Il Beato Giovanni Paolo II e la Calabria di Domenico Caruso
Il primo maggio 2011 anch'io provai una grande gioia, avendo potuto partecipare all'emozione universale per la beatificazione di Giovanni Paolo II. Sento, quindi, la necessità di rendere la mia personale testimonianza ed esprimere un modesto pensiero di gratitudine al "Grande" che con la sua presenza nel 1984 onorò la Calabria. Ancor prima di visitare la Regione, egli manifestò il suo legame con Paola, patria del Santo Fraticello che a somiglianza del Redentore amò il prossimo più di se stesso. Nella pubblicazione "Storia e folklore calabrese" del luglio 1988 dedicai cinque pagine all’autentico Apostolo delle Genti che, dopo la sua venuta a Reggio, ci convocò a Roma. Successivamente, il 12 giugno 1988 – concludendo il XXI Congresso Eucaristico Nazionale nel nostro capoluogo di provincia, si interessò ancora una volta dei gravi ed annosi problemi meridionali. Nel discorso del 1° giugno 1985 il Pontefice affermò: «Voglio sperare, che voi non mancherete di rileggere la storia religiosa della vostra Regione, che ha accolto il messaggio cristiano fin dal primo secolo, alla luce splendente dei Santi calabresi che hanno forgiato generazioni di cristiani secondo lo spirito del Vangelo e della Croce di Gesù Cristo. Come non rievocare alcune figure emblematiche che ebbi occasione di venerare nel corso della mia visita: S. Nilo e S. Bartolomeo, illustri rappresentanti del Monachesimo Cenobitico; S. Bruno, che diede impulso in Calabria al Monachesimo Certosino, fondando quella splendida Certosa, che ancora porto davanti al mio sguardo; S. Francesco di Paola, il Santo dell’umiltà e della carità, sempre vicino al cuore della gente! Gli alti esempi di questi Santi luminosi e sempre attuali devono costituire uno stimolo costante per quella animazione cristiana e sociale della Calabria, oggi non meno dei tempi passati, bisognosa di uomini e donne che sappiano testimoniare con coraggio l’impegno per una rinascita spirituale». Ed ancora, così ribadì il concetto: «Ma, i Santi calabresi, soprattutto San Francesco di Paola, non hanno disatteso l’impegno sociale, anzi non hanno lasciato occasione per porsi a servizio e a sollievo dei poveri, dei deboli, dei malati. Oggi il problema sociale, che tocca la Calabria, va sotto il nome più vasto di "questione meridionale". Si tratta dei problemi riguardanti le differenti condizioni di vita delle popolazioni meridionali e quelle più specificamente calabresi, gli aspetti relativi alla vita morale e religiosa, ed alla coerenza nei comportamenti privati e pubblici, le preoccupazioni sociali relative alla disoccupazione, specialmente quella giovanile e intellettuale, ed il problema di fondo di un più vasto ed omogeneo sviluppo economico, che riguarda non solo la Calabria ma tutte le Regioni del Mezzogiorno d’Italia». Seguì l’analisi degli impegni, che ogni buon cattolico avrebbe dovuto assolvere per la nostra rinascita, e che si sarebbero concretizzati nel pieno rispetto dell’uomo: un chiaro esempio egli lo dimostrò con la sua condotta personale. A prescindere da ogni singolare coincidenza e certo che sia stato un premio divino, devo constatare che Karol Wojtyla tornò alla Casa del Padre proprio il 2 aprile, ricorrenza di S. Francesco di Paola! Ad attenderlo in Cielo vi era perciò, fra i tanti Beati, il nostro taumaturgo che durante la sua lunga vita fu al servizio dei poveri e dei lavoratori a quei tempi vittime delle angherie dei baroni locali. (Mi si conceda di aggiungere una nota personale: la devozione per il Santo portò anche me a coronare il sogno d’amore, nel 1963, presso il suggestivo Santuario di Paola). Le mie occasioni d’incontro e le corrispondenze col "Grande" Papa furono diverse, ma mi soffermo a due momenti significativi. L’amore filiale verso la Madonna di Giovanni Paolo II («Totus Tuus ego sum, Maria, et omnia mea tua sunt!») fu così profondo da consacrarLe l’anno 1987, al fine di ricondurre al Suo Cuore Immacolato di Madre il mondo inquieto. Anch'io, sensibilizzato dall’eccezionale evento e perché mi sono sempre sentito vicino alla Santa Vergine, (la mia data di nascita, avvenuta nel 1933 a S. Martino di Taurianova – R.C. – anno di giubileo straordinario, coincide con il giorno memorabile dell’Incarnazione del Signore), inviai al Sommo Pontefice copia del mio lavoro «Maria nel Vangelo e nella pietà popolare calabrese». La risposta non si fece attendere. Il 14 marzo 1987, l’Assessore Mons. G. B. Re della Segreteria di Stato del Vaticano mi comunicò: «E’ pervenuta al Santo Padre la cortese lettera che Ella, con delicato pensiero, Gli ha indirizzato in data 2.03.1987, a cui era unita in dono una sua apprezzata pubblicazione. Sua Santità mi incarica di manifestarLe sinceramente riconoscenza per il gentile omaggio e per i sentimenti di filiale venerazione che l’hanno suggerito, mentre di cuore Le impartisce la Benedizione Apostolica, propiziatrice della divina assistenza su di Lei e sui familiari». Nell’estremo messaggio ai fedeli del marzo 2005, in cui si ricorda che "è l’amore che dona la pace", il Papa sottolineò: «La solennità liturgica dell’Annunciazione ci spinge a contemplare con gli occhi di Maria l’immenso mistero di questo amore misericordioso che scaturisce dal Cuore di Cristo. Aiutati da Lei possiamo comprendere il senso vero della gioia pasquale, che si fonda su questa certezza: Colui che la Vergine ha portato nel suo grembo, che ha patito ed è morto per noi, è veramente risorto. Alleluia!». E sulla sua semplice bara di cipresso l’8 aprile 2005 venne impressa la sigla mariana. La presenza del Papa – nel 1990 – fra le miserie e le ingiustizie partenopee, nonché la sua coraggiosa denuncia della carenza di strutture e di servizi pubblici, stimolò i miei alunni a svolgere spontaneamente un proficuo lavoro di gruppo. Al termine scrissero al Vicario di Cristo: «Santo Padre, siamo gli alunni di 5^ A della scuola elementare di S. Martino, in provincia di Reggio Calabria, e desideriamo esprimere la nostra riconoscenza per la Vostra nuova visita nel Meridione. I problemi di Napoli sono gli stessi nostri problemi, frutto di un secolare abbandono, di contrasti, ipocrisia ed incomprensione. La loro soluzione si presenta molto difficile poiché è compito essenziale dello Stato modificare il sistema di operare nel rispetto dei diritti di ogni cittadino. Diversamente pure chi compie il proprio dovere finirà con l’essere umiliato e sfruttato. Noi crediamo nella grande autorità della Vostra parola che potrà scuotere gli animi tiepidi e l’indifferenza generale, invitando tutti a collaborare alla rinascita della nostra tormentata società. Le marce per la pace e le strette di mano senza un perdono sincero ed un’autentica testimonianza di fede, si riducono a pure formalità. I nostri giovani migliori sono costretti ad abbandonare la Terra d’origine, anche dopo una vita dedicata agli studi, per le ingiustizie sociali e le raccomandazioni che favoriscono chi s’impone con la violenza e chi è legato ai carri politici. Soltanto il pieno rispetto dell’uomo e un’effettiva e onesta occupazione potranno riscattarci dai soprusi e dalla barbarie. Noi non vogliamo alcuna forma di assistenzialismo, ma chiediamo la valorizzazione della tenace laboriosità della nostra gente. Gradiremmo che fedeli e religiosi diffondessero meglio l’esempio sublime dei Santi calabresi, come S. Francesco di Paola e i Servi di Dio don Francesco Mottola e Padre Gaetano Catanoso, nonché di quanti hanno sacrificato la loro esistenza per l’amore del prossimo. Certi che il buon seme da Voi generosamente sparso troverà un terreno pronto ad accoglierlo e che produrrà quindi copiosi frutti, chiediamo l’Apostolica Benedizione». La lettera fu anche pubblicata dal mensile del Consiglio Regionale: "Calabria" (Anno XVIII – N.S. – Dicembre 1990). Il 29 novembre 1990 l’Assessore Mons. C. Sepe della Segreteria di Stato del Vaticano rispose: «Cari alunni, il Santo Padre ha accolto con sincero gradimento la lettera che Gli avete indirizzato il 16 novembre corrente, per esprimergli sentimenti di devoto affetto. Nel manifestarvi la Sua riconoscenza per tale attestato di ossequio, Egli augura a ciascuno di voi prosperità e gioia nel quotidiano esercizio dell’amore verso Dio e verso il prossimo, e di cuore vi impartisce la Benedizione Apostolica, che volentieri estende ai vostri familiari, all’insegnante ed a tutte le persone che vi sono care. Anch’io vi invio il mio saluto, auspicando ogni bene nel Signore». I problemi del passato sono ancora di viva attualità! Se – dunque – anche noi calabresi ci mobilitammo sempre per rendere omaggio al Santo Papa, ciò rappresentò un atto di riconoscenza da tutti condiviso. Domenico Caruso S. Martino di Taurianova (Reggio Cal.)
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Gent/ma
Dott. Edda Cattani
Ho molto apprezzato il suo servizio su Giovanni Paolo II.
Conosco già la sua preparazione, avendo partecipato ai Convegni della
"Speranza" di Cattolica.
Poiché anch'io mi sento onorato d'aver incontrato il Beato Wojtyla, le
invio una testimonianza da pubblicare.
Grazie e deferenti saluti.
Domenico Caruso