Il cielo stellato sopra di me,
e la legge morale in me (Kant)
In questa settimana che precede la Pasqua, ho vissuto la mia Passione. E' partita per l'eterna dimora una "sorella nella sofferenza" ospite di Madre Teresa di Calcutta; anche lei, come il mio amato sposo ormai immagine del Cristo, con il solo dono della comprensione degli eventi, che, per i parenti, diviene ancor più dolorosa. Durante la cerimonia religiosa ho vissuto quello che mi attende, non so quando, ma inevitabile. Ora Gianna riposa finalmente e vede il caro Marino che non l'ha mai abbandonata, guardare il vuoto in cerca di Lei. "Tu, mi diceva, avrai sofferto più di me quando hai perso il tuo Andrea, ma io soffro tanto, credimi!" Gli ho risposto: "No caro, la sofferenza dipende dalla qualità dell'amore. Più che si ama, altrettanto si soffre… e io ne so ben qualcosa"!
Preghiamo Gesù come il buon ladrone!
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Restiamo umani: l’eredità di Vittorio Arrigoni
L'italiano ucciso dagli estremisti islamici di un gruppo salafita è stato salutato da centinaia di persone che si sono ritrovate per l’ultimo saluto all’attivista per la pace. La bara del 36enne è stata avvolta con una bandiera palestinese e trasportata dall'ospedale Shifa di Gaza in processione lungo la strada che conduce a Rafah. In molti hanno esposto cartelli con il motto di Arrigoni “Restiamo umani”. Alla cerimonia agenti delle forze di sicurezza e della polizia di Hamas. “Chi non ha mai voluto mio figlio da vivo, non l'avrà neanche da morto”, aveva detto Egidia Beretta, madre di Vittorio e sindaco di Bulciago, affermando di voler evitare che la salma del figlio passasse attraverso il territorio di Israele. Dopo la cerimonia il corpo di Arrigoni è stato trasferito al di là del confine con l'Egitto verso il Cairo, da dove verrà riportato in Italia su volere dei familiari. Il feretro è giunto in Italia con un volo Alitalia. Vik firmava i suoi messaggi con la frase “Restiamo umani”. Il suo libro, che descrive in dettaglio le sue esperienze a Gaza, era intitolato anch’esso “Restiamo umani”. Mary Hughes Thompson ha condiviso alcuni messaggi di posta elettronica che Arrigoni le aveva mandato. “Riesco a malapena a sopportare di rileggerli”, ha scritto. Questo è un estratto di uno di essi: “Comunque finiremo la missione … sarà una vittoria. Per i diritti umani, per la libertà. Se l’assedio non verrà fisicamente spezzato, si spezzerà l’assedio dell’indifferenza, dell’abbandono. E tu sai molto bene quanto questo gesto sia importante per la gente di Gaza. Detto questo, ovviamente siamo in attesa al porto! Con centinaia di palestinesi e compagni dell’ISM, vi verremo incontro navigando, come la prima volta, ricordi? Tutti le barche disponibili navigheranno verso Gaza per salutarvi. Scusa per il mio pessimo inglese … abbraccio grande … Restiamo umani. Tuo Vik ” ONORE A TE GIOVANE EROE! |
1 comment
Join the conversationPeter Versac - 23 aprile 2011
…alcuni giorni fa ho incontrato questa riflessione della scrittrice Titti Marrone…
Il dolore calmo di una mamma
…Ecco le frasi di Egidia Beretta, che compongono la fierezza, degli ideali madre-figlio con quel suo ragazzo ammazzato in modo barbaro: “Eravamo molto uniti come idee e obiettivi, sono molto orgogliosa di lui”. E ancora: “Lui diceva: restiamo umani. Perché nonostante tutto, l’umanità deve esserci sempre in noi e dobbiamo portarla agli altri”.
Per dire del figlio, Egidia Beretta ha trovato tante parole, tutte composte e misurate, non meno della voce che le pronunciava, non meno dello sguardo fermo fissato in telecamere a cui non si è sottratta. Ci sono arrivate a frotte, rilanciate in ogni notiziario televisivo, in ogni speciale sulla morte di Vittorio Arrigoni. E certo non mancherà chi avrà avuto un sobbalzo, ravvisando un’anomalia, un deficit di commozione nei discorsi fatti da una madre ferita nel modo peggiore da immaginare. Per Egidia, nessuna modalità da “madre mediterranea”, nessun abbandono all’esibizione di un cordoglio da tragedia greca. E questo stride con lo spettacolo scomposto del dolore, vero o falso, definitivamente entrato nel nostro lessico comunicativo. Ma è proprio per questo che l’apparizione nello spazio mediatico di una madre che scompagina il racconto della disperazione amplificata può essere un segno di forza da cui attingere senso, in tempi d’insensatezza generale. Perché la compostezza di questa madre mostra ai nostri nervi in fuga la strada della pacatezza e della forza interiore come antidoto alla ferocia bestiale.
Nel paesino della Brianza lecchese di cui Egidia Berretta è sindaco – un sindaco che nel 2009 ha rinunciato al suo stipendio per destinarlo a opere socialmente utili – e da cui è partito il suo ragazzo, tutti la rispettano e la conoscono per doti di rigore e di fermezza. Quelle stesse declinate da Vittorio, che un’altra donna al suo posto ora avrebbe forse preferito più frivolo, meno intento a rincorrere “gli stessi ideali” al punto da fare di Gaza la terra scelta per sé. E chissà che domani o dopo, o in un momento qualsiasi dei giorni a venire, anche Egidia non rimproveri se stessa per quegli ideali condivisi con il figlio e dunque trasmessi a lui, racchiusi dalla bandiera di Gaza che la madre-sindaco ha pubblicato sul suo sito. Chissà che anche a lei non venga, per un giorno o di più, l’impulso che ha indotto suo marito, il padre di Vittorio, ad annichilirsi in uno sgomento muto e appartato.
Infinite e tortuose sono le manifestazioni del lutto, che spesso stimola sulle prime reazioni eroiche e può avere bisogno di tempi complessi e lunghissimi di elaborazione. Ma restiamo a oggi, all’immagine inusuale di questa madre, all’incredibile forza composta che emana dalle sue parole. Nel degrado e nella consunzione della famiglia italiana incarnata da altre madri disgraziate, è proprio da lì che può venire una buona lezione a “restare umani”, l’unica speranza che ci resta.