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I figli: un dono!

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… e grazie a voi… grandi e piccoli… perché siete ancora vicino a me!

Questi regali valgono per sempre!

Dateci amore:

concepiteci per amore, chiamateci alla vita per il desiderio di esprimere la vita. Solo l’amore consente, infatti, di crescere provando l’amore per la vita, per gli altri, per gli animali, per il sapere, per le regole e il rispetto.

 

Dateci attenzione:

il vostro tempo e non le vostre ricchezze sono i beni più preziosi. La vostra presenza, la vostra cura: nessun regalo, per quanto prezioso, nessuna baby-sitter può sostituire il bene prezioso e unico della vostra presenza.

 

Rispettate i nostri tempi:

consentiteci di crescere rispettando i”nostri tempi”, senza forzarci, senza obbligarci a fare dei passaggi che non rispettano il nostro sviluppo psicofisico, la nostra competenza emotiva, il nostro cuore.

 

Rimanete al nostro fianco:

fateci sentire la vostra compagnia, il vostro sostegno, la vostra presenza nei passaggi della vita. Non negateci il vostro affetto e, anzi,fateci sentire che è incondizionato. Abbiamo bisogno di esplorare la vita e, inizialmente, dovete essere, qui, al nostro fianco.

 

Consentiteci di sbagliare:

senza giudicarci, senza dare voti, senza emettere sentenze, perché sbagliare fa parte dell’esperienza della vita.

 

Dateci la vostra guida:

se voi ci guidate lungo la strada della vita, vi seguiremo, faremo come voi, impareremo ad andare, ad affrontare le salite, le scalate, a evitare i burroni , a esplorare le grotte, a trovare i luoghi giusti dove riposare. Se voi ci guidate, impareremo a marciare e, nel tempo, diventeremo anche noi delle guide.

 

Dateci regole chiare:

e limiti ben precisi. Poche e chiare regole comprensibili alla mente e al cuore. Regole che aiutino a trovare la strada dei comportamenti sereni. Regole che voi stessi rispettate.

 

Siate affidabili:

non tradite mai le promesse che ci fate.

 

Mostrateci l’amore che provate:

mostrateci anche l’amore che provate per noi. Abbiamo bisogno di coccole. Perché come dice Arthur  Janov “le coccole fanno maturare il cervello”.

 

Date spazio alla gioia:

aprite il vostro cuore alla gioia, ricercatela e donatela a noi poiché è la gioia a illuminare la vita, a creare quelle preziose, psicologiche condizioni che consentono di affrontare le esperienze con la serena consapevolezza e la speranza di essere amati e di poter ricambiare il dono.

 

Sai da dove vieni?

… vicino all’acqua d’inverno

io e lei sollevammo un rosso fuoco

consumandoci le labbra

baciandoci l’anima,

gettando al fuoco tutto,

bruciandoci la vita.

Così venisti al mondo.

Ma lei per vedermi

e per vederti un giorno

attraversò i mari

ed io per abbracciare

il suo fianco sottile

tutta la terra percorsi,

con guerre e montagne,

con arene e spine.

Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,

dall’acqua e dalla terra,

dal fuoco e dalla neve,

da così lungi cammini

verso noi due,

dall’amore che ci ha incatenati,

che vogliamo sapere

come sei, che ci dici,

perché tu sai di più

del mondo che ti demmo.

Come una gran tempesta

noi scuotemmo

l’albero della vita

fino alle più occulte

fibre delle radici

ed ora appari

cantando nel fogliame,

sul più alto ramo

che con te raggiungemmo.

 

Pablo Neruda

da “I versi del Capitano” di Pablo Nerud

Edda CattaniI figli: un dono!
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Nessuno ha il diritto…!!!

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Da chi difendere i  nostri  bambini ?

Esistono gli “orchi”???

Dedicato a tutti i piccoli toccati dall’ ORCO

e a te piccolina caduta o buttata da un balcone…

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Nel folclore e nelle fiabe dei paesi europei, specialmente nordici, gli orchi (ogre in inglese) sono mostri antropomorfi giganteschi, crudeli e divoratori di carne umana.

L’orco del folclore è correlato a quello della mitologia germanica (orc in inglese); non sempre è possibile distinguere chiaramente queste due figure, sebbene l’orco della mitologia sia in generale un essere descritto come più simile a una bestia o a un demone. Gli orchi nella fantasy sono talvolta ispirati alla figura dell’orco del folclore (per esempio gli orchi di Piers Anthony), e talvolta a quella dell’orco della mitologia (gli orchi di J. R. R. Tolkien); in alcuni casi, fanno riferimento a elementi tipici di entrambe queste figure.

LE STORIE RACCONTATE DAI BAMBINI

 IL BIMBO E L’ORCO
C’era una volta un orco che mangiava solo carne in scatola, fagioli in scatola, piselli in scatola e beveva solo birra in lattine. Nessuno però lo sapeva e tutti avevano paura di lui. -Non andate nel bosco- dicevano le mamme-perchè c’è un orco cattivo che mangia i bambini.
I ragazzi più grandicelli, per sembrare più coraggiosi, andavano fino al confine del bosco e si nascondevano tra i cespugli. Aspettavano che arrivasse l’orco e poi, quando lo vedevano da lontano, scappavano a gambe levate…

 

 

 

E’ di ieri sera la puntata  di “mi manda rai tre” in onda alle 21.10

 

Reclusi e costretti a mangiare vomito ed escrementi per allontanare il demonio. Queste e altre sevizie avrebbero subìto i bambini vittime di una setta, detta ‘della porta accanto’, e di una persona indagata assieme a 17 adepti con ipotesi di reato gravissime. Il conduttore di Mi Manda Raitre raccoglie le rivelazioni dell’ex compagno della ‘santona’ e di un ‘pentito’ della setta.

Tra clamore mediatico e gesti come il lancio delle molotov di ieri sera, il futuro delle due maestre del ‘Cip e Ciop’ di Pistoia, in attesa che si esaurisca il processo in rito abbreviato, è divenuta una questione d’ordine pubblico. Dopo la convocazione in Prefettura di un “Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”, le forze dell’ordine vigilano davanti alle abitazioni delle maestre incriminate per abusi. La questura di Pistoia ha inoltre fatto scattare un piano di sorveglianza per le scuole di vario ordine e grado. In un altro asilo nido, sono apparse scritte intimidatorie contro altre maestre. Le due imputate erano state trasferite al carcere di Sollicciano, a Firenze, dopo la prima udienza del processo che si celebra a Genova ed hanno ottenuto, pochi giorni dopo, i domiciliari. Timori contro il “rischio di spirale di violenza” sono stati espressi per la crescita di odio verso le maestre che non trova concordi molte delle mamme dei bambini dell’ex “asilo degli orrori”, decise a “condannare l’uso della violenza contro la violenza”.

Poi si parla del caso del piccolo Francesco Pio Martinisi, il bimbo di 4 anni morto un anno fa assieme alla nonna per l’esplosione di una camera iperbarica dell’Ocean Hyperbaric Center di Miami, dove era in cura per una tetraparesi spastica. Dopo quasi 12 mesi dalla tragedia, i genitori di Francesco  Pio sono ancora in attesa di giustizia.

Scandalo preti pedofili, il Vaticano : «Per loro l’inferno sarà più terribile»

Il promotore di giustizia della Congregazione della Fede: «Meglio per loro che quei crimini fossero causa di morte»

Monsignor Charles Scicluna lo ha detto durante una preghiera a San Pietro

Il promotore di giustizia della Congregazione della Fede: «Meglio per loro che quei crimini fossero causa di morte»

MILANO – Forse la giustizia umana non li raggiungerà ma quella divina sicuramente. «Sarebbe davvero meglio» per i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali su minori che i loro crimini fossero «causa di morte» perchè per loro «la dannazione sarà più terribile». Lo ha detto il promotore di giustizia della Congregazione della Fede, monsignor Charles Scicluna, incaricato di seguire tutti i casi di preti abusatori, in una preghiera di riparazione a San Pietro per lo scandalo di pedofilia nella Chiesa.

LA CITAZIONE – Monsignor Scicluna ha citato il passo del Vangelo di Marco, nel quale Gesù afferma «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» e ha riproposto l’interpretazione che del passo diede SAN Gregorio Magno. «Gregorio Magno – ha detto il promotore vaticano – così commenta queste terribili parole di Gesù: “Misticamente espresso nella macina d’asino è il ritmo duro della vita secolare mentre il profondo del mare sta a significare la dannazione più terribile”. Perciò – ha spiegato -, chi dopo essersi portato ad una professione di santità distrugge altri tramite la parola o l’esempio, sarebbe davvero meglio per lui che i suoi malfatti gli fossero causa di morte essendo secolare, piuttosto che il suo sacro ufficio lo imponesse come esempio per altri nelle sue colpe, perchè tendenzialmente se fosse caduto da solo il suo tormento nell’inferno sarebbe di qualità più sopportabile».

Diventerobambino 

 
Edda CattaniNessuno ha il diritto…!!!
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Ogni Figlio è “parola”

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Ogni Figlio è “parola”

 

 

 

Giorni tristi per le numerose vicende passate attraverso i mass media che hanno colpito giovani vite: adolescenti rapite e orribilmente massacrate, bimbi innocenti raggiunti da eventi nefasti, ragazzi volati in gruppo, in seguito a terribili incidenti … E poi la guerra e i massacri che inviano alle nostre coste migliaia di rifugiati; alcuni soccombono senza raggiungere la riva … resti umani … carne “macellata” …. figli di mamme!  Oggi guardavo in TV donne di colore con in mano le foto dei loro figli che vanno cercando nei “campi profughi” e che forse non hanno mai raggiunto l’Italia.

 

Dalle città distrutte della Libia, alle macerie afghane, vengono alla luce tanti fatti, testimonianza di un dramma umano che non ha precedenti con l’efferatezza dell’odio che esiste da sempre fra gli uomini e che la Genesi attribuisce a Caino, quale detentore del primo assassinio dei figli di Adamo.

 

Nel testo sacro Dio stesso introduce il concetto e il termine di “peccato”, forse perché non poteva dire “reato”, in quanto non vi erano ancora i comandamenti ma anche perché il termine “peccato” connota una forza antitetica al sentimento dell’amore.

 

La vita umana è il fondamento di tutti i beni, la sorgente e la condizione necessaria perché ogni uomo possa espletare, in assoluta parità, le proprie scelte di comunione sociale. Oltre a questo, chi crede intuisce un mistero sacro di origine divina e sa che ogni uomo viene da Dio e a Dio ritorna, nell’ora da Lui voluta, padrone della vita e della morte. Perciò l’omicidio è un attentato contro Dio stesso.

 

Ritornando ai recenti episodi, mentre l’occhio degli spettatori assistono attoniti a questi incredibili disastri, un cronista, di una TV di stato, interrompeva lo scorrimento degli edifici cadenti per soffermare le telecamere sulla immagine di una madre, in ginocchio, che teneva in braccio il figlio ferito. Una vicenda politica e un quadro umano della disperazione: una storia piccola, personale, ma pregna di un dolore indicibile.

 

  

 

Mi ha fatto pensare questa immagine, nella sua apparente inadeguatezza, ma grande simbolo della realtà del nostro quotidiano vivere. Ho rivisto, una alla volta l’efferatezza di tanti crimini, le stragi e le violenze sui bambini, alle tante morti per turpi storie, alle giovani vittime della strada e alla giustizia degli uomini che non aiuta a comprendere e a perdonare.

 

E’ questo il tempo della pietà, della “pietas” come “compassione” “patire insieme” e la solidarietà che si sente dichiarare in questi giorni, l’attesa del 2012 come anno del cambiamento, da parte delle grandi potenze, dei politici e della gente comune, lascia sperare in una trasformazione del vivere quotidiano e, forse, me lo auguro, di una nuova era della storia, quella che la Madonna aveva dichiarato, nelle sue apparizioni, avrebbe dovuto caratterizzare questo terzo millennio.

 

 

La “pietas” è anche silenzio davanti ad una grande tragedia, quella che tocca gli affetti più sacri, quella delle foto ostentate, delle parole sommesse, dell’immobilismo dello sguardo, dell’impotenza davanti all’ineluttabile.

 

 

Ben a ragione i grandi artisti hanno intitolato le loro opere indicative del Cristo morto alla “Pietà”. Chi ha avuto la ventura di recarsi in S.Pietro, ha sostato sicuramente davanti al primo altare di destra per ammirare il capolavoro di Michelangelo. Quella madre con il capo chino, in mesta contemplazione del Figlio adagiato sulle sue braccia è simile alle tante madri in attesa dietro alle macerie, a quella che abbiamo visto stringere fra le braccia il figlio ferito, alle madri della speranza che si muovono con l’effige del figlio sul petto e la foto fra le mani.

 

 

Una madre… colei che dà la vita… e che assiste all’avvio di quel legame così dipendente, irripetibile, unico. Morte e vita, dunque, agli antipodi, estremi di un filo nel cui centro è lei, la madre.

 

 

Non è necessario appartenere a una chiesa, essere biologi o fisici per considerare come unico e sacro il legame che unisce madre e figlio fin dal concepimento. Un giornalista ha osato scrivere: “Non è necessario per la donna sapere in quale momento un piccolo ovulo è diventato, nel suo grembo, un essere umano”.

 

 

Un giorno, dopo tre settimane, alcune cellule si mettono a “pulsare”. Dapprima separatamente. Poi tutte insieme, allo stesso ritmo, instancabili. Un cuore comincia a battere, e non smetterà più fino alla morte.

 

 

Dipendente, e destinato ad esserlo ancora per anni, dalla vita e dalla volontà della madre, l’ovulo fecondato è tuttavia autonomo. Ci troviamo già di fronte a un figlio d’uomo ben distinto, a un individuo. Questo è il parere unanime degli studiosi.

 

 

 

 

 

 

Sentiamo cosa racconta Edelmann:

 

“All’improvviso, abbiamo trattenuto il respiro: il cuore del bambino batteva. Era là, davanti ai nostri occhi, palpitante nel suo scrigno di carne color anemone, illuminato in trasparenza dai nostri apparecchi. Quel bambino, appena più grande di una virgola su un foglio di carta, era già un uomo in potenza”. A due mesi, il feto misura tre centimetri; ci starebbe comodamente nel cavo di una mano. “Ma è già quasi completo, mani, piedi, testa, organi, cervello, tutto è al suo posto e non farà altro che crescere. Guardate più da vicino, potrete distinguere le linee della mano e leggervi il futuro. Guardate ancora più da vicino con un comune microscopio, e potrete decifrare le sue impronte digitali. Ci sono già tutti i dati che figureranno sulla sua carta d’identità. L’incredibile Pollicino, l’uomo grande come il pollice di una mano, esiste realmente”.

 

Ogni donna che diventa madre mette al mondo il suo bambino attraverso questa ed altre fasi che si concludono con quella più dolorosa del parto, ma se gli altri, avvalendosi delle moderne strumentazioni, ne hanno una visione esteriore, sia pure affascinante, la madre vive dall’interno tutti gli aspetti del concepimento e della sua crescita. La donna nutre, accarezza, parla con quel piccolo essere prima di chiunque altro e in lui riversa tutto il suo amore.

 

Simile a Maria, madre di Dio, rimane complice ed è partecipe dell’atto meraviglioso e divino della nascita, come afferma il Consiglio episcopale per la XXI giornata per la vita, l’essere umano che si affaccia alla terra  è “parola” detta da Dio. “PAROLA”, perciò è un essere portatore di significato che va oltre il percorso terreno in quanto disegno di Dio, da Lui voluto, da Lui donato. Ricordiamo perciò Maria che “contempla” Gesù nel miracolo dell’incarnazione e pensiamo che ogni figlio che nasce è un riflesso di questi, un’eco della Parola eterna “In principio era il  Verbo… tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto” (Gv 1,1 – 3.4).

 

Nel testo giovanneo che riscopre il valore della parola di Yhavé, il Logos-Dio, principio fondamentale della realtà cosmica, bene Supremo che genera il Figlio “Lux”, salvezza per tutti gli uomini, emerge quel carattere creativo della parola che oggi noi scopriamo e approfondiamo.

 

Il tentativo di S.Agostino di correlare la conoscenza delle cose che si acquisiscono attraverso le parole nel parallelismo verba-res indica che la verità è già dentro l’uomo unita intimamente al verbum divino, e i “signa” le parole, aiutano solo a scoprirla. Persino l’atto educativo, quello dell’insegnare è esprimere “signa”, cioè cogliere l’essenza della realtà (De Magistro 40).

 

Ecco allora che l’atto educativo è dominante nel creare l’intelligenza. Afferma Eccles, premio Nobel della neurofisiologia, autore di “Evoluzione cerebrale, evoluzione culturale e coscienza” : “ Si può affermare del tutto categoricamente che i cervelli si formano tramite i complessi processi che risultano dal patrimonio genetico e da tutte le istruzioni secondarie che ne derivano durante la vita fetale”… Nel mondo esperienziale “…sta, quindi, l’unicità personale che ciascuno di noi conosce solo relativamente a se stesso. Questa unicità si è realizzata in noi, in ciascuno di noi nel corso della nostra vita. E’ qualcosa di cui siamo a conoscenza soltanto entro noi stessi. Possiamo parlarne ad altri se lo desideriamo, ma gli altri non possono avere alcuna esperienza del nostro mondo. Esso è riservato a noi”.

 

 

 

 

     A questo punto possiamo dire che fede e scienza si congiungono: l’essere singolare e irripetibile, come parola detta da Dio è, per le scienze biologiche, la neurofisiologia e la filosofia personalistica, un essere unico che diviene, attraverso la conoscenza e l’educazione una persona completa capace di vivere un’esistenza con capacità di amare, sentire, valutare in modo unico e singolare. Idea falsa e distorta è quella di coloro che credono di disporre di essa, di manipolarla o di eliminarla.

 

Ora possiamo trarre tutte le conclusioni che vogliamo: quel Figlio che abbiamo concepito, cresciuto ed amato è stato creato ad immagine di Dio stesso ed in Lui solo può trovare la sua beatitudine. Ripetiamo dunque: Dio che si è fatto PAROLA  e ha preso carne nel grembo di Sua madre, la Madonna, e, per Cristo ed in Cristo mi ha dato questo mio Figlio come PAROLA sua, di Dio stesso, in me e per me.

 

 

Abbiamo percorso un lungo cammino per giungere ad affermare quanto mirabile sia il disegno voluto da Dio per tutti noi e per i Figli nostri che, nel corso dei tanti messaggi, confermano la meravigliosa realtà dell’esistenza.

 

      

 

 

 

 

Ricordo il mio primo intervento, a Cattolica, quando riportai uno dei primi messaggi del nostro Andrea:“Senti come l’universo parla” e, mentre cercavo, nella mia pochezza, di commentare la vastità di questo concetto, pian piano, fin da allora, cercavo di addentrarmi nel significato profondo dell’essere. Da quel tempo quanti contenuti sono entrati a far parte della mia mente, concetti che mai avrei pensato di potere ritenere ed esprimere, studiare e discutere nella loro verità estremamente appagante.

 

Ben a ragione, la comunicazione, “Se tu sapessi con chi sono, non piangeresti!” vuol farmi comprendere quanto fosse vuota la mia distorta idea di possesso della vita che mio Figlio ha iniziato nel mio grembo, vivendo in intima simbiosi con me. Come pensare di poterlo tenere imbrigliato con le mie lamentazioni?

 

Ho visto un libro esposto, dal titolo: “I rinati” ed ho pensato che se voglio veramente non arrestarmi, non arenarmi nella mia stretta personale, debbo guardare in alto. Mio Figlio, bene prezioso a me donato, mi chiede di essere ascoltato; è una parola che viene a tutti, che si prende cura della mia vita e di quella degli altri: delle sue sorelle, dei parenti, degli amici… passato, presente, avvenire sono tutt’uno per chi ha valicato i limitati confini dell’esistenza terrena. Per noi tutto questo è importante: siamo qui per questo, per imparare a rinascere!

 

Non siamo soli a vivere, a gioire, a soffrire; una grande speranza si intuisce dall’individuazione di una realtà cosmica in continuo divenire unitamente ai nostri Cari che si manifestano a noi con fenomeni straordinari. Ed è consolante per noi umani, ancora partecipi della realtà terrena, poter costatare che non solo essi sono vivi più che mai, ma che hanno mantenuto intatta la loro peculiare individualità.

 

Se, nel momento della disperazione, possiamo aver pensato che, per un atto arbitrario, quell’essere da noi tanto amato, a cui avevamo dato tutta la nostra attenzione, ha irrimediabilmente perduto tutto il beneficio ricevuto, abbiamo sbagliato! Noi genitori abbiamo rappresentato uno strumento prezioso per la sua crescita di cui conserva indelebilmente il marchio profondo.

 

La parola di mio Figlio mi torna perciò ancora familiare, per il suo accento, le sue attenzioni, la sua rinnovata disponibilità di cui mi dà testimonianza in plurime occasioni, è parola di Dio stesso che si fa amore per me.

 

Un grande compito ci è stato dato: quel Figlio che pensavamo di avere perduto per sempre, che non stringiamo più fra le nostre braccia carnali, è un essere immortale che si libra nell’infinità. Fra le migliaia di migliaia di miliardi di esseri che si sono succedute nel corso della storia degli uomini, egli è persona unica, distinta e tutt’uno con i suoi genitori. E’ quindi da dividere con lui, incondizionatamente la realtà che vive e che ci vuol comunicare, è parola da ascoltare e dono da accogliere, ancora una volta con amore.

 

Se avremo compreso tutto questo la nostra vita tornerà ad essere un percorso bello da continuare e i nostri progetti che credevamo interrotti acquisteranno un senso.

 

 

Mi ritrovo per concludere con le parole di Kirk Kilgour –

  

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi, ed Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.

Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese, ed Egli mi ha dato il dolore per comprendere meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto, e mi ha lasciato povero per non essere egoista.

Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me ed Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.

Domandai a Dio tutto per godere la vita e mi ha lasciato la vita perché io potessi essere contento di tutto.

Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.

Le preghiere che non feci furono esaudite.

Sii lodato o Signore: fra tutti gli uomini nessuno possiede più di quello che ho io.

 

  

 

 

 

 

 

Edda CattaniOgni Figlio è “parola”
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