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In grembo all’Immacolata

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8 dicembre – L’IMMACOLATA – Giorno speciale per me!

 

E’ passato tempo da quando ho postato questa pagina.

Oggi più che mai che Mentore ha raggiunto la Gerusalemme Celeste,

questa data rappresenta una tappa importante della mia vita.

Una cara amica ha voluto essermi vicina così:

 

 Un pensierino nel ricordo bello del tuo Mentore:

 

Ti amai…

Ti amai – anche se forse

…ancora non è spento

del tutto l’amore.

Ma se per te non è più tormento

voglio che nulla ti addolori.

Senza speranza, geloso,

ti ho amata nel silenzio e soffrivo,

teneramente ti ho amata

come – Dio voglia – un altro possa amarti.

(Aleksandr Puskin )

 

E ancora mi giunge “…prima di leggere la poesia che ti è pervenuta da un’amica, ti stavo per spedire questo “messaggio” sbocciato nel pomeriggio … non posso non leggere una consolante coincidenza nell’arrivo dei tuoi cari a te, in questa data così particolare…Ed è questo “mistero” che mi ha dato via libera a spedirtelo…” (Peter Versac)

 

Quanto e quale Amore, madre, mi viene da ogni dove!

Prendo i tuoi pensieri con le mie mani

e con gli occhi li conduco tra tempeste e smarrimento,

fino al porto del nostro abbraccio.

Tu non sei mai sola, ed io

continuo in questo andare che mi svela in pienezza

alla Vita che mi hai donato.

Tutto è bene mammina.

Ritrovo papà, ancor più attento di prima.

Ed è pace pensarti perché da te viene a noi la tua pace.

Sereno è il nostro stare, dove ogni confine non ha più cittadinanza.

E il limite fa solo parte del nostro sentire che vorrebbe abbracciare,

ora, l’Alfa e l’Omega.

Sentito, hai potuto perché tu diverso.

Il vostro Amore è qui, si chiama Andrea.

 

8 dicembre – Immacolata Concezione

 

 

 

 In grembo all’’Immacolata

Immagine di una santità di vita

 

 

 

Sono appena tornata dalla Messa ed è ancora l’Immacolata a segnare la mia vita. Ho pensato di riproporre questa pagina per testimoniare quanto sia stata importante questa ricorrenza per me, per la mia famiglia e per Andrea … tanto da posarne la statua vicino al suo ritratto nella cappella dove sono poste le sue spoglie terrene.

 

  

 

Era il 1961 ed io vivevo una delle più belle esperienze della mia vita: giovinetta con grandi ansie spirituali, mi beavo di quel conforto del cuore che mi faceva sentire completamente abbandonata nelle mani di Gesù e di Maria. Abitavo in un luogo capace di rispondere alle mie attese giacché si trattava di un convento dove venivano accolte, per una seria riflessione, giovani desiderose di incontrarsi con Dio. La sera, dopo le intense giornate lavorative, ci si recava, in assoluto silenzio, in fila, con il cero in mano ed un velo bianco in testa, lungo l’immenso corridoio, fino a raggiungere una grande statua della Madonna, illuminata da una corona di stelle e circondata, come in un giardino, da tante piante e fiori di ogni genere. Fra quei fiori deponevo il mio cuore in adorante visione di una realtà “altra” piena di amore, di dolci profumi, di musica, di bontà e di speranza. Un canto che veniva intonato e che mi affascinava era un inno noto alla liturgia, derivante da un Salmo: “Misericordias Domini in aeternum cantabo (canterò in eterno le Misericordie del Signore). Si terminava con il canto alla Madonna:

Immacolata, vergine bella

Di nostra vita, tu sei la stella;

tra le tempeste tu guidi il cuore

di chi  t’invoca, Madre d’amore…

    

 In quell’atmosfera surreale formulai le mie prime promesse, mai dimenticate ed un patto per la mia vita futura assunse la modalità dell’impegno che cercai di trasmettere sempre ai miei figli, quando diventai giovane madre. L’amore per la Vergine Immacolata assunse una dimensione magnifica ai miei occhi   “la purezza, la bellezza, il silenzio, la sacralità di una fanciulla…”

L’8 dicembre significò una data importante quando incontrai colui che, divenne mio marito, tanto che la ricordammo ogni anno come anniversario con Maria.

L’entusiasmo per la vita, vissuta come un dono fu poi veramente lo spirito con cui tutta l’esistenza del mio Andrea si dipanò: amore per i suoi simili, per la giustizia, per la bellezza in genere, per la musica, per le persone in difficoltà e per la preghiera. Era giovane soldato che mi diceva “Mamma non ti preoccupare, le dico ogni sera le mie preghierine” e quando venne a mancare, nel suo portafogli trovammo l’immaginetta consunta per l’uso, con la scritta “Signore Dio degli eserciti, guarda benigno a noi che abbiamo lasciato le nostre famiglie per servire l’Italia!”.

Un’immagine gualcita dell’Immacolata lo accompagnò nel suo passaggio… quando l’8 dicembre lo seguimmo nell’ultimo viaggio terreno.

 

 

 

La mia vita, dunque, è stata dedita all’ascolto, al lavoro, alla speranza in un Dio di Misericordia e all’amore per la Vergine Santissima, anche dopo l’evento che ha colpito la nostra famiglia. Poi l’incontro con il Movimento della Speranza e il desiderio di veder sorgere tante associazioni, compresa la nostra A.C.S.S.S. in grado di accogliere tanti disperati ed aiutarli a riconoscere nei disegni imperscrutabili del Signore un cammino da percorrere, non dimenticando che la vita è gioia, è un inno a quel Dio d’Amore e un abbandono alle braccia della Madre di tutte le Madri.

 

Questo lo spirito con il quale siamo nati… Nel grembo di Maria ci lasciamo andare con fiducia e a lei affidiamo i nostri Figli… Quale Madre più dolce, più tenera, ideale per conservarli e impegnarli fino al giorno in cui tutti saremo riuniti nel grande giardino della Gerusalemme Celeste!

 

  

 

 

 

  Un po’ di storia…

Il pronunciamento ufficiale sul dogma dell’Immacolata concezione arrivò l’8 dicembre 1854, con la costituzione apostolica «Ineffabilis Deus» di Pio IX, ma la festa era entrata nella Chiesa da tempo (nel 1661 Alessandro VII aveva inserito la festa nel calendario). Il legame tra i Pontefici e l’Immacolata nel tempo è andato via via rinforzandosi, anche grazie al tradizionale gesto di omaggio che ogni anno l’8 dicembre vede il Papa ai piedi della statua della Vergine in piazza di Spagna a Roma. L’effigie fu inaugurata e benedetta l’8 dicembre 1857 dallo stesso Pio IX; Pio XII avviò la tradizione di inviare dei fiori alla statua e Giovanni XXIII, invece, introdusse la consuetudine di recarsi di persona in piazza di Spagna. Il gesto verrà ripetuto oggi da Benedetto XVI alle 16.
Quella odierna, infine, è una festa particolare anche per Lourdes: l’11 febbraio 1858, infatti, alla sua prima apparizione la Vergine si presentò come l’«Immacolata Concezione», dando così particolare vigore alla diffusione del dogma proclamato quattro anni prima e della relativa festa.
 Matteo Liut

Edda CattaniIn grembo all’Immacolata
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La storia e la memoria

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La storia e la memoria

30 Novembre – 5 Dicembre 

 

Il tempo è un dono che la vita ci fa. Lo è anche quando sembra non esserlo, quando stanchi affrontiamo il domani. Ed ogni anno che passa, ogni compleanno, è una tappa importante, un traguardo, una sorte di resa dei conti. Più gli anni passano e più i conti sballano e ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo.

 

Novembre: Appena dopo l’onomastico con S.Andrea, ed è l’anniversario del passaggio… 5 dicembre. Voglio, ancora una volta ricordarlo con le parole del suo Papà che ormai l’ha raggiunto nella Gerusalemme Celeste.

 

 “Se vogliamo raccogliere è necessario non tanto il seminare, quanto spargere il seme in un buon campo, e quando questo seme

diventerà pianta, ci stia molto a cuore di vegliare a che la zizzania non soffochi le tenere pianticelle.”

(PENSIERI DI PADRE PIO)

 

 

Questa Relazione è stata esposta da Mentore al Convegno del CONVIVIO a Roma prima dell’aggravarsi della sua malattia. E’ un devoto omaggio a mio marito e ad Andrea:

  Ringrazio la Presidenza che ci dà la possibilità di significare a voi, per quanto mi sarà possibile, la testimonianza e convinzione di una esperienza che riempie la nostra giornata dall’ evento che divise il corso della nostra vita, come quella di nostro figlio.

Vi parlo al plurale, ma non è un plurale “maiestatis”; questo è motivato dal fatto che la realtà degli avvenimenti ben circostanziati e riscontrabili capitano simultaneamente a me e a mia mo­glie  sia pure differenziati dallo stesso comportamento che,  quand’era presente fisicamente nostro figlio aveva con noi.

Sono il papà di Andrea – Andrea Cattani – e la mamma è qui in sala – Andrea ha nome nostro figlio, Andrea come tanti altri giovani figli per i quali sembra essere stato tessu­to con il nome, un comune disegno.

Il nostro si presenta e si fa chiamare il  “tenente…” e come non comprendere il suo giusto orgoglio per il merito conquistato, frutto di impegno, di abnegazione, di fatica che gli ha consentito di vestire onorevolmente l’uniforme militare del­l’esercito italiano e di essere nominato Capo Servizi del Presi­dio della regione Nord-Est. In onore di quella che tuttora defi­nisce, con una nota di velata tenerezza , dall’ altra dimensione, “Patria  mia” quasi a ricordo dell’ abnegazione , della generosità e del coraggio esercitati per raggiungere qui in terra il suo ideale.

Andrea se n’è andato una sera limpida del dicembre ‘91 , all’ uscita dalla caserma, da trasportato  schian­tandosi contro un platano nel centro della città.

Tralasciando, per brevità, numerose mie proprie considerazioni dei primi momenti di smarrimento, si accese in noi più viva la fede racchiusa nella verità del dogma della Comunione dei Santi che ci suggerì la prima preghiera:

Sei passato dalla nostra casa Signore

 e hai raccolto il fiore a Te gradito

Signore ti ringraziamo

di AVER LASCIATO PER VENTIDUE ANNI

il nostro Andrea alle nostre cure

e al nostro sguardo.

Aumenta in noi la fede nella sua

presenza e nella Tua volontà. A lui la tua Luce.

Premetto  che la  fede, la fiducia, la speranza e la volontà che fra noi e nostro figlio continuasse il dialogo così come era avvenuto nei ventidue anni trascorsi insieme, è stata la prima ancora cui ci siamo aggrappati fin dal primo momento con la voluta certezza che ciò avvenisse come dono di Dio per quella poca fede che avevamo sempre coltivato,  credendo nella promessa di Dio e nella Verità della Sua Rivelazione.

 

 

 

Ebbene, Andrea  dopo pochi giorni dalla sua partenza ci inviava segni di luce tali da non coltivare alcun dubbio sulla sua presenza:

l‘allarme della sua macchina ferma in garage,disinserito, che si accendeva; era una tromba che suonava davanti alla finestra della sua camera per salutare gli amici venuti a trovar­ci, era il sovrapporsi della sua immagine sullo schermo televisivo che si è più volte ripetuta,inviando a suo padre un messaggio:

“Vuoi capire che sarò tuo amico per sempre”!.

l’accendersi improvvi­so del suo stereo  e del televisore,su un programma mai guardato… ed altri che  conserviamo gelosamente nel nostro animo. Dopo questi segni – materiali – è continuato il colloquio diretto dove Andrea si manifesta  con tutte le sue peculiari doti di carattere, il suo modo di fare, di esprimersi, le particolari attenzioni per le persone a lui care.

 

Fu a Baveno nel ’92 che si presentò come “tenente” a Laura Paradiso chiedendo della sua mamma.

Eravamo andati, esortati da nostra figlia Alessandra,col nostro peso di dolore  e inconsapevoli di tutto: non ci eravamo mai interessati, per dirlo in parole correnti, del paranormale e delle sue manifestazioni, d’altra parte  “ignoti nulla cupìdo”!

 

Ritornati a casa,come lui ci aveva comandato “andate a casa alla fonte berrete” lasciandoci con tanto di “saluto” (così diceva rientrando in casa,ogni sera, dal lavoro in caserma) mentre la mamma riceveva con la scrittura automatica i primi messaggi di conforto e di certezza che colui che faceva muovere la penna appoggiata alla mano sinistra era Andrea:

 

“sono vivo, vivo, vivo

Andrea ,angelo di luce”

 

e altri messaggi di riconoscimento della sua presenza  reale e circostanziata da riferimenti vissuti dalla sua persona il  papà ricevette, su nastro magnetico, la prima …rivelazione:

 

“il tuo bambino SONO”

 

E’ indescrivibile la forza di questo sono – il “sum” latino ch’è significato di esistenza(esistenza); ricordiamo le parole di Colui che disse “Ego sum qui sum: Io sono colui che E'”! Si presentò con la sua carta d’identità: già ventiduenne, ogni qual volta gli si prospettavano le nostre difficoltà alle sue richieste, mi convin­ceva col dirmi: “non fai questo per il tuo bambino?”

Dopo questo, i messaggi sono tanti che per raccoglierli non basterebbe un volume di mille pagine.

Sono lì incisi in nastri magnetici, più o meno, ma tutti intelligi­bili, a testimoniare una realtà che trascende l’ansia della nostra volontà di conoscere, di comprendere il mistero di luce e di gioia che lo avvolge e che tenta di trasmettere a noi.

Alla mia domanda esplicita di quanto felice, la risposta è categorica  e immediata: “TANTO EELICE”.

E poi si ripetono con insistenza  i messaggi della sua presenza “Sono con voi…più di prima… più vicino di prima!”

Poi seguono i messaggi d’invito:


Alla fortezza: Papà coraggiofatti coraggio!

                          se tu sapessi con chi sono….non piangeresti!

 

 Alla sopravvivenza: E insistente il ripetere   “Vivo… sono vivo...

                ..io parlo con quelli che mi credono vivo

                     

                         Vedo la luce, anche quando c’è buio!

 

La sera del suo primo anniversario,mentre si commentavano in casa le parole del Sacerdote alla messa del mattino, celebrata nel Duomo dei Militari in Padova, sono state registrate chiaramente queste parole: “Si dice di Andrea che è tornato sulla terra… stamattina”.

Mi assillava il pensiero che il nostro Andrea,a causa della sua improv­visa  dipartita non avesse avuto tempo e modo di chiedere a Dio perdono se in qualcosa avesse a Lui dispiaciuto e feci una particolare richiesta a Cristo.

Ero in chiesa alla SS.Messa domenicale. Al momento della Comunione mi alzai dal banco e accesi il registratore che uscendo di casa mi ero posto nella tasca interna della giacca. Tornato a casa ascoltai la registrazione: sovrapposte alle parole del parroco si ascoltano queste:

 

” Mi sono comunicato con te.”

E ancora: “Vi guardo attentamente negli occhi quando pregate!

          “Nella patria ove verrai io sono RE” dice un’entità. (imparai dopo che loro si dicono “Re”)

                        “Perdonare , Signor Cattani, perdonare  (per ) fare la Comunione e rispondono alla domanda che da sempre è sulle nostre labbra : Dove sei Andrea? “Andrea è benedetto”



e di lasciare alle sofisticate ipotesi degli studiosi il problema della “grande reincarnazione“, come alle sottigliezze dei filosofi la “piccolareincarnazione riservata ai residui psichici.


Nostro figlio Andrea ormai è “là“.


Mi sia lecito usare due termini latini: L ‘ accidens di nostro figlio è qua, in una tomba, ancora alle nostre cure e affetto umano, ma la  “substantia” l'”essere”, la “persona” è là con tutte le sue prerogative proprie  della persona nel suo totale significato filosofico-scientifico. E là operante un’ulteriore opera di perfe­zione,in cammino costante verso la beatifica visione di Dio.



          “Andrea vola come aquila”…


sempre nel primo nastro rovesciato dove troviamo conferma inconte­stabile di una misteriosa telefonata ricevuta da chi vi parla alla presenza di altre persone il 6 Genn.’93; telefonata durata circa una decina di minuti, quasi tutti passati a contestare che non riuscivo a riconoscere la persona che al miopronto” afferma di essere “la Jolanda”… (mia sorella deceduta nel 1932 a 12 anni!


II 27 Genn. 93 ,facciamo la prima esperienza del nastro rovesciato e l’entità Arno si premura di confermarmi: La Jolanda ti consola per telefono,la Jolanda prepara un secondo colloquio” …”buona giornata“…(secondo colloquio?)


Fatti tutti gli accertamenti e riscontri possibili non ci resta che convincerci della veridicità di questa transcomunicazione da parte di mia sorella giunta a noi come conferma (senz’altro voluta da nostro figlio ) della Sopravvivenza e dei messaggi:si istae et isti….cur  non ego?”

In attento esame di tutta la messaggistica proveniente da nostro figlio avvertiamo  una costante evoluzione di contenuti nei suoi colloqui con noi.


E’ vero molti messaggipur in sé chiari e bene intelleggibili, rivelano una esistenza di vita  incomprensibile da parte nostra, ma di una realtà  che non si configura in pure creazioni mentali,mentre rispondono a concetti concreti quali si riscontrano nel complesso di tutta la rivelazione divina.


    Quante volte riflettiamo  sul significato di alcuni di questi messaggi ricevuti sia dal papà che dalla mamma e poi dobbiamo convincerci di quello che ci consiglia un’Entità nel quarto nastro rovesciato:….”la strada è in salita: forza alla fede!”

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo cercato sfogliando avanti e indietro- la lette­ratura scientifica per trovare il perché, il come ci fosse data questa comunicazione trascendentale. Ma non abbiamo trovato nella scienza e nelle sue meravigliose conquiste, che ipotesi, probabilità, quando non addirittura fantasiose creazioni della ragione umana pur di non ammettere l’ambito del mistero che l’Economia Divina ha posto non a pezza giustificativa di questa nostra intelligenza, ma quale faro luminoso a guida di un retto cammino r a z i o n a le VERSO LA LUCE INFINITA.


        Togliamo alla ragione l’ambito del mistero e troveremo le più stravaganti deviazioni.

E’ la fede nel mistero cosmico che ci assicura giungano a noi messaggi di nostro figlio Andrea non la credenza nel contenitore cosmico o nei residui psichici vaganti nell’universo; ancora nessuna intelligenza umana sa dirci il tutto della sua grandezza, della sua profondità e della sua entità.


Stavamo dibattendoci in questi interrogativi quando il nostro Andrea ci disse:

“Al di sopra della legge degli uomini vi ho convinto”


E il fatto che questa comunione o comunicazione fra le due dimensioni (per usare termini correnti) terrestre e celeste la si riscontri da sempre e presso tutte le genti di ogni epoca, di ogni popolo e di ogni cultura ci conferma la sua origine trascendentale poiché in tutti troviamo il filone della Rivelazione col suo principio essenziale alla salvezza: Quod Deus est et remunerator sit: Che Dio esiste ed è rimuneratore”.


Vedo tutto quello che fai …Tira fuori il pane!


Via radio:  Ti mando un bacio, sei contento?

Verso la mamma è di  una tenerezza infinita: Mamma, mammina mia… riposati… non ti affaticare! Sono qui con te!


Il tempo  non è che lenisca,anche se accettato con fiducia nella Divina Provvidenza,il dolore dovuto alla sua mancanza fisica fra noi, lo portiamo con noi, ci segue come la nostra ombra. Nel terzo nastro rovesciato l’entità comunicante ce lo assicura amare cordis” che noi interpretiamo : “con l’amarezza del cuore” camminerete verso la patria celeste.


Ammiriamo quei genitori che, come abbiamo avuto modo di sentire in questi convegni, hanno raggiunto la gioia interiore; noi questo stato di grazia non l’abbiamo ancora conquistato e pensiamo, come penso, che in me il dolore cesserà il giorno in cui rivedrò il mio Andrea venirmi incontro e dirmi “papà vieni con me!” 

                                       

                                                    Mentore Cattani

Grazie

 

 

 

 

Edda CattaniLa storia e la memoria
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30 novembre : Sant’Andrea

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30 novembre : Sant’Andrea

L’avevamo chiamato “Andrea”…

L’avevamo chiamato Andrea perché questo avevano voluto le sorelle. Non c’era stato alcun dubbio, fin dall’inizio dell’attesa. A quel tempo non c’era l’ecografia che dava notizia del sesso del nascituro, ma c’era una certezza: sarebbe stato Andrea in ogni caso. Ricordo con tanta commozione quello che fu uno dei più bei momenti della mia vita, quando l’ostetrica lo sollevò tenendo per i piedini quel bambolotto urlante e disse: “E’ un bel maschione!” L’avevo desiderato fin dall’inizio un figlio maschio che supportasse la nostra famiglia in crescita e che potesse sostituire un giorno anche suo padre nella guida della famiglia. C’era chi mi diceva: “…quelli che si chiamano “Andrea” sono tutti bambini tremendi…” In verità Andrea era dolcissimo, ma chi l’avrebbe mai tenuto fermo? Ricordo quando con una mano mangiava il panino sfogliando il Topolino, mentre aveva il quaderno dei compiti e seguiva la televisione e ascoltava musica dallo stereo… Ci chiedevamo come facesse… eppure riusciva a fare tutto… Per lui non esistevano barriere, traguardi, sponde invalicabili… raggiungere l’obiettivo che si era prefisso era una meta obbligatoria. Quando chiedeva qualcosa (mai nulla di costoso o non lecito) ti tormentava finchè non l’avevi accontentato….Non ricordo, nemmeno da neonato di averlo mai sentito piangere… Non conosceva farmaci, era allergico agli antibiotici, non aveva un difetto fisico, non un foruncolo… gli era stata risparmiata anche l’eruzione cutanea della barba, propria degli adolescenti… Vestiva semplicemente: jeans, maglietta bianca e scarpe da tennis. Non chiedeva nulla di particolare e guardava con indulgenza le sorelle quando si provavano i vestiti. Quella macchina potente l’aveva presa usata, a rate che ogni mese versava puntualmente a suo padre e a me (eravamo noi i creditori) eppure non è mancato su quel bolide… ma da trasportato sulla macchina di un collega.

Quel 30 novembre del 1991 avevo deciso di fargli un regalo fuori dell’ordinario. Ormai aveva compiuto 22 anni, era ufficiale dell’esercito, iscritto a giurisprudenza, caposcuola guida della “Scuola Trasporti e Materiali” alla Caserma di Prato della Valle… non poteva più andare in giro con i giubbini logori quando cambiava l’uniforme… Uscii presto da scuola quella mattina e mi recai a Vicenza in un negozio di alta moda e comprai quello che doveva essere il suo primo soprabito. Era blue, un Berbery che con le sue larghe spalle e la sue altezza di m.1.92 l’avrebbero valorizzato ancor più… Mi batteva il cuore al pensiero che l’avrei visto finalmente con un abito “elegante”. Tornai a casa e lo distesi sul letto, mentre aspettavo la sua uscita dalla caserma e il suo ritorno a casa… ma quella sera tardava… ma perché tardava tanto!?! Arrivò oltre l’orario previsto… da qualche giorno non rispettava i tempi ed aveva uno sguardo velato, quasi perso nel vuoto… Mi abbracciò commosso quando vide la “sorpresa” quasi intenerito…”Vedi, così a capodanno potrai andare al ballo degli ufficiali ben vestito! Cerca una bella ragazza che ti accompagni!”  “Non so neanche se ci sarò a capodanno…! Non so cosa sia mamma, ma quando ci penso non mi sembra di dovere fare programmi!” ”Possibile? Ma non preoccuparmi con questi pensieri, hai tutta la vita davanti! Piuttosto mettilo stasera per uscire con i tuoi amici… è la tua festa!”  Non rispose… Fece la doccia e dopo poco lo sentii allontanarsi come aveva programmato per una “pizzata” con gli amici. Il mattino dopo mi disse: “Sai mamma… non potevo mettere quel cappotto ieri sera; tu non sai come veste Roby… ha uno spolverino leggero e scolorito… non ha soldi per comprarsene un altro…!” Avevo capito… al solito se avesse potuto avrebbe regalato all’amico il suo soprabito… Così era fatto Andrea e dovevo rassegnarmi all’idea che non l’avrei distolto dalla sua estrema generosità. Misi nell’armadio il capo e pensai che ormai erano prossime le feste e avrebbe avuto altre occasioni per indossarlo. Ma cinque giorni più avanti, non fece ritorno a casa dopo l’uscita in cui volle accontentare un amico giunto da Milano che gli mostrò la sua nuova auto… Tre ragazzi drogati, poveri ragazzi come tanti che viaggiano per le strade, li rincorsero e la macchina sbandando, centrò una grande quercia… Solo Andrea prese il colpo in testa… lui, vestito come sempre… se ne andò senza aver rinnovato il suo primo cappotto importante, senza che io abbia mai potuto vederlo vestito da “uomo”. Ragazzo sempre, il mio Ragazzo di Luce… con la sua maglietta bianca e i suoi jeans che portava a coprire tanta scultorea bellezza… ! “Come sei adesso Figlio mio… eri tanto bello!!!” gli dissi in una registrazione…”Di più, di più di prima… tanto! “ …fu la risposta!

rosa

I vostri figli
I vostri figli non sono figli vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suoi vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.
Kahlil Gibran (Gibran Khalil Gibran)

Edda Cattani30 novembre : Sant’Andrea
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21 Novembre: dedicato a mio padre

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Caro Papà… te ne andasti tanto giovane ed io ancora in crescita … ma sei sempre a me stato presente e voglio ricordarti così … con le parole di un Padre a un Figlio:

padre1

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite

E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,

E perdere e ricominciare di nuovo dal principio

E non dire una parola sulla perdita;

Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi

A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,

E a tener duro quando in te non resta altro

Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”.

 

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,

E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,

Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,

Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;

Se riesci a occupare il minuto inesorabile

Dando valore a ogni minuto che passa,

Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,

E – quel che è di più – sei un Uomo, figlio mio!

 

Rudyard Kipling

La Basilica della Madonna della Salute
a Venezia

 

    Dedicato a mio Padre  

Mio Padre se ne andò alle prime ore del 21 novembre. Un male terribile lo distrusse in breve tempo, dopo indicibili sofferenze. Io rimasi senza la sua guida, che per me era stata determinante, con il carico morale di mia madre cagionevole di salute ed un fratello di appena undici anni.

Il ricordo di questa data è rimasto indelebile nella memoria perchè legato al senso profondo della devozione alla Madonna della salute.

Papà mi aveva raccontato fin da piccola, di aver fatto il militare a Venezia, all’isola di San Giorgio, dove c’era una caserma sostituita attualmente dalla Fondazione Cini.

Innamorato dell’arte e della cultura popolare aveva visitato la città lagunare nei suoi angoli più nascosti e sapeva raccontarmi con quell’eloquio colorito che gli era proprio, realtà sconosciute, storie e leggende. A volte pensavo quanto arricchimento avesse portato ad un povero giovane vissuto nell’indigenza, quel periodo di servizio alla patria, prestato con tanto entusiasmo e desiderio di conoscenza.

Pittore fin da fanciullo, cresciuto a Comacchio sotto la guida di un vecchio sacerdote che gli aveva insegnato ad affrescare i soffitti delle case e delle chiese, aveva dipinto una meravigliosa tela di cui mi spiegava le caratteristiche e i particolari.

Si trattava proprio della Basilica della Salute, ubicata nell’isola di San Giorgio dove si venerava la “Madonna Nera” che aveva salvato dalla peste  la città di Venezia  nel diciassettesimo secolo. 

Mio padre se ne andò in pochi mesi, ma la sua fede nella “sua Madonna” non venne mai meno. Egli era solito dire: “Il 21 novembre si festeggia la Madonna della Salute e io so che la Madonna verrà da me!”si festeggia la Madonna della Salutesi

E così fu!

La Basilica della Salute a Monteortone

Ma il mio legame con questa devozione non cessò negli anni e continua tuttora a significare che il mio caro papà mi ha seguito e portato a seguire un cammino direi quasi “guidato”. Infatti, dopo la dipartita di Andrea ci siamo trasferiti ad Abano Terme e sui Colli Euganei, in periferia di Abano Terme, si trova un famoso santuario mariano, che da oltre cinque secoli, in seguito ad una apparizione della Vergine, è luogo di convergenza della fede cristiana delle popolazioni limitrofe veneto-euganee.  

I miei nipotini il giorno della Prima Comunione al Santuario della Madonna della Salute 

“ Anche questo richiede una storia: è il santuario della Madonna della Salute di Monteortone, artistico monumento di fede, che consacra alla Madre di Dio questo fortunato tratto di terra veneta, prodigiosamente visitata e miracolosamente benedetta dalla materna assistenza di Maria. Si racconta che Pietro Falco, uomo d’arme, reduce da molte battaglie, a seguito di ferite riportate che gli rendevano faticosa l’articolazione degli arti inferiori, si recò a Monteortone (frazione di Abano) su consiglio di amici e di medici in cerca di salute o, almeno, di un po’ di ristoro. La cura, da tempo iniziata, non dava alcun risultato. Non volle disperare. Si rivolse a Dio con fede. Dentro il boschetto, folto di verde, pieno del canto degli uccelli, gorgogliava l’acqua di una sorgente tiepida, ignorata e trascurata dagli abitanti del luogo. Qui ancora una volta Pietro si ritirò a pregare. La meditazione si tramutò in estasi, in visione. Come scesa dal monte, una nube luminosa coprì il boschetto e lasciò apparire la bianca figura della Vergine che disse a Pietro di lavarsi con quell’acqua e di scavare fino a trovare un quadretto con la sua immagine.  Pietro ubbidì e nel bagno le sue membra ripresero vigore e agilità. Recuperata così la salute, si ricordò delle promesse della Madonna. Frugò fra i sassi della fonte e, con non minore meraviglia scoprì il quadro, per niente rovinato dall’acqua termale, riproducente la Madre di Dio in atteggiamento squisitamente materno, con alla destra S.Cristoforo martire e alla sinistra S.Antonio Abate. Era il maggio del 1428.

Crescendo la fama dell’apparizione e l’afflusso dei pellegrini, i rettori di Padova decretarono di costruire un tempio degno della Madre di Dio. Con la chiesa si decise la costruzione di un convento per i custodi del santuario, che furono i religiosi Eremiti di S.Agostino, già presenti a Padova, conosciuti e stimati. Dalla città vennero i primi due frati Agostiniani, i quali presiedettero ai lavori della fabbrica e incrementarono la devozione alla Vergine. S’impose allora l’avvio ai lavori del progettato convento: “grandioso nelle sue linee architettoniche, monumentale nella sua facciata di tardo stile gotico-veneziano e primo rinascimento”.

Ed ora, tornando alla mia famiglia debbo dire che fin da piccolo Andrea venne accompagnato a visitare il tempio e a pregare la Madonna della Salute; questo si ripetè con mia madre e anche con il mio caro Sposo. I miei nipotini, i piccoli Simone e Tommaso di cui ho tanto parlato, abitano pure loro ad Abano Terme sotto la giurisdizione della Parrocchia del Sacro Cuore, ma per scelta della famiglia, frequentano la Parrocchia di Monteortone sede del Santuario della Madonna della Salute e in quel luogo benedetto ricevono i loro primi Sacramenti.

Sono certa che Nonno Lino ci ha guidato tutti e vi assicuro che è ancora presente accanto a me e mi parla… con la stessa tenerezza di un tempo, accompagnando i miei passi, ora che sono rimasta sola, nel mio ultimo cammino.

 

 

 

Il 21 novembre a Venezia, Festa della Madonna della Salute

Attorno alla metà del diciassettesimo secolo, il nord Italia subisce una delle più gravi epidemie di peste, quella stessa che fornirà spunto ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni.
Particolarmente colpita la città di Mantova, che oltre al morbo si trova a dover affrontare anche la carestia causata dal cordone sanitario che gli stati confinanti le hanno imposto.

Il ducato dei Gonzaga è faccia a faccia con il totale annientamento, e in un impeto di disperazione riesce a far passare clandestinamente lungo la rotta fluviale un gruppo di ambasciatori diretti a Venezia (cui Mantova è legata da un gemellaggio fra città d’acqua e arte, più che da alleanze politiche), con la richiesta di inviare aiuti alimentari per via fluviale.

La Serenissima onora il patto di mutuo soccorso e accoglie l’ambasceria, mettendola però in quarantena nell’isola di San Servolo, allora disabitata. Si da incarico ad alcuni “marangoni” di approntare ricoveri per l’alloggio dei dignitari, e sarà uno di questi artigiani, abitante nella zona di San Vio, il veicolo attraverso cui l’epidemia azzannerà anche Venezia. L’escalation dell’infezione è impressionante, dopo la morte del falegname e di tutta la sua famiglia, già nella settimana seguente i morti si contano a decine nel quartiere e in quella ancora seguente a centinaia in tutta la città.

In un breve volgere di tempo, nonostante i bandi sempre più severi dei Savi alla Sanità, la popolazione è letteralmente decimata. La malattia non risparmia l’aristocrazia né il clero: periscono anche il Doge e gran parte della sua famiglia.

Sul limitare dell’inverno è la Dominante che a sua volta si confronta con il pericolo di venire totalmente cancellata.

 Fallisce ogni ricerca di rimedio far- macologico, nonostante i ricchissimi premi promessi a chi ne avesse scoperto di efficaci ad arginare l’epidemia.
Famoso resta quel bando che ordinava, a chiunque si sentisse i sintomi del male, di orinare subito e di berne almeno mezzo litro; quasi già allora qualche illuminato cerusico avesse intuito la dinamica degli anticorpi.

 Ancora una volta governo e popolo di Venezia si volgono alla religione.
Si organizza una processione cui partecipa la pressoché totalità dei sopravvissuti, circa 10.000 anime che girano incessantemente attorno a Piazza San Marco per tre giorni e tre notti con fiaccole e statue votive.
Viene infine pronunciato il voto solenne che qualora la città scampi alla totale rovina si edificherà un tempio di ringraziamento alla Madonna di proporzione e bellezza mai viste sino ad allora.

 E ancora una volta il Cielo sembra venire in aiuto alla Repubblica. La settimana seguente lo svolgersi della processione l’epidemia arresta la sua scalata e nel giro di altre due scema completamente.
In rispetto del voto pronunciato viene subito indetto un concorso d’ingegni per il progetto del tempio votivo e, dopo non poche discussioni sul luogo più opportuno per l’edificazione, si sceglie infine la Punta della Dogana da Mar, dove era appena stato demolito un insieme di abituri malsani.

 La demolizione di baraccamenti e la dispersione di comunità numerose come caserme e seminari era uno dei sistemi messi in atto nel tentativo di arginare il contagio.

Il concorso viene vinto dal giovanissimo architetto Baldassare Longhena, portabandiera del nuovo (per Venezia, sempre molto conservatrice in fatto di stili architettonici) stile Barocco. L’area viene possentemente palificata per reggere il peso dell’enorme edificio in pietra. Si narra che siano stati impiegati oltre 300.000 pali di rovere, per il consolidamento della fondazione.

 L’edificio sarà ultimato in circa vent’anni di lavoro e diventerà un modello esemplare di Barocco, studiato e imitato da architetti di tutta l’Europa di allora.
Il tempio viene consacrato il giorno 21 novembre che da allora per i Veneti diviene il giorno della Madonna della Salute.

Liberamente tratto dalla pubblicazione di mons. Antonio Niero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda Cattani21 Novembre: dedicato a mio padre
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Santa Madre Teresa

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Madre Teresa di Calcutta è santa

Vogliamo ricordarla così:

La proclamazione di Papa Francesco:

“Non esiste alternativa alla carità”

teresa di calcutta

 

Il Santo Padre ha letto la formula in latino e subito dopo cʼè stato un applauso da parte dei fedeli. Accanto allʼaltare sono state collocate le reliquie della nuova santa.

papa teresa

Il Pontefice ha esortato i fedeli a seguire l’esempio della santa albanese per attuare “quella rivoluzione della tenerezza iniziata da Gesù Cristo con il suo amore di predilezione ai piccoli”. Nell’omelia della messa di canonizzazione, Papa Francesco ha detto: “Non esiste alternativa alla carità: quanti si pongono al servizio dei fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio”.

“La vita cristiana tuttavia, non è un semplice aiuto che viene fornito nel momento del bisogno. Se fosse così sarebbe certo un bel sentimento di umana solidarietà che suscita un beneficio immediato, ma sarebbe sterile perché senza radici. L’impegno che il Signore chiede, al contrario, è quello di una vocazione alla carità con la quale ogni discepolo di Cristo mette al suo servizio la propria vita, per crescere ogni giorno nell’amore”.

 

teresa

“Mise i potenti davanti ai loro crimini di povertà” – Madre Teresa “si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato”, ha proseguito il Papa. “Ha fatto sentire la sua voce ai potenti della Terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini, dinanzi ai crimini, della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il ‘sale’ che dava sapore a ogni sua opera, e la ‘luce’ che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e la loro sofferenza”.

“E’ la santa di un mondo sfiduciato, avido di tenerezza” – “Oggi – ha detto ancora  – consegno questa emblematica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità”. E ancora: “Questa instancabile operatrice di misericordia ci aiuti a capire sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, razza o religione, che porta speranza a umanità sfiduciata”.

“Anche da santa continueremo a chiamarla madre” – “Penso che forse avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla santa Teresa, la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle ‘madre Teresa’”, ha detto poi il Pontefice, in un inserto a braccio dell’omelia.

Migliaia di fedeli hanno posizionato mazzi di fiori sulla tomba di madre Teresa e hanno intonato canti per celebrare la sua canonizzazione. A Calcutta la cerimonia che si è svolta in Vaticano è stata seguita nella casa della congregazione, meta di un pellegrinaggio continuo sulla tomba dove con i petali sono stati lasciati messaggi dei fedeli.

 

Edda CattaniSanta Madre Teresa
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Tanta Luce nel presepe!

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Tanta luce anche nel mio presepe!

 

… e con dicembre si ripresentano tutte le ricorrenze … Anch’io e la mia famiglia le viviamo intensamente: ha appena girato l’angolo S.Andrea … eppure sembra ieri… poi il 5 dicembre, una data impressa nella mente e nel cuore con l’abbandono all’Immacolata, la Mamma Celeste che accoglie, protegge, impegna tutti i nostri Figli di Luce e il Convegno di Padova.

Fuori le Luminarie. Abano è un tripudio di colori, di profumi, di armonia… E’ ancora un piccolo centro questo, una cittadina a misura d’uomo; i bambini possono passeggiare tranquillamente, i vecchi guardano con occhi incantati, la gente cammina, non corre e ammira …  L’Ente Parco dei Colli Euganei ha posteggiato le sue casette di legno e troviamo prodotti naturali, commestibili, oggetti fatti a mano. Il “tutto a un euro” è ormai una prassi… c’è tanta crisi e non si può spendere, solo un simbolo per sentire l’armonia, la dolce delicatezza del Natale.

Ripropongo aggiornandolo il Natale “povero” che non possiamo fare mancare ai nostri Cari che ci guardano intorno a Gesù che nasce anche quest’anno per rinnovare i nostri cuori e donarci la sua innocenza, quella propria dei bimbi.

 

Ecco la Madonnina che ho messo sull’altarino con la natività nella cappellina del mio tenente “per sempre” che mi regala ancora boccioli di rosa in questi giorni freddi dell’inverno. Ho fatto anche l’alberello con la renna come lo scorso anno e uno ne ho posto nel portico della mia casa. Andrea è abbracciato al suo Papà quest’anno e tutti insieme aspetteremo la nascita del bambinello. Questo, Figlio mio, è il Natale del cuore e penso, che tante persone senza lavoro, senza salute, senza pane di cui vivere, la pensino come me. Proteggeteci Angeli tutti!

Anche Andrea ha il suo Natale!  

                                      

       Ora c’è anche lui, il suo Papà!

 

 

Andrea ha la foto sopra un altarino nella piccola cappella dove abbiamo riposto le sue bellissime membra. Dietro lui c’è un mosaico che è simile al simbolo del gagliardetto del suo Corpo nell’esercito: AQUILE.  La straordinarietà è nel fatto che  mostra un’aquila che infrange una stella… una sorta di premonizione!  Come dicevo, a destra della foto ho messo la Natività e in terra l’albero con la renna di Babbo Natale e un angioletto. Anche per Andrea… Natale è “presepe”!  Oggi c’è Papà… San Giuseppe “!

    Luci nel Presepe

 

 

Questo presepe porta la data del Natale 1995. Lo fece Mentore la sera della vigilia com’era nostra consuetudine e lo fografò. Guardate quante Luci! Quanti angioletti vennero a confortarci!

Fin da piccolo Andrea aveva molto amato l’arrivo del Natale anche per la costruzione del “suo” presepe. Papà gli aveva comperato le statuine essenziali e lui, con spirito artistico aveva ricavato e dipinto da sé, casette, torri, il castello di Erode, ricavandoli da materiale povero, quali rotoli di carta, sughero, compensato ritagliato al traforo… La notte di Natale ci si metteva d’impegno e voleva terminarlo prima che fosse mezzanotte. Mentore aveva continuato a ripetergli ogni anno: “Andrea, ormai sei grande… basta l’albero senza che non causi tutto questo ingombro!” Ma lui, testardamente ripeteva che senza il presepe non avrebbe sentito il Natale. Ecco allora che, anche dopo la sua dipartita, (era il 5 dicembre, con un Natale alle porte) Mentore continuò a costruire l’alberello sul terrazzino della mansarda “…vicino al cielo, così Andrea lo vedrà brillare…” e il “presepe di Andrea” con le sue casette sempre più fragili e le statuette di gesso. Un presepe in un “Natale da poveri” ci disse Andrea nel suo primo messaggio. Poi, qualche anno dopo, fotografando il presepe vennero fuori tutte queste lucine, di tanti colori, quasi una festa per tutti gli Angeli di Luce che avranno voluto manifestare la loro presenza con una testimonianza di conforto ai loro genitori.

Non dimentichiamo, anche in questo S.Natale, i nostri Cari ci vedono e gradiscono queste piccole cose e canteranno con tutti noi: “Hosanna, nell’alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà!”

                    

Natale ricordi del 2010

Quest’anno il mio Natale è molto diverso; vivo la solitudine nella casa ormai vuota, perchè Mentore non mi è più vicino e le sue condizioni sono di tale gravità che prego solo perchè possa raggiungere Andrea, al più presto, come del resto egli desidera ardentemente. Non vengo meno però alle abitudini consolidate in oltre 40 anni di convivenza ed allora, ieri sera, come ogni notte di Natale, ho ricostruito il “nostro presepe”. E’ lo stesso, con le vecchie statuine e le casette fatte da Andrea. L’ho fotografato. Guardate un po’:

     

E’ un piccolo presepe con le lucette minuscole, gli angioletti nel cielo di carta bianca e le casette fatte da Andrea… “un presepe da poveri” ma che contiene una storia… la storia della nostra vita.  Poi guardate la seconda foto: 

è un  primo piano della capannuccia con le stesse lucette piccolissime che non dovrebbero illuminare nulla, eppure…

 

  

QUANTA LUCE E QUANTI VOLTI NEL MIO PRESEPE!

       

   

Anche la mia cara amica EDY ha fatto il presepe:

ogni sasso ha il nome di un Angelo!

 6 Gennaio 2010: Epifania del Signore

Anche nel mio presepe sono arrivati i Re Magi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniTanta Luce nel presepe!
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Maria Divina Provvidenza

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Maria Divina Provvidenza

Papa Francesco  ritorna sovente sulla condizione della donna-madre, paragonandola alla  divina Provvidenza. Ed è il profeta Isaia che tale la rappresenta piena di tenerezza, dicendo  «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (49,15).  Continua poi ricordandoci che Dio non si dimentica di noi, di ognuno di noi! Di ognuno di noi con nome e cognome. Ci ama e non si dimentica. Che bel pensiero … Questo invito alla fiducia in Dio trova un parallelo nella pagina del Vangelo di Matteo: «Guardate gli uccelli del cielo – dice Gesù –: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. … Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,26.28-29).

 

UNA TESTIMONE:   Madeleine Delbrel

Madeleine Delbrel 1904 -1964) è stata una mistica francese, assistente sociale e poetessa. A diciassette anni Madeleine professò un ateismo radicale e profondo, al punto da scrivere: «Dio è morto… viva la morte».

L’incontro con alcuni amici cristiani e in particolare l’ingresso nei domenicani del ragazzo che amava, l’hanno spinta a prendere in considerazione la possibilità dell’esistenza di Dio. Questo passo, fondato sulla riflessione e sulla preghiera, la condusse alla conversione, a un incontro con Dio che da quel giorno – 1924 – ha occupato tutto l’orizzonte della sua vita. La sua causa di beatificazione è stata introdotta a Roma nel 1994.

Nella mia comunità

Signore aiutami ad amare,

ad essere come il filo

di un vestito. Esso tiene insieme

i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto

che ce l’ha messo.

Tu Signore mio sarto,

sarto della comunità,

rendimi capace di

essere nel mondo

servendo con umiltà,

perché se il filo si vede tutto è

riuscito male. Rendimi amore in questa

tua Chiesa, perché

è l’amore che tiene

insieme i vari pezzi.

 

La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo.

Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo

viverla con una certa grandezza.

Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che

ne scocchi l’ora.

Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover

essere consumati. Come un filo di lana tagliato

dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane

animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.

La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene.

 

Vengono, invece, le pazienze.

Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno

lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,

di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:

sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,

è l’autobus che passa affollato,

 Il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,

   I bambini che imbrogliano tutto.                                                       

Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa

e quell’amico che, proprio lui, non viene;

è il telefono che si scatena;

quelli che noi amiamo e non ci amano più;

è la voglia di tacere e il dover parlare,

è la voglia di parlare e la necessità di tacere;

è voler uscire quando si è chiusi

è rimanere in casa quando bisogna uscire;

è il marito al quale vorremmo appoggiarci

e che diventa il più fragile dei bambini;

è il disgusto della nostra parte quotidiana,

è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

 

Così vengono le nostro pazienze,

in ranghi serrati o in fila indiana,

e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando –

per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena.

Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami

che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che

i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.

Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana

tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno

per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.

Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:

ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.

E’ la passione delle pazienze.

 

E in un’altra parte: trampolini per l’estasi,

II gomitolo di cotone per rammendare, la lettera da scrivere,

il bambino da alzare, il marito da rasserenare,

la porta da aprire, il microfono da staccare,

l’emicrania da sopportare:

altrettanti trampolini per l’estasi,

altrettanti ponti per passare dalla nostra povertà,

dalla nostra cattiva volontà alla riva serena dei tuo beneplacito.

 

Facci vivere la vita non come una partita a scacchi dove tutto è calcolo

 non come una gara dove tutto è arduo

non come un problema da romperci la testa

 non come un debito da pagare

 

 

 

 

Edda CattaniMaria Divina Provvidenza
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L’Aquila : ancora un anno

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Ancora é l’anniversario del terremoto e non è cambiato nulla!

Ricordiamo tutte le vittime ancora una volta…

L’Aquila, questa sera:
una candela per ricordare

Noi dedichiamo questa pagina ad ALESSANDRA e alle altre VITTIME del sisma, perché l’Aquila torni a volare!

Ricorre l’anniversario del terremoto in Abruzzo. Più di trecento persone persero la vita dopo il sisma devastante delle 3:32 della notte e il conseguente sciame sismico. Dopo la distruzione, gli aquilani hanno cercato di ricominciare una vita degna. Ma tra macerie, case inagibili, costruzioni di fortuna (e polemiche), non c’è più quotidianità. I cittadini stanno provando a voltare pagina, ma è impossibile fare finta di niente. Intanto si moltiplicano le iniziative per ricordare quanto accadde l’anno scorso: il sindaco della città ha istituito, per il 6 aprile, una giornata di lutto cittadino.


Commosse un’iniziativa nata su Facebook e  assunse proporzioni insperate. Un utente, Carlo Frutti, creò un gruppo e propose a tutti gli italiani di lasciare una candela accesa nella notte tra il 5 e il 6 aprile. In alternativa si può lasciare accesa la luce di una stanza. Frutti, inoltre, scrisse anche il programma di una piccola cerimonia che si svolgerà all’Aquila. Alle 23:30 del 5 aprile ci sarà un corteo tra la fontana luminosa e Piazza Duomo, nel centro della città. Dalle 3:32, minuto preciso del sisma, in Piazza Duomo verranno letti i nomi delle vittime. In seguito, nella Basilica di Collemaggio, verrà celebrata una Messa.


Quasi 17 mila persone si sono iscritte al gruppo. Probabilmente il numero aumenterà fino al 6. Con o senza candela, comunque l’Italia si stringerà attorno ai fratelli aquilani. Esattamente come anni fa.

 

Edda CattaniL’Aquila : ancora un anno
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Il “pane” spezzato

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“ Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”

La domenica successiva alla Solennità della SS. Trinità si celebra la festa del Corpo e del Sangue del Signore. Prima della riforma liturgica era nota come festa del Corpus Domini (distinta dalla festa del Sanguis Christi celebrata in luglio). La festa del Corpus Domini trova le sue origini nella ambiente fervoroso della Gallia belgica – che San Francesco chiamava “amica Corporis Domini”. Solitamente in giugno, si tiene a Bolsena la festa del Corpus Domini a ricordo del miracolo eucaristico avvenuto nel 1263. Un prete boemo, in pellegrinaggio verso Roma, si fermò a dir messa a Bolsena ed al momento dell’Eucarestia, nello spezzare l’ostia consacrata, fu pervaso dal dubbio che essa contenesse veramente il corpo di Cristo. A fugare i suoi dubbi, dall’ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il corporale (attualmente conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare tuttora custodite in preziose teche presso la basilica di Santa Cristina in Bolsena. La solennità cattolica del Corpus Domini (Corpo del Signore) chiude il ciclo delle feste del dopo Pasqua e vuole celebrare il mistero dell’Eucaristia.

 “ Per la vita del mondo”: questa parola evangelica deve pulsare dentro di noi, come pulsava nel cuore di Gesù.

Chi si nutre del pane eucaristico diviene presenza discreta, è un credente, che si ricorda di fare del bene, cioè di dare tutto, ma nello stile di Gesù lasciandosi plasmare da Lui. E’ capace anche di silenzio, di ascolto; di quel silenzio che rende possibile l’ascolto e l’accoglienza delle parole di chi ci vive accanto, delle parole della fragilità e della debolezza, della malattia di chi ci vive accanto, della sofferenza e della morte, ma anche le parole dal significato alto.

E’ un credente capace di gratuità, la cui gioia non sta tanto nell’affermazione di sé ma nel portare “ vita” al mondo, nel testimoniare Gesù,  vita per l’uomo.

Chi si nutre del pane eucaristico è messo in grado di volere il bene dell’altro e di promuoverlo, sapendo che questo “pane” verrà a lui di ritorno…

 Dal mio percorso di vita…

Anch’io ho spezzato quotidianamente un pane al capezzale del mio sposo affetto da un male incurabile, cercando per lui  “amore incondizionato e perfetto”, “tenendolo curato oltre ogni sforzo perché non perdesse in dignità”

Nella mia ricerca di conferme mi viene inviato questo scritto:

…Ecco, voglio dirti semplicemente questo: il pane che hai spezzato per il tuo compagno, ritorna a te in questo tempo.

Ascolta cosa scrive Erri De Luca: “Valencia è una città spagnola sul Mare Mediterraneo. Una volta aveva un fiume che l’attraversava, il Guadalaviar, ma ora il suo corso è stato deviato. E’ l’unica città del mondo, che io sappia, che si sia sbarazzata di un fiume. Ci sono stato l’anno scorso in ferie, invitato da un editore che aveva tradotto un mio libro nella bella lingua del posto, la catalana. Ho percorso la città a piedi, la sola unità di misura che possiedo per conoscere i posti altrui. Ho visto mercatini puliti e lotterie, mura romane e lavori in corso, ma cercavo il fiume che non c’era più. Infine l’ho trovato, il letto vuoto, i ponti su di lui come se ci fosse ancora.

Al posto di una corrente che già sente il mare vicino, hanno piantato palme e costruito un lungo stagno con pesci rossi. Dall’alto del ponte vedevo quel parco sotto di me, dubitando del senno dei cittadini di Valencia. Presso la riva dello stagno un uomo anziano con un cane forse ancora più anziano passeggiava. Lo vidi avvicinarsi al bordo dell’acqua e cavare dalla sacca delle pagnotte vecchie. Pezzo a pezzo le gettò ai pesci. Restai a guardarlo, affascinato dalla monotonia dei suoi gesti. Non durò poco. Solo alla fine della provvista capii che stavo guardando il verso uno del capitolo undici di Kohèlet. “Manda il tuo pane sul volto delle acque.” Un uomo anziano nell’autunno del ’93 in una città spagnola eseguiva alla lettera l’invito, dando al verso il suo unico verso.

Compiva quel gesto di offerta tra sé e i pesci da molto tempo, ma quel giorno lo compiva anche per un muratore italiano pieno di Bibbia. Lo compiva perché potessi capire: potevo ben azzardarmi a cambiare la traduzione di un verso sacro, potevo pure avere ragione di farlo e di leggere: “in molti giorni lo ritroverai”, anziché “dopo”, purchè ricordassi che chi aveva letto quel verso altrimenti era stato ugualmente felice della sua lettura e di certo aveva offerto più pane di me. Così un uomo di una città remota, accompagnato da un cane e vicino a un fiume prosciugato, era un verso dell’Antico Testamento, lontano molte mattine, che tornava dopo molti giorni.

Per un gioco delle correnti il pane spezzato si allontanava dal lanciatore in direzione della sponda opposta, verso il mare, seguendo un fiume che non c’era più, secondo il suo verso”.

 “ G r a z i e !!!”

 

Edda CattaniIl “pane” spezzato
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L’ulivo, simbolo di pace

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La domenica delle Palme

(dai ricordi)

Di ritorno dalla Santa Messa, con la palma in mano dono e simbolo di questa domenica, vi porgo i miei auguri con le parole di Papa Francesco. Sia pure con brandelli di pelle e a volte gocce di sangue, lasciate sul mio cammino, continuo a porgermi come testimone della salvezza. Dal messaggio del Santo Padre, vero grande dono dato a questi tempi di “crisi” d’identità possiamo recepire che tutto quanto facciamo è sempre e solo “servizio” dato ai fratelli e noi non siamo che uno strumento, con tutta la nostra precarietà e la nostra provvisorietà. Non contano le parole, la quantità delle preghiere, le lodi e gli inni recitati… Di tutto questo rimarrà solo l’amore che avremo donato.

Ed ora dalla bacheca di Fra Benito nella odierna ricorrenza: 

“.. Padre perdonali, perché io desidero che loro vivano ..” .. L’uomo ha vinto, lo dice la morte che ha ridotto il suo Dio nella vergogna e nell’infamia .. da ora Dio sarà solo un concetto o un dogma dispotico, comunque un’invenzione del potere, un inganno da somministrare agli umili, ai disperati, ai diversi, a tutti gli uomini … per chiamare poi ‘Dio’ quell’Uomo e continuare a uccidere in suo nome, e crederlo come un Dio che fa paura, staccato dall’uomo, che ascolta solo lodi e vespri … Il Dio degli sconfitti, degli incompresi, degli offesi è morto .. è stato ucciso in nome degli uomini pavidi e d ei comandamenti del potere .. rinasce così il Dio vendicativo e solenne che giustifica la liturgia umana di ogni potere e di ogni ipocrisia … Ma l’uomo del potere si illude: dove inizia la sua vittoria incomincia sempre il suo fallimento … perché quell’Uomo che muore e che sanguina in croce ha ancora una parola di suprema sfida: ‘Padre, perdonali perché io desidero che loro vivano, desidero la loro vita anche se io sto per perderla’ … Nessuno ferma l’Amore, niente ferma la giustizia amante, e niente ferma chi sa morire perdonando .. nessuno ferma chi perdona una croce fatta di peccati .. anche se fabbricata da poteri iniqui che crocifiggono innocenti … nessuno ferma l’Amore .. nessuno .. se stiamo vicini a Dio nella sua sofferenza .. Dio si ricorderà .. la Croce non ci è stata data per capirla, ma per abbracciarla .. e Dio ricorda ogni abbraccio ..”

Oggi è la domenica delle Palme… OSANNA AL FIGLIO DI DAVIDE! … ma non vedremo la Resurrezione se non saremo passati attraverso il crogiuolo della sofferenza… e noi ci siamo dentro… Tutto è compiuto…

Rendiamo omaggio ad Alda Merini con questa lirica

La pace

La pace che sgorga dal cuore
e a volte diventa sangue,
il tuo amore
che a volte mi tocca
e poi diventa tragedia
la morte qui sulle mie spalle,
come un bambino pieno di fame
che chiede luce e cammina.
Far camminare un bimbo è cosa semplice,
tremendo è portare gli uomini
verso la pace,
essi accontentano la morte
per ogni dove,
come fosse una bocca da sfamare.
Ma tu maestro che ascolti
i palpiti di tanti soldati,
sai che le bocche della morte
sono di cartapesta,
più sinuosi dei dolci
le labbra intoccabili
della donna che t’ama.

(a Enrico Baj)

 

Ecco io mando un angelo avanti a te,

perchè ti guidi durante il cammino

e ti conduca al luogo che ti ho preparato.

Rispetta la sua presenza e ascolta la sua voce

 

Il bambino e l’ulivo

 C’era una volta un bambino abbandonato dal mondo.

Il bambino abbandonato dal mondo si sentiva molto solo e infelice.

” Il mondo non mi vuole. Il mondo non mi vuole”

Ripeteva.

” Chi portà mai volermi?”

Il piccolo bambino passava le giornate sotto un grande ulivo a ripetersi:

“Nessuno mi vuole… Nessuno”.

Un giorno passò davanti all’ulivo un vecchio gnomo

che trascinava un grosso sacco.

” Vuoi aiuto?”

Chiese il bambino.

“Oh, te ne sarei molto grato”

rispose lo gnomo.

Così il bambino aiutò lo gnomo a trascinare il sacco.

Arrivarono a una cascata grandissima, dove sotto si vedeva la Terra.

Lo gnomo allora slacciò il sacco, e lo svuotò sulla cascata.

Dal sacco uscirono tantissime pietro grosse,

che dalla cascata finirono sulla terra.

“Perchè butti le pietre sul mondo?”

Ma lo gnomo non rispose.

Il secondo giorno passò davanti all’ulivo una graziosa fanciulla,

alta non più di un metro, con un vestito rosa pallido ,

un mantello lunghissimo e due piccole ali rosa-gialle.

“Mi aiuti a portare il mantello?”

disse l’allegra fanciulla

“Certo fatina”

Il bambino sollevò il mantello che le strisciava per terra

e proseguì dietro di lei.

Arrivarono sulle fronde dell’albero più alto che avesse mai visto.

Un albero che alle proprie radici stringeva la Terra.

La fanciulla allora si tolse il mantello

e ne fece scivolare il contenuto sul tronco dell’albero.

Dal mantello uscirono tantissimi fiori uno più bello dell’altro,

profumatissimi e coloratissimi.

ma intorno ai petali si ergevano delle spine orribili ed affilate.

Scivolando dal tronco finirono sulla radici e poi sulla Terra.

“Perchè fai cadere sul mondo quei fiori con quelle spine orribili?”

Disse il bambino.

Ma non ottenne risposta.

Il terzo giorno passò davanti all’ulivo un mendicante.

Era lacero, pieno di stracci.

” Bambino, vuoi aiutarmi?”

Il piccolo annuì.

“Porta una mano sul tuo cuore, stringila a pugno e seguimi senza aprirla”

Il bambino fece come da lui richiesto.

Cammina cammina, arrivarono sulla cima di una stella.

Sotto di loro vi era tutto l’universo, con i suoi pianeti, le sue stelle,

e la Terra.

Quando furono arrivati,

il mendicante si tolse gli stracci che aveva addosso,

rivelandosi in realtà un meraviglioso Angelo.

Sorridendo disse al bambino:

“Apri la tua mano piccolo”

Il bambino l’aprì, e da essa comparve una luce leggera.

L’Angelo aprì a sua volta la sua mano,

dalla quale uscì una luce immensa;

prese con se anche la luce del piccolo,

e la unì alla sua.

Quella luce si divise in tanti raggi,

tanti quante erano le stelle

e da esse si dipartirono altri raggi che andarono sulla Terra.

L’angelo disse:

“Lo gnomo ha buttato le pietre sulla Terra,

per ricordare agli uomini le Difficoltà che devono affrontare,

per liberarsi dalle loro catene”

“La fata vi ha fatto cadere i fiori con le spine,

per ricordare agli uomini quanto bella e temibile sia la Natura,

con chi non la rispetta”

“E io dono Luce a tutti quegli uomini che hanno ancora tempo per vedere le Stelle.

Dono loro Luce per far loro ricordare che con Essa niente è impossibile,

che anche la notte più buia,

ha la sua stella per quanto minuscola essa sia.”

Poi volgendosi al bambino con un sorriso disse:

“Che t’importa se il mondo non ti vuole?

Non vedi quanto bella è meravigliosa sia la Terra?

Le opinioni del mondo non sono importanti.

La Terra ti ha accolto dal momento stesso in cui vi sei nato.”

Da quel giorno in avanti,

il bambino non ripetè più che il mondo non lo voleva,

ma trovò finalmente il coraggio di staccarsi dall’ulivo,

e abbandonarsi all’abbraccio della Terra.

 

 

Edda CattaniL’ulivo, simbolo di pace
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