L’AMORE COME DONO NON COME PREMIO
Alberto Maggi (Ancona, 1945) è un teologo, biblista cattolico e religioso dell’Ordine dei Servi di Maria italiano.
Ha studiato nelle Pontificie facoltà teologiche “Marianum” e “Gregoriana” di Roma e all'”École biblique et archéologique” di Gerusalemme.
Dal 1995 dirige il Centro studi biblici Giovanni Vannucci a Montefano (MC), dove insieme al confratello Ricardo Perez Marquez, si dedica alla divulgazione degli studi biblici attraverso incontri, pubblicazioni e trasmissioni radiotelevisive.
Scrive per la rivista «Rocca» e ha condotto per la Radio Vaticana la trasmissione «La Buona Notizia è per tutti!».
Dal sito del Centro studi biblici trasmette in diretta, tramite la piattaforma Livestream gli incontri della prima e seconda domenica del mese sul vangelo di Giovanni, e ogni giovedì sera la lettura e commento del vangelo della domenica.
Di Alberto Maggi
Il Signore non ha chiesto ai pastori di pentirsi del loro comportamento, non li ha invitati a far penitenza per i loro peccati, neanche ha imposto loro di purificarsi o di recare offerte al tempio. Li ha amati, e l’amore rende liberi, ma non solo. I pastori hanno sperimentato l’amore come regalo e non come premio, come dono e non come frutto dei loro meriti.
Una volta che si fa esperienza di questo amore, e lo si accoglie, non esistono più barriere tra Dio e gli uomini, non si è più gli stessi di prima, perché Dio non e piu lo stesso.
I pastori credevano di essere i più lontani da Dio per la loro condizione di impurità, di illegalità, di peccato e si ritrovano di colpo a essere i più vicini al Signore, al punto che se ne ritornano alle loro greggi «glorificando e lodando Dio» (Lc 2,20), svolgendo il ruolo dei sette angeli ammessi al servizio di Dio’°, gli esseri piu vicini a lui che avevano come compito quello di glorificarlo e di lodarlo.
E questo è solo l’anticipo della buona notizia che il neonato Gesù porterà al mondo, per la gioia dei peccatori e l’ira furibonda dei pii, per l’allegria degli emarginati dalla religione e l’astio della casta sacerdotale al potere, perché, si sa, «nessun profeta è accetto nella sua patria», proprio come succederà a Gesù (Lc 4,16-30).
(da A.Maggi, Non c’è più religione)
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