Marco Simoncelli un eroe come tanti
Se ne va a 24 anni (ne avrebbe compiuti 25 il prossimo 20 gennaio) SuperSic, campione del mondo nel 2008 per la classe 250 e grande talento del motociclismo azzurro. Nel 2010 era approdato alla classe superiore del Moto GP e quest’anno stava disputando un ottimo campionato: due volte quinto e la conquista di due Pole Position; poi un terzo, poi quarto e infine secondo podio, miglior risultato nella sua carriera, in Australia. Se ne va con la sua enorme massa di capelli ribelli, scanzonati come il suo carattere, mai ombroso, sempre pronto al sorriso e al gioco, soprattutto a quello della vita, in cui – si sa, lo sanno loro stessi – i grandi corridori rischiano ogni giro di più.
Già si è dimenticato Dan Wheldon, il pilota britannico che ha vinto anche la 550 Miglia di Indianapolis, morto il 17 ottobre 2011 in un grave incidente durante una gara del campionato IndyCar a Las Vegas. L’incidente e’ avvenuto al 12/o giro, quando l’auto di Wheldon e’ rimasta coinvolta in una carambola di monoposto ed e’ volata in aria, schiantandosi contro la rete di protezione. Wheldon e’ rimasto incastrato tra i rottami ed estratto a fatica, prima di essere portato in ospedale. Altri tre piloti sono rimasti feriti. (ANSA).
Marco, Dan… e tanti altri potrei aggiungere … sono ragazzi rimasti coinvolti in incidenti mortali; anche oggi, come ieri, divenuti “eroi” di colpo, per la moltitudine di coloro che li avevano creduti “un mito”, capaci di beffarsi e di sconfiggere anche la morte. Fra i commenti pervenuti su Face Book ho individuato questo e l’ho postato per rendere omaggio a tutti i giovani divenuti “eroi” per la bizzarra sorte affidata ad un mezzo meccanico. Questa nota è stata scritta da un giovane che si chiama “Andre” come mio figlio “Andrea” anche lui eroe fra i molti sconosciuti e che forse avrebbe condiviso questa riflessione sul senso della vita e su quanto abbiamo compreso dell’animo umano.
Il mio pensiero su Simoncelli e i link di facebook. pubblicata da Andre Piras il giorno lunedì 24 ottobre 2011 alle ore 14.17. Oggi voglio esprimere il mio pensiero sugli accadimenti di queste settimane. Ieri è morto un ragazzo, il suo nome? Marco simoncelli. Questo ragazzo dell'età di 24 anni amava correre in moto. Lo faceva come lavoro. Ne era felice, e consapevole di ogni potenziale rischio. Ieri per un caso davvero sfortunato, è caduto, il suo casco si è sganciato e il trauma dell'incidente l'ha portato al decesso. Subito milioni di link sono affiorati su facebook. Tutti con la scritta RIP, tutti affranti per questo ragazzo. In un primo momento, non appena sentii la notizia alla tv ebbi un vero moto di dispiacere. Un ragazzo, non lontano dalla mia età era morto, nonostante avesse una vita piena e intensa davanti. Ho pensato, chissà come sta la famiglia, i parenti, gli amici, e mi sono trovato catapultato a circa due anni fà. In una sola settimana persi due persone davvero care, di famiglia. Stavamo davvero male. Osservavo ciò che mi circondava, incapace di gestire delle emozioni. Ricordo una persona che si avvicinò a mio padre e gli disse "auguri" invece di "condoglianze". Aveva sbagliato. Io risi.. forse non avrei dovuto, ma mi resi conto che la cosa mi faceva stare bene. Ragionai su ciò che era accaduto, sulla vita di questi miei due cari, sapevo, per mia fede, che non erano spariti per sempre, che ora erano da qualche parte. E stavano bene. Incuor mio lo sapevo ma mi dispiacevo per questo. Tempo di pochi giorni dopo, guardai la tv. C'erano delle scene di alcuni omicidi. Rituali o meno. Ricordo che pensai "io non vorrei tutta questa pubblicità sul mio dolore". Ho sempre odiato tutto ciò. La pubblicità. Vivevo quei giorni con grande intensità, mia madre piangeva al suono dei ricordi, e mio padre non voleva accettare la morte di suo fratello. Come se non fosse mai avvenuta. Ho sostenuto la mia famiglia, come meglio potevo, persi 10 kg nel tentativo di tenere il morale delle persone che amavo il più alto possibile. Non potevo fare altro, impotente al loro dolore, compresi che era giusta la sua esistenza. Era giusta che ci fosse perchè serviva a far passare il tutto. Io non potevo soffrire. Permettermi di soffrire così voleva dire morire e lasciarsi andare e non potevo. Le immagini passavano sul televisore. Delitto di Meredith Ketcher. Mamma che angoscia. Non era solo una notizia, era davvero dare in pasto la morte di una ragazza ai media. Nessun rispetto per il dolore dei familiari. Vedevo ipocrisia. Vedevo la voglia di notizia mascherata da velata ricerca della verità. Mi disgutò. Pensai di entrare su facebook. Link a gogò su ciò che succedeva. Il peggio del peggio. Chiusi quella pagina. Non volevo vedere. Passò il tempo.. il dolore si attenuò, senza mai andare via… negli anni successivi vidi molti eventi. Dei ragazzi del mio paese ebbero un brutto incidente, morì uno dei ragazzi se non sbaglio.. Forse non gli detti attenzione.. ma vidi il dolore negli occhi di tanti ragazzi compaesani. Il vero dolore. Alcuni portavano una fascia nera. Capivo che era per loro. Vite spezzate all'improvviso. Mi raccolsi nuovamente in me. Mi sentivo nuovamente impotente. Ma la mia mente lavorava sugli eventi. E' vero la morte è la separazione di un individuo ai suoi cari. Ma non solo. Cercavo delle risposte. Cercavo in me.. l'unica persona alla quale potessi chiedere conferme. Un anno dopo venni a sapere di un altro giovane ragazzo del mio paese. Non più di una ventina d'anni. Morto perchè decise di impiccarsi. Fu straziante sapere il perchè. Questo ragazzo soffriva di patologie che lo portavano a doversi operare al cervello molte volte. Alla fine, credo, esausto per tutta questo, si è tolto la vita.. senza dire nulla.. e lasciando tutti senza parole. Mi colpì. Molto. Troppo. Non dissi nulla.. non andai al funerale.. volevo rimanere li. Ad ascoltare il silenzio della mia persona che ascoltava il vuoto. Mi chiedevo il perchè, ed in effetti non c'era. La mia spiritualità premeva nell'affermare che lui ora stava bene. Eppure non aveva scelta. Anche in quel caso aprii facebook. Non vidi link. Vidi solo alcuni ragazzi, conoscenti che esprimevano il loro dolore. E nel silenzio delle loro case meditavano su ciò che succedeva. Con il passare del tempo ho visto le persone reagire alla morte nei modi + disparati. Sofferenza, risata, pianto, negazione, annullamento. Tutte emozioni. Osservavo come un uccello le reazioni degli altri e le paragonavo alle mie. Sapevo quanto soffrivano. Ed io nel mio intimo era dispiaciuto.. ma non solo per chi andava.. ma anche per chi restava. Li raggiusi una certa consapevolezza. Il dolore era di chi restava, perchè chi passa oltre.. continua il suo viaggio. Non necessariamente occorre avere una fede religiosa. Io studio scienza.. so che nell'universo niente si crea, niente si distrugge e tutto si trasforma. Quelle persone si erano trasformate.. erano passate di status.. uno stato che io potevo comprendere relativamente, e solo dopo tempo avrei cercato le mie soluzioni. In questi anni sono passate molte persone sotto il velo della morte. Molte sconosciute. Altre ben note al pubblico. Sandra Mondaini, Raimondo Vianello, Mike bongiorno, Il creatore della apple, e ieri Simoncelli. Ho visto delle cose che mi hanno disgustato. Profondamente. Conoscevo il dolore della perdita, un dolore intenso come una spada infilata tra le costole. Non ti fa respirare e vivi nell'impotenza più assoluta. Ma quello che vedevo girare su facebook e in televisione non era dolore. Era voglia di dimostrare un dolore effettivamente inesistente. Un non rispettare il bisogno di intimità di una famiglia affranta. Certo, so bene che ci sono state persone che davvero hanno accusato il colpo. In particolare per questo ragazzo, data la giovane età. Ma l'abbondanza di link, in suo nome, quando nemmeno se n'era mai sentito il nome, e buttarlo li, giusto perchè "era famoso" mi ha infastidito molto. Il rispetto per me è una cosa fondamentale. Non avrei postato nessun link, nessuna frase spicciola, nessuna foto di un ragazzo morto sul mio profilo. Avrei fatto di più. Ho pensato, intensamente alla sua persona, e gli ho mandato un saluto. Ho raccolto il mio pensiero, nell'intimità del mio cuore, augurandogli buon viaggio. Naturalmente poi è arrivata la satira sul mio profilo. Naturalmente non c'era alcuna voglia di "dissacrare" l'immagine di una persona defunta. Anzi. C'era la voglia di ricordarlo in modo diverso. Intimamente, e senza dover necessariamente farlo sapere al mondo. Qualcuno si è sentito urtato. Ho beccato i peggio insulti. Amorale, stronzo, merda ecc.. mi sono detto… questa invece come la chiami? Moralità? E' un link su facebook che da la dimensione di quanto tu sia sconvolto da questo evento. Spero di no o sei davvero povero dentro. Mi sono arrabbiato. Molto. Tanto. Avrei voluto spaccare la faccia a qualcuno che del mio dolore non sapeva e non sa nulla. E che mi ha giudicato da 3 link cretini sul mio profilo. Giudizio gratuito. Ecco cos'era. Mi sono poi fermato. Sono passate ore, mi sono confrontato nel pensiero con diverse persone. Ho capito che non tutti affrontano il dolore alla stessa maniera. Eccone la chiave. Non tutti siamo uguali. Non tutti sono la stessa persona. Siamo diversi. E ognuno sente il dolore a modo suo. Lo vive a modo suo. Ho guardato quei link, e mi sono ricordato del perchè non li volevo sul mio profilo. Non volevo soffrire più di quanto non fosse necessario a me. Poi ho pensato a chi poteva sentirsi ferito dalla loro presenza. Decisi di levarli. mi infastidivano. Ho pensato se scusarmi. Ma ho deciso di non farlo. Non per presa di posizione, ma perchè in cuor mio ho reagito al dolore a modo mio. Come fanno tutti. A modo loro. Non amo mettere link e affermare quanto grande possa essere la mia sofferenza. Non mi piace stare li a rimarcare la morte di una persona. Non mi piace pubblicare video, immagini, ricordi, parole, pensieri, di una persona che è andata via. Non voglio aggiungere afflizione all'afflizione. Ora medito e guardo quei post. Non mi piacciono. Li ritengo di una grande ipocrisia. Solo per il gusto del gregge e non perchè dietro c'è una vera riflessione. Però li guardo anche in modo diverso. Con l'occhio di chi comprende che le persone esprimono il loro essere come meglio credono e pensano. C'è chi sarà dispiaciuto, e chi invece mette solo per il gusto del mettere. Io non metto. Ieri ho preferito stare da solo con me stesso per 1 minuto. Guardare in me, e rivolgere un pensiero a quel ragazzo. Augurandogli buon viaggio. Ora vorrei sapere, dopo aver preso abbastanza insulti, quanti di voi hanno fatto la stessa cosa? Quanti sono rimasti li, a dire una parola, accendere una candela o affliggersi davvero come se fosse un loro parente? Ben pochi credo. Perchè è semplice postare una frase costruita su un social network, ma è ben più difficile stare li a pensare a ciò che è successo, e capire che è semplicemente la vita. Non voglio giudicare, assolutamente. Ma sono stato giudicato. E la cosa mi ha profondamente ferito. In visrtu anche delle pesantezze che mi sono state inviate. Perciò, l'unica cosa per la quale posso sentirmi di fare le mie scuse, è verso la sensibilità di chi, vedendo la mia pagina si è sentito urtato da ciò che vedeva. (e in quel caso sarebbe stato meglio un messaggio privato con una richiesta semplice di maggiore delicatezza.. cosa che non c'è stata) Ma non mi scuso per il fatto che non sono un ipocrita. La morte di questo ragazzo.. per quanto dolorosa possa essere stata, è avvenuta anche per sua scelta. Sapeva i rischi, e ha ritenuito che il gioco valeva la candela. Alla fine c'è stato questo evento sfortunato, e mi dispiace davvero per lui. Ma non metterò finte pagine di disperazione, perchè al giorno d'oggi le emozioni si confondono troppo. Ho provato il dolore e ne ho sentito il sapore, ed è per questo che non voglio alimentare la foga e la voglia di notizie irrispettose verso questo ragazzo. Oggi esprimo il mio pensiero, e lo condivido con voi. Potreste non capire, oppure ascoltare e riflettere. Io sono sempre pronto al dialogo. Ma che sia costruttivo. Perchè anche nella morte.. c'è sempre qualcosa da imparare. E io, al giorno d'oggi, ho imparato che l'emozione va espressa come uno meglio sente. Andrea. |