giornata di sabato 12 giugno posso dire che gran parte del tempo è stata occupata dalla testimonianza di una madre che dettagliatamente ha condiviso la sua dolorosa storia vissuta nell’accompagnamento di un figlio colpito da una grave forma di disagio, conclusasi tragicamente. Cosa poter dire in casi tanto terribili in cui per anni, per decenni si ama una propria creatura afflitta da un “male incurabile” eppur tanto compresa della propria condizione da lasciare ricordi indistruttibili… eterni? Non possiamo e non vogliamo intervenire nè per considerare le cause, lo svolgersi, le circostanze che hanno dato luogo a tanta disperata afflizione, ma cerchiamo almeno di capire come gli studiosi affrontano le prime manifestazioni del disagio giovanile, in un’epoca in cui tanti ragazzi sembrano non “voler vivere”.

testi a cura di Ignazio Baldelli e Ugo Vignuzzi

 

 

DISAGIO

sostantivo maschile

LA CITAZIONE

“…. ma prima che la bilancia dei calcoli femminili avesse pesato i disagi a cui poteva andare incontro,…”

Heinrich von Kleist

IL FILM

“IL CAMMINO DELLA SPERANZA”

Pietro Germi

(1950)

 

 

 

 

Il termine italiano disagio è un composto del prefisso dis-, che ha valore negativo (come in molte altre parole del tipo di disamore, disgrazia, disgusto, disoccupato, disordine) e del sostantivo agio cioè comodità, entrato nella nostra lingua nel Medioevo dal francese.

Proprio secondo la formazione della parola, disagio ha in primo luogo il valore opposto a quello di agio, e quindi significa assenza, mancanza di comodità: se qualcuno è a disagio vuol dire che non è a proprio agio, cioè sta almeno scomodo.

Più spesso, però, il termine si riferisce al complesso degli elementi di scomodità di una situazione, e per questo viene adoperato di preferenza al plurale: anche chi è abituato a sopportare o a soffrire i disagi di una vita non troppo comoda può lamentarsi di un lavoro in una sede disagiata, magari perché costretto a subire di frequente i disagi del pendolarismo.

Come si vede, disagio può indicare non soltanto la scomodità in senso concreto, ma più in generale la sensazione di scomodità che una persona prova.

Questa sensazione può essere determinata da fattori psicologici e soggettivi: ci si può sentire a disagio in un luogo perché non si conosce nessuno, ma anche perché ci sembra di non avere l’abito adatto.

In alcuni casi sono invece gli altri a metterci a disagio, magari con discorsi che non ci sentiamo di condividere, che ci imbarazzano o ci danno addirittura fastidio.

Così, spesso, sono le nuove generazioni, in un mondo che cambia sempre più rapidamente, a sentirsi a disagio di fronte ai comportamenti e alle regole della società degli adulti, che a loro paiono incomprensibili.

Il disagio giovanile è tipico di ogni cambio generazionale, ed è reso ancor più vistoso dai mutamenti epocali che caratterizzano questa fine di millennio.

La privazione degli agi, da un punto di vista sociale, e in particolare nelle condizioni di benessere di paesi come il nostro, equivale alla povertà; e gli individui e le classi disagiate sono quelle economicamente più deboli e svantaggiate.

Ma il disagio sociale, anche se spesso strettamente legato alle condizioni materiali, può nella realtà presentarsi sotto molti aspetti e avere radici complesse.

Ciascuno di noi è chiamato a portare il proprio contributo per cercare di ridurlo, se non di eliminarlo.

In questo senso l’esempio del volontariato è illuminante: non si tratta di fare occasionalmente la carità a un povero, ma di proporsi un impegno di vita che ci coinvolga in prima persona, all’insegna di quell’umana solidarietà che prescinde dalle differenze di classe, di razza, e di cultura.

Ciò vuol dire attivarsi per improntare la vita di tutti i giorni non solo al rispetto, ma all’amore verso il prossimo, nella convinzione che occorre fare agli altri ciò che si vorrebbe fosse fatto a noi, soprattutto quando siamo in una condizione di disagio.

 

http://www.educational.rai.it/lemma/testi/solidarieta/disagio.htm

Edda CattaniIl “disagio” nei nostri ragazzi
Leggi Tutto

Afghanistan come Nassirya

No comments

 Afghanistan, come Nassirya

per non dimenticare

TRIBUTO

In questo giorno in cui si celebra un anniversario di libertà e di pace, non possiamo dimenticare coloro che hanno dato la vita per difendere entrambe.

 

Questa pagina vuole essere un tributo ai soldati italiani in servizio all’Italia e a quelli caduti, per non dimenticare chi ogni giorno si alza e indossa una divisa per proteggere il prossimo e non sa se a casa tornerà vivo o morto…

E’ dedicata a tutti i soldati che ogni giorno combattono per la giustizia e per la libertà, che rischiano la vita per noi in ogni luogo e che credono in un ideale.

Quando mio figlio è mancato, ormai prossimo a partire per il Kossowo, ho trovato nel taschino della sua giacca un’immaginetta gualcita ove era stampata la preghiera che recitava ogni giorno:

Preghiera del Soldato

Signore Iddio, che hai costituito di molti popoli l’ umana famiglia,

da Te creata e redenta, guarda benigno noi,

che abbiamo lasciato le nostre case per servire l’ Italia.

Aiutaci, Signore, affinché, con la forza della Tua fede,

siamo capaci di affrontare fatiche e pericoli

in generosa fraternità d’ intenti,

offrendo alla Patria la nostra pronta obbedienza,

la nostra serena dedizione.
Fa che sentiamo ogni giorno,

nella voce del dovere che ci guida,

l’ eco della Tua voce;

fa che siamo d’ esempio a tutti i cittadini

nella fedeltà ai Tuoi comandamenti,

alla Tua Chiesa

e nell’ osservanza delle leggi dello Stato.
Dona, o Signore, il riposo eterno ai nostri morti

ed ai caduti di tutte le guerre.

Concedi ai popoli la pace nella giustizia e nella libertà

e che l’ Italia nostra, stimata ed amata nel mondo,

meriti la protezione Tua e la materna custodia di Maria

anche in virtù della concordia operosa dei suoi figli.
Amen.

 

 

Edda CattaniAfghanistan come Nassirya
Leggi Tutto

Benedizione delle donne

No comments

BENEDIZIONE DELLE DONNE
da suor Elsa

 

 

Che il Dio di Eva ti insegni a discernere il bene e il male.
Che il Dio di Agar conforti te e tutte le donne quando si sentono sole …nel deserto della vita .
Che il Dio di Miriam ti faccia strumento di liberazione.
Che il Dio di Debora ti conceda audacia e coraggio
per lottare per la giustizia.
Che il Dio di Ester ti conceda fortezza per affrontare i potenti
in favore del suo popolo esiliato.
Che il Dio di Maria di Nazareth apra il tuo cuore perché
tu possa ricevere con gioia il germe di Colui che vive per sempre.
Gesù, che disse alla Samaritana tutto quello che aveva fatto,
ti renda evangelizzatrice del tuo popolo.
Gesù, che guarì la donna curva, liberi te e tutte le donne
oppresse dalle tradizioni religiose e culturali.
Gesù, che si lasciò ungere il capo da una donna,

ti conceda di essere
sua profetessa perché lo riconosca sempre Signore e Messia.
Gesù, l’amico di Maria Maddalena, ti invii e, come sua apostola,
tu possa portare il messaggio di liberazione a tutte le genti.
Che lo Spirito ti consacri perché in Gesù Cristo, tu possa annunciare
Buone Notizie ai poveri e libertà ai prigionieri.
Nel nome di Dio che è, che era e che sempre sarà con noi
e con il suo popolo.


AMEN.

 

(da FB fra Benito)

 

 

Edda CattaniBenedizione delle donne
Leggi Tutto

Mondo musulmano

No comments

Ricevo dal Dott. Aldo Preda (RA) – Senatore nella XIII legislatura:

Lettera aperta al mondo musulmano

 

Abdennour Bidar

Abdennour Bidar è filosofo, specializzato in evoluzione contemporanea dell’Islam e delle teorie di secolarizzazione e post-secolarizzazione

 

Caro mondo musulmano, sono uno tra i tuoi figli allontanati, che ti guarda dal di fuori e da lontano, da questa Francia dove tanti dei tuoi figli vivono oggi. Ti guardo con occhi severi, occhi di un filosofo cresciuto con il taçawwuf (sufismo) e il pensiero occidentale. Ti guardo pertanto dalla mia posizione di barzakh, di istmo tra i due mari d’Oriente e d’Occidente.

E che cosa vedo? Che cosa vedo meglio che altri, siccome ti guardo da lontano con il distacco della distanza? Ti vedo in una condizione di miseria e di sofferenza che mi rende tremendamente triste, ma che rende ancora più duro il mio giudizio di filosofo! Questo poiché vedo che stai mettendo al mondo un mostro che preferisce essere chiamato Stato islamico e al quale qualcuno preferisce dare il nome di demonio: DAESH. La cosa peggiore è che ti vedo perdere il tuo tempo e il tuo onore, rifiutando di riconoscere che questo l’hai fatto nascere tu, è frutto dei tuoi vagabondaggi, delle tue contraddizioni, della tua interminabile scissione tra passato e presente, della tua duratura incapacità a trovare un posto nella civiltà umana.

Che cosa dici davanti a questo mostro? Qual è il tuo discorso? Tu urli “Non sono io!”, “Non è l’Islam”. Rifiuti che i crimini commessi da questo mostro siano commessi sotto tuo nome (hashtag #NotInMyName). Sei indignato davanti ad una tale mostruosità, insorgi quando il mostro usurpa la tua identità, e hai sicuramente ragione di farlo. È indispensabile che davanti al mondo proclami, ad alta voce che l’islam denuncia le barbarie. Ma è assolutamente insufficiente! Poiché tu ti rifugi nel riflesso dell’autodifesa senza assumerti anche, e soprattutto, la responsabilità dell’autocritica. Ti accontenti d’indignarti, quando invece questo momento storico sarebbe stata un’occasione incredibile per rimetterti in discussione! E come sempre, tu accusi invece di prenderti la tua responsabilità: “Smettetela, voi occidentali e tutti voi nemici dell’Islam, di associarci a questo mostro! Il terrorismo non è l’islam, il vero islam, l’islam buono che non vuole la guerra, ma la pace!”.

Sento questo grido di rivolta che sale dentro di te e ti capisco, oh mio caro mondo musulmano. Si, hai ragione, come ciascuna delle grandi idee sacre del mondo, l’Islam durante la sua storia ha creato della Bellezza, della Giustizia, del Senso, del Bene, e ha potentemente illuminato l’essere umano nel cammino del mistero dell’esistenza… Combatto qua in Occidente, in ognuno dei miei libri, affinché tale saggezza dell’islam et di tutte le religioni non sia dimenticata e neanche disprezzata! Ma dalla mia posizione distante, vedo anche qualcos’altro, qualcosa che tu non riesci a vedere o che non vuoi vedere… E questo suscita in me una domanda, LA grande domanda: perché questo mostro ti ha rubato il volto? Perché questo mostro ignobile ha scelto il tuo viso e non un altro? Perché ha preso la maschera dell’islam e non un’altra? La verità è che dietro quest’immagine del mostro si nasconde un immenso problema che tu non sembri pronto a guardare in faccia. Tuttavia è necessario, è necessario che tu abbia il coraggio.

Questo problema è quello delle radici del male. Da dove provengono i crimini di questo cosi detto “Stato islamico”? Te lo dirò, amico mio. E questo non ti farà piacere, ma è mio dovere di filosofo. Le radici di questo male che oggi ti ruba il volto risiedono in te, il mostro è uscito dal tuo ventre, il cancro è nel tuo corpo. E cosi tanti nuovi mostri, peggiori di questi, usciranno ancora dal tuo ventre malato, fintanto che tu ti rifiuterai di guardare in faccia questa verità e che impiegherai del tempo a ammettere e ad attaccare finalmente questa radice del male!

Anche gli intellettuali occidentali, quando dico loro questo, lo vedono con difficoltà: la maggior parte ha talmente dimenticato che cos’è la potenza della religione, nel bene e nel male sulla vita e sulla morte, che mi dicono ” no, il problema del mondo musulmano non è l’islam, non è la religione ma la politica, la storia, l’economia, etc.”. Vivono in società cosi secolarizzate che non si ricordano per niente che la religione può essere il cuore del reattore di una civilizzazione umana! E che nel domani il futuro dell’umanità passerà, non soltanto attraverso la risoluzione della crisi finanziaria e economica, ma in maniera più essenziale anche attraverso la risoluzione della crisi spirituale che attraversa tutta la nostra umanità, senza precedenti! Sapremo unirci tutti, a livello planetare, per affrontare questa sfida fondamentale? La natura spirituale dell’uomo ha paura del vuoto, e se non trova nulla di nuovo per riempirlo lo farà domani con delle religioni sempre più inadatte al presente e si metteranno quindi a produrre dei mostri, come fa l’islam attualmente.

Vedo in te, o mondo musulmano, grandi energie pronte a liberarsi per contribuire a questo sforzo mondiale che consiste nel trovare una via spirituale per il XXI secolo! In effetti, malgrado la gravità della malattia e l’entità delle ombre d’oscurantismo che vogliono ricoprirti interamente, vedo in te una molteplicità straordinaria di donne e di uomini pronti a riformare l’islam, a ricreare il suo genio al di là delle se forme storiche e a partecipare ugualmente al completo rinnovamento del rapporto che l’umanità mantiene fino ad adesso con i suoi dei! Nei miei libri mi sono rivolto à tutti coloro, musulmani e non musulmani, che sperano tutti insieme nella rivoluzione spirituale! Per dare fiducia, con le mie parole da filoso, a quello che intravede la loro speranza.

Nella Oumma (comunità di musulmani) ci sono delle donne e degli uomini civilizzati che sostengono l’idea di un futuro spirituale per l’essere umano. Ma questi uomini non sono ancora abbastanza numerosi e la loro parola non è ancora cosi potente. Onoro la lucidità e il coraggio di tutti loro, i quali hanno capito perfettamente che la nascita dei mostri terroristici dal nome di Al Qaida, Al Nostra, AQMI o dello “Stato islamico” è il risultato della condizione generale della profonda malattia del mondo musulmano. Hanno capito bene che risiedono là, su di un immenso corpo malato, i sintomi più gravi e più visibili delle seguenti malattie croniche: incapacità di istituire delle democrazie durature nelle quali la libertà di coscienza sui dogmi della religione, è riconosciuta come un diritto morale e politico; prigione morale e sociale di una religione dogmatica, idiomatica et ogni tanto totalitaria; fatiche croniche nel migliorare la condizione delle donne riguardo a uguaglianza, responsabilità e libertà; incapacità di distinguere a sufficienza il potere politico dal suo controllo da parte dell’autorità religiosa; incapacità d’istituire un rispetto, una tolleranza e un vero riconoscimento del pluralismo religioso e delle minorità religiose.

Sarebbe pertanto tutto ciò un errore dell’Occidente? Quanto tempo prezioso, quanti anni cruciali perderai ancora, o mio caro mondo musulmano, à causa di questa accusa stupida alla quale tu stesso non credi più e dietro alla quale ti nascondi per continuare a mentire a te stesso? Se ti critico in modo cosi severo non è perché sono un filosofo “occidentale”, ma perché sono uno tra i tuoi figli consapevoli di tutto ciò che hai perduto, della grandezza sbiadita da cosi tanto tempo che è diventata un mito!

In particolare dal XVIII secolo, è giunto il momento di confessartelo insomma, sei stato incapace di rispondere alla sfida dell’Occidente. O ti sei rifugiato nel passato in modo infantile e mortificato, con l’intollerante e cupa regressione del wahhabismo la quale continua a fare dei danni praticamente ovunque all’interno dei tuoi confini, un wahhabismo che tu diffondi a partire dai tuoi luoghi santi dell’Arabia Saudita come un cancro che partirebbe anch’esso dal tuo cuore. Oppure hai seguito il peggio di questo Occidente, producendo com’esso dei nazionalismi e un modernismo che è caricatura della modernità, voglio parlare di questa frenesia di consumo o meglio ancora di questo sviluppo tecnologico incoerente insieme ai loro arcaismi religiosi, che rende le tue ricchissime “élites” del Golfo soltanto delle vittime consenzienti della malattia oramai mondiale che è il culto del dio argento.

Che cos’hai di ammirevole oggi, amico mio? Che cosa rimane in te che sia degno di suscitare il rispetto e l’ammirazione degli altri popoli e civiltà della Terra? Dove sono le tue persone sagge? Hai ancora una saggezza da proporre al mondo? Dove sono i tuoi grandi uomini, chi sono i tuoi Mandela, i tuoi Gandhi, chi sono i tuoi Aung San Suu Kyi? Dove sono i tuoi grandi pensatori, i tuoi intellettuali i cui libri dovrebbero essere letti nel mondo intero come al tempo in cui i matematici e i filosofi arabi e persiani facevano riferimento dall’India alla Spagna? In realtà sei diventato cosi debole, cosi impotente dietro la certezza che risiede sempre in te… Non sai più chi sei né dove vuoi andare e ciò ti rende tanto infelice quanto aggressivo… Ti ostini a non ascoltare coloro che ti invitano a cambiare liberandoti finalmente dalla dominazione, che hai regalato alla religione, della vita intera. Hai scelto di considerare che Mohammed fosse profeta e re. Hai scelto di definire l’islam una religione politica, sociale, morale che deve regnare come un tiranno tanto sullo Stato quanto sulla vita civile, tanto per strada e in casa quanto all’interno di ciascuna coscienza. Hai scelto di credere e d’imporre che l’Islam significa sottomissione quando invece il Corano stesso proclama che “non c’è costrizione nella religione” (La ikraha fi Dîn). Tu hai fatto del suo Richiamo alla libertà l’impero della costrizione! Come può una civiltà tradire il suo testo sacro, fino a questo punto? Penso che sia il momento, nella civilizzazione dell’islam, di istituire questa libertà spirituale, la più sublime e difficile di tutte, al posto di tutte le leggi inventate da generazioni di teologici!

Oggi nella Oumma si sentono numerose voci che tu non vuoi sentire, che insorgono contro questo scandalo, che denunciano questo tabou di una religione autoritaria e indiscutibile di cui si servono i capi per diffondere la loro dominazione all’infinito… Al tal punto che troppi credenti hanno talmente interiorizzato una cultura della sottomissione alla tradizione e ai “maestri della religione” (imams, muftis, shouyoukhs, etc.), che non capiscono neanche che si parla loro di libertà spirituale et non ammettono che si osi parlare loro di scelte personali a proposito dei “pilastri” dell’islam. Tutto ciò costituisce per loro una “linea rossa”, qualcosa di troppo sacro perché possano dare alla loro coscienza il permesso di rimetterlo in discussione! E ce ne sono tante di queste famiglie, di queste società musulmane nelle quali tale confusione tra spiritualità e servitù è radicata nelle loro menti dalla più giovane età e nelle quali l’educazione spirituale è talmente misera che tutto quello che riguarda la religione, in un modo o nell’altro, rimane pertanto qualcosa su cui non si discute!

Adesso questo non è sicuramente imposto dal terrorismo di qualche pazzo, da qualche gruppo di fanatici inviati dallo Stato islamico. No, questo problema è infinitamente più profondo e infinitamente più vasto! Ma chi lo vedrà e chi lo pronuncerà? Chi vuole ascoltarlo? C’è silenzio a questo proposito nel mondo musulmano e nei media occidentali si sente solo più parlare di questi specialisti del terrorismo che aumentano giorno dopo giorno la miopia generale! Bisogna fare in modo che tu, amico mio, non ti illuda credendo e facendo credere che quando si finirà con il terrorismo islamico, l’islam avrà risolto i suoi problemi! Poiché tutto quello che ho evocato, una religione tirannica, dogmatica, letteraria, formalista, maschilista, conservatrice, regressista, è troppo spesso, non sempre, ma troppo spesso, l’islam ordinario, l’islam quotidiano che soffre e fa soffrire troppe coscienze, l’islam della tradizione e del passato, l’islam deformato da tutti coloro i quali lo utilizzano politicamente, l’islam che riesce ancora a mettere a tacere le Primavere arabe e la voce di tutti i giovani che chiedono qualcos’altro. Allora quando farai la tua vera rivoluzione? Questa rivoluzione che nelle società e nelle coscienze farà definitivamente rimare religione con libertà, questa rivoluzione senza ritorno che si accorgerà che la religione è diventato un fatto sociale tra altri ovunque nel mondo, e che i suoi esorbitanti diritti non hanno più alcuna legittimità!

Sicuramente nel tuo immenso territorio ci sono degli isolotti di libertà spirituale: delle famiglie che trasmettono un islam di tolleranza, di scelta personale, di approfondimento spirituale; dei contesti sociali nei quali la gabbia della prigione religiosa si è aperta o semi-aperta; dei luoghi in cui l’islam da ancora il meglio di sé che corrisponde ad una cultura della condivisione, dell’onore, della ricerca di sapere e una spiritualità alla ricerca di questo luogo sacro dove s’incontrano l’essere umano e la realtà ultima chiamata Allah. In Terra islamica e ovunque nelle comunità musulmane del mondo ci sono delle coscienze forti e libere, ma esse sono condannate a vivere la loro libertà senza certezza, senza riconoscenza di un diritto veritiero, lasciate a loro rischio e pericolo di fronte al controllo comunitario o addirittura talvolta di fronte alla polizia religiosa. Fino ad ora non è mai stato riconosciuto il diritto di dire “Io scelgo il mio islam”, “Ho il mio proprio rapporto con l’islam” da parte dell’ “islam officiale” di coloro che hanno una dignità. Questi ultimi invece si ostinano a imporre che “la dottrina dell’islam è unica” e che “l’obbedienza ai pilastri dell’islam è la sola soluzione”.

Questo rifiuto del diritto alla libertà religiosa è una delle fonti del dolore di cui tu soffri, o mio caro amico mondo musulmano, uno dei ventri oscuri dove crescono i mostri che fai infuriare da qualche anno davanti ai volti spaventati del mondo intero. Poiché questa religione del fare impone una violenza insostenibile interamente a tutte le tue società. Questa rinchiude sempre troppe delle tue figlie e tutti i tuoi figli in una gabbia di un Bene e di un Male, di un lecito (halâl) e di un illecito (harâm) che nessuno sceglie ma che tutti subiscono. Imprigiona le volontà, condiziona gli spiriti, impedisce o ostacola qualsiasi scelta di vita personale. In troppi dei tuoi paesi tu associ ancora religione e violenza, contro le donne, contro i “cattivi credenti”, contro le minoranze cristiane o altre, contro i pensatori e gli spiriti liberi, contro i ribelli, in modo tale da arrivare a confondere questa religione e questa violenza , tra i più squilibrati e i più fragili dei tuoi figli, nella mostruosità del jihad!

Pertanto, ti prego, non ti stupire, non fare più finta di stupirti che dei demoni come il cosi detto Stato islamico ti abbiano rubato il volto! Poiché i mostri e i demoni rubano solo i volti già deformi a causa di troppe smorfie! E se vuoi sapere come fare per non mettere più al mondo tali mostri, te lo dirò. È allo stesso tempo semplice e molto difficile. Devi iniziare dal riformare tutta l’educazione che fornisci ai tuoi bambini, è necessario che tu riformi ciascuna delle tue scuola, ciascuno dei tuoi luoghi di sapere e di potere. È necessario che le riformi per dirigerle secondo dei principi universali (anche se non sei il solo a non rispettarli o a persistere nella loro ignoranza): la libertà di coscienza, la democrazia, la tolleranza e il diritto di cittadinanza per ogni diversità nella visione del mondo e nelle credenze, l’uguaglianza dei sessi e l’emancipazione delle donne sotto tutela maschile, la riflessione e la cultura critica del religioso nelle università, la letteratura, i media. Non puoi più tornare indietro, non puoi più fare di meno di tutto ciò! Non puoi più fare meno della rivoluzione spirituale la più completa! È il solo modo per te per non mettere più al mondo tali mostri e se non lo fai sarai ben presto distrutto dalla potenza della distruzione. Quando avrai correttamente portato a termine questo compito colossale, invece che rifugiarti ancora nella malafede e nell’accecamento volontario, allora più nessun mostro spregevole potrà venire a rubarti il volto.

Caro mondo musulmano… Sono solo un filosofo e come sempre alcuni diranno che il filosofo è un eretico. Pertanto io cerco soltanto di far risplendere di nuovo la luce, è il nome che mi hai dato ad ordinarmelo, Abdennour, «Serviteur de la Lumière».

Non sarei mai stato cosi severo in questa lettera se non credessi in te. Come si dice in francese: “Chi ama profondamente, castiga bene”. Al contrario, tutti coloro i quali non sono abbastanza severi con te attualmente, che ti scusano sempre, che ti voglio considerare sempre una vittima, o che non vedono la tua responsabilità in quello che ti accade, tutti loro in realtà non ti fanno del bene! Credo in te, credo nel tuo contributo nel fare del nostro pianeta un universo più umano e allo stesso tempo più spirituale! Salâm, che la pace sia in te.

 

Huffingtonpost 10.02.2015

 

Edda CattaniMondo musulmano
Leggi Tutto

Il “perdono”: riflessioni

1 comment

Nella cronaca, di qualche anno fa due casi tanto diversi

di “richiesta di perdono”

Un Papa che chiede perdono:

“Mai più abusi”

 CITTA’ DEL VATICANO – Come il pastore, che “ha bisogno del bastone” per proteggere il suo gregge, e del “vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili”, anche la Chiesa “deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti”. Lo ha detto papa Benedetto XVI alla messa per la conclusione dell’Anno sacerdotale. “Proprio l’uso del bastone – ha aggiunto – può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale”.
Un chiaro riferimento ai sacerdoti colpevoli di abusi in passato coperti da alcune componenti della gerarchia cattolica. E proprio parlando dei casi di pedofilia, nel corso della celebrazione il Papa aveva chiesto “perdono a Dio e alle persone coinvolte” e promesso “di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più”.

  

Caso Onofri, Alessi: «Chiedo perdono, ma non ho ucciso io Tommy»

«CHIEDO PERDONO» – Alessi ribadisce la sua «innocenza» in un’intervista alla Gazzetta di Parma. Da fine marzo, l’uomo è rinchiuso nel carcere di Prato (è da solo in cella, legge e lavora a un nuovo memoriale): chiede perdono alla mamma di Tommy, Paola Pellinghelli, «per tutto il male che le abbiamo fatto e che io le ho fatto». La risposta della donna è un «no»: «Non me la sento di perdonare, e forse non lo farò mai. Voglio solo che sconti la sua pena. Vorrei che lui e gli altri pagassero fino in fondo e dicessero la verità».

 

Un motivo per trarre alcune riflessioni:

 

 

Il perdono cristiano

 
[NADIA BONALDO]
Ci sono sempre parole che feriscono, suscettibilità che si urtano. Chiedere e accogliere il perdono è un processo umano e un percorso divino. Comincia con un atto di coraggio e, trasformando le relazioni umane, possiede la capacità di rivelare il volto originale di Dio.

Chiedere perdono come anche perdonare non sono azioni spontanee, naturali. Sono valori entrati a far parte della cultura cristiana e che il cristiano è chiamato a vivere con la forza che scaturisce dalla vita nuova ricevuta con il Battesimo.

 “Ma lei ha perdonato coloro che hanno ucciso, il figlio… il marito?…”
“ E lei ha chiesto perdono alla famiglia?”.
Quante volte, a seconda dei casi, abbiamo sentito porre dai giornalisti questi tipi di domande  a coloro che sono ancora straziati da un dolore o che hanno appena commesso un reato!
E quante volte abbiamo disapprovato la mancanza di tatto in momenti così delicati avvertendo, anche inconsciamente, che il perdono da chiedere o da ricevere non è automatico ma un processo lento, progressivo, che coinvolge tutta la sfera della persona. Ci risulta faticoso chiedere perdono perché la nostra società incoraggia a salvare la faccia, a giustificarci in ogni caso, a dare prova di spirito di potenza, a non incontrare la propria debolezza. Ammettere di aver sbagliato, infatti, presuppone una grande attenzione alla propria interiorità e ai propri valori, tanto morali quanto spirituali.

Per un perdono senza equivoci

Perdonare non significa pronunciare la parola magica del perdono  e magari aspettarsi un effetto istantaneo, anch’esso magico. Può essere facile pronunciare la parola perdono, ma ha poco valore se non c’è il cuore, se non è coinvolta tutta la persona. L’atto della volontà è necessario (come diceva sant’Agostino)  ma non è sufficiente. Sono indispensabili risorse come l’intelligenza, il cuore, la sensibilità, il buonsenso, altrimenti risulta un perdono artificioso. Ciò richiede una generosità tale che ci si deve rimettere a un’istanza superiore , a un Altro, a Dio per poterlo realizzare.
Il perdono dipende quindi da un’azione umana e da un’azione divina in cui ciascuna vi apporta il proprio contributo, ed entrambe sono indispensabili.

Perdonare non significa dimenticare il torto subito. Spesso sentiamo dire: «Va bene, dimentichiamo, voltiamo pagina, perdoniamoci… ». In questo caso non si avrebbe niente da perdonare. Esercitare il perdono esige invece una buona memoria e una coscienza lucida dell’offesa. Anzi, alcuni suggeriscono di ricordare, anche dettagliatamente, il torto ricevuto per poterci liberare delle ferite che esso può aver provocato. In effetti, se si giunge a perdonare un’offesa ciò significa che il suo ricordo non ci causa più sofferenza ma sarà un ricordo come un altro che contribuirà ad acquistare maggiore saggezza. “Il perdono non è dimenticare le colpe del passato, ma un dilatarsi del cuore in uno scambio di vita” (Giovanni Vannucci).

Perdonare non significa negare o sminuire l’offesa subita dicendo: «Non è grave! Ho le spalle larghe, ci vuol ben altro per lasciarmi abbattere! ». Quando si riceve un duro colpo, specie da persone a noi care, una delle reazioni più frequenti consiste nel difendersi dal tumulto di emozioni che emergono in noi, negando che ci sia stata l’offesa. Ma questa reazione non si chiama perdono bensì rimozione e non c’entra nulla con il perdono cristiano.

Perdonare non significa abdicare ai propri diritti. Nel vangelo Gesù dice:
“Sapete che fu detto: occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due” (Mt 5,38-41).

Charles Duquoc, commentando questo brano, afferma che Gesù non è un ingenuo, non comanda la passività, non chiede di rinunciare alla lotta contro il male. Egli vuole mostrare che l’equivalenza nel male, fosse anche nel nome della giustizia, non trasforma la società umana. Ci vuole un atteggiamento che non si misuri su quanto è già stato fatto: occorre un gesto innovativo, un gesto creatore.
Il perdono rappresenta questa innovazione.
Il credente imita Dio creatore quando, tralasciando l’imperativo della giustizia legale, apre un’altra relazione con colui al quale egli perdona. Così il perdono, trasformando le relazioni umane, possiede la capacità di rivelare il volto originale di Dio. Il perdono comincia con un atto di coraggio.
Perdonare e accogliere il perdono sono gesti creatori che manifestano gli effetti della vita nuova che lasciamo emergere in noi.

Dai Padri della Chiesa
“L’animo sia ben disposto, umile, pieno di misericordia, facile a perdonare. Chi sa di avere offeso, chieda perdono. E’ indubbiamente assai meritevole perdonare le colpe al fratello, come il Signore perdona le nostre. E’ solo questione di volontà. Qualcuno può dire: “Ho mal di stomaco: non posso digiunare”, oppure: “vorrei dare qualcosa ai poveri, ma non posso, ho appena il sufficiente per me”. Ma chi oserà dire:”Non concedo il perdono a chi me lo chiede perché la salute non me lo permette, o mi manca la mano con cui stringere la sua?” . Perdona e sarai perdonato. Non si richiede uno sforzo fisico: L’anima non ha bisogno di fatica muscolare per compiere quanto le viene richiesto. Essendo scritto: Non lasciate tramontare il sole, senza che abbiate prima perdonato (Ef 4,26) ditemi, fratelli carissimi, se può chiamarsi cristiano colui che non vuol finirla con i rancori, che non avrebbe mai dovuto alimentare” (Agostino, Sermone 210,12).

Edda CattaniIl “perdono”: riflessioni
Leggi Tutto

Continuano le stragi

No comments

Continuano le stragi di innocenti

migranti

 

Ma siamo ancora umani?
Ieri si è parlato tanto dell’arrivo del presidente americano ma si sono ignorati i tanti morti annegati al largo della Libia.

Mi dispiace mamma,
perché la barca è affondata e non sono riuscito a raggiungere l’Europa.
Mi dispiace mamma,
perché non riuscirò a saldare i debiti che avevo fatto per pagare il viaggio.
Non ti rattristare se non trovano il mio corpo,
cosa potrà mai offrirti, se non il peso delle spese di rimpatrio e sepoltura?

Mi dispiace mamma,
perché si è scatenata questa guerra ed io, come tanti altri uomini, sono dovuto partire.
Eppure i miei sogni non erano grandi quanto quelli degli altri…
Lo sai, i miei sogni erano grandi quanto le medicine per il tuo colon e le spese per sistemare i tuoi denti…
A proposito… i miei denti sono diventati verdi per le alghe. Ma nonostante tutto, restano più belli di quelli del dittatore!

Mi dispiace amore mio,
perché sono riuscito a costruirti solo una casa fatta di fantasia:
una bella capanna di legno, come quella che vedevamo nei film…
una casa povera, ma lontana dai barili esplosivi, dalle discriminazioni religiose e razziali, dai pregiudizi dei vicini nei nostri confronti…

Mi dispiace fratello mio,
perchè non posso mandarti i cinquanta euro che avevo promesso di inviarti ogni mese
per farti divertire un po’ prima della laurea…
Mi dispiace sorella mia,
perché non potrò mandarti il cellulare con l’opzione wi-fi, come quello delle tue amiche ricche…

Mi dispiace casa mia,
perché non potrò più appendere il cappotto dietro alla porta.
Mi dispiace, sommozzatori e soccorritori che cercate i naufraghi,
perché io non conosco il nome del mare in cui sono finito.
E voi dell’ufficio rifugiati invece, non preoccupatevi, perchè io non sarò una croce per voi.

Ti ringrazio mare,
perché ci hai accolto senza visto né passaporto.
Vi ringrazio pesci,
che dividete il mio corpo senza chiedermi di che religione io sia o quale sia la mia affiliazione politica.
Ringrazio i mezzi di comunicazione,
che trasmetteranno la notizia della nostra morte per cinque minuti, ogni ora, per un paio di giorni almeno.
Ringrazio anche voi, diventati tristi al sentire la nostra tragica notizia.
Mi dispiace se sono affondato in mare.

 

Edda CattaniContinuano le stragi
Leggi Tutto

Ma si può perdonare?

No comments

Ma si può perdonare?

Non possiamo dimenticare… è il simbolo della violenza sui bambini.

 

Disponiamoci con la lettura della riflessione odierna di fra Benito:

“.. ci sono umiltà che ingrandiscono un uomo .. e poteri che lo rimpiccioliscono .. e penso a quanto diceva l’Abbé Pierre a una Comunità che amo: “.. preoccupatevi di avere sempre nella vostra fraternità un vetro rotto ..” .. sì, perché se si conserva un vetro rotto, segno di inadeguatezza, e non si teme di mostrarlo, chi ci passerà accanto non ci sentirà chiusi in un’isola di perfezione .. e magari sentirà di poter essere accolto ..

.. dedicato alla parrocchia e al paese in cui vivo .. e ai bambini che rompono i vetri dell’oratorio o di case per ricordarci quanto siamo inadeguati .. e aprire così un pertugio per chi da fuori può portarci qualcosa di nuovo ..”

Beato fra Benito che si diletta ad accarezzare questi piccoli monelli “inadeguati” che rompono i vetri e che noi continuiamo ad amare perché sappiamo che non possiamo inquadrarli in uno sterile manuale di regole.

Purtroppo nella società di oggi, presa dai suoi mille problemi, dai suoi ritmi frenetici non sempre si usa tale delicatezza parlando dei minori e molti sono coloro che hanno tralasciato o forse non hanno voluto vedere cose che lasciano segni e ferite non solo nel corpo ma anche nell’anima.

La violenza è una cosa che nessuno dovrebbe provare o vedere né tanto meno negli occhi di giovani innocenti senza colpa, ma se ancora non abbiamo, non abbiamo imparato a rispettare i nostri simili, ancor più questa ignoranza diventa grave quando si oltrepassano i diritti dei piccoli innocenti.

Ci raggiunge oggi la notizia che è mancato, dopo un lungo periodo di disabilità e sofferenza, il papà del piccolo Tommaso Onofri una delle tante indimenticabili vittime di un terribile episodio di violenza, giunta alla cronaca e alle nostre famiglie, esterrefatte per la brutalità dell’evento.

Viene da chiedersi se meriti di essere chiamato “uomo” colui che ha commesso un atto di tale efferatezza e se chi ha compiuto tale gesto meriti di essere dimenticato o quanto meno “perdonato”…

Contrariamente alla via del mondo, non c’è perdono senza pentimento, e sta a ragione, perché se non c’è ammissione di aver sbagliato, allora non ci può essere perdono perché la risposta ricevuta sarà: “Per cosa?”

Eppure il Signore richiede che noi perdoniamo chi ha trasgredito contro di noi. Come può questo essere riconciliato con il riconoscimento di torto e la giusta retribuzione per quel peccato?

Ciò nonostante spesso i nostri bambini devono sopportare quotidianamente abusi dagli adulti che il più delle volte sono loro parenti stretti, vicini, amici, persone quindi insospettabili che si celano dietro una maschera crudele e divengono indifese vittime di irresponsabili assassini.

Bisogna abbandonare quindi l’idea che ad abusare dei minori siano degli sconosciuti grandi e grossi che incutono paura. Alle volte la violenza viene perpetrata nelle scuole, addirittura negli asili nido e da parte di coloro a cui i piccoli sono stati affidati da genitori che li ritenevano tutelati.

Spesso, oltre le ferite fisiche queste atrocità possono lasciare segni ben più gravi, che sono quelle che lasciano nelle menti dei ragazzi.

Non so quanto si potrà porre rimedio a queste piaga della società; è da ingenui però pensare che le leggi o la tanta declamata “giustizia” basti per offrire ai bambini una protezione perché sono state emanate tante leggi ma il problema persiste tuttora.

Ed ecco perché oggi dedichiamo questa pagina web al piccolo Tommy e al suo Papà che non ha saputo perdonarsi di non avere riconosciuto in un amico, collaboratore entrato nella sua casa, il volto dell’assassino!

 

Vola Tommy ora, vola in alto con il tuo Papà… liberi finalmente entrambi!!!

Edda CattaniMa si può perdonare?
Leggi Tutto

Allarme terrorismo

No comments

ALLARME TERRORISMO

Alla notizia dei morti precipitati con l’aereo diretto al Cairo ricordiamoli con la preghiera di Papa Francesco, al termine della Santa Messa a Lampedusa, rivolte a Maria, Stella del Mare:

maria

O Maria, stella del mare, ancora una volta ricorriamo a te, per trovare rifugio e serenità, per implorare protezione e soccorso.

Madre di misericordia, implora perdono per noi che, resi ciechi dall’egoismo, ripiegati sui nostri interessi e prigionieri delle nostre paure, siamo distratti nei confronti delle necessità e delle sofferenze dei fratelli.

Rifugio dei peccatori, ottieni la conversione del cuore di quanti generano guerra, odio e povertà, sfruttano i fratelli e le loro fragilità, fanno indegno commercio della vita umana.

Modello di carità, benedici gli uomini e le donne di buona volontà, che accolgono e servono coloro che approdano su questa terra: l’amore ricevuto e donato sia seme di nuovi legami fraterni e aurora di un mondo di pace.

Edda CattaniAllarme terrorismo
Leggi Tutto

Nessuno ha il diritto…!!!

No comments

 

Da chi difendere i  nostri  bambini ?

Esistono gli “orchi”???

Dedicato a tutti i piccoli toccati dall’ ORCO

e a te piccolina caduta o buttata da un balcone…

aspettare1

Nel folclore e nelle fiabe dei paesi europei, specialmente nordici, gli orchi (ogre in inglese) sono mostri antropomorfi giganteschi, crudeli e divoratori di carne umana.

L’orco del folclore è correlato a quello della mitologia germanica (orc in inglese); non sempre è possibile distinguere chiaramente queste due figure, sebbene l’orco della mitologia sia in generale un essere descritto come più simile a una bestia o a un demone. Gli orchi nella fantasy sono talvolta ispirati alla figura dell’orco del folclore (per esempio gli orchi di Piers Anthony), e talvolta a quella dell’orco della mitologia (gli orchi di J. R. R. Tolkien); in alcuni casi, fanno riferimento a elementi tipici di entrambe queste figure.

LE STORIE RACCONTATE DAI BAMBINI

 IL BIMBO E L’ORCO
C’era una volta un orco che mangiava solo carne in scatola, fagioli in scatola, piselli in scatola e beveva solo birra in lattine. Nessuno però lo sapeva e tutti avevano paura di lui. -Non andate nel bosco- dicevano le mamme-perchè c’è un orco cattivo che mangia i bambini.
I ragazzi più grandicelli, per sembrare più coraggiosi, andavano fino al confine del bosco e si nascondevano tra i cespugli. Aspettavano che arrivasse l’orco e poi, quando lo vedevano da lontano, scappavano a gambe levate…

 

 

 

E’ di ieri sera la puntata  di “mi manda rai tre” in onda alle 21.10

 

Reclusi e costretti a mangiare vomito ed escrementi per allontanare il demonio. Queste e altre sevizie avrebbero subìto i bambini vittime di una setta, detta ‘della porta accanto’, e di una persona indagata assieme a 17 adepti con ipotesi di reato gravissime. Il conduttore di Mi Manda Raitre raccoglie le rivelazioni dell’ex compagno della ‘santona’ e di un ‘pentito’ della setta.

Tra clamore mediatico e gesti come il lancio delle molotov di ieri sera, il futuro delle due maestre del ‘Cip e Ciop’ di Pistoia, in attesa che si esaurisca il processo in rito abbreviato, è divenuta una questione d’ordine pubblico. Dopo la convocazione in Prefettura di un “Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”, le forze dell’ordine vigilano davanti alle abitazioni delle maestre incriminate per abusi. La questura di Pistoia ha inoltre fatto scattare un piano di sorveglianza per le scuole di vario ordine e grado. In un altro asilo nido, sono apparse scritte intimidatorie contro altre maestre. Le due imputate erano state trasferite al carcere di Sollicciano, a Firenze, dopo la prima udienza del processo che si celebra a Genova ed hanno ottenuto, pochi giorni dopo, i domiciliari. Timori contro il “rischio di spirale di violenza” sono stati espressi per la crescita di odio verso le maestre che non trova concordi molte delle mamme dei bambini dell’ex “asilo degli orrori”, decise a “condannare l’uso della violenza contro la violenza”.

Poi si parla del caso del piccolo Francesco Pio Martinisi, il bimbo di 4 anni morto un anno fa assieme alla nonna per l’esplosione di una camera iperbarica dell’Ocean Hyperbaric Center di Miami, dove era in cura per una tetraparesi spastica. Dopo quasi 12 mesi dalla tragedia, i genitori di Francesco  Pio sono ancora in attesa di giustizia.

Scandalo preti pedofili, il Vaticano : «Per loro l’inferno sarà più terribile»

Il promotore di giustizia della Congregazione della Fede: «Meglio per loro che quei crimini fossero causa di morte»

Monsignor Charles Scicluna lo ha detto durante una preghiera a San Pietro

Il promotore di giustizia della Congregazione della Fede: «Meglio per loro che quei crimini fossero causa di morte»

MILANO – Forse la giustizia umana non li raggiungerà ma quella divina sicuramente. «Sarebbe davvero meglio» per i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali su minori che i loro crimini fossero «causa di morte» perchè per loro «la dannazione sarà più terribile». Lo ha detto il promotore di giustizia della Congregazione della Fede, monsignor Charles Scicluna, incaricato di seguire tutti i casi di preti abusatori, in una preghiera di riparazione a San Pietro per lo scandalo di pedofilia nella Chiesa.

LA CITAZIONE – Monsignor Scicluna ha citato il passo del Vangelo di Marco, nel quale Gesù afferma «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» e ha riproposto l’interpretazione che del passo diede SAN Gregorio Magno. «Gregorio Magno – ha detto il promotore vaticano – così commenta queste terribili parole di Gesù: “Misticamente espresso nella macina d’asino è il ritmo duro della vita secolare mentre il profondo del mare sta a significare la dannazione più terribile”. Perciò – ha spiegato -, chi dopo essersi portato ad una professione di santità distrugge altri tramite la parola o l’esempio, sarebbe davvero meglio per lui che i suoi malfatti gli fossero causa di morte essendo secolare, piuttosto che il suo sacro ufficio lo imponesse come esempio per altri nelle sue colpe, perchè tendenzialmente se fosse caduto da solo il suo tormento nell’inferno sarebbe di qualità più sopportabile».

Diventerobambino 

 
Edda CattaniNessuno ha il diritto…!!!
Leggi Tutto