Narrativa: Racconti Poesie Preghiere

Le pagine di Edda Merola

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Dedicato ad Edda Merola amica mia!

Edda Merola

 

Edda Merola è una nostra carissima amica di oltre 90 anni. Vive a Roma, in casa da sola e non sente la solitudine. E’ donna di grande Fede, persona intelligente, culturalmente preparata, autonoma, gentile e di grande sensibilità. Ci siamo conosciute attraverso l’Aurora: mi ha cercato telefonicamente e, pur non conoscendola di persona, debbo dire che mi è stata molto vicina in momenti di grande difficoltà per la mia Famiglia. Ho scoperto la sua capacità di scrittrice a cui si aggiunge una notevole vena poetica. Dalla prima lettera inviatami è passato tempo, ma ora si aggiungono queste due riflessioni che inserisco, dedicandole questa pagina:

 

 

Madre Mia, Maria

 

Ho sempre sognato di vedere il Tuo Volto,

il Tuo sorriso, i Tuoi occhi color del Cielo,

il Tuo sguardo posarsi su di me.

 

Ho sempre sognato di udire la Tua voce

Dolcissima sussurrarmi parole di Amore materno.

Ho sognato.

Ma so che sei presente nella mia vita, da sempre,

e che da sempre cammini accanto a me,

guidi i miei passi e mi sorreggi.

Da sempre fra noi v’è un colloquio mai interrotto.

Io ti parlo con le parole che conosco

E che non sanno dirti tutto l’amore

Che nutro per Te.

 

Tu leggi nel mio cuore e sai anche quello

Che sono incapace di dirti.

E mi rispondi, illumini i miei pensieri,

mi conforti e doni pace al mio cuore.

 

GRAZIE, Madre mia amatissima!

GRAZIE, Madre di Dio e Madre mia!

 

ALBA

E’ l’inizio di ogni nuovo giorno

La manifestazione di Dio

nelle sembianze umane

di CRISTO sulla Terra,

per l’umanità è l’alba:

inizio del nostro nuovo giorno,

inizio della nostra resurrezione,

della nostra salvezza.

 

Lo annunciano e testimoniano

Gli autori dei quattro Vangeli:

LUCA – MARCO – MATTEO – GIOVANNI

 

E forse non è un “caso” che le iniziali dei simboli

Ad essi attribuiti formino la parola

ALBA

 

LUCA : il suo simbolo è Angelo

MARCO: il suo simbolo è Leone

MATTEO: il suo simbolo è Bue

GIOVANNI: il suo simbolo è Aquila

A te che soffri per la dipartita della creatura amata

 

Quando, giunta la nostra ora, torniamo a Casa, “quella” Casa ove tutti siamo attesi, lì si fa festa.
Ma chi rimane quaggiù soffre e fa fatica ad accettare il distacco dalla creatura amata, anche se il “distacco” è solo apparente.
I nostri cari che ci hanno preceduti nell’altra dimensione e che impro-priamente definiamo “morti” sono vivi più che mai, finalmente liberi da ogni in-fermità e condizionamento.
Per volere del Padre essi continueranno ad esserci accanto e vi reste¬ranno; sta a noi tenere vivo il loro ricordo nella nostra memoria. Ci saranno accanto e ci parleranno anche se, a motivo dei limiti dovuti alla nostra fisicità, non ci sarà possibile vedere le loro sembianze, udire la voce a noi cara. Ma se – come avviene sulla terra tra persone che vivono in simbiosi – ci metteremo sulla giusta lunghezza d’onda, potremo percepire nello spirito la loro presenza e continuare un colloquio mai interrotto.
Allora ci sorprenderemo nel constatare che tra noi e “loro” non vi sono barriere di sorta, che nulla è cambiato, che – sostanzialmente – tutto è come sempre perché coloro che per volontà del Padre furono genitori nella carne, per Sua volontà continueranno a vegliare sulle creature che Egli affidò al loro amore; perché ai figli affiderà il compito di essere custodi dei loro genitori; perché il coniuge continuerà ad essere spiritualmente legato alla persona amata con la quale ha percorso un tratto del cammino terreno; perché un fratello, un amico saranno sempre tali al di là di ogni apparente lontananza.
E capiremo che le creature alle quali sulla terra siamo stati legati da vincoli di sangue di affetto di amicizia di affinità spirituale, le ritrove¬remo nell’altra dimensione e insieme continueremo il cammino al servizio del Padre verso Cieli infiniti.
Perché questa è la Legge d’Amore del Padre-Amore.
Edda Merola

PADRE NOSTRO


Eterno Increato Autore di Vita Eterna

Onnipotente Creatore di tutte le cose esistenti

negli infiniti Cieli visibili e invisibili

Padre nostro, Padre di ogni creatura

Noi ti ringraziamo per la vita che ci hai donato

e per la fede che la illumina e la sostiene.

Invitandoci a chiamarti Padre, Tu ci chiedi

Di prendere consapevolezza di essere Tuoi figli

E fratelli tra di noi.

 

Rendici capaci di capire quanto grande

È la nostra dignità figli tuoi.

Tu ci hai fatto dono gli uni agli altri

Affinché ci fosse meno faticoso

Questo nostro cammino terreno.

Aiutaci a non deluderti.

Rendici capaci di amarti e di amarci

Gli uni gli altri senza misura come Tu ami noi.

 

Fa che sappiamo essere attenti alle necessità

Dei fratelli che metti sul nostro cammino.

Rendici capaci di soccorrere e donare

Gioia e speranza a chi è nel buio,

a chi si sente rifiutato, a chi è nella tristezza

e nella solitudine, a chi non sa più sperare ed amare.

 

Padre di Cristo Gesù tua Parola fatta carne

Aiutaci a saperci nutrire dei Suoi insegnamenti

E rendici capaci di condividerli con i nostri fratelli.

 

Padre-Amore

Donaci la capacità di capire quanto grande

È il tuo Amore per ogni tua creatura e rendici

testimoni gioiosi e credibili del Tuo Amore.

 

Padre di Misericordia infinita

Perdona i nostri continui smarrimenti,

rendici gioiosi testimoni della Tua misericordia

e capaci di perdonare e dimenticare

i torti ricevuti, come Tu ci hai comandato.

 

Dio Via Verità Vita

Guida i nostri passi sulla Via della rettitudine,

rendici difensori della Verità, capaci di apprezzare

il dono della Vita e metterla al Tuo servizio

per il bene dei fratelli.

 

Dio della Gioia e della Speranza

Rendici narratori credibili e testimoni

Di gioia e di speranza.

 

Dio Autore del Creato

Rendici capaci di rispettare ed amare tutto ciò

che ci circonda perché tutto e Tuo dono d’Amore

gratuito alle tue creature.

 

Dio della Bellezza e dell’Armonia

Noi ti ringraziamo per i colori

Con cui sai allietare i nostri giorni,

che sarebbero grigi e tristi senza

la certezza della Tua presenza in noi.

 

Oceano di Pace

Dona ai nostri cuori la Tua Pace.

 

Padre, Sorgente di Vita Eterna

Da Te veniamo, a Te siamo diretti.

Guida i nostri passi, custodiscici, benedicici.

 

Edda Merola

 

Roma, S.Pasqua 2010

 

 

 


LA PACE

L’ho vista la PACE

sul volto della Santa Vergine

in adorazione del Divin Figlio

nella mangiatoia

e ai piedi della Croce

della nostra Redenzione.

 

L’ho udita nel canto degli Angeli

alla grotta di Betlemme

e in quello sommesso di una madre

china sulla culla

della propria creatura.

 

La vedo nella immensità

 e nello splendore del Creato

 

La vedo ogni mattina e ogni sera

al sorgere e al tramontare del sole

e ogni notte

al brillare delle stelle

 

La odo nel canto

di ringraziamento e di lode

delle creature

al Creatore dell’Infinito

 

La odo nella melodia della musica sacra

e nel cinguettio degli uccelli

 

La vedo nel sorriso

e negli occhi innocenti dei bambini

 

L’ho vista su volto sereno dei morenti.

 

l’ho vista china sull’Umanità dolente

e udita sussurrare

parole sconosciute

di conforto e di AMORE.

 

La vedo nell’AMORE gratuito

di chi si spende per il bene dei fratelli

e nello sguardo riconoscente

della creatura che si sente amata.

 

La respiro lontana dai rumori del mondo

nella preghiera

e nell’affetto riposante

di un cuore Amico.

 

La conosco, la PACE:

è dono

del DIO della PACE

ad ogni Sua creatura,

fedele compagna di viaggio

di ogni uomo di ogni tempo

nel suo faticoso

peregrinare terreno.

 

La PACE: tutto dona, nulla vuole in cambio.

 

GRAZIE, fedele preziosa AMICA dei miei giorni

GRAZIE a nome di tutti i figli di DIO!

 

Edda Merola

 

Roma, Santo Natale 2009

Edda CattaniLe pagine di Edda Merola
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Vietato lamentarsi

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“Vietato lamentarsi”

vietato 

 

Di Andrea Tornielli

Papa Francesco trascorre le sue ferie rimanendo a casa senza perdere il buonumore, a dispetto di alcuni presunti retroscena giornalistici che lo dipingono come incupito e assediato dagli avversari interni.

Da qualche giorno sulla porta del suo appartamentino a Santa Marta è apparso un eloquente quanto ironico cartello, che recita: «Vietato lamentarsi». Vi si legge che «i trasgressori sono soggetti da una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi». Che «la sanzione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di bambini». E conclude così: «Per diventare il meglio di sé bisogna concentrarsi sulle proprie potenzialità e non sui propri limiti quindi: smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita».

A notarlo sono stati gli interlocutori più recenti del Pontefice invitati a Santa Marta, tra i quali un anziano sacerdote italiano, amico di lunga data, il quale – dopo aver chiesto l’autorizzazione – l’ha fotografato per divulgarlo. Era stato lo stesso Francesco a farglielo notare al termine dell’udienza avvenuta all’inizio della settimana ed entrambi avevano sorriso.

Quel cartello è un’invenzione dello psicologo e psicoterapeuta dal nome biblico Salvo Noè, autore di libri e di corsi motivazionali. Nell’ultimo dei suoi volumi ha dedicato alcune pagine proprio a Bergoglio. Lo scorso 14 giugno, al termine dell’udienza in piazza San Pietro, Noè aveva potuto salutare per alcuni istanti Francesco: gli aveva donato il libro, un braccialetto e il cartello immediatamente apprezzato dal Papa che aveva replicato: «Lo metterò alla porta del mio ufficio dove ricevo le persone». Ora, l’«ufficio» del Papa dove avvengono solitamente le udienze è nel palazzo apostolico, la cui austerità e bellezza non si sarebbero certo sposate bene con quel divieto un po’ goliardico. Così Francesco ha deciso di appenderlo fuori dalla porta del suo appartamento.

In molte occasioni l’autore dell’esortazione «Evangelii gaudium» (la gioia del Vangelo) ha invitato i cristiani ad abbandonare l’atteggiamento di continua lamentela: «A volte – aveva detto alcuni mesi dopo l’elezione – alcuni cristiani malinconici hanno più faccia da peperoncino all’aceto che di gioiosi che hanno una vita bella!».

Il sacerdote che ha scattato la foto dice di aver trovato Francesco disteso e sereno. Al lavoro nonostante le ferie su alcune nomine curiali – è attesa quella del nuovo segretario della Congregazione per la dottrina della fede – ma anche sui discorsi del prossimo viaggio in Colombia. Gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio, con le improvvise dimissioni del Revisore generale Libero Milone, il congedo del cardinale George Pell rinviato a giudizio in Australia per presunti abusi su minori e infine la mancata riconferma del cardinale Prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gerhard Müller hanno dato adito a molte ipotesi. E hanno anche scatenato una ridda di ricostruzioni a dir poco fantasiose, come quella spacciata per essere «di buona fonte» ma totalmente falsa, secondo la quale comunicando la mancata riconferma a Müller il Papa lo avrebbe sottoposto a un surreale interrogatorio sul celibato sacerdotale e donne prete. O come quella secondo cui Francesco da qualche settimana avrebbe scelto di consumare ancora i pasti nella sala da pranzo comune di Santa Marta ma di spalle, in un angolo più defilato. Peccato che quest’ultima scelta risalga a più di tre anni fa e dunque non ha alcun collegamento con le più recenti e controverse vicende.

 

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Lettera d’amore a Dario

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Lettera d’amore a Dario

di Franca Rame 30 gennaio 2013

La ricordiamo in questi giorni…. vale la pena di rileggerla….

 

 

Sono nata nel 1929.

Quando ero piccola, sette, otto anni, mi veniva in testa un pensiero che mi esaltava: morire.
Quando morirò?
Com’è quando si muore?
Come mi vestirò da morta?
Forse mamma mi metterà quel bel vestito che m’ha cucito lei di taffetà lilla pallido orlato da un bordino di pizzo d’oro.
“Sembri un angelo! Quanto è bella la mia bimba che compie gli anni!” mi diceva.
A volte mi stendevo sul lettone di mamma: vestito, calze, scarpe, velo bianco in testa, una corona del rosario tra le mani poste sul petto (tutta roba della Cresima), felice come una pasqua aspettavo che qualcuno mi venisse a cercare e si spaventasse…scoppiando in singhiozzi. “E’ mortaaa! Franchina è mortaaaaa?!” E tutti a corrermi intorno piangendo…arrivavano i vicini, il prete e tutti rosariavano in coro.
Arrivasse un cane di un cane. Nessuno spuntava.
Nell’attesa mi addormentavo.
Al risveglio ero incazzata nera.
“La prossima volta vi faccio vedere io!” bisbigliavo minacciosa.
Poi mi sgridavo: “Cattiva, sei cattiva!!! Dare un dolore così grande alla tua mamma. Vergognati! Con tutti il bene che ti vuole…”

“Ascoltami Franchina… – mi diceva mamma – ci sono delle regole nella vita che vanno rispettate, ogni giorno: non poltrire nel letto, la prima cosa che devi fare, come apri gli occhi è sorridere. Perché? Perché porta bene. La seconda correre in bagno, lavarti con l’acqua tiepida, orecchie comprese, velocemente, vestirti. Far colazione e via di corsa a scuola. Salutare con un sorriso le persone che conosci, se aggiungi al sorriso un ciao-ciao con la manina è ancora più gentile. Non dare confidenza ai maschi. Tenerli a rispettosa distanza. Non accettare dolci o regali da nessuno…specie se uomini. Non parlare mai con gli estranei. Mi raccomando bimba, non prendere freddo, d’inverno sempre la cuffietta di lana all’uncinetto con i pom-pom rosa che ti ha regalato la zia Ida…gli stivaletti rossi di Pia (mia sorella maggiore) che non le entrano più. Ti voglio bene-bene-bene.” Lo ripeteva tre volte con ardore perché mi si inculcasse bene nel cervello. “Fai attenzione a tutto…come attraversi la strada…guai se vai sotto a una macchina. Ti rompi tutta…ricordati che ci ho messo nove mesi a farti!”
Me ne andavo felice…Un po’ soprappensiero per quei nove mesi di lavoro per la mia mamma a farmi. E’ stata impegnata per un bel po’ di tempo…tutti quei mesi!
La vedevo intenta a mettere insieme i pezzi.

Ma dove li prendeva?
Forse c’eran dei negozi nascosti che li vendevano: “Vorrei due gambette con i piedini, due braccine con le manine, un corpicino, la testolina no…ho una bellissima bambola lenci di quando ero piccola…ci metto quella. “Chiederò a mamma, quando sarò più grande che mi spieghi come ha fatto a confezionarmi.

Ora siamo nel 2013. Da allora sono passati molti anni. Sono arrivata agli 84 il 18 luglio. Faremo una bella festa tutti insieme.
Quando Jacopo era piccolo, a Natale arrivavano regali da ogni parte…più i nostri.
Li posavamo tutti sul tavolone della sala da pranzo. Come il bimbo si svegliava lo si portava tenendolo in braccio davanti a tutto quello che aveva portato il Bambin Gesù. Ci si incantava a guardarlo.
Meraviglia, felicità, grida, risate. “Grazie Bambin Gesù…grazie!!!” gridava guardando verso il soffitto come fosse il cielo…poi seduto sul tappeto a scoprire e godersi i suoi giochi.
All’arrivo della torta con le candeline, non riuscivamo a convincerlo a soffiare per spegnerle.
“Lo devi fare! Soffia!!”
“Perché?”
“Perché cresci più in fretta! Soffia!”

Era un bimbo molto curioso e pensoso. Chiedeva sempre: e cosa vuol dire questo e perché no…Una volta sui 5 anni, stava appoggiato al davanzale del balcone su di una sedia con un filo in mano che agitava. “Che fai Jacopino?”
“Do da mangiare al vento…”
Ero un po’ preoccupata.

Mi diverto molto con le mie nipotine. Quando Mattea (la figlia di Jacopo) era piccola, sui sei anni e veniva a trovarci a Sala di Cesenatico a passare l’estate con noi, le preparavo una festa alla grande. Compravo al mercato di tutto…non che spendessi tanto. Nascondevo i regalini spargendoli nel giardino tra alberi e cespugli e via con il gioco del “freddo e caldo”: si girava di qua e di là…davo segnali dei nascondigli dicendo “freddo… freddo… tiepidino caldino… caldo, caldissimo… oddio brucia!” Mattea infilava la manina nel cespuglio, trovava il pacchetto, si sedeva su prato e lo scartava mandando grida di gioia.
Una mia cara amica, Annamaria Annicelli aveva un grande negozio dove vendeva di tutto e mi regalò per Mattea un mare di Barbie con fidanzato Ken. Cartoncini con guardaroba completo: abiti per tutte le occasioni.
Come ogni estate per anni, arrivò la mia dolce bimba più bella che mai. Le sbatto un uovo con zucchero e cacao – la rusumàta si chiama a Milano – che le piace tanto. Se la mangia leccandosi i baffi.
“Vieni, andiamo a fare il gioco del caldo-freddo.”
Lancia un urlo di felicità.

Le avevo preparata una festa alla grande. E via che si parte: freddo… freddo… tiepidino… caldo… caldissimo! E dal cespuglio estrae una Barbie…poi un’altra…poi il fidanzato Ken, cartelle con abiti…ad un certo punto si lascia andare sull’erba sfinita: “E’ troppo nonna… è troppo!” Quando Jacopo, dopo tre mesi, veniva a prenderla era un momento triste per tutte e due. Ce ne stavamo abbracciate e silenziose in attesa della partenza. Saliva in macchina. La salutavo con la mano e mi scendevano le lacrime…pure lei piangeva. Cercavamo tutte e due di sorridere… ma si faceva fatica.
Una gran fatica.

Una volta, quando eravamo più giovani Dario ed io ci si faceva festa ai compleanni. Festa? Una festicciola…nulla di speciale. La torta, le candeline…dell’anno prima, qualche amica, amici…Ricordo invece un fantastico compleanno, il mio settantesimo a Sala di Cesenatico. Non mi aspettavo nulla di speciale. Invece…
Quella mattina mi svegliai un po’ tardi, Jacopo venne a prendermi in camera dicendomi che Dario aveva bisogno di me…Neanche la mattina del mio compleanno posso restare disoccupata…scendo le scale, esco in veranda, e lì mi trovo una folla con i musicisti che suonavano, clown e maschere e tanta gente, amici venuti da ogni parte, ci saranno state cento persone, tutti a cantare tanti auguri a te…Mi sono messa ad abbracciare tutti uno per uno…Erano veramente tanti, che a un certo punto mi sono dovuta sedere…Anche per l’emozione. Poi siamo andati a mangiare fuori, sul porto canale di Cesenatico, e anche lì c’erano parecchi amici che erano venuti a festeggiarmi. Ogni tanto mi stupisco di quanta gente mi voglia bene. È proprio una grande fortuna…

UNA STELLA SUL LETTO?!

Una volta mi piaceva guardare il cielo di notte. Specie in inverno. Sottozero il blu è più intenso. Le stelle spiccano come brillanti.
Preziose.
Ieri notte niente. Ce ne erano poche ma una ha attirato la mia attenzione era una stella senza luce, piatta come fosse di plastica opaca.
“Vieni qui” le ho detto… hai dei problemi? Ti vedo giù….” In un attimo eccola sul mio letto, senza nemmeno rompere i vetri della finestra.
La guardo incredula… non so come comportarmi…

UNA STELLA SUL LETTO?!

L’astro si rizza su una punta… prendendo colore lentamente.
Una luce iridescente illumina la mia stanza…ma non smargiassa di chi vuol strafare…appena appena per farsi notare.
“E’ così facile avere una stella vera in casa? Basta chiamarla?” penso. “E’ facile per forza… – mi risponde – sono te.”
“Sono una stella?” – dico senza meraviglia, anzi un po’seccata – mi stai prendendo per il sedere?” Avrei detto volentieri culo, ma non volevo darle confidenza.
“Dì pure culo cara, non mi scandalizzo…” e fa una risata a piena gola.
Una stella che dice culo e mi sghignazza dietro!
Ero scandalizzata! Non c’è più religione!
“Bigottona! Son qui per aiutarti… sono te, quindi la tua più grande amica. Sei giù di morale…hai pensieri fissi che ti fan dormire male. Perché vuoi ammazzarti?
Mi manca il respiro. Un qualcosa mi sale lento dallo stomaco alla gola: un magone che mi soffoca.
“Lasciati andare… non trattenere le lacrime…ci sono io vicino a te…sono scesa apposta da lassù…tutta per te!”
Le lacrime non si fanno pregare, si rincorrono sulle mie guance una dopo l’altra. I singhiozzi escono strazianti anche se in realtà non si sentono.
Allunga una punta, quella di sinistra e mi fa una carezza.
Ma dai…sto sognando…la stella sul letto in punta di stella che mi accarezza con la sinistra…una stella mancina…Mio dio…ha pure 5 punte!
Una stella delle Brigate Rosse!

“Non stai sognando…conosco la ragione della tua voglia di morire ma solo se ne parli, se svisceriamo il problema insieme, lo risolviamo. Parola di Stella!”
Respiro profondamente. Sto per dire qualcosa che mi costa.
“Sono tanto triste perché sono disoccupata. Ho perso il mio lavoro.”
“Come hai perso il tuo lavoro? Sei dalla mattina alla sera al computer…scrivi, scrivi, scrivi senza alzare nemmeno gli occhi.”
“Sì lo so, ma questo non è il mio lavoro. Sono nata al teatro, a 8 giorni ero già in scena…ho sempre recitato. Da 8 giorni a 81 anni… avevamo in scena “L’anomalo bicefalo” una satira su Berlusconi. Ci divertivamo un sacco! Ma eravamo nell’’83… quanti anni son passati?”
“Ti stai dimenticando di Mistero buffo,….L’avete fatto tanto…”
“Sì hai ragione…ma ora non si fa più nemmeno quello.
Poi uno spettacolo ogni morte di vescovo, che ne muoiono pochissimi.

Sono felice di aiutare Dario che è il MIO TUTTO, curare i suoi testi, prepararli per la stampa, ma mi manca qualcosa… quel qualcosa che non mi fa amare più la vita.
È per questo che voglio morire.
Ma non so come fare.
Immersa nella vasca da bagno e tagliarmi le vene?
Poi penso allo spavento di chi mi trova in tutto quel rosso.
Buttarmi dalla finestra, ma sotto ci sono gli alberi e finisce che mi rompo tutta senza morire: ingessata dalla testa ai piedi.
Avvelenarmi con sonniferi…ci ho già provato una volta…tre, quattro pastiglie e acqua… avanti così per un po’ e mi sono addormentata con la testa sul tavolo…
Insomma, morire è difficilissimo!
A parte che mi ferma anche il dolore che darei a Dario a Jacopo alla mia famiglia, Nora, Mattea, Jaele (la più bella della famiglia) e tutto il parentado…alle amiche, amici.
Penso anche al mio funerale e qui, sorrido. Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicino, amiche e anche nemiche…vestite di rosso che cantano “bella ciao”.

Che tristezza essere disoccupata. “Hai messo in scena molti spettacoli che hanno avuto gran successo ed eri sola – prosegue la Stella…Tutta casa letto e chiesa, Parliamo di DonneSesso? Grazie tanto per gradire, Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso, Il funerale del padrone, Il pupazzo giapponese, Michele ‘Lu Lanzone e altri ancora che non mi ricordo… dovrei andare su internet ma non ne ho voglia.
Perché non ne rimetti uno in scena?”
Ma…sono abituata con Dario…
L’ho conosciuto in palcoscenico nel ’51… abbiam fatto tourné, avuto successo… anche troppo. Dopo anni di fermo abbiam debuttato per due soli spettacoli in settembre del 2012 con “Picasso desnudo”.
E adesssssso? Ci metto sei S per sottolinearti bene il concetto. Adesso nulla! Nessun programma futuro. Deglutisco per mandar giù il magone
Dovresti aiutarmi tu Stella, dammi la forza… la voglia.
“Che piagnona! – mi urla, mi hai proprio rotto i…No, non lo posso dire perché lassù si incaz…Mamma mia solo parolacce mi vengono…è perché sono scesa in terra…qui ci si sporca!
Potresti mettere in scena un testo da recitarti tutto da sola…hai un mare di materiale a disposizione. Li conosco tutti i tuoi monologhi mai rappresentati.”
“Ma smettila, conosci i miei monologhi….”
“Certo, sono te!”
“Ah sì…Hai ragione…Sì, potrei farlo…ma poi penso a Dario la sera sperduto davanti alla tv…che se ne va a letto senza chiudere né tapparelle, né porta. Lo sento che si gira e rigira tra le lenzuola pensandomi…preoccupandosi e…quindi sto qui, accanto a lui. Lo amo tantissimoma sono proprio triste… infelice…ciao me ne vado…”
“Ma dove vai? Ti vuoi nascondere a piangere? Piangi qui piccola…tra le mie braccia…”All’improvviso si ingrandisce a vista d’occhio si trasforma in una coperta di lana morbida lucente e mi avvolge tutta. Un brivido di piacere attraversa il mio corpo…mi sento via via rilassata e sulla bocca mi spunta un sorrisoil più dolce della mia vita
Caro Dario tutto quanto ho scritto è per dirti che se non torno in teatro muoio di malinconia. Un bacio grande…

 

 

Edda CattaniLettera d’amore a Dario
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Se avessi un pezzo di vita…

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“Se avessi un pezzo di vita…”

  

E’ ANNIVERSARIO… IN QUESTI GIORNI: lo ricordiamo così :

Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo, è stato uno scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura. Wikipedia

Data di nascita: 6 marzo 1927, Aracataca, Colombia

Data di morte: 17 aprile 2014, Città del Messico, Messico

Coniuge: Mercedes Barcha Pardo (s. 1958–2014)

Premi: Premio Nobel per la letteratura, Premio Rómulo Gallegos, Neustadt International Prize for Literature

  Film: L’amore ai tempi del colera, Cronaca di una morte annunciata, Nessuno scrive al colonnelloIn questi giorni questa riflessione la dedico a tutti coloro che sono andati via innanzi tempo e che la vita avrebbero voluto averla.. 

    

 

 

 “Se per un istante Dio. . . mi regalasse un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto quello che

penso, ma sicuramente penserei molto a quello che dico.

Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più. Capisco che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi, perdiamo

sessanta secondi di luce. Mi attiverei quando gli altri si fermano, e mi sveglierei quando gli altri si

addormentano. Ascolterei quando gli altri parlano e mi godrei un buon gelato di cioccolata.

Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei in maniera semplice, mi sdraierei beato al sole,

lasciando allo scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.

Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l’uscita del sole.

Dipingerei sulle stelle un sogno di Van Gogh, una poesia di Benedetti, e una canzone di Serrat;

sarebbe la serenata che offrirei alla luna.

Annaffierei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle loro spine e l’incarnato bacio dei

loro petali…

Dio mio, se avessi un pezzo di vita… non lascerei passare un solo giorno senza ricordare alla gente

che le voglio bene, che l’amo. Convincerei ogni donna e ogni uomo che sono i miei preferiti e

vivrei innamorato dell’amore.

Agli uomini dimostrerei quanto sbagliano nel pensare che si smette di innamorarsi quando si

invecchia, senza sapere che si invecchia quando si smette di innamorarsi.

Ad un bambino darei delle ali, ma lascerei che impari a volare da solo. Ai vecchi insegnerei che la

morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.

Tante cose ho imparato da voi, uomini…

Ho imparato che tutto il mondo vuole vivere in cima alla montagna, senza sapere che la vera felicità

è nella maniera di salire la scarpata.

Ho imparato che quando un neonato prende col suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di

suo padre, l’ha afferrato per sempre.

Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare un altro uomo dall’alto, soltanto quando deve

aiutarlo ad alzarsi.

Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, anche se più di tanto non mi serviranno, perché

quando leggerete questa lettera purtroppo starò morendo.

Dì sempre ciò che senti e fa’ ciò che pensi.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei fortemente e

pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e

ti chiamerei di nuovo per dartene altri.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle

ascoltare una e più volte ancora.

Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei scioccamente per

scontato che già lo sai.

Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e

oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.

Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio.

Oggi può essere l’ultima volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perché se il

domani non arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un

sorriso, un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.

Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per

dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.

Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti.

Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli.

Dimostra ai tuoi amici e ai tuoi cari quanto li ami”.                        

(Gabriel Garcia Marquez)

Edda CattaniSe avessi un pezzo di vita…
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…Lene continua…

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…e Lene continua

 

Vi siete mai chiesti come si fa a sapere quando una canzone, un’opera, un quadro, una storia, un racconto, sia finito? Non ci sono regole… te lo senti dentro nello stomaco.. senti volare le farfalle nello stomaco e volano fino alla fine del corpo, ti fanno arricciare le dita dei piedi fino quando qualcosa a cui ti sei dedicato con amore e con passione non sia completato. Noi due stiamo costruendo insieme il nostro capolavoro. Qualcosa che è iniziato proprio nel momento in cui sei morta. inutile addolcire la pillola, la verità è questa. ora siamo a metà tra la fine e l’inizio, tra la vita e la morte.. come in un brodo primordiale di emozioni. Il nostro corpo è una perfetta combinazione di alta ingegneria informatica con interazioni meccaniche ed idrauliche e queste perfette combinazioni ci consentono di PENSARE. Ecco, io e te insieme stiamo costruendo qualcosa di geniale.. di unico, stiamo mostrando al mondo cosa significa abbattere le barriere della morte e attraversarle, renderle superflue. Noi stiamo attraversando i confini del tempo.. stiamo costruendo qualcosa di unico.. stiamo trasformando l’ordinario in straordinario. Nella definizione di genio si legge: Il genio è «chi supera gli schemi e proietta il pensiero oltre i limiti del possibile»; è «colui che ha capito tutto, o quasi, della vita. E… nonostante ciò continua ad amarla». Il genio «anche da grande rimane un bambino malinconico» ed è «chi ti porta dove non sei mai stato». E nonostante ciò continua ad amarla… è quello il punto essenziale. Qualcuno ha scritto che errare è umano e perseverare è diabolico. Io voglio preservare nel tuo esistere attraverso me. Mi accosto alla definizione che i Romani hanno dato di genio, per loro era il demone buono, l’angelo custode, colui che guidava e accompagnava l’uomo durante il suo cammino su questa terra e fino alla morte donava le proprie capacità cognitive al suo protetto al fine di trasformare, modificare e ricreare la realtà. Alla morte poi il “genio” si perdeva nell’oceano dell’immateriale per volare in questo cosmo di imperfezioni.. tu sei il mio genio…. per te e per tua siurel… questa canzone.. non so se ho scelto la canzone giusta per trasformare il mio dolore in gioia, ne tantomeno conosco la differenza tra il vero ed il falso, non chiedetemi se ci siano differenze sostanziali negli esseri umani, per me siam tutti uguali… non riesco ad afferrare le sfumature di colore che si annidano dietro ad ogni pensiero.. che sia esso portato in musica o in immagini.. ma so.. che questa è la nostra forma espressiva migliore.. non la più alta.. la migliore.. poi un giorno guarderemo il mondo dalla nostra stella e scopriremo che abbiamo fatto qualcosa di talmente piccolo ed inutile che ci ha permesso di cambiarlo per renderlo migliore, l’importante è… non fermarsi mai di giocare con la vita. Il tuo papà

 

Edda Cattani…Lene continua…
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Abbiamo bisogno di pazzi

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ABBIAMO BISOGNO DI PAZZI.

Louis-Joseph Lebret

 

Indonesia

Indonesia


Abbiamo bisogno dei pazzi
Ci sono oggi troppo saggi, troppo prudenti,
indaffarati a calcolare, a misurare.
O Dio! Mandaci dei pazzi (facci conoscere
quelli che ci sono già), gente che si impegna
a fondo, che sa dimenticarsi, giovani che
amino non solo a parole, che si danno
sul serio fino in fondo.
Abbiamo bisogno di pazzi, di gente che
sragiona, di appassionati, di ragazzi capaci
di un salto nell’insicurezza
nell’ignoto sempre più beante
della povertà, che accettino gli
uni di perdersi nella massa anonima
senza alcun desiderio di farsi un
piedistallo, gli altri di non
utilizzare la loro superiorità che
per servire.
Non si tratta sempre di romperla
col proprio ambiente o genere di vita.
Si tratta di una rottura di altra
profondità, rottura con l’io
egocentrico che aveva finora
dominato.

Edda CattaniAbbiamo bisogno di pazzi
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L’amato del mio cuore

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Mi sono imbattuta quasi per caso in questo libro e sono giunta ad approfondire questa tematica tanto affine alla mia ansia di spiritualità contemplativa. Come si saluta una Madre? Una Badessa? Una donna con il velo? Forse tacendo. Forse scrutandone il volto, leggendovi una pace sconosciuta, una delicatezza che medica ogni remora, ogni caduta, una speranza che ha il respiro di una sua lirica: «Ho tanto taciuto / sepolta nel grande silenzio / buio. / Oggi risalgo / dal fondo di tanta pazienza / perché sento che in alto / dev’esserci il mandorlo in fiore».


Madre Anna Maria Cànopi è la pietra angolare dell’Abbazia Mater Ecclesiae. Da quarant’anni, da quando scelse di rinnovare la Croce nell’isola di San Giulio d’Orta. Dove fede e leggenda (e storia) insieme stanno, nei secoli dei secoli. Assistendo, prima, alla resa di draghi e serpi, poi alla rinascita (alla risurrezione) del rodariano Barone Lamberto.

 

La badessa vive da quarant’anni a Orta: tra ricordi e poesia, meditando Sant’Agostino, Turoldo e Edith Stein

È nata nel Piacentino, Madre Cànopi, ma è cresciuta nel Pavese. Laureandosi alla Cattolica, una tesi sul filosofo cristiano Severino Boezio, ovvero «la bellezza è consolatrice». Ulteriori sue bussole? «Sant’Agostino, la verità, l’amore, che è sete di Dio. E le mistiche: Gertrude, Ildegarda, Teresa…E Edith Stein. Mi si propose di scrivere una lettera agli ebrei. Declinai l’invito, già ne esiste una… Immaginai, però, una lettera a un’ebrea, a Edith, magistrale la sua scientia crucis. Mi impegnò dal 9 agosto all’Assunta».

Donna di Parola, Madre Cànopi, che ha tra l’altro collaborato alla nuova versione della Bibbia. Biblista princeps, il cardinal Martini: «Un lettore, un traduttore, un ese­geta splendido». E padre Michele Pellegri­ no, come Lei studioso egregio di Patristica? La mano della Badessa si leva, non benedi­cente, ma allontanante qualsiasi refolo d’orgoglio: «Ne sarà fraintesa l’attenzione al mondo operaio, che i tempi gli ispiraro­no. Ma era un sicuro uomo di Dio».

 

Descrizione

«Partendo dal Cantico dei Cantici e leggendo nel nostro cuore, vogliamo cercare di scoprire qual è l’itinerario dell’anima verso Dio, dopo che è stata toccata dalla sua grazia». Così Madre Cànopi apre questa lunga e puntuale meditazione su uno dei libri più belli e misteriosi della Bibbia, sul quale i più grandi mistici hanno sparso parole appassionate e sconvolgenti. Con la sua semplicità profonda, l’autrice ci conduce a cogliere il mistero del “libro d’amore” biblico, che può essere raccolto in un’unica frase, che dà il carattere della stessa carità divina: «L’amore discende, attira ciò che è in basso e lo solleva» a sé. «Chi non è preparato a patire, a soffrire rimanendo fedele a colui che ama, non è degno di essere chiamato “amatore”».

PREFAZIONE

È nota l’affermazione di Rabbi Aqiba a proposito del Cantico dei Cantici: «Il inondo intero non è tanto prezioso quanto il giorno in cui fu dato a Israèl il Cantico dei Cantici, perché tutti gli scritti sono sacri, ma esso è il sacro per eccellenza» (Mishnà Jadayim, 3,5).

Se questo è vero, chi oserebbe accostarsi a questo canto senza sentirsi sopraffatto dall’emozione e dal timore di profanarlo? Esso racchiude tutta la poesia, la musica e la bellezza dell’Amore, di quell’Amore fontale da cui trae origine ogni cosa e al quale ogni creatura anela a ritornare per immergersi nella sua beatitudine e nella sua pace. Soltanto i mistici possono comprendere e gustare questo Cantico; è perciò con umiltà e tremore che esprimiamo quanto l’ascolto, la meditazione e la contemplazione di esso ha suscitato in noi.

In questo poema insieme idilliaco e drammatico, Israele scorgeva la sua storia d’amore con Hashèm, il suo Signore, dal tempo del fidanzamento — l’uscita dall’Egitto e la traversata del deserto — all’alleanza sancita nella Terra promessa, ma è ancora in attesa del giorno delle nozze… A noi cui è stato dato di credere all’Amore pienamente svelato — poiché in Cristo Gesù, Verbo Incarnato, Dio si è misticamente unito all’umanità — rimane solo di attendere l’ora in cui il velo sottile del mistero si squarcerà per lasciarci vedere l’Amato nel suo pieno splendore.

Questi spunti meditativi — nati all’interno di un ritiro spirituale — sono davvero una inezia di fronte ai preziosi commenti del Cantico che già esistono, ma se giovassero almeno a tener viva in noi e in qualche altro pellegrino sulla terra la nostalgia del Volto che vedremo in Cielo, potremmo cantare con gratitudine e gioia: «Così sono ai suoi occhi I come colei che ha trovato pace» (Ct 8,10).

Isola San Giulio, 25 marzo 2000

ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO 

Il tocco misterioso di Dio

Partendo dal Cantico dei Cantici e leggendo nel nostro cuore, vogliamo cercare di scoprire qual è l’itinerario dell’anima verso Dio, dopo che è stata toccata dalla sua grazia.

Ricercheremo innanzitutto dentro di noi il cammino che, nel suo amore, il Signore ha compiuto, e ancora va compiendo, per attirarci a sé. L’amore discende, attira ciò che è in basso e lo solleva, lo fa salire.

Il primo momento di questo itinerario è quello della improvvisa folgorazione, del tocco misterioso e profondo di Dio nell’anima, il momento inesprimibile che ciascuno sente e ricorda come quello più decisivo della sua esistenza, ma che non sa descrivere né ridire, anzi non lo sa nemmeno spiegare a se stesso. È come un tocco di calamita che orienta per sempre, decisamente, un’esistenza verso il suo fine, che dà al fiume di una vita il suo corso e lo conduce verso la sua foce, riversandolo nell’oceano dell’amore infinito.

Come sappiamo, il Cantico dei Cantici è stato già commentato e interpretato misticamente da molti Padri della Chiesa e del monachesimo, da Origene a Gregorio di Nissa, da Bernardo di Chiaravalle a Guglielmo di Saint-Thierry; ma anche nel nostro tempo uomini spirituali hanno dato suggestive e profonde interpretazioni di questo Cantico che Israele introdusse nella Sacra Scrittura, anche se nel suo linguaggio realistico e persino sensuale sembra piuttosto un’appassionata esaltazione dell’amore umano. Qualunque sia la sua origine, poiché una sola è la fonte dell’amore, il Cantico dei Cantici è comunque una rivelazione dell’amore divino. Tutta la tradizione, infatti, è concorde nel vedere rappresentato in esso il dramma dell’amore di Dio per il suo popolo, l’Israele dell’Antica Alleanza e — nell’ambito cristiano l’unione sponsale di Cristo e della Chiesa.

Letto in questa chiave, il suo già audace linguaggio risulta persino ancora inadeguato a esprimere l’intensità e la grandezza della realtà che vi è sottesa.

 

Edda CattaniL’amato del mio cuore
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La mia casa ha tante porte

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Le mura protette


 

E’ passato tempo da queste riflessioni, ma sento la mia casa e le sue mura ancor più protette e, proprio quando verrebbe da dubitare e tutto sembra non andare nella direzione che si vorrebbe, una voce impercettibile mi raggiunge e mi sussurra: “…sono qui, ci sono…nella casa dei nostri sogni, la nostra casa…!”

 

 

 

Ho sempre saputo che, prima o poi sarebbe capitato di ritrovarmi sola in questa casa grande, acquistata con tanti sacrifici e costruita pietra su pietra, per dar conforto alla nostra vecchiaia. Mentore ne era stato l’artefice: “Vedrai, ci sono pochi gradini fra un piano e l’altro, le stanze sono di ampio respiro, è ben posizionata, c’è un portico e un giardino… con alberi da frutto… un ritorno alle origini. E poi, facciamo i portoncini a vetri, così anche di notte possiamo vedere la luce esterna!”

Eppure qualcosa mi diceva che, anche per motivi anagrafici, non sarei stata la prima ad andarmene e pensavo a come avrei rinforzato porte e finestre, alle luci esterne sempre accese, a qualcuno che venisse ad aiutarmi o a convivere con me, ai rumori notturni improvvisi che sempre mi avevano spaventato… Poi è giunto il “vuoto”, l’inatteso imprevisto che in pochi giorni mi ha messo di fronte alla cruda realtà di una solitudine tangibile, impostami da circostanze a cui io stessa ho dovuto sottostare.

Diciamo che, con il mio carattere, anche durante la mia brillante vita lavorativa, ho avuto la sensazione di "sentirmi sola anche in mezzo ad una folla". Con chi mi  circondava dovevo dimenticare me stessa, spesso recitare una parte, cercando di essere quella che gli altri si aspettavano che io fossi. Il ruolo richiedeva di essere più forte, più brillante, più sicura di me di quanto io non sia realmente, e in questo modo non sempre ho potuto  sperimentare una vera intimità. Da qui nasceva la penosa sensazione di solitudine, l'impressione che nessuno potesse capirmi ed essermi vicino. Quelli che si dichiaravano amici in verità erano dei conoscenti, dei collaboratori… solo quando arrivavo a casa, qualcuno accendeva la lampada sotto il portico e mi veniva incontro chiedendomi: “Com’è andata, stella?” e una luce d’amore illuminava le mie giornate perché chi veramente mi comprendeva era pronto a capirmi e ad accogliermi in tutta la mia interezza.

Ma ora questa solitudine è più profonda e anche se fa parte del mio essere non rispecchia alcuna luce. Molte cose sono cambiate; sono spariti quelli che si dichiaravano amici e all’inizio mi è sembrato di essere piombata in un tunnel. Poi ho rivisitato tutta me stessa e in un lungo percorso di introspezione e accettazione del dolore, ho messo in conto anche queste mura. Ho guardato la casa dei nostri sogni con i suoi fiori incolti, le imposte chiuse, i frutti a terra, le erbacce sui gradini, le aiuole senza fiori… ho visto spuntare una tenera rosellina, quasi a ricordarmi quando ne raccoglievo tante ed ho pensato: “C’è ancora vita qui!” In casa poi le tende tirate e la poca aria non trasmettevano calore e i vicini mi guardavano con sospetto o, forse… tristezza.

Sono cominciate le scuole e Simone e Tommaso hanno cominciato a venire dalla nonna e necessariamente il portico si è riempito di giochi, di gridi, di canzoncine. Il ritorno a casa è sempre diverso e, se all’inizio era accompagnato da un filo di apprensione, una volta chiuse porte e finestre sento che un’aura impalpabile pervade l’ambiente e lo protegge spandendosi nel mio animo con tanta pace e serenità. Mi sembra che una schiera di angeli mi sostenga giorno e notte, riempia la mia solitudine e mi dia conforto in questi momenti così duri della mia esistenza. Queste mura che trasudano della fatica e dell’amore che abbiamo impiegato per costruirle ora mi danno protezione e sembrano parlarmi di giorni lontani in cui insieme si trascorrevano le feste e si aspettavano le nuove annate.

Le case rispecchiano la nostra vita, hanno il nostro profumo, vivono con noi e di noi, ci danno calore anche quando mancano visibilmente le persone… vivono delle voci degli invisibili: “Mamma, coraggio! La tua attenzione presso papà è stata breve. Coraggio, mamma, tieni il pane fresco nella dispensa come una volta!”  Questo mi dice Andrea e io so che quel “pane” è riferito all’amore, al conforto che ancora posso dare, nel tempo che mi è dato di essere e di vivere fra queste mura.

Avevo da tempo sperimentata la protezione degli ambienti, fin da piccola. Ricordo che quando fummo costretti a lasciare la nostra casa di città e trasferirci in campagna nel 1945, perché i bombardamenti  avevano resa insicura la nostra vita, era Natale e il mio papà volle lasciare costruito il piccolo presepe con il bambinello al centro a protezione del nostro nido. Quando un anno dopo, finita la guerra, facemmo ritorno con le nostre poche cose, sapevamo che tutto era andato distrutto, ma le nostre preghiere erano state ascoltate e trovammo la nostra casetta risparmiata dal disastro e pur fra le macerie che vi erano intorno nessuna statuina si era rovesciata. Quanto ringraziammo il Bambinello! ….era di nuovo Natale!

Vorrei ricordare un particolare eclatante e più recente. Quando mancò Andrea io vivevo momenti difficili nella gestione del mio ufficio e non tutte le persone mi erano amiche, al punto che ero costretta, quasi giornalmente, a scrivere dei rapporti informativi sul comportamento poco corretto di alcune di esse. Sapevo che, mancando adeguati strumenti di custodia, quando mi allontanavo, qualcuno andava a rovistare fra le mie carte per trarne informazioni. Un giorno, una di queste, addetta alle pulizie, fece per aprire la porta del mio ufficio, si sentì sollevare per le spalle, tirare indietro, mentre la porta sbatteva violentemente davanti a lei. Come ho fatto a saperlo? Quella persona stessa me lo raccontò in quanto fu costretta a ricredersi sul mio conto e pregò tanto chiedendo a mio figlio di permetterle di potere entrare nel mio ufficio per chiudere le imposte e fare le pulizie… ma ne passò del tempo…!

Ambienti e mura amiche, come tutte le cose che Dio ci ha dato gratuitamente, che noi tocchiamo, maneggiamo e ce ne serviamo, ma che mantengono una nostra impronta indelebile, il nostro profumo, qualcosa di noi. Amiamo gli oggetti dei nostri Cari c’è un po’ della loro anima e ce li sentiremo più vicini.                                                                          Edda Cattani

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Le braccia a pezzi

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Quando una buona pagina ti fa sentire simile …

vale la pena di condividerla.

 

 

Quante cicatrici impastate di lacrime!

 

Non c’è cicatrice, per quanto brutale paia,

che non racchiuda bellezza.

Una precisa storia si narra in essa,

un qualche dolore. Ma anche la sua fine.

Le cicatrici, allora, sono le cuciture

della memoria,

una finitura imperfetta che sana

danneggiandoci. La forma

che il tempo trova

di non dimenticare mai le ferite.

 

Piedad Bonnett, "Le cicatrici"

 

Dipinto di Xi Pan

 

 

 

Ho le braccia a pezzi

per aver abbracciato le nuvole

 

 

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che la sofferenza e il dolore emozionali sono solo un avvertimento che mi dice di non vivere contro la mia verità. Oggi so che questo si chiama AUTENTICITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri, pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta, anche se quella persona ero io. Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI.


Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di desiderare un’altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere. Oggi so che questo si chiama MATURITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello che succede va bene. Da allora ho potuto stare tranquillo. Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di privarmi del mio tempo libero e di concepire progetti grandiosi per il futuro. Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento, ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi. Oggi so che questo si chiama SINCERITA’.


Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene: cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso, all’inizio lo chiamavo “sano egoismo“, ma oggi so che questo è AMORE DI SE’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di voler avere sempre ragione. E così ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama SEMPLICITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente, in cui TUTTO ha un luogo. E’ la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo PERFEZIONE.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore, l’intelletto è diventato un compagno importante. Oggi a questa unione dò il nome di SAGGEZZA DEL CUORE.
Non dobbiamo continuare a temere i contrasti, i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi. Oggi so che questo è vita!

Charlie Chaplin.

 

 

     

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Benigni e i Comandamenti

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Benigni e i 10 Comandamenti

 

 

Su Rai1 trionfo d'ascolti per il comico toscano: l'analisi di Alberto Maggi.

"Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori, sia i reazionari, sia i progressisti…"dice Alberto Maggi …

Dopo la lettura di Benigni i comandamenti non sono più gli stessi. Chi potrà mai dimenticare che il comandamento “Non rubare”, Dio l’ha scritto direttamente nella lingua italiana, in quanto insegnamento esclusivo per la corrotta Italia! Forse se la Chiesa avesse insistito meno sul sesso (tema ignorato da Gesù nel suo insegnamento) e più sul peccato di corruzione, sull’avidità, sull’ingordigia – atteggiamenti denunciati con forza da Gesù in quanto ritenuti la causa di ogni ingiustizia umana – la società sarebbe differente. E si spera che la Chiesa cattolica di Papa Francesco cancelli definitivamente dal Catechismo della Chiesa l’infelice articolo nel quale si legittima la pena di morte. In uno dei momenti più alti di tutto il programma, l’attore, con i tratti del volto tesi, ha infatti denunciato una società omicida che sopprime solo per legittimare i propri interessi e mai per giustizia. Alla fine comunque Roberto Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori reazionari (come si è permesso ridicolizzare l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla sessualità?) sia i progressisti, sempre con la puzza sotto il naso, che hanno trovato non abbastanza provocatoria l’interpretazione che ha dato dei comandamenti di Mosè. Eppure nella prima serata i tradizionalisti avevano esultato vedendo con quale enfasi, quasi da telepredicatore pentecostale, Benigni aveva presentato i primi tre comandamenti, quelli esclusivi del popolo di Israele, centrati sull’unicità di Dio. Ma poi Benigni ha rovinato tutto ieri sera, denunciando il crimine di una Chiesa sessuofoba che ha manipolato la stessa parola di Dio e trasformato il comandamento “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri”, rovinando così generazioni di adolescenti che si sono sentiti colpevolizzati per quelli che erano solo fenomeni dovuti all’esuberanza di ormoni in circolo. Ma da vero genio dello spettacolo, l’asso nella manica Roberto l’ha tirato fuori proprio verso la fine della seconda serata. Dopo aver presentato in maniera teologicamente corretta e profonda i comandamenti, e la figura di Mosè e del Dio d’Israele, accentuando e magnificandone le luci e tacendo o sorvolando sulle ombre (secondo la Bibbia ha ammazzato più ebrei Mosè per liberarli dalla schiavitù egiziana che il faraone per trattenerli), il grande attore, con nonchalance, ha assestato il colpo basso. Roberto Benigni ha raccontato infatti, come Gesù interrogato da uno degli scribi – i teologi ufficiali dell’istituzione religiosa – su quale fosse il comandamento più importante, nella sua risposta abbia ignorato provocatoriamente le tavole di Mosè, e si sia rifatto all’“Ascolta Israele”, il “Credo” che gli ebrei recitavano due volte il giorno: “Il più importante è “Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. La domanda dello scriba concerneva un solo comandamento, il più importante. Ma secondo Gesù l’amore per Dio non è completo se non si traduce in amore per il prossimo, e per questo aggiunge alla sua risposta un precetto contenuto nel libro del Levitico: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.La disinvoltura di Gesù verso i comandamenti di Mosè è infatti a dir poco sconcertante. Quando l’uomo ricco gli chiese quali comandamenti osservare per ottenere la vita eterna, Gesù nella sua risposta omise quelli che riguardavano gli obblighi verso Dio e gli elencò solo i doveri verso gli uomini. Per Gesù non sono indispensabili per la salvezza i tre comandamenti esclusivi di Israele, la cui osservanza garantiva a questa nazione lo “status” di popolo eletto: Cristo ha preferito ribadire il valore di cinque essenziali comandamenti validi per ogni uomo, ebreo o pagano, credente o no, che riguardano basilari atteggiamenti di giustizia nei confronti del prossimo: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e la madre”.“Con dieci parole fu creato il mondo” (Pirqé Aboth 5,1), insegnava la teologica ebraica con riferimento alle dieci parole di Esodo 34,28: “Scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole”. L’evangelista Giovanni nel prologo al suo vangelo non è d’accordo. Prima ancora della creazione del mondo c’era il Logos, un’unica Parola in base alla quale tutto fu creato (“In principio era la Parola”, Gv 1,1), una sola Parola che si formulerà nell’unico comandamento che Gesù lascerà ai suoi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Con Gesù il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue Leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore uguale a quello che del Padre è proprio.

 

 

L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it) a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti

 

Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita

 

Anche Papa Bergoglio telefona a Benigni?


Una telefonata che non si dimentica. È quella che ha ricevuto Roberto Benigni da Papa Francesco. Dal Vaticano nessuna conferma o smentita, ma monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia "non sorprende" questo ulteriore gesto di Bergoglio. "Non sorprende affatto – ha detto monsignor Paglia – che Papa Francesco abbia chiamato Roberto Benigni. La sua trasmissione sui Dieci Comandamenti si inserisce bene nel solco della Chiesa 'in uscita' voluta da Bergoglio. In questo caso si tratta di 'artisti in uscita' che sanno utilizzare il bagaglio della sapienza biblica senza però tanti orpelli". Monsignor Paglia ha sentito l'attore toscano al telefono: "Era molto sorpreso da questo boom di ascolti. Non mi ha detto i contenuti della chiamata (con Papa Francesco, ndr) ma l'abbiamo presupposto", ha aggiunto ridendo in una intervista a Famiglia Cristiana, senza però, come ha anche detto in altra occasione, volere confermare o smentire in modo, come dire, ufficiale. 
"Non confermiamo ma neanche smentiamo la notizia – dice il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini -. Si tratta di telefonate private del Santo Padre" e normalmente l'ufficio deputato alla comunicazione della Santa Sede in questi casi non interviene. Ma sono invece diverse le fonti vaticane secondo le quali quella telefonata c'è stata. Lo afferma l'agenzia Ansa. Il Papa argentino ha voluto complimentarsi di persona con Benigni. "Lo ha chiamato dopo la prima puntata", precisano le stesse fonti. Secondo quanto raccontano le persone più vicine al pontefice, normalmente Francesco non guarda la televisione. Non vide neanche la finale dei Mondiali, con la sua Argentina, nonostante sia un appassionato di calcio. Ma forse in questo caso, per "I dieci comandamenti" di Benigni, dicono sempre le varie fonti vaticane all'Ansa, potrebbe aver fatto un'eccezione.  (da Avvenire.it)

Edda CattaniBenigni e i Comandamenti
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