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L’Anno Santo della Misericordia

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L’Anno Santo della Misericordia

 

 

 

 

 

Papa Francesco il 14 mar<o 2015 ha annunciato nella Basilica di San Pietro la celebrazione di un Anno Santo straordinario. Questo Giubileo della Misericordia avrà inizio con l’apertura della Porta Santa in San Pietro nella solennità dell’Immacolata Concezione 2015 e si concluderà il 20 novembre 2016 con la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo. All’inizio dell’anno il Santo Padre aveva detto: “Questo è il tempo della misericordia. È importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti!”

L’annuncio è stato fatto nel secondo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, durante l’omelia della celebrazione penitenziale con la quale il Santo Padre ha aperto l’iniziativa 24 ore per il Signore. Questa iniziativa, proposta dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, promuove in tutto il mondo l’apertura straordinaria delle chiese per invitare a celebrare il sacramento della riconciliazione. Il tema di quest’anno è preso dalla lettera di San Paolo agli Efesini “Dio ricco di misericordia” (Ef 2,4).

L’apertura del prossimo Giubileo avverrà nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel 1965, e acquista per questo un significato particolare spingendo la Chiesa a continuare l’opera iniziata con il Vaticano II.

Nel Giubileo le letture per le domeniche del tempo ordinario saranno prese dal Vangelo di Luca, chiamato “l’evangelista della misericordia”. Dante Alighieri lo definisce “scriba mansuetudinis Christi”, “narratore della mitezza del Cristo”. Sono molto conosciute le parabole della misericordia presenti nel Vangelo di Luca: la pecora smarrita, la dramma perduta, il padre misericordioso.

L’annuncio ufficiale e solenne dell’Anno Santo avverrà con la lettura e pubblicazione presso la Porta Santa della Bolla nella Domenica della Divina Misericordia, festa istituita da San Giovanni Paolo II che viene celebrata la domenica dopo Pasqua.

Anticamente presso gli Ebrei, il giubileo era un anno dichiarato santo che cadeva ogni 50 anni, nel quale si doveva restituire l'uguaglianza a tutti i figli d'Israele, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale. Ai ricchi, invece, l'anno giubilare ricordava che sarebbe venuto il tempo in cui gli schiavi israeliti, divenuti nuovamente uguali a loro, avrebbero potuto rivendicare i loro diritti. “La giustizia, secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella protezione dei deboli” (S. Giovanni Paolo II in Tertio Millennio Adveniente 13).

La Chiesa cattolica ha iniziato la tradizione dell’Anno Santo con Papa Bonifacio VIII nel 1300. Bonifacio VIII aveva previsto un giubileo ogni secolo. Dal 1475 – per permettere a ogni generazione di vivere almeno un Anno Santo – il giubileo ordinario fu cadenzato con il ritmo dei 25 anni. Un giubileo straordinario, invece, viene indetto in occasione di un avvenimento di particolare importanza.

Gli Anni Santi ordinari celebrati fino ad oggi sono 26. L’ultimo è stato il Giubileo del 2000. La consuetudine di indire giubilei straordinari risale al XVI secolo. Gli ultimi Anni Santi straordinari, del secolo scorso, sono stati quelli del 1933, indetto da Pio XI per il XIX centenario della Redenzione, e quello del 1983, indetto da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione.

La Chiesa cattolica ha dato al giubileo ebraico un significato più spirituale. Consiste in un perdono generale, un'indulgenza aperta a tutti, e nella possibilità di rinnovare il rapporto con Dio e il prossimo. Così, l’Anno Santo è sempre un’opportunità per approfondire la fede e vivere con rinnovato impegno la testimonianza cristiana.

Con il Giubileo della Misericordia Papa Francesco pone al centro dell’attenzione il Dio misericordioso che invita tutti a tornare da Lui. L’incontro con Lui ispira la virtù della misericordia.

Il rito iniziale del giubileo è l'apertura della Porta Santa. Si tratta di una porta che viene aperta solo durante l'Anno Santo, mentre negli altri anni rimane murata. Hanno una Porta Santa le quattro basiliche maggiori di Roma: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore. Il rito di aprire la Porta Santa esprime simbolicamente il concetto che, durante il Giubileo, è offerto ai fedeli un “percorso straordinario” verso la salvezza.

Le Porte Sante delle altre basiliche verranno aperte successivamente all'apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro.

La misericordia è un tema molto caro a Papa Francesco che già da vescovo aveva scelto come suo motto “miserando atque eligendo”. Si tratta di una citazione presa dalle Omelie di San Beda il Venerabile, il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit ergo Iesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina. Una traduzione del motto potrebbe essere “Con occhi di misericordia”.

Nel primo Angelus dopo la sua elezione, il Santo Padre diceva: “Sentire misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza” (Angelus 17 marzo 2013).

Nell’Angelus dell’11 gennaio 2015 ha affermato: “C’è tanto bisogno oggi di misericordia, ed è importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti! Noi stiamo vivendo il tempo della misericordia, questo è il tempo della misericordia”. Ancora, nel suo messaggio per la Quaresima 2015, il Santo Padre ha detto: “Quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!”

Nel testo dell’edizione italiana dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium il termine misericordia appare ben 31 volte.

 

(da Vaticano/Documenti)

Edda CattaniL’Anno Santo della Misericordia
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Buon anno a tutti!

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BUON ANNO!

BUON ANNO A TUTTI!!!

 

 

 

Cari Amici miei, un anno se ne va e un altro sta per cominciare. È tempo di bilanci…. tempo di volgere indietro lo sguardo per guardare quanto abbiamo seminato e quanto di questo sia rimasto. Certamente è stato un anno di svolta per quanto riguarda la mia vita e quella della nostra associazione. Ho viaggiato e incontrato tante persone che mi hanno dato ricchezza interiore e affetto. Ho anche lasciato persone care lungo il cammino: mamma Maria, Silvia…e nei giorni scorsi R…osa cara amica del mio percorso di fede e di speranza. Tutte hanno impresso una traccia indelebile e spero che continuino ad essere compagne ed esempio per tutte noi. Ancora una volta in questo passaggio ad un nuovo anno della nostra storia, auguro a tutti e a me stessa di riuscire a trovare la pace e la serenità interiore, assaporando la vita in tutte le manifestazioni che ci circondano.

Possiamo sentirci fratelli nella serenità dei giorni felici come nella sofferenza delle circostanze meno favorevoli. Perché solo nella fratellanza, nell'amore, nello stringerci l'uno all'altro potremo sentire il battito del cuore dell'intero universo che permea e condivide l’esistenza di tutte le creature.

Auguro un anno in cui i misteri che ci circondano, giungano a meravigliarci, a stupirci come bambini, nella semplicità e nella tenerezza che ci viene dal messaggio evangelico, perché possiamo condividere questa nostra realtà che è piena di meraviglie che possono e debbono entusiasmarci.

Auguro un Buon Anno nuovo, a me stessa e a tutti voi amici miei…”buono” come il pane fresco appena sfornato, come il vino novello che lascia il sapore dolce in bocca… perché tutto ci è donato per condividerlo, spezzarlo insieme… Lo vogliono i nostri Cari … che saranno felici per noi, per la nostra determinazione, il nostro coraggio, il nostro ringraziamento a Dio per l’esistenza che ci è stata data e mai ci verrà tolta!!!

 

 

 

.. sì, buon anno! .. possa essere per tutti, per tutte, un anno che ha bisogno di radici e di rami .. e sappiate che 'malgrado il passato e nonostante il futuro, la mia vita è, e resterà, l'istante in cui voi mi avete amato' .. perché l'amore vale tutto ciò che ho, che avevo e che avrò, e molto di più .. anche se sogno, ancora, per i miei occhi e per la libertà, l'umile e pigro sventolio delle bandiere di un rosso vero .. quelle che hanno l'odore di bucato delle famiglie operaie e la tenerezza eroica di una indimenticabile stagione .. mentre ora Dio sembra sussurrarmi che anche uno straccio può diventare bandiera ardente, sanguigna, bella .. se a sventolarla sono uomini e donne, liberi .. sì, buon anno .. e srotolate le bandiere: quel che viene non sarà tempo di viltà ..(fra benito)

 

 

 

 

Edda CattaniBuon anno a tutti!
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Auguri diversi

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Auguri diversi

 

 

 

L’incontro è finito. La gente che affolla la pieve di Romena è tutta in piedi ad applaudire don Luigi Ciotti. Ma lui sente che manca ancora qualcosa. Chiede di nuovo il microfono: “Scusatemi – dice – ma vorrei dirvi un’altra cosa. Vorrei augurarvi il coraggio di essere eretici…”
E’ un augurio inusuale, vivo, aperto. Un augurio che parte quel giorno, durante l’incontro “Rischiamo il coraggio”.
Un augurio da rilanciare proprio oggi, alla vigilia di un nuovo anno, in un giorno dedicato alle promesse, alle speranze, alla voglia di cambiarsi e di cambiare…

Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta. Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia. Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, l’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi.
Vi auguro l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno.
Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare una realizzazione.
Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.
                                      
                                                                  Luigi Ciotti

 

Ma vediamo anche:

 

 

 

IN QUESTI GIORNI ABBIAMO BISOGNO DI MATTI!


O Dio, mandací dei matti, di quelli che siano capaci di esporsi,
di quelli che siano capaci di scordarsi di loro stessi,
di quelli che sappiano amare con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente…
a disposizione del prossimo.
Donaci persone temerarie, appassionate,
capaci di andare contro corrente,
seguendo le tue vie senza paure e false sicurezze;
di quelli che sono capaci di guidare la gente
senza il desiderio di utilizzarla come sgabello;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.
Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente, innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero, amanti della pace,
liberi da compromessi, decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità o la propria vita,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, spontanei e tenaci, allegri, dolci e forti.
Dacci questo tipo di matti, o mio Signore.
(LOUIS JOSEPH LEBRET)

 

 

 

 

Edda CattaniAuguri diversi
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Papa Francesco dopo un anno

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Papa Francesco a un anno dall'elezione

 

 

 

 "Valori non negoziabili? Un'espressione che non ho mai capito"

Il Pontefice si racconta in un'intervista al Corriere, parlando di morale sessuale, ruolo della donna e temi bioetici. Ma anche della figura del Papa e della crisi della famiglia

Ivan Francese – Mer, 05/03/2014 – 10:51 commenta

A poco meno di un anno dall'elezione al soglio di Pietro, papa Francesco non perde l'abitudine di dialogare da pari a pari con quello che una volta si sarebbe chiamato "il mondo". E si racconta in un'intervista al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli.

Il Santo Padre risponde alle domande sulla figura del Pontefice, ma anche sulla sua vita personale, e sulle tematiche che più di tutte animano il dibattito interno ed esterno alla Chiesa.

La figura del Papa

"Il papa non è Superman", chiarisce subito Francesco: "Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia del papa. Mi piace stare tra la gente, ma non mi è mai venuto in mente, come è stato detto di uscire dal Vaticano di notte per andare dai senzatetto. Il Papa è un uomo normale, considerarlo una star mi pare quasi offensivo." Tuttavia pur dovendosi confrontare con sfide inedite come quella del papa emerito ("Benedetto XVI è un'istituzione, non una statua in un museo. La sua saggezza è un dono di Dio"), il Pontefice continua a dipingersi come un uomo che decide da solo, come è tra l'altro anche nella tradizione dei gesuiti, il suo ordine religioso di appartenenza: "Nel mio lavoro sono consigliato e accompagnato da tante persone, ma nel momento di decidere sono solo con il mio senso di responsabilità."

Gli abusi sessuali

Sempre in riferimento alla figura del suo predecessore, il Papa affronta il tema della lotta agli abusi sessuali, che Benedetto XVI ha intrapreso "con coraggio, aprendo una strada". Francesco rivendica però con fermezza il lavoro fatto dalla Chiesa per contrastare questo genere di crimini: "La Chiesa cattolica è forse l'unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata."

Povertà e globalizzazione

Sin dai primi giorni, il pontificato di Francesco si è contraddistinto per una speciale attenzione ai poveri, a quelle "periferie" così care al cuore del Papa: un' "opzione preferenziale per i poveri", spiega il Pontefice, che proviene dal Vangelo.

 "Il Vangelo condanna il culto del benessere. Quando veniamo giudicati nel giudizio finale (Matteo, 25) conta la nostra vicinanza con la povertà. La povertà allontana dall'idolatria, apre le porte alla Provvidenza." Anche sul tema della globalizzazione, che con il culto del benessere qualche relazione la ha, Francesco parla molto chiaramente: il Papa ricorda come, pur avendo salvato dalla povertà molte persone, la globalizzazione ne ha condannate tante altre a morire di fame, producendo un pensiero debole che mette al centro solo il denaro e non più la persona umana. Incalzato da una domanda sulle accuse di marxismo che da più parti gli sono state rivolte, il Pontefice non sembra minimamente in imbarazzo: "Quelle accuse non mi dispiacciono. L'ideologia marxista non è vera e io non l'ho mai condivisa, ma ho conosciuto tante brave persone che la professavano."

La famiglia

Quando il discorso si allontana dai temi dell'economia globale, Francesco affronta senza esitazioni le problematiche più dibattute: il ruolo della famiglia e della donna, la morale sessuale, i temi etici e i valori non negoziabili.

Parlando di famiglia, il Papa non può fare a meno di ammetterne la crisi, soprattutto nelle forme più tradizionali, ma assicura di avere recepito l'emergenza e di avere avviato, con la convocazione del Sinodo, una profonda riflessione che coinvolgerà tutta la Chiesa. Francesco ribadisce che il matrimonio è tra uomo e donna, ma ammette che nel caso delle unioni civili "giustificate" dagli Stati laici "bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà."

Morale sessuale e ruolo della donna

Strettamente correlata a quella sulla famiglia è la riflessione sulla morale sessuale: qui la strada indicata dal Papa è quella di non cambiare la dottrina, ma di far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni concrete e di ciò che per le persone è possibile fare. "Con l'Humanae Vitae Paolo VI ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale." Anche sul ruolo della donna nella Chiesa, il Pontefice riconosce l'esigenza di qualche cambiamento, ma sempre nel solco della continuità e richiamandosi alla tradizione della Chiesa: "La donna può e deve essere più presente nei luoghi di decisione della Chiesa. La chiamerei una promozione di tipo funzionale, ma così non si fa tanta strada. La Chiesa ha l'articolo femminile la: è femminile dalle origini. Il principio mariano guida la Chiesa accanto a quello petrino. L'approfondimento teologale è in corso."

Bioetica e valori non negoziabili

Grande cautela è espressa sugli argomenti bioetici: "Non sono uno specialista", avverte Francesco, che dice di temere che ogni sua frase possa essere equivocata. D'altronde, spiega, "la dottrina tradizionale della Chiesa dice che nessuno è obbligato a usare mezzi straordinari quando si sa che è in una fase terminale". Una discontinuità più marcata con la linea del suo predecessore si nota però quando De Bortoli domanda al Papa che ne è stato dell'espressione "valori non negoziabili", spesso utilizzata negli anni passati e mai ripresa durante il pontificato di Francesco. "È un'espressione che non ho mai capito, i valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile dell'altra."

L'ecumenismo

Il Papa parla però anche di ecumenismo, un tema molto caro a tutti i pontefici che lo hanno preceduto negli ultimi anni, e che Francesco non intende abbandonare. Parlando dell'intercomunione con gli ortodossi, ammonisce: "Siamo tutti impazienti di ottenere risultati chiusi. Ma la strada dell'unità con gli ortodossi vuol dire soprattutto camminare e lavorare insieme. La teologia ortodossa è molto ricca, in questo momento hanno grandi teologi, così come una meravigliosa visione della Chiesa e della sinodalità".

Alla fine dell'intervista, Francesco concede al Corriere qualche battuta sulla sua vita privata prima e durante il pontificato: "Al momento sto leggendo Pietro e Maddalena di Damiano Marzotto, sulla dimensione femminile della Chiesa. L'ultimo film che ho visto? La vita è bella, e prima avevo guardato La Strada di Fellini." E ancora, inevitabilmente: "A 17 anni avevo una fidanzatina, in seminario una ragazza mi fede girare la testa per una settimana. Come finì? Ne parlai con il mio confessore."

Ivan Francese – Mer, 05/03/2014 – 10:51

 

 

 

 

Edda CattaniPapa Francesco dopo un anno
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Nel nome della Speranza

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Nel nome della Speranza

(Anna nella vera VITA)

 

 

Aleggiava sopra di noi questa mattina….bianca colomba nell’aria satura di effluvi di lilium candidi e di rose immacolate.. come lei …prima sposa, poi madre, ma anche figlia, sorella, amica, compagna e … soprattutto creatura unica e irripetibile come solo lei è stata e tuttora è!

Volti attoniti, labbra strette ed occhi umidi a chiedersi il perché di quella bara in mezzo alla chiesa… di quei giovanetti intorno all’altare accompagnati dai loro professori, dei canti con le chitarre che invitavano alla speranza e alla pace di Dio.

Anna era lì, spalla a spalla, occhi negli occhi dei suoi bimbi, la mano stretta nella mano del suo sposo, vicina ancor più di prima…intenta ad asciugare le lacrime di mamma e papà, ad incoraggiare Luca, a tenere la schiena dritta di Chiara, la sorella indomita che l’ha assistita fino all’ultimo.

Un’ondata di ricordi mi veniva alla mente in quel mare di folla e pensavo a lei con i capelli in parte e il fermaglio, il suo grembiulino con il fiocco di scolaretta e a quelle grandi aule nell’edificio di quartiere in cui avevo insegnato per tanti anni.

Non era una bimba come le altre la piccola Anna, affidata amorevolmente, alla mia guida di giovane maestra… Conoscevo la famiglia avendo avuto fra i miei allievi anche il fratello Luca… ma questa creatura, dai grandi occhi di cerbiatta aveva qualcosa di particolare… un’essenza che la distingueva dagli allievi della piccola comunità.

Sempre ordinata, puntuale, precisa, riservata e silenziosa… sapeva donare, senza nulla chiedere… Immediata nell’intuire quanto veniva spiegato. Era senz’altro la migliore in tutto ma con estrema umiltà, dimostrava un’innata riconoscenza quasi quanto le veniva dato fosse un dono gratuito. Mai una richiesta di delucidazione, mai un commento per un’ingiustizia subita (e ben sappiamo come i bambini siano soliti pretendere oltre il dovuto….), mai una lagnanza.

 

L’ho vista attraversare la mia vita nel periodo più felice della famiglia, piccolo uccellino implume, quasi un sorso di acqua pura, una bianca nuvola di aria pulita, una farfalla bianca in attesa di spiccare il volo…. Poi la mia esistenza tormentata dalla dipartita di Andrea, mi avevano consentito di rimanere stranamente in contatto indiretto con i parenti, per aver la giovane sorella Chiara fra i miei insegnanti, nel nuovo incarico direttivo, che mi aveva allontanato dalle precedenti relazioni. 

Tutto questo fino al giorno che me la sono trovata davanti, nella scuola del mio nipotino: “Si ricorda di me signora Cattani?”…Anna?…una donna ormai, madre di due bambini nello stesso edificio …poi mia figlia mi avvertì: un male incurabile aveva attraversato quell’isola felice… ma il sorriso e gli occhi di quella creatura erano quelli di sempre. Mi feci coraggio e chiamai la madre al telefono…C’era tanta speranza nelle parole che ci scambiammo…Anna era determinata e avrebbe superato tutto…non poteva essere altrimenti…

La vita mi ha insegnato che la fede senza l’Amore è inutile, che la religione cristiana ha tanti testimoni … ma quando ne hai davanti uno, non serve guardare a chi ha costruito cattedrali o moschee, né a chi ha organizzato cerimonie e pellegrinaggi … perché quell’essere manifesta la Vita, il pane spezzato, l’Eucaristia con il suo messaggio rivoluzionario: “Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini…!!”

In questi lunghi anni di sofferenza Anna è stato questo… manifestazione di autentica fede, di fortezza e di speranza come virtù del credo che ha sempre professato. L’ha dichiarato il suo sposo quando, nel saluto finale, ha parlato della tenerezza che si sono scambiati nella loro intimità, entrambi decisi a portare avanti i principi che avevano condiviso nella realizzazione della loro famigliola e per il bene dei loro piccoli.

E’ mancata proprio la notte di San Giovanni, quasi a voler dare l’ultimo saluto a chi l’ha accompagnata da vicino in questo difficile percorso, quasi a voler enunciare che continuerà a vivere accanto a lui, a noi tutti… perché nel nuovo respiro l’uomo, ogni uomo, potrà vivere la vita, quella vita che si apre il varco attraverso tutte le morti, e avanza, potente e gioiosa, finché rimarrà una morte da oltrepassare. Anna ci dice che Cristo, il Vivente, è nel Padre, che gli uomini viventi sono nel Figlio e il Figlio è in loro nella sconfinata gioia di aver ritrovato la loro vera natura di figli dell’unico Padre. I “viventi” che sembrano averci lasciato, rimangono sempre, fecondati dalle parole-seme del Figlio e continueranno ad amarci con il loro amore illimitato com’é l’amore del Padre. Vivranno; non parleranno della vita, vivranno!

La pagina evangelica della domenica parla di Simeone che quando Maria presenta il suo bambino al tempio, non pronuncia le distratte parole di un rito, ma quelle efficaci e vitali dello Spirito, per mezzo del quale Dio viene benedetto: “Ora lascia, Signore, il tuo servo in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza che hai preparato davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le nazioni e gloria del tuo popolo, Israele” (Lc 2,29-32). E la pace, che gli angeli avevano annunciato per tutti gli uomini amati dal Signore (Lc 2,14), non è più una promessa per il futuro, ma una realtà presente, vissuta pienamente da Simeone, ed ora da Anna, perché là dove c’è lo Spirito c’è la pace (Gal 5,22). 

Ti penso così Anna, piccola bimba e grande donna… esempio per tutti noi… grazia da vivere nella comune Speranza come virtù di fede. Tu ci hai lasciato un’eredità difficilmente dimenticabile… ora proteggi i tuoi figli, il tuo sposo, i tuoi parenti e tutti noi che abbiamo avuto la Benedizione di conoscerti e ti abbiamo amato tanto per quello che eri ed ancora sei!

 

Edda CattaniNel nome della Speranza
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Aspettando i Re Magi

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Aspettando "alcuni maghi dall'Oriente…" (Mt 2,2)

 

 

   

“ Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella , e siamo venuti per adorarlo".

 Navigando su Facebook capita di trovare casualmente la pagina di alcuni sacerdoti “illuminati” che seguo da tempo e che, attraverso il web, con grande disponibilità, condividono la loro interpretazione teologica del Vangelo. E’ quanto mi è capitato di scoprire con Padre Alberto Maggi, del Centro CENTRO STUDI BIBLICI "G. VANNUCCI" di Montefano, che ho seguito in diretta giovedì scorso nel commento al Vangelo dell’Epifania:

I primi due capitoli dei vangeli di Matteo e di Luca sono chiamati i “vangeli dell’infanzia”, denominazione che molti intendono come vangeli per l’infanzia. Infatti, trattando della nascita e dei primi anni di vita di Gesù, sembrano una raccolta di fatti fantastici, scritti per meravigliare i piccoli: Gesù bambino, i magi, i pastori, gli angeli, la stella, Erode nel ruolo dell’orco cattivo… personaggi adatti più per un presepio che per la fede.

In realtà questi vangeli non sono il ricordo dei primi passi di Gesù, ma un compendio teologico col quale gli evangelisti anticipano al lettore l’intera esistenza di Gesù, con particolare riferimento alla sua morte e risurrezione.

È questa l’ottica con la quale va letto il secondo capitolo del vangelo di Matteo, che si apre con la nascita di Gesù e l’improvvisa comparsa di “alcuni maghi dall’Oriente” (Mt 2,1).

Che c’entrano i maghi con il Figlio di Dio? Non è stato facile, per i primi cristiani, accettare la presenza imbarazzante dei maghi alla nascita del loro Signore.

Era inammissibile che i primi a rendere omaggio a Gesù fossero proprio coloro che esercitavano un’attività proibita dalla Legge divina (Lv 19,26) e che erano stati i rivali di Mosè (Es 7,22).

Non potendo censurare l’episodio di Matteo, si è provveduto a neutralizzare il termine maghi, che nella lingua greca aveva il significato di imbroglioni, ciarlatani, di coloro che “predicono menzogne” (Ger 27,10). Così gli inquietanti maghi divennero gli innocui magi, unica volta che nella letteratura il termine greco màgoi veniva reso così.

Ma non bastava, occorreva dare ai maghi una dignità che allontanasse qualunque sospetto. Così, richiamandosi al testo di Isaia “Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60,3), i maghi vennero elevati di rango e fatti re, equiparandoli ai potenti della terra. Infine, in base ai doni portati, i maghi divennero tre e vennero posti loro anche i nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, uno bianco, uno nero e l’altro meticcio… e i personaggi per il presepio erano pronti.

Questa irruenza della tradizione sul testo ha fatto sì che l’importanza dei maghi nella nascita di Gesù fosse sminuita. Il significato della presenza dei questi pagani va ricercato nei doni che offrono a Gesù: “Oro, incenso e mirra” (Mt 2,11).

Portando a Gesù l’oro, offerta per il sovrano (1 Re 9,11.28) e simbolo di regalità, i maghi riconoscono il Signore come loro re. E’ la fine del sogno di restaurazione del regno d’Israele. Gesù è venuto a realizzare il regno di Dio (Mt 4,17; 12,28; At 1,6), regno che non è limitato ai Giudei, a un popolo, a una religione, ma è esteso a tutti quegli uomini che accettano di essere amati da Dio. L’evangelista anticipa così, nell’episodio dei maghi venuti dall’oriente, le parole di Gesù: “Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Mt 8,11).

L’incenso era l’elemento specifico del servizio sacerdotale, adoperato in modo particolare nelle offerte di ringraziamento (Lv 2,1-2; 1 Sam 2,28). Ebbene, i maghi, che in quanto stranieri sono “pagani peccatori” (Gal 2,15), offrendo l’incenso, svolgono verso Gesù il compito dei sacerdoti, gli unici che potevano rivolgersi direttamente alla divinità nel culto. Il privilegio di essere un popolo sacerdotale non è più esclusivo di Israele (Es 19,6) ma viene esteso a tutti i popoli, pagani e peccatori compresi (1 Pt 2,9; Ap 5,10).

L’ultimo dei doni offerti dai maghi è la mirra. Nella Scrittura questa resina, dall’intensa fragranza, è il profumo con il quale l’amante conquista il suo amato (“Ho profumato il mio giaciglio di mirra”, Pr 7,17), e simbolo dell’amore della sposa per lo sposo (Ct 5,5; Est 2,12). Il rapporto tra il Signore e il suo popolo veniva raffigurato dai profeti con i tratti di un matrimonio, dove Israele era la sposa del suo Dio: “Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” (Is 62,5; Os 2). Anche il privilegio di essere la nazione sposa del suo Dio non è esclusivo d’Israele, ma è esteso alle nazioni pagane, delle quali i maghi sono i rappresentanti.

Nell’episodio dei maghi, Matteo presenta la fine dell’illusione di Israele, che pensava di essere il popolo eletto, la nazione chiamata a dominare su tutte le altre.

Così cari navigatori, amici miei, e voi care Mamme, cari Papà del Movimento della Speranza che vi siete iscritti a questo blog perché vi riconoscete nelle fede che in essa viene testimoniata, nell’amore che le parole ogni giorno trasmettono, potrete comprendere il profondo senso dell’annuncio evangelico in cui il Cristo non condanna, non emargina, non giunge a ghettizzare alcune categorie esaltandone altre e potrete capire il senso della lettera che pubblicai sull’AURORA in una particolare occasione e che vi ripropongo. E' una lettera aperta scritta in occasione della visita a Cattolica di Mons. Milingo (allora vescovo carismatico ufficiale della Chiesa Cattolica Romana). Per noi non fu facile accettarne le parole dopo averlo atteso per ore come si attendono i Re Magi. Credo proprio che un totale stravolgimento della nostra condizione fosse la lettura che ne diede questo prelato da cui avremmo solo voluto ricevere una parola di conforto e una benedizione.

 

Caro Monsignore

 

 

non ero venuta a Cattolica per vederti. Di te sapevo quel tanto che sanno tutti… che sei un sant’uomo e che ti occupi di tanti disgraziati. A dire il vero, avevamo avuto un contatto indiretto. La mia anziana mamma (guai a chiamarla “vecchia”!) ti aveva incontrato una mattina, in una di quelle tue visite fuori programma nel ravennate e ti ha chiesto una benedizione. Tu hai stretto le tue mani benedette intorno alla sua testa (me lo permetti?) “benedetta” ed hai pregato per la sua guarigione.

 

 

        Grazie, Monsignore, per averlo fatto. Ha aspettato per tanto tempo ed ancora aspetta di poter guarire, grazie anche alle tue preghiere ed anch’io aspetto di vederla sollevata un po’, povera donna!

        A Cattolica ti aspettavo così, misericordioso come l’immagine di Dio che si occupa dei più poveri fra i poveri e viene a confortare quelli come me, che, pur non meritando nulla, attendono una parola di conforto per “prendere al volo” il soffio dello Spirito e ricevere il dono della Speranza.

        Io ero in camera quando mi hanno detto di scendere. Una grande folla era accalcata nel Teatro della Regina ed aspettava, paziente, che tu arrivassi. Erano state ben preparate le mamme della Speranza! Non capivano nemmeno perché ti fosse stato detto di non venire a Cattolica, dove alberga, ogni anno, l’immagine del dolore più grande, ma insieme la fede e la ricerca della consolazione, in un’immagine di Dio che si vuole riconoscere come Provvidenza, del Dio che conforta, come ci insegna la storia dei più umili, dei mistici e dei Santi, con doni insostituibili e incommensurabili.

        Ecco, Monsignore, tu eri atteso così, e si riusciva anche a cantare i tuoi canti, legati alla tua terra, in quel teatro gremito. Ti si aspettava, addirittura, raccontando motti spiritosi e si toccava con mano una pace ed un’ilarità che non si era trovata da tempo.   Ogni tanto qualcuno ci aggiornava sui tuoi percorsi e si attendeva il tuo arrivo. Mi ricordava qualcosa tutto questo: la pianura dove il popolo della Palestina era in attesa del passaggio di Gesù e dove la gente comune, gli affamati, i lebbrosi, i ricchi e i poveri, i malati e gli storpi ascoltavano la Sua parola: “Beati i poveri di spirito, i malati, i perseguitati … perché vedranno Dio, perché saranno chiamati Figli di Dio!”

        Così si è fatta notte, con questo spirito; una notte che avrebbe potuto essere meravigliosa, da passare in veglia di preghiera. Tu avresti imposto le mani su qualcuno più fortunato di altri ed avresti benedetto tutti e noi, certi del dono dello Spirito, avremmo sentito il Suo soffio  su di noi ed il sorriso dei nostri Figli su tutti.

        Ti avremmo parlato dei nostri “Ragazzi di Luce” e ti avremmo detto che Essi si prodigano per opere di bene e che sono pronti ad aiutare anche i tuoi ammalati, i tuoi poveri, anche se hanno la pelle nera! In Dio siamo tutti uguali e “grazie a Dio”, nell’aldilà, non ci sono pregiudizi e religioni e culti diversi.

        E tu, Monsignore, ci hai parlato delle tue radici e della tua cultura ed anche  delle tue storie di “morti” che prendono i vivi per le spalle e che seminano guai e disgrazie nelle famiglie.

        Non abbiamo capito queste cose; forse tu non sei stato fortunato come noi. Le storie di intriganti e stregoni che ti hanno raccontato non ci sono note. Probabilmente tu non sapevi nulla di noi ed avrai immaginato o, magari, ti avranno informato non correttamente. Ti avranno detto che siamo quelli che parlano con i “morti”, ma costoro non hanno capito niente della nostra realtà.

        Che peccato, Monsignore non averti potuto dire che i nostri morti sono vivi in Cristo Signore e non ci prendono per le spalle, ma, veramente, sì! ci prendono per le spalle, ma per sollevarci ed aiutarci a vivere.

        I nostri “Ragazzi”, i nostri “Angeli di Luce” che ci hanno preceduto nel cammino della Patria Celeste non sono guidati dal Maligno, che pure sappiamo esista. Il Maligno è nell’odio, è nelle guerre, nelle infamie razziste, nelle divisioni ingiuste, nelle emarginazioni. Non è dove si parla di amore e si prega.

        Ci hai detto che tu preghi per i tuoi parenti una volta la settimana? Ma noi preghiamo tutti i giorni, in tutti i momenti della giornata, offrendo la nostra povera vita perché Dio si prenda a cuore i nostri Cari e li indirizzi in compiti di aiuto a chi soffre ed è lacerato.

        La nostra storia è questa, Monsignore. E’ un cammino nella vera Comunione dei Santi. La storia di Saul che evoca gli spiriti per sapere se vincerà la guerra non ci riguarda. Noi sappiamo che Gesù è risorto per dirci che tutti siamo vivi e che quello splendido involucro che abbiamo posto sotto terra non è che l’immagine del corpo glorioso che avremo nell’eternità. Siamo fiduciosi nel messaggio evangelico e nei doni dello Spirito, come  dichiara San Paolo.

        Per questo ti aspettavamo, Monsignore. Per ascoltare e ricevere i tuoi carismi e per parlarti anche dei piccoli doni, dei piccoli carismi che un Dio d’amore ha donato a noi, povere creature sofferenti, madri della speranza, gente che non fa notizia e che te ne avrebbe potuto dire delle belle.

        Che occasione ti sei persa, caro Monsignore!

 

                                                                     Edda Cattani

 

                                                      “la mamma di Andrea, il tenente”

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniAspettando i Re Magi
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Botti di Capodanno

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Botti di Capodanno

 

 

Quest’anno 2013 la festa dei botti è stata la festa dei bambini… Per i piccoli, nella loro innocenza… è sempre festa ed è anche un motivo di stare insieme, di ritrovarsi in famiglia, di rivedere quelle situazioni affettive in cui ci si scambia gli auguri e si dice che ci siamo… che ci si vuol bene e che nulla è cambiato! Non sei mai mancato tu Andrea ad illuminare i miei giorni… Non sei cambiato Mentore che l’hai raggiunto…. Ora ci sono loro: Simone e Tommaso che hanno diritto alla vita che guardano con occhi stupiti le luminarie e, abbracciandomi mi dicono: AUGURI!!!

 

 

Da bambina vidi i “botti” per la prima volta, attraverso i buchi di una coperta che la mamma teneva sopra il mio capo per ripararmi. Facevano rumore ma erano bellissimi e illuminavano tutta la città. Li chiamavano anche “bengala” e la gente fuggiva mentre intorno si sentivano ululare le sirene e mamma e papà correvano alla ricerca di un campanile che ci desse riparo. Io non capivo granché, anzi mi divertivo ed era un’avventura trovarci  tutti insieme a giocare a carte, a domino, a catenelle, nascosti al lume di candela mentre fuori si sentivano “i botti” e gli aerei continuavano a volare sopra di noi.. Quando finì la guerra e si festeggiò nelle piazze, mamma e papà mi portarono ai giardini pubblici dove ci fu una grande manifestazione seguita dai fuochi d’artificio, ma quando cominciarono a scoppiettare, io memore dell’esperienza avuta, mi nascosi sotto la gonna della mamma e cominciai ad urlare aspettandomi di dovere correre via. Anche Mentore mi raccontò che da ragazzino, finita la guerra, provò a fare “i botti” nel suo collegio e diede fuoco ad una miccia la notte di capodanno! Figurarsi se aveva il minimo sentore del rischio! Saltarono tutti i vetri dell’edificio e suo papà fu chiamato dal direttore per rimborsare il danno procurato. Allora per giocare non c’era granché: c'era il pallone e le lucertole in primavera. Questi sono i ricordi che fanno parte di quei frammenti che ognuno di noi ha nei cassetti della memoria. Chi non è stato bambino?? Se penso alle cose che molti dei ragazzi hanno fatto c’è d’avere paura! Quando ho avuto i figli ragazzini, la mattina del primo dell'anno le strade erano coperte di botti, se ne trovavi uno ancora pieno era una gioia per loro! poi c’era chi si inventava una improbabile miccia, la accendeva e scappava come se avesse acceso un bomba atomica….in genere non succedeva nulla, ma così ci poteva riprovare. Che i botti inesplosi erano pericolosi lo avevamo detto ma i ragazzini continuavano a giocarci e nelle tabaccherie di paese c'era il magazzino "segreto" , in cui lo sapevano tutti, c’era una Santa Barbara da far saltare mezza città. I botti li compravano tutti lì, pure i carabinieri!
Ecco perché il rileggere le notizie dell’ultima ora, mi fa tristezza, ma ci leggo qualcosa di inevitabile; ogni tanto prima di sparare a zero basterebbe riavvolgere un po’ la memoria… purtroppo.

Quest’anno, 2012 la notte dei botti, nelle registrazioni, ho trovato anche i nostri ragazzi… erano tanti e facevano gli auguri a tutto il mondo; mentre con i miei nipotini, ci siamo affacciati al balcone, stretti l’uno all’altro, un po’ impauriti ed incuriositi (la storia si ripete) per vedere un po’ di luci, in questo paese dove i fuochi sono stati vietati. E’ stata la prima notte in cui con le mie figlie si è costituita la “famiglia” anche se tanti pezzi ormai sono andati perduti… Io resisto ancora, nonostante tutto, ma tornata a casa, ho voluto riascoltare gli auguri dei nostri ragazzi, e, con in mano il registratore acceso ho udito: “ BUON ANNO MAMMA! BUON ANNO PAPA’! BUON ANNO A TUTTO IL MONDO!!!” Quanta consolazione nel potere sentire questa partecipazione giocosa alla nostra povera vita, ormai così priva di emozioni… è un po’ come tornare ragazzi ed è trovare viva la loro presenza, anche in questi momenti esplosivi e un po’ fatui. Il mattino dopo, in strada c’erano tante cartucce in terra… come una volta…

Ho avuto modo di  contattare, in questi giorni, varie persone al telefono; si sa che le feste portano malinconia a chi è rimasto solo; la confusione, l’allegria sembrano intristire e aggiungere disagio all’animo già tanto provato. Eppure è proprio in questa circostanza di frantumazione e di unione ad un tempo, in cui la mia famiglia versa, che ho constatato ancor più viva e presente la realtà di mio figlio che si è manifestato in mille modi per dare conforto a me e a tutti noi. Dalla vigilia di Natale infatti suonano campanellini in casa, dentro la macchina, quando andiamo a riposare e in orari particolari. Non sono poi mancati vari momenti in cui, col cambio automatico dei programmi televisi: abbiamo ritrovato Freddy Mercuri con la sua canzone “Noi vivremo per sempre”, il film“Balla coi lupi” con l’immagine apparsa al suo papà …”sarò tuo amico per sempre…” e tante… tante altre… circostanze che ci hanno stupito e confortato. I segni ci sono e tanti, basta saperli ascoltare; forse è proprio quando non li cerchiamo che si manifestano più e più volte per non farci sentire soli e danno conferme alle nostre stesse aspirazioni.

Sono giorni particolari che i miei bimbi chiamano giocosamente VACANSA!!!  in cui siamo stati chiusi in casa da Natale in poi se non per far visita a Mentore nel suo letto di dolore, ma la nostra non è stata una solitudine ma una piccola Betania, con il presepe acceso e l’alberello e anche mentre sto scrivendo il computer mi fa strani scherzi, quasi a voler giocare con la battitura delle mie lettere. Sono costretta a fare correzioni che sarebbe bello lasciare per capire i vari significati… ma non sarebbe mai finita.

Debbo aggiungere che si è fatto sentire anche il mio piccolo gattino Max. Un pomeriggio mentre ero sul divano, ho distinto, dalla parte opposta il suo inconfondibile russare di gatto persiano, così come faceva quando mi stava accanto. Ogni volta in cui mi siedo sulla poltrona sento che graffia delicatamente il tessuto come a voler salire e il suo luminoso comparire in una scia di luce dalla porta, conferma quanto ho già scritto e che ancora vorrei asserire per coloro che hanno scritto anche su FB parlando di ipotesi sulla sopravvivenza dei nostri amici animali.

Ed ora, cari amici, buon anno nuovo! Ce lo confermano i nostri Cari. Sia un anno di Pace e d’Amore… e non dimentichiamo che la Speranza è la nostra salvezza nella Fede.

Edda CattaniBotti di Capodanno
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Vivo uno…Vivi Tutti!

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Vivo uno…Vivi Tutti!

Ci siamo trovate a parlare su Skype… eravamo in sei alla ricerca dei nostri Ragazzi e le prime parole sono state: “ Il solo fine del Gruppo attiva la colonna: Vivo Uno…Vivi Tutti!”

Buon Compleanno Andrea!

Ed eccomi a parlare di nascita: Andrea venne alla Luce il 7 ottobre, festa della SS.ma Vergine del Rosario… A lei dedicai la vita di quel figlio adorato e tanto atteso. Rappresentava per noi il futuro della nostra famiglia, l'appoggio per suo padre, il sostegno per le sorelle, la speranza per me… E lo è stato… Oggi egli mi dice:"I compleanni servono per fare festa…hai visto mamma come il tempo passa?"! E' vero figlio mio…passa… passa ma non passerai mai tu ed i tuoi splendidi 22 anni che rimarranno per sempre! 

LA MADONNA DI POMPEI

Vergine del S. Rosario

 

La Madonna del Rosario ha un culto molto antico, risale all’epoca dell’istituzione dei domenicani (XII secolo), i quali ne furono i maggiori propagatori. La devozione della recita del rosario, chiamato anche salterio, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché faceva in modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani senza la necessità di leggere su un testo.
Alla protezione della Vergine del S. Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571. A seguito di ciò il papa s. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del Santo Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre.

 

 

 

 

 

 

Il 7 ottobre 2003 il mondo cattolico si è inginocchiato con Giovanni Paolo II ai piedi dell’immagine della Vergine di Pompei per implorare la pace. Dinanzi alla venerata icona mariana si sgrana un Rosario universale che risuona come alta, vibrante supplica di pace; è una giornata mariana radiosa, che corona il cammino spirituale dell’Anno del Rosario. Intorno alla maestosa facciata del Tempio di Pompei – che poco più di un secolo fa il beato Bartolo Longo (1841-1926) volle erigere proprio come monumento alla pace – il popolo dei devoti di Maria ha il volto dell’umanità peregrinante ed il cuore della Chiesa orante. Il terzo millennio con il suo fardello di drammi e di speranze, fa tappa a Pompei; sosta in quella Valle divenuta singolare ponte tra le antiche vestigia pagane e le straordinarie opere di una fede fattasi cemento di una nuova civiltà. Il 7 ottobre 2003, accanto all’icona della Madonna di Pompei c’è il Papa del Totus tuus; egli si unisce alla folla orante con la meditazione dei “suoi” misteri della luce, quasi per proiettare la luce di Cristo sui conflitti, le tensioni e i drammi dei cinque Continenti. Ogni Ave Maria, inoltre, ha il respiro di un grido dolente e la forza e l’anelito di speranza.

 

 

Il Rosario, non è solo impetrazione e proiezione della luce di Cristo sul mondo e fra gli uomini vessati da conflitti e tensioni, ma è anche straordinario compendio dell’Evangelo. L’uomo e la donna del tempo post-moderno hanno bisogno di respirare a pieni polmoni il buon profumo di Cristo per disintossicarsi, ritemprarsi ed ossigenarsi della genuina bellezza e bontà del Mistero! Nella sintassi evangelica del Regno, respirare, contemplare, assimilare, percorrere, conoscere, amare, sono verbi di “movimento”, cioè d’impegno martoriale; conducono, mediante l’opera silenziosa ed efficace dello Spirito, a Cristo, e Cristo conduce al Padre, origine, senso e meta della nostra fede. Questa sintassi evangelica è stata scrupolosamente esperita da Maria di Nazareth, vera discepola-maestra di vita cristiana.

Edda CattaniVivo uno…Vivi Tutti!
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Tutto è compiuto!

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Tutto è compiuto!

Così anche Mentore è andato alla Casa del Padre… o meglio, come dice il servita Padre Alberto Maggi “…Il tuo sposo non va alla casa del Padre… Perché lui era questa casa! Noi siamo l'unica dimora di Dio. La morte non ci allontana dai nostri cari ma ci avvicina sempre più!"

 Ora è il tempo del silenzio e della memoria. Ricordo i primi tempi, quando si manifestarono i sintomi del terribile morbo che l’avrebbe distrutto poco alla volta, nemico inesorabile, caparbio, irriducibile! Si cominciò a frequentare, con frequenza diurna “Casa Madre Teresa”: il mattino lo portavo e il pomeriggio lo riprendevo. La chiamava “la mia scuola” e ne parlava con i nipotini come di una nuova esperienza. Diceva loro “Sapete anch’io frequento una scuola dove mi insegnano tante cose." Il momento del ritorno era sempre gioioso: ”Com’è andata la giornata?” “Bene” “E cosa hai fatto oggi con i tuoi amici?”  “Abbiamo letto” “Raccontami su… avete letto il quotidiano?” “ Siì “  “…e di cosa avete parlato?”  “…di tante cose!” “Dimmi qualcosa…” “ Mi chiamano il santo…!”

Non poteva essere diversamente… si rendeva conto della sua condizione che accettava con umiltà, sorridendo, tornando quasi bambino, a quella infanzia che forse, dati i tempi, gli era mancata. Passando al semaforo guardava con nostalgia il ragazzo con i fiori in mano che bussava al finestrino: “Vuoi regalarmi una rosa?” “Sì”… e mi tornava alla mente la canzone di Simone Cristicchi:

Ti regalerò una rosa

Una rosa rossa per dipingere ogni cosa

Una rosa per ogni tua lacrima da consolare

E una rosa per poterti amare

…Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare…

 

 Ed è stato così… il ricordo di me non è mai sfumato, è rimasto vivo fino all’ultimo istante. “Ti ho lasciato sola…!” ripeteva con amarezza quando fummo costretti a prendere la drastica decisione del ricovero permanente. Il mattino che lo trasferii nella struttura credevo d’impazzire mentre lui mi confortava con le sole parole possibili, pacato e sereno: “Cosa vuoi, questa è la vita!” Ci vedevamo ogni giorno e molte erano le volte che provavo a trattenerlo nella “nostra” casa… quella casa dove ormai regnava il silenzio, interrotto solo dal vociare dei bambini, quando le figlie me li lasciavano per emergenze. Una vita di solitudine e dolore, soprattutto per lui, sempre più rattrappito, immobilizzato in quella poltrona, divenuta poi un giaciglio per un corpo lacerato.

 

Lunghi giorni e lunghi anni… non più festività insieme, ma ormai in “famiglia” a Casa Madre Teresa, divenuta la dimora stabile per entrambi. Ho vissuto con il mutare delle stagioni, il cambiamento delle situazioni… persone entrate autonome ridotte a vegetali dementi… Mentore no! Solo gli occhi si sono mossi fino all’ultimo, in cerca del mio incoraggiamento; io sono stata la sola persona a cui ha rivolto lo sguardo fino all’estremo istante, ancor quando lo supplicavo: “Lasciati andare Mentore, vai caro, ora puoi volare! Cosa aspetti? Basta soffrire… vedi, ti tengo la mano e Andrea è dall’altra parte che ti sorride… Vai, amor mio, vai!!!”

 

 

Gli ho messo fra le mani lo scapolare della Madonna del Carmine di cui siamo devoti e l’ho dato a Maria, donato a Lei nella settimana dell’Assunta.

Il giorno che l’ho portato nella struttura era il 22 maggio: 22 sono gli anni di Andrea e in quella data si festeggia Santa Rita, la Santa degli impossibili. Ricordo quand’ero adolescente e andavo ancora a scuola, nella mia parrocchia c’era un’altarino dedicato a Santa Rita e non mancava giorno che non facessi una visita prima di recarmi alle lezioni, pregavo per la riuscita di un compito, di una interrogazione… ora le ho affidato mio marito, il mio compagno, il papà di Andrea, l’ultima figura della mia famiglia rimasta a tenere la fiammella accesa di una casa sgretolata e dove ormai sarò sola.

 

Nel giardino però non sono mai cessate le sorprese: Andrea mi ha fatto trovare petali a forma di cuore dappertutto, mentre pregavo Dio di perdonarmi per la mia debolezza e perché non venisse meno la forza di andare avanti. Troppo grande la mia presunzione di avere pagato il pedaggio con le mie precedenti sciagure e di non dovere più soffrire; ora capisco Signore che non mi avresti abbandonato  mettendo al mio fianco una spalla su cui piangere e con cui condividere il dolore, una creatura che potrà alleviare ogni mia pena con un segno di conforto.

Ora è passato tutto, tutto è compiuto! Sono rimasta con lui fino all’ultimo… non ho voluto accanto nessuno in quest’ultimo viaggio… Noi soli, anche alle esequie, fatte nel raccoglimento, con le mie figlie e gli operatori: il cero pasquale indice di Fuoco dello Spirito e un cuoricino di rose bianche con i nomi dei miei nipotini. Lui, grande presenza al centro, pronto per raggiungere in cappella Andrea, sopra di lui, finalmente!!!

 

 

 

Ma debbo ringraziare le Mamme degli Angeli di FB che, fino dai primi momenti dell’agonia mi sono state accanto a decine, impareggiabili nei commenti e nell’esortazione all’accettazione e alla fiducia in Dio. Chi poteva pensare che dai mezzi elettronici potesse venirmi tanta umanità? Chi lo conosceva di persona non si è presentato in tutti questi anni…e, dagli ultimi, i più lontani, coloro che sono stati colpiti da lutti raccapriccianti, ne è venuta la solidarietà e la preghiera dell’anima a sollievo della sofferenza!

GRAZIE!!! GRAZIE A TUTTI

Ed ora… per coloro che hanno FEDE!!!

 

L'ho visto volare e mi ha dato un messaggio… che più bello di così … "…mia sposa io ora sto bene…è grande il sacrificio… i tuoi fiori tutti per me. Il tuo dolore nella prova è stato grande… COSPARGI IL TUO PROFUMO AL VENTO E RIGENERA IL TUO ABITO DI FOGLIE E DI FIORI… "… cosa debbo desiderare di più! La morte non esiste e gliela farò anche questa volta…

 

 Un grande abbraccio e GRAZIE!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edda CattaniTutto è compiuto!
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Misericordias Domini

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Misericordias Domini

 

Era il 1961 ed io vivevo una delle più belle esperienze della mia vita: giovinetta con grandi ansie spirituali, mi beavo di quel conforto del cuore che mi faceva sentire completamente abbandonata nelle mani di Gesù e di Maria. Abitavo in un luogo capace di rispondere alle mie attese giacchè si trattava di un convento dove venivano accolte, per una seria riflessione, giovani desiderose di incontrarsi con Dio. La sera, dopo le intense giornate lavorative, ci si recava, in assoluto silenzio, in fila, con il cero in mano ed un velo bianco in testa, lungo l’immenso corridoio, fino a raggiungere una grande statua della Madonna, illuminata da una corona di stelle e circondata, come in un giardino, da tante piante e fiori di ogni genere. Fra quei fiori deponevo il mio cuore in adorante visione di una realtà “altra” piena di amore, di dolci profumi, di musica, di bontà e di speranza. Un canto che veniva intonato e che mi affascinava era un inno noto alla liturgia, derivante da un Salmo: “Misericordias Domini in aeternum cantabo (canterò in eterno le Misericordie del Signore). In quell’atmosfera surreale formulai le mie prime promesse, mai dimenticate ed un patto per la mia vita futura assunse la modalità dell’impegno che cercai di trasmettere sempre ai miei figli, quando diventai giovane madre.

L’entusiasmo per la vita, vissuta come un dono era veramente lo spirito con cui tutta l’esistenza del mio Andrea si dipanò: amore per i suoi simili, per la giustizia, per la bellezza in genere, per la musica, per le persone in difficoltà e per la preghiera. Era giovane soldato che mi diceva “Mamma non ti preoccupare, le dico ogni sera le mie preghierine” e nel suo portafogli trovammo l’immaginetta consunta per l’uso, con la scritta:

 

“Signore Dio degli eserciti, guarda benigno a noi che abbiamo lasciato le nostre famiglie per servire l’Italia!”.

La mia vita, dunque, è stata dedita all’ascolto, al lavoro, alla speranza in un Dio di Misericordia, anche dopo l’evento infausto che ha colpito la nostra famiglia. Poi l’incontro con il Movimento della Speranza e il desiderio di veder sorgere tante associazioni, compresa la nostra A.C.S.S.S. in grado di accogliere tanti disperati ed aiutarli a riconoscere nei disegni imperscrutabili del Signore un cammino da percorrere, non dimenticando che la vita è gioia, è un inno a quel Dio di Misericordia.

Questo lo spirito con il quale siamo nati… Condizione ideale, per tutti noi, sarebbe ritrovarsi in un luogo di raccoglimento, magari con la guida di un sacerdote, per parlare di fede ma anche di fenomenologia per rendere ancor più tangibile la nostra speranza. Purtroppo questo non è sempre facile: pochi sono i sacerdoti preparati a parlare di cose che giudicano “strane” se non di dominio del demonio. Allora sono tante le persone che non sanno dove andare e aspettano un convegno in cui si parli delle problematiche che ci affannano  e degli studi che parlano di episodi non riconosciuti dalla comune scienza e che lasciano tanto conforto senza volerli disgiungere dalla pratica del credo religioso. Speriamo vi siano sempre più sacerdoti coraggiosi e gruppi di genitori generosi che non si soffermino al piccolo messaggio, ma abbiano il desiderio di compiere “grandi opere”.

Alcuni li abbiamo individuati; cerchiamo di pensare che ad ognuno di noi è richiesto questo impegno e che tutti possiamo farcela. A questo scopo stiamo approntando il convegno di settembre del nostro Movimento e che, all’insegna della continuità nel rinnovamento, vedrà schierate tante iniziative di cui daremo conto nei vari appuntamenti.

 

 

 

 

Sto partendo per Roma e al Convegno del Convivio renderò la mia testimonianza di “Quando il Divino si manifesta” nella speranza di poter partecipare la mia fede e la speranza mai venute a mancare in questo percorso d’amore.

E’ tempo di Quaresima. Questo momento di silenzio con l’invito che Dio ci rivolge è molto importante. Noi cammineremo verso la Pasqua per quaranta giorni. Quaranta giorni per trasformarci, per diventare capaci di comprendere il suo amore nell’assenza di rumore e del frastuono che ha riempito le giornate del pazzo “carnevale”.

Leggiamo il vangelo di Matteo (6,1-6.16-18) : “…quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. 

Ecco dunque il percorso: il digiuno, come mortificazione per astenersi dalle cose futili; la preghiera, per chiedere a Dio di aiutarci a compiere il nostro dovere di ogni giorno; il silenzio per trovare nella nostra giornata un momento di riflessione e pensare alle cose che contano nella vita.

In uno dei tanti messaggi Andrea ci dice: “… fate tutto zitti, zitti…” La semplicità delle brevi frasi che ci giungono sono sempre un invito alla riservatezza, alla partecipazione del cuore, al silenzio interiore. Senza queste peculiari connotazioni non vi può essere comunicazione con i nostri Cari dell’Oltre; per questo noi dobbiamo anche dimenticarci del nostro dolore per non farne il solo scopo della nostra vita. L’evento tragico che ci ha colpito non può annullare la nostra vita al punto da ritenere che essa non meriti di essere vissuta nella pienezza e nella scoperta di cose sempre più belle che avremo modo di apprezzare.  Ricordo di avere assistito ad una conferenza di uno studioso di Padova medioevale e di avere sentito dire: “… noi siamo abituati a passare per le strade e a guardare dove mettiamo i piedi…cosa più che mai giusta… ma se alzassimo lo sguardo ci assalirebbe una meravigliosa visione di splendidi cornicioni, di torricini, di balconi, di cupole che si stagliano nel cielo invitandoci a ringraziare l’Onnipotente per le grandezze che abbiamo saputo creare per glorificarlo.

Riscopriamo in questa quaresima la bellezza dell’amore che ci sembra di avere perduto e pensiamo che quel corpo che è scomparso sotto una pietra tombale è destinato a risorgere glorioso e più bello di prima.

I primi giorni del mio amaro peregrinare nella casa vuota dove, fino a qualche giorno prima, echeggiavano canti e risa dei miei figli,  ripensavo al corpo statuario di quel figlio, bello nella sua esuberante giovinezza e gli chiedevo fra le lacrime: “Come sei ora, figlio mio, eri tanto bello!” una voce esile, ma decisa mi rispose: “Di più, di più di prima, mamma!”

Ecco la completezza del messaggio cristiano: IO RISORGERO’  questo mio corpo vedrà il Salvatore! Certamente dovremo passare attraverso la quaresima che, anche nella sua spoglia contrizione assume il grande significato dell’attesa.  

 

 

 

Leggo in una rivista cattolica:

Viviamo in un paese di oscurità

Ho attraversato la frontiera, Signore, e sono passato nel paese di oscurità!

nella regione dove mi sono stabilito sboccia il piacere di ostentare la disonestà di fronte agli altri;

 la bontà non ha posto; la menzogna è un costume e la maschera della falsità una pratica quotidiana.

si tratta di dominare e guardare dall'alto. Le parole di dolcezza non hanno corso.

Sono diffuse solo parole offensive. Qui ognuno trascorre il suo tempo a riempire soltanto la propria borsa anche se per questo bisogna vuotare quella del vicino. qui non esiste prossimo:

non esiste che se stesso da accontentare prima di tutto. E quali mani, in questo paese,

si tendono per cogliere la limpidezza che tu, Signore, moltiplichi instancabilmente?

pietà di me, signore, sono smarrito: fammi tornare nel paese del vangelo!

 

 

È un richiamo alla verità, al voler essere veri, autentici dinanzi a Dio; è un richiamo molto opportuno e molto giusto. Non si vedrebbe come ci si possa convertire a Dio se non si comincia da un profondo atto di one­stà e di verità interiore. Gesù nel Vangelo pone così questo problema di verità: non cercare – ci dice – la tua dignità e la tua grandezza specchiandoti nel giudizio degli al­tri, nella loro lode, compiacendoti della loro ammirazione. Cerca la tua dignità e la tua grandezza specchiandoti nel giudizio di Dio, e lì troverai la tua verità, perché solo Dio ti giudica nel modo ve­ro, nel modo autentico e ti dà dunque la dignità della sua approvazione e della sua lode. E’ una scelta fondamentale da fare, anche perché i nostri atteggiamenti umani sono sempre sul filo del rasoio a questo proposito: cercare la nostra dignità negli altri, oppure cercare la nostra dignità profonda nell'incontro segreto e sconvolgente con Dio. Gesù rimproverò a questo proposito tutti coloro che facevano opere buone per essere lodati dagli uomini, e commentò: « Avete già ricevuto la vo­stra ricompensa ».

 

           E’ tempo di vivere

Da ora e per quaranta giorni, che vivere diventi la nostra urgenza quotidiana!

Prima di tutto andare alla sorgente del Vangelo e immergersi nella sua frescura,

rimanere in silenzio per cogliere la quiete e la calma che rendono capaci di afferrare

 le gioie tremule disposte sul nostro cammino, distribuite e condivise, perché ciò che siamo e che abbiamo ci è stato dato perché facciamo crescere la felicità dei nostri Cari.

Siamo consapevoli che il Padre ci porta sulle sue braccia,

e che comunica la sua divina potenza di trionfare sulla morte

che ha incrociato la luce dei nostri giorni.

 

 

 

"Tornate a me e vivrete, dice il Signore"

Signore, voglio tornare a Te, perché Tu solo puoi darmi gioia e conforto, perché tu sei la mia gioia e la mia vita ed io…

Misericordias Domini in aeternum cantabo!

 

 

 

Edda CattaniMisericordias Domini
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