Grazie Mentore! Aggiornare un articolo quando tutto è concluso può aver senso? Sì ne ha perché la sofferenza fa maturare sentimenti e percorrenze … allarga il cuore e la mente, fa vedere oltre l’orizzonte. Voglio partire dal Vangelo di questa “Domenica 29a per annum” perché indica il cammino da attraversare: “La sofferenza è una dimensione di senso della vita che il cristiano incontra. Essa non è voluta da Dio, ma è una realtà che appartiene all’esistenza come la gioia e la serenità. Ogni volta che la vita ci presenta un calice da bere, noi non ci possiamo rifiutare di assaporarlo fino in fondo. Abbiamo solo due possibilità: o lo rendiamo inutile, impiegandoci sul lamento di come siamo «disgraziati»; oppure possiamo assumerlo, offrendolo a Dio come partecipazione al dolore del mondo redento nel sangue di Cristo. Ogni sofferenza regalata alla Trinità è un atto di condivisione con quell’umanità schiacciata e senza forze che aspetta da noi un piccolo sostegno per stare in piedi.” (Mons.Paolo Farinella) Non è facile accettare questo assioma che si allontana dalla logica del “potere” , dell’approvazione, dell’elogio, del successo… ma chi segue Cristo è forse un pazzo in quanto quale uomo tende a rifuggire da tutto per seguirlo? E’ molto più facile abbandonarsi alle fatue ricerche del piacere, del lusso, delle droghe di vario genere (non vi è solo marijuana o cocaina …) piuttosto che seguire l’«uomo dei dolori» che «offrirà se stesso in sacrificio di riparazione” e si propone come “servo”. Già… essere al servizio degli altri è molto più ricevere di quanto si riesca a donare. Ricordo il giorno in cui sono andata in pensione e mi hanno onorata in un grande Oratorio del 1100 alla presenza delle autorità e di oltre un centinaio di rappresentanze della scuola, delle famiglie, dei miei docenti e collaboratori… C’era anche Mentore, in fondo al pubblico accanto alle mie figlie, che ormai portava addosso i primi sintomi della malattia che l’avrebbe portato ben presto all’inabilità totale. In quei momenti di “gloria” io pensavo a loro e ringraziavo Dio di avermi dato la possibilità di manifestare tutto l’amore che avevo dentro. Quando si ha questa consapevolezza tutta la fastosità di questo mondo diviene alquanto inadeguata se la paragoniamo alla felicità del “ricevere donando”.
Il passo evangelico ci richiama dunque ad uno stile di vita che ribalta ciò che la realtà moderna ci offre e i potenti pretendono. E’ la logica delle beatitudini e del Magnificat che diventano programmi di atteggiamento personale e sociale. E’ un vivere guardando non tanto ai luccichii delle vetrine ma considerare chi sta oltre e molto di quanto appare non se lo può permettere. Penso che in questo periodo di crisi che attraversa parallelamente la politica, la comunità ecclesiale e tutta la nostra quotidianità si debba tornare all’essenziale ai piedi della croce e partire dal presupposto che il «bene comune» si radica nel concetto di comunione, che è l’opposto contrario dell’interesse di parte o peggio ancora individuale. Mentore così la pensava e me l’ha insegnato!
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“ Ti voglio bene “
Una sposa, una madre riflette sull’”amore”
nel finire di una calda estate
Sono di ritorno da “Casa Madre Teresa” dove, anche quest’oggi, il mio amato Sposo ha avuto l’ennesima crisi respiratoria che lo porta vicino alla soglia di quel mondo invisibile ove, da tempo, dopo tanta sofferenza, desidera approdare. Ho approfittato della pausa pomeridiana per assistere alla Messa che si celebra nella cappella del Centro ed ho rivolto, come al solito la mia struggente invocazione: “Signore, si faccia come Tu vuoi, ma che avvenga presto!” Mi trovavo nell’ultimo banco, genuflessa con il capo tra le mani, attorniata da tanti poveri ammalati che assistevano con me al rito dell’Eucarestia. Nel momento in cui il sacerdote ha rivolto a tutti noi le parole: “Scambiatevi un segno di pace!” ho alzato gli occhi per porgere la mano a chi mi era vicino ed ho visto una piccola signora, con due occhi amorevoli che mi ha preso entrambe le mani, poi si è protesa per abbracciarmi e mi ha sussurrato: “Ti voglio bene!”. Ecco l’indefinibile miracolo dell’amore: una anziana ammalata, con poche possibilità di eloquio, con l’aspetto di chi è solo e non ha nessuno a cui rivolgersi, sembra comprendere il mio dolore e mi dice: “Ti voglio bene!” Quante persone incontrate per strada quest’oggi, al centro commerciale, o che mi hanno telefonato per vari motivi, si sono premurate di capire cosa possa esservi dietro il mio volto, da tempo sempre impassibile, per poi dirmi : “Ti voglio bene”? Sono tornata in camera di mio marito con il volto rigato di lacrime e mi sono lasciata andare ad un pianto irrefrenabile, mentre lui mi guardava attonito, senza parole per dirgli ancora una volta: ”Aiutami Mentore, chiedilo ad Andrea di aiutarmi perché da sola non gliela faccio!” In quell’istante ho visto una luce sprigionarsi intorno alla sagoma di quella povera creatura rattrappita e diffondere intorno un’aura protettiva, quasi a volerci proteggere, uniti insieme ancora una volta.
Mi sono chiesta e mi chiedo tuttora: possibile che si debba andare per le strade a mendicare una briciola d’amore quando tutto il nostro essere chiama, chiede, vuole “amore”. Ha scritto qualcuno: "Nessun essere umano può vivere a lungo, in condizioni normali, senza sperimentare un minimo di solidarietà, di amicizia, di affetto, di amore. Anche le più semplici funzioni esigono, per prosperare, l'alimento dell'amore e della speranza. Quando tali sentimenti esistono, si può continuare a vivere anche in un polmone di acciaio e quando scompaiono anche il mondo stesso diventa poco meglio di un polmone di acciaio". Queste espressioni, di significato così profondo, denotano che l'uomo non può vivere senza una esperienza emotiva gratificante, in tutto l'arco della sua esistenza. E'quest'ultima, una realtà istintuale che spesso sembra avere il sopravvento e che richiama una immagine falsata dell'amore. E' un far prevalere l'ego (freudiano) insito in ciascun essere che si definisce persona. Ma in questa separazione vi è uno spiraglio minimo, non distinguibile, quasi impercettibile che accomuna l'uomo all'animale.
Facciamo un esempio: Nel cespuglio, davanti alla mia abitazione, una gattina randagia ha partorito tre cuccioli. Li cura, li allatta e li difende ogniqualvolta si avvicina qualcuno a lei non noto. Ho cominciato a portarle un po' di latte, poi a coprirla con un nailon ed ora posso accarezzare i piccoli che mi riconoscono: hanno compreso che da me possono ricevere solo un beneficio. Quale differenza fra questa creatura viva, intelligente, tanto simile nei comportamenti alla donna e al suo bambino! Eppure se la priviamo delle sue creature, dopo qualche giorno di ricerca la gatta continuerà la sua vita errabonda, senza cercare i suoi figli e partorirà di nuovo lasciando altri animaletti morire schiacciati sulle strade. Tanto simile a me… come mio figlio dilaniato da una macchina, in mezzo ad una strada e… il mio pianto senza fine. Dove sta la differenza? La matrice istintuale che caratterizza il comportamento dell'animale e su cui tutti gli studiosi concordano, lo porta ad agire con una specificità di comportamenti finalizzati alla sopravvivenza della specie. L'animale dà risposte ai bisogni primari del suo organismo e compie tutti quegli atti primari che ritroviamo anche nell'uomo: così la gatta, come la sua specie vuole allatta e protegge i piccoli.
Per l'uomo le cose si complicano. Anch'egli ha una disposizione psicofisiologica che determina in lui l'azione che risponde ad uno stimolo. Ma l'uomo a differenza dell'animale è capace di reazioni affettive complesse. L'emozione che è considerata, anche comunemente, come una reazione affettiva di particolare intensità, sorge sì all'improvviso e può anche non lasciare traccia, ma a volte diviene sentimento intensamente vissuto di cui l'uomo prende coscienza. E' la trasformazione profonda dell'essere che supera la parte istintuale, irrazionale in quanto mette in gioco tutte le altre facoltà: quali l'immaginazione, la creatività, la fantasia, la progettualità, che diviene "scelta di vita". Ecco la differenza.
Abbiamo detto all'inizio che l'uomo "per tutta la vita" non può vivere senza punti fermi di stabilità emotiva. Il nostro approccio allo studio delle relazioni affettive ci consente di rintracciare interessanti variazioni a quella sinfonia che è la vita amorosa. Perciò continuiamo col dire che tutti gli studiosi sono concordi nell'affermare che l'Io si struttura, si integra e si organizza, in modo durevole, sin dai primi anni di vita. Bowlby, lo psichiatra etologo che ha formulato la teoria dell'attaccamento, sostiene che il bambino richiede la presenza della madre perché la sente forte e lo rassicura. Questa richiesta di protezione è riconducibile agli albori della nostra specie quando occorreva difendersi dai predatori e dagli animali feroci. Aggiungo una piccola distensiva parentesi: il mio bambino tornò a casa dall’asilo con la sua bella poesia, che non ho mai dimenticato, per la festa della mamma:
Il mio bene Ti voglio bene mamma … come il mare! Mamma, ci penso già quasi da un’ora, L'amore del bambino perciò verso la madre è una sorta di richiesta di sicurezza. La reazione positiva della madre che gli dà risposta, è sensibile alle sue proteste e sincronizza i suoi comportamenti con quelli del piccolo, lo rende tranquillo. Ecco come la sinfonia amorosa si muta in "attaccamento sicuro" che è legato ai meccanismi di interiezione, di proiezione e alla rappresentazione fantastica dei primi oggetti di amore. La mancanza di un sano equilibrio affettivo porta ad una serie di conseguenze negative che possono dar luogo al disordine fisico e morale, all'aggressività, al marasma, alla morte. Pensiamo ai bambini depressi nelle tendopoli, nei paesi sottosviluppati, ma anche quelli che passano da un genitore all'altro, a quelli violentati, abbandonati, costretti all'accattonaggio.
Ma l’evoluzione dell’amore e la capacità di amare, segno rivelatore della persona matura è un processo terminale, non un punto di partenza, è una conquista, non si insegna non si trasmette, ma occorre che l'uomo trovi in se stesso l'indomabile aspirazione a trascendere la propria natura finita e a liberarsi dall'egoismo per vivere un'esperienza universale. Capire l'amore vuol dire vivere esperienze spirituali in una società educante, nella cui opera siamo tutti coinvolti, capace di interpretare e soddisfare tutti i bisogni dell'uomo. E' chiaro l'anelito alla rifondazione di un mondo che vorremmo più giusto, cioè rifondato secondo la nostra ottica, che tenga conto delle nostre aspirazioni; in definitiva che ci voglia il "bene" che vogliamo noi, per noi.
Questo articolo non avrebbe senso se non fosse stato scritto per dire a ciascuno di voi "Ti voglio bene!" (continua 2^ P.)
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3 comments
Join the conversationPeter Versac - 29 agosto 2011
Mi sono chiesta e mi chiedo tuttora: possibile che si debba andare per le strade a mendicare una briciola d’amore quando tutto il nostro essere chiama, chiede, vuole “amore”….. E' il primo passo per rirovare i nostri figli…
Edda Cattani - 1 settembre 2011
Ricevo e pubblico:
Cara Edda,
ho appena terminato di leggere i tuoi" articoli-inchiesta", sull'amore.
Quante cose belle hai detto e raccontato! Sai dare molta speranza e serenità.
Ma io colgo anche qualche aspetto non proprio positivo, sulla capacità di amare.
Potrebbe essere tutto così semplice, così facile, ma non lo è. Siamo tutti assetati d'amore, ma alla fine e' difficile darlo ed e' difficile riceverlo, l'amore vero, disinteressato e non condizionato. E poi c'è tanta solitudine e aridità…
Non era così quando eravano bambine noi, vero? Ed il mondo che e' stato preparato per i ns. ragazzi, a volte, non lo riconosciamo. Sai, mi fanno pena i ns. ragazzi,…siamo stati una generazione che non ha lavorato per loro. C' è proprio da augurarsi che arrivi questa "Nuova Era", che qualcosa cambi! E sono certa che i "Nostri Angeli ", da lassù, stanno facendo la loro parte.
Come sempre, ti auguro ogni bene,…ricordo il tuo amato nelle mie preghiere.
A presto. Maria (mamma di Vera)
Edda Cattani - 1 settembre 2011
Grazie Peter, grazie Maria… un richiamo e una riflessione! Eppure dobbiamo andare avanti per loro e per noi, se vogliamo raggiungerli!